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2. LA NUOVA FRONTIERA DEL GUSTO:

3.4 Consumo o fast-food?

Questo breve riepilogo di teorie incentrate su una visione negativa della contemporanea società consumistica, in parte fautrici di una sorta di scetticismo nei confronti

dell'onnivorismo, potrebbe contare molti più autori, ma per non divagare eccessivamente concluderò citando il filosofo e sociologo Zygmunt Bauman. Bauman è uno dei più noti sociologi contemporanei tutt'ora viventi, nato nel 1925 è stato docente presso l'Università di Tel Aviv e l'Università di Leeds, ha inoltre lavorato per numerose riviste specializzate fra cui Sociologia na co dzien.

Lo studioso di origini polacche ha basato il lavoro di una vita sull'elaborazione di una teoria fortemente critica nei confronti della mercificazione che, a suo parare, oggigiorno coinvolge ogni aspetto della quotidianità.

L'approccio anti-modernista baumaniano che voglio qui sottolineare si evince sin dai titoli dei suoi testi: Vite di scarto, La società sotto assedio, Consumo, dunque sono etc. La rete informatica, che nella teoria del consumatore onnivoro petersoniana era vista come ricca portatrice di alternative culturali, ci viene mostrata da Bauman attraverso le lenti di una critica profonda e senza mezzi termini.

Secondo l'ottica del filosofo, adeguarsi alla tecnologia non è più una pratica riservata agli abitanti delle cosiddette metropoli ma è diventata una necessità e la “morte sociale” attende coloro che non vogliono, o non possono, collegarsi alla rete.

A differenza della teoria onnivora la tecnologia non è vista da Bauman come un mezzo per espandere le proprie conoscenze e, conseguentemente le proprie capacità, bensì come “sabbia sotto cui mettere la testa”.

Il filosofo giunge persino a dare una nuova definizione di vita sociale, storpiandola in vita elettronica o cyber vita, un esistenza passata più al computer che con altri

individui235.

Ammesso e non concesso che esista una vera crescita culturale attuabile attraverso internet, Bauman nega comunque ogni possibile forma di condivisione diretta di questa: l'individuo è indotto dalla tecnologia a restare solo.

La rete sociale, elemento portante per la dominazione degli elitisti onnivori, viene completamente negata nella filosofia baumaniana, semplicemente non esiste, non è necessaria nel nuovo rapporto che l'individuo ha con la società.

L'agente sociale non potrebbe essere più passivo di quello dipinto da Bauman, persino la soggettività è stata da lui definita come una merce, essa è infatti definita come un feticcio236.

Riporto ora questa citazione che è a mio parere particolarmente significativa poiché richiama alla memoria concetti trattati nel primo capitolo:

Possiamo dire che il “consumismo” è un tipo di assetto sociale che risulta dal riutilizzo dei bisogni, desideri e aspirazioni dell'uomo prosaici, permanenti e per così dire “neutrali rispetto al regime” facendone la principale forza che alimenta e fa funzionare la società e coordina la riproduzione sistematica, l'integrazione sociale, la

stratificazione sociale e la formazione degli individui, oltre a svolgere un ruolo di primo piano nei processi di autoidentificazione individuale e di gruppo e nella scelta e ricerca dei modi per orientare la propria esistenza237.

Ritroviamo quindi la medesima riflessione bourdieuiana sulla capacità dei consumi individuali di innescare qualifiche sociali, distinzioni di classe e soprattutto

235 Z. Bauman, Consumo, dunque sono, GLF editori Laterza, Roma 2010, p. 5. 236 Z. Bauman, Consumo, dunque sono..., p. 20.

rafforzamenti delle gerarchie sociali.

Bauman non critica il consumo in sé, piuttosto egli lo reputa come una delle cose più naturali nell'uomo, una tendenza innata proveniente direttamente dal primitivo istinto di sopravvivenza biologica; il problema sta piuttosto nel consumismo da lui definito come uno specifico attributo della società contemporanea238.

Il consumismo ha oggi un ruolo così importante nella vita delle persone che Bauman lo definisce come lo scopo stesso dell'esistenza, la principale forza che alimenta e fa funzionare la società e coordina la riproduzione sistematica, l'integrazione sociale, la stratificazione sociale e la formazione degli individui, oltre a svolgere un ruolo di primo piano nei processi di autoidentificazione individuale239.

Sono dunque duplici le potenzialità intrinseche del consumismo: a livello collettivo mantiene l'ordine sociale mentre a livello individuale orienta gli individui nell'intero percorso della loro vita.

Questo processo si innesca nel momento in cui agli agenti sociali viene tolta ogni possibilità di desiderare e volere qualsiasi cosa, a partire dall'oggetto di consumo sino ad arrivare ai contatti umani, e questa mancanza viene riconvertita come forza estranea che mette in moto la società dei consumi.

Quest'idea si ricollega indubbiamente con la teoria dell'individuo blasé simmeliana poiché si ritrova la medesima mancanza di qualsivoglia volontà, o anche solo “appetito”, da parte del consumatore.

Bauman richiama altresì la questione, già vista in Simmel e Benjamin, dell'eccesso di stimoli a cui il cittadino contemporaneo viene sottoposto.

Se confrontato con quello dei due autori sovracitati, il punto di vista di Bauman risulta maggiormente indirizzato verso una critica al consumismo, vero fautore di questa crisi di ambizioni.

La vera forza di questo processo consiste nell'aver generato un circolo vizioso basato sulla ricerca di una felicità che in realtà altro non è che una perpetua non-soddisfazione

240. Il consumo tipico della contemporaneità, infatti, non può generare benessere perché

non vi è alcun tipo di stabilità del mercato: ogni prodotto, sia esso artistico o meno, viene lanciato sul mercato e indicato come oggetto necessario per la realizzazione

238 Ibidem.

239 Z. Bauman, Consumo, dunque sono..., p. 37. 240 Z. Bauman, Consumo, dunque sono..., p. 59.

personale, poco dopo l'atto di consumo l'oggetto viene svalutato e nuovi oggetti compaiono sulla scena.

Apparentemente ogni articolo sembra possedere le caratteristiche necessarie per dare la felicità tanto agognata, ma il mercato, per poter funzionare correttamente, deve investire continuamente su qualcosa di nuovo e più indispensabile ma non irraggiungibile.

Ogni prodotto è, o sembra, a portata di mano -proprio come appare a prima vista nella teoria onnivora- e questo apparente piccolo sforzo porta a un incessante scalata che non può che generare una cronica insoddisfazione.

Il cliente gode unicamente dell'atto del consumo, il momento in sé e poco altro, poiché in un arco di tempo brevissimo il mercato svaluta il prodotto precedentemente

decantato; quello che inizia come sforzo per soddisfare un bisogno deve diventare alla fine una coazione o un'assuefazione241.

Non a caso Bauman parla non solo di economia dello spreco, ma anche di economia dell'illusione, termine volto a sottolineare l'inganno soggiacente all'economia di mercato che rende i cittadini schiavi di quelli che ritengono essere i propri bisogni. Bauman sostiene che i consumatori definiti come “maturi”, cioè coloro che stanno sui gradini più elevati della scala sociale, accettano di buon grado la brevità del ciclo di vita che il consumismo impone agli oggetti poiché la vedono come una liberazione il

cestinare subito ciò che è diventato inutile.

Andando per esclusione appare chiaro il fatto che la condizione di schiavitù e di insoddisfazione cronica baumaniana è riservata solamente alle grandi masse.

Risulta particolarmente evidente come molte delle teorie affrontate sin ora hanno come comune denominatore il fatto di dare molta importanza alla fragilità umana, in

particolare all'aspetto di sottomissione inconsapevole a cui tutte le classi sono sottoposte.

In tutte queste teorie la differenza basilare fra i dominanti e i dominati è la medesima e consiste nel fatto che le classi inferiori appaiono incapaci di reagire e di adattarsi alle condizioni sia ambientali che di mercato imposte dalla contemporaneità.

E' presumibile che questo sentire collettivo si rifletta negativamente sulla percezione della teoria onnivora, la quale potrebbe essere vista come una forma di assoggettamento dell'agente sociale da parte dei media.

Volendo sottolineare con le parole dell'autore questo concetto tanto importante, richiamo alla memoria un brano decisamente rappresentativo:

Tale irrilevanza si traduce, nel codice di comportamento dei consumatori, in un ingordigia indiscriminata e onnivora: una forma radicale ed estrema di strategia esistenziale da ultima spiaggia che

scommette su più tavoli, in un contesto di vita contraddistinto dalla

“puntinizzazione” del tempo e dall'assenza di criteri affidabili per separare il messaggio dal rumore, ciò che è rilevante da ciò che non lo è242.

Bauman mostra di non conoscere l'ipotesi onnivora quando ha scritto queste parole eppure sembra di leggere una critica diretta proprio alla teoria petersoniana; difatti l'intellettuale onnivoro “scommette su più tavoli”, ma questo fatto non è visto né in maniera negativa né come un comportamento da evitare, bensì come una vera e propria ricchezza da perseguire.

La perpetua non-soddisfazione baumaniana è letta dai sostenitori della teoria onnivora in maniera diametralmente opposta, essa è un input per un continuo arricchimento personale, consumare non è solo un atto fine a se stesso, ma è una continua ricerca di appagamento personale.

Il ciclo apparentemente infinito di “carenza-desiderio-consumo” non genera assuefazione, bensì continui stimoli e questo è ciò che avviene quando si entra in contatto con la diversità, la voglia di novità non è imposta dalla società ma è ormai naturale in un mondo globalizzato.

Quello che da Bauman è visto come un “processo di decivilizzazione”243 in Peterson

appare dunque come la chiave per una nuova e più completa formazione dell'individuo a patto che esso sia in grado di usufruirne.

Anche la musica si potrebbe avvicinare a questo ciclico schema poiché essa risulta

242 Z. Bauman, Consumo, dunque sono..., p. 54. 243 Z. Bauman, Consumo, dunque sono..., p. 93.

onnipresente e in costante mutamento, le tendenze cambiano ogni mese e queste vengono inoltre mercificate fino a confondersi con il merchandising, ma ciò non significa che gli utenti debbano sottostare a queste ambigue regole di mercato.

Anche se la musica “usa e getta” si impone nelle nostre vite non vuol necessariamente dire che i consumatori debbano approcciarsi alla cultura solamente in questo senso e gli onnivori ne sono la prova.

Inoltre ricordo quanto detto in precedenza e cioè che l'apertura del consumatore onnivoro è sì molto ampia ma è sempre qualificata, non si nutre di quelli che abbiamo definito come jingle o motivetti, essi accettano molte cose ma “ripugnano oggetti particolari in modi particolari”244.

La questione è dunque questa: siamo di fronte a atti di consumo o a un fast food? Consumare non dovrebbe apparire come un atto degradante, eppure spesso è così definito, soprattutto quando si associa il termine all'ambito alimentare.

Basti pensare al personaggio dei cartoni animati Homer Simpson, perfetto stereotipo della voracità non solo alimentare relativa a tutti i prodotti spazzatura della cultura post- moderna statunitense.

L' onnivorismo è dunque visto da molti come sinonimo di insaziabilità e non come la capacità di adattamento che invece rappresenta.

In una società dove molti ritengono che l'arte dovrebbe stare in un mondo a sé stante, e sicuramente molto lontano da bisogni carnali come il mangiare, la scelta del termine onnivorismo potrebbe apparire impropria e l'associazione fra dieta e consumi artistici azzardata. Eppure questa provocazione petersoniana è, secondo la mia opinione, non solo adatta ma anche aperta a molte e sfaccettate interpretazioni.

Concludendo, queste tre riflessioni filosofiche e sociologiche non si possono definire come “giuste” o “scorrette”, ma bisogna considerarle come un singolo aspetto facente parte di un quadro molto più ampio e poliedrico di cui anche le teoria petersoniana fa parte: vedere una parte come se fosse il tutto significherebbe essere unilaterali.