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I consulenti e i processi di innovazione per lo sviluppo rurale

In linea generale, lo studio dimostra come i consulenti abbiano partecipato in maniera rilevante ai processi di innovazione

attivati nell’ambito dei progetti di cooperazione finanziati dalla misura 124 dei Psr 2007-2013, sebbene raramente ne siano stati promotori, partner o abbiano svolto ruoli di primo piano. La loro partecipazione si è concretizzata, in genere, nello svolgimento di funzioni di assistenza burocratica (presentazione delle domande di finanziamento e pagamento) e di assistenza tecnica di supporto all’implementazione delle innovazioni realizzate in azienda.

In diversi casi, tuttavia, è stato possibile osservare un loro moderato dinamismo, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei processi di innovazione, il supporto agli imprenditori nell’identificazione delle necessità/opportunità di cambiamento e l’intermediazione tra ricercatori e imprenditori.

È vero, infatti, che, in base ai dati rilevati tramite un sondaggio

on-line, il 54%4 dei consulenti intrattiene rapporti di collaborazione con istituti di ricerca e università, attraverso progetti di co-working (48%) o l’erogazione di attività di consulenza e di formazione (41%).

La mancanza di una maggiore offerta di servizi specializzati nei processi di innovazione sembra essere determinata da ragioni diverse. In particolare, i consulenti ritengono che il trasferimento di innovazione sia materia specifica del mondo della ricerca. Spesso, non riconoscono di possedere le competenze adeguate per farsene promotori e non hanno una piena consapevolezza del proprio ruolo potenziale nei processi di innovazione. Le indagini dirette hanno inoltre rivelato difficoltà di tipo organizzativo, soprattutto per i professionisti non associati, nel sostenere l’impegno, ritenuto eccessivo, di seguire la ricerca e il suo trasferimento in azienda.

Infatti, uno dei problemi maggiori della consulenza è costituito dalla carenza di organismi strutturati, in grado di fare fronte a fabbisogni molteplici e diversificati, e dalla mancanza di collaborazione professionale fra i diversi soggetti.

Il grado di partecipazione dei consulenti ai processi di innovazione è influenzato, al pari delle loro prestazioni, anche da diverse variabili indipendenti dalle loro capacità e abilità professionali.

Prima fra tutte, nel caso specifico della partecipazione ai progetti di cooperazione per l’innovazione, la loro mancata contemplazione fra i beneficiari della misura 124 dei Psr 2007- 2013, che ne ha determinato l’esclusione dal contributo per l’esercizio dei propri servizi in tale ambito.

Inoltre, lo studio ha dimostrato che, a maggiori livelli di istruzione, di competenze relazionali e di capacità di leadership degli imprenditori agricoli, corrisponde una maggiore autonomia di questi ultimi nella gestione dei rapporti con gli istituti di ricerca e di innovazione e un conseguente minore coinvolgimento dei consulenti aziendali.

Analoghi effetti si rilevano quando istituti di ricerca/innovazione o università realizzano azioni di ricerca applicata (anche attraverso propri spin-off o altri organismi associati), consolidando la propria conoscenza di specifici territori e degli imprenditori locali e migliorando, di conseguenza, le capacità di dialogo con essi. Similmente, gli organismi di trasferimento pubblici o semi-pubblici hanno rafforzato il loro background di conoscenze sulle caratteristiche socio-economiche agricole del territorio di riferimento, attraverso l’erogazione di servizi di assistenza tecnica e ricerca, diventando un punto di riferimento importante per l’attivazione di processi di sviluppo agricolo degli imprenditori locali.

Dall’indagine risulta, dunque, che il ruolo dei consulenti nei processi di innovazione aziendale è sempre meno determinante. I servizi di consulenza: temi, metodi e rapporti con la clientela

In diversi casi, i servizi di consulenza acquisiti attraverso la misura 114 sono stati utilizzati per supportare gli imprenditori agricoli nei progetti di cooperazione per l’innovazione. Infatti, fra i temi trattati, l’introduzione dell’innovazione di prodotto/processo

(37%), le energie rinnovabili (31%), la diversificazione e la multifunzionalità (40%) sono in linea con le innovazioni implementate nell’ambito della misura 124, così come l’adeguamento tecnologico (27%) e l’ammodernamento (35%) (Figura 2).

Figura 2 - Temi della consulenza

Fonte: Crea

L’analisi evidenzia inoltre un certo grado di diversificazione dei metodi utilizzati per l’erogazione dei servizi di consulenza. L’approccio individuale, tramite visita diretta in azienda (93%) o contatto telefonico (62%), rimane ancora il più importante, soprattutto per la costruzione e il mantenimento di un rapporto interpersonale basato sulla fiducia e sulla reciproca comprensione. Dall’indagine emerge, infatti, l’esistenza di un dialogo essenziale tra il consulente e l'agricoltore nell’ambito di un processo di apprendimento comune dove gli attori analizzano insieme un problema e cercano le possibili soluzioni (58%). Anche l’approccio di gruppo viene ampiamente utilizzato (47%), soprattutto per l’assolvimento della consulenza obbligatoria in materia di condizionalità, così come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che sono impiegate in larga parte per l’erogazione di informazioni e, più moderatamente, per la fornitura di consulenza, dove l’utilizzo di

e-mail e messaggi telefonici (sms) si attesta intorno al 45%.

Il capitale umano nei servizi di consulenza

Dallo studio emerge un’elevata sensibilità dei consulenti circa l‘importanza di consolidare e ampliare le proprie competenze, soprattutto, nelle materie relative all’adeguamento alla normativa e allo sviluppo rurale, nonché di sviluppare nuove abilità, come quelle relative alla facilitazione e intermediazione dei processi di innovazione.

I consulenti, tuttavia, dimostrano una scarsa propensione alla formazione di alto livello realizzata dalle Università (19%), ritenuta troppo costosa e spesso inadeguata nei contenuti rispetto alle loro mansioni e alle esigenze delle aziende agricole e dei territori. È invece più elevato il grado di partecipazione ai corsi di aggiornamento/formazione del proprio ordine

professionale (64%), ancorché obbligatorio.

A questo proposito, nel corso del 2014, il Consiglio nazionale dell’ordine dei dottori agronomi e forestali ha firmato un protocollo d'intesa con la Conferenza nazionale delle università agrarie, che senz’altro potrà contribuire a rafforzare il rapporto consulenza-accademia e a definire programmi formativi di alto livello e più adeguati rispetto alle esigenze dei consulenti e degli imprenditori, oltre che alle specificità dello sviluppo rurale. In ogni caso, si osserva una maggiore tendenza ad un regolare aggiornamento (annuale) soprattutto nelle materie relative alla condizionalità (66%), pagamenti Pac (65%), normativa sui nitrati (56%), energie rinnovabili (59%), Haccp (43%), agricoltura biologia (60%) e difesa fitosanitaria (62%). La formazione è invece svolta in maniera non sistematica sulle materie relative all’adeguamento tecnologico (42%), alla gestione delle foreste (68%), alla riduzione del rischio idrogeologico (69%), all'ammodernamento (45%) e alla gestione delle acque (46%).