• Non ci sono risultati.

2. LA NUOVA FRONTIERA DEL GUSTO:

3.3 Le mille facce di Manet

Una visione affine a quanto detto sin ora si può ritrovare nel pensiero sociologico di Walter Benjamin, il quale si discosta tuttavia da Simmel poiché, alla fine della sua carriera accademica, giungerà ad una visione pacificata per quanto riguarda il conflittuale rapporto fra cultura e consumo.

I primi passi del sociologo in tale direzione si ritrovano nella sua teoria della scomparsa dell'aura, una riflessione in cui originalità e artisticità si fondono in un unico e

insostituibile elemento che contribuisce a determinare un'opera d'arte.

Benjamin -1982-1940- è stato un filosofo tedesco vissuto nella Berlino schiava del periodo fascista, bisogna dunque precisare che la teoria della scomparsa dell'aura è anzitutto una caratteristica dell'”epoca delle masse”223, nel senso che essa nasce nei

primi anni del Ventunesimo secolo, nella metropoli simmeliana, e da questa è alimentata.

In un mondo dove i personal computer ancora non dominavano la scena, Benjamin ci parla infatti del cinema e della fotografia, i primi e unici mezzi di comunicazione di massa dell'epoca, macchinari che avevano a tal punto cambiato la concezione di unicità da incrinare persino il concetto di cosa è o non è arte.

Nell'epoca in cui è nata la riproducibilità tecnica Benjamin ci parla dunque dell' hic et nuc dell'opera d'arte, una caratteristica unica e la cui esistenza è vincolata al luogo in cui l'opera è stata generata.

Sembra dunque che il cosiddetto “secolo tecnologico” abbia creato gli strumenti necessari per incrinare l'unicità dell'opera d'arte. Ma l'avrà davvero distrutta? Il sociologo arriva ad affermare che nella fotografia il valore di esponibilità ha cominciato a sostituire su tutta la linea il valore culturale224, ma il vero artefice della

completa distruzione dell'aura è stato da lui individuato nel cinema.

223 C. Cases, Prefazione, in W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, p. 9.

Benjamin arriva ad affermare quanto segue:

Il cinema risponde al declino dell'aura costruendo artificiosamente la personality fuori dagli studi: il culto del divo, promosso dal capitale cinematografico, cerca di conservare quella magia della personalità che da tempo è ridotta alla magia fasulla propria del suo carattere di merce225.

Indubbiamente cinema e fotografia hanno cambiato il rapporto fra arte e grande pubblico poiché generano un impatto che Benjamin definisce “simultaneo”.

Prima dell'avvento della fotocamera un dipinto veniva fruito da un numero limitato di individui, ora invece la sua immagine riprodotta è esposta alle grandi masse; questo fenomeno è considerato dallo studioso come un primo sintomo della crisi della pittura. Come mai prima d'ora un grandissimo numero di individui è ora in grado di godere della stessa immagine, o della stessa melodia, simultaneamente .

Provando ad attualizzare il pensiero benjaminiano possiamo dire che la possibilità di poter scaricare, ascoltare e riascoltare ovunque, e apparentemente senza impegno, un concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov significhi sminuirlo.

E' però necessario precisare che, per Benjamin, la perdita dell'aura non implica solo aspetti negativi, bensì vi è un'altra faccia della medaglia e cioè che questa

moltiplicazione è anche una è possibile fautrice di un'esperienza estetica più partecipata, più democratica e più inclusiva dell'arte.

Questa svalutazione non va intesa come la perdita dell'intrinseca qualità artistica dell'opera, bensì che tale riproduzione “inopportuna” porterà a una desacralizzazione generale dell'arte. Ne consegue che, privando l'arte del suo fondamento culturale, l'epoca della sua riproducibilità tecnica estinse anche e per sempre l'apparenza della sua autonomia226.

La perdita dell'aura si può quindi leggere come lo smarrimento di un'unicità che era uno dei cardini su cui poggiava l'artisticità dell'opera d'arte.

225 W. Benjamin, L'opera d'arte..., p. 34 . 226 W. Benjamin, L'opera d'arte..., p. 29.

Ridurre a un file mp3 un lavoro talmente complesso, e a tal punto magnifico da poter essere definito arte, genera la perdita dell'irripetibilità che caratterizzava il suo usufrutto nell'epoca in cui l'opera era stata concepita.

Essendo la musica un'arte meno materica rispetto ad altre forme di cultura appare utile accennare a un ulteriore caso, ad esempio la mostra che ha raggiunto livelli così alti al botteghino da prorogarne la chiusura: Manet ritorno a Venezia.

La splendida Olympia di Manet è da mesi che invade sia Venezia che le zone limitrofe con poster pubblicitari, flyer, special televisivi, servizi alla radio etc., la materica pennellata del maestro viene ingrandita, o rimpicciolita, per ritrovarsi infine stampata su borsette di cotone o su set di sottobicchieri.

Img. 7a- 7b. Les chaussures de Manet227.

Img. 8. Cover per i-phone e sottotazza228.

227 Vedasi http://www.laviejaime.com/2011/03/les-chaussures-de-manet.html 228 Vedasi http://www.zazzle.com

Il problema per Benjamin è appunto questo: che la pittura non è in grado di proporre l'oggetto alla ricezione collettiva simultanea229; questo però non è applicabile a tutte le

forme artistiche esistenti.

Anche Dorfles appoggia questo punto di vista, lo si legge nel testo Le oscillazioni del gusto, l'arte fra tecnocrazia e consumismo:

L'arte propinata oggi dai media meccanizzati venne perciò a perdere buona parte di quella con-partecipazione magico-rituale da parte dello spettatore che era sempre presente nella assunzione diretta: al

concerto, in chiesa230.

Risulta però davvero difficile credere che la storia della musica sia proseguita a tal punto da giungere all'estetica del silenzio di John Cage ma che non sia possibile distaccarsi dagli spazi tradizionalmente adibiti alla musica come le sale da concerto e i teatri.

Ancor più paradossale risulta il fatto di fare queste riflessioni alla luce di quanto detto dello stesso Benjamin: in linea di principio, l’opera d’arte è sempre stata

riproducibile231.

Basta pensare alla musica, che per sua stessa natura necessita di essere riprodotta in tempi e luoghi diversi per poter essere fruita, per convincersi del fatto che essa, a differenza della pittura, è adatta alla ricezione collettiva simultanea.

Secondo Benjamin la perdita dell'esperienza e dell'unicità di un'opera può portare anche ad aspetti negativi come il generare nell'individuo alienazione; è dunque importante chiedersi se questo pensiero sia applicabile anche al consumo onnivoro dell'arte. Quella di Benjamin è stata definita da alcuni, fra tutti spicca in particolare il già citato Lukàcs, come una posizione romantico-anticapitalistica a causa dell'attaccamento a concetti tipicamente romantici come quello dell'unicità dell'opera d'arte oppure all'idea

229 W. Benjamin, L'opera d'arte..., p. 39.

230 G. Dorfles, Le oscillazioni del gusto..., p. 114. 231 W. Benjaimn, L'opera d'arte..., p. 20.

dell'artista come unico genio creatore.

Tuttavia, seppure l'idea dell'aura abbia in sé un qualcosa di magico e onirico, non dobbiamo scordare di contestualizzare la figura del filosofo in un momento storico completamente diverso da quello romantico, e cioè quello del fascismo, il periodo dell'estetizzazione marinettiana della guerra e delle masse232.

Nella Postilla conclusiva del già citato saggio L'opera d'arte nell'epoca della tecnica, egli conclude affermando:

Alla violenza esercitata sulle masse, che vengono schiacciate nel culto di un duce, corrisponde la violenza da parte di un'apparecchiatura, di cui esso si serve per la produzione di valori culturali233.

La posizione cui giunge il tardo Benjamin, anche se definita da Cases come in contraddizione con quella degli anni precedenti, si può considerare semplicemente come un passaggio da una posizione più ambivalente a una più netta, e cioè che all'idea di una perdita dell'esperienza reale da parte dell'uomo della società di massa egli sostituisce una visione in cui la tecnologia è un processo, non solo inevitabile, ma largamente positivo in quanto pone fine a una concezione aristocratica dell'arte234.

Quest'idea, in effetti, si riaggancia a una delle due alternative proposte da Birghit Erickson nel già citato saggio On Common Tastes: Heterogeneity and Hierarchies in Contemporary Cultural Consumption: la tecnologia renderà i consumi più universali e democratici in linea con la teoria kantiana? Benjamin sembra rispondere in modo affermativo a questa questione, ma vedremo come con Peterson le conclusioni saranno molto diverse.

Un ulteriore aspetto positivo che Benjamin riesce a cogliere nella tecnologia

contemporanea consiste nelle potenzialità che essa mette a disposizione per accrescere le nostre conoscenze di un'opera d'arte.

La fotografia, ad esempio, permette di cogliere particolari invisibili all'occhio nudo in opere d'arte fiamminghe, lo spettroscopio ha dato la possibilità di studiare l'andamento

232 W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica..., p. 20. 233 W. Benjaimn, L'opera d'arte..., p. 46.

234 C. Cases, Prefazione, in W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica..., p. 8

delle onde sonore, e così via.

Concludendo, seppure la posizione benjaminiana possa apparire per certi versi distante dalla situazione contemporanea, in essa ci sono non pochi elementi estremamente attuali come la teoria della perdita dell'aura che possono farci riflettere sulle varie sfaccettature dell' onnivorismo culturale.