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Il contenzioso medico-legale in chirurgia tiroidea: i contributi della letteratura

6. Il contenzioso medico-legale in chirurgia tiroidea

6.2 Il contenzioso medico-legale in chirurgia tiroidea: i contributi della letteratura

La chirurgia tiroidea costituisce una delle quote numericamente più importanti degli interventi di chirurgia generale; negli ultimi anni inoltre si è assistito in molte nazioni ad un incremento degli interventi chirurgici sulla tiroide: secondo alcuni dati gli interventi su tiroide e paratiroidi sono passati da 117000 nel 2001 a 160000 nel 2006 in Germania; un trend simile si è registrato negli Stati Uniti, dove si è passati dalle 48000 tiroidectomie del 1997 alle 58000 del 2007. Questo importante aumento della quantità degli interventi, insieme al cambiamento della modalità di concepire il rapporto tra medico e paziente avvenuto negli ultimi decenni, ha dato luogo ad un crescente numero di richieste di risarcimento e citazioni in giudizio per presunti danni iatrogeni correlati alla chirurgia tiroidea.

Una delle prime e più approfondite analisi degli aspetti medico-legali della terapia chirurgica delle patologie endocrine è stata pubblicata da Kern nel 1993 [47]; in questo lavoro è stato evidenziato che la causa principale delle richieste di risarcimento è rappresentata dal danno al nervo ricorrente ed alle paratiroidi. Con il perdurare della “litigation crisis” per malpractice medica, iniziata negli USA intorno agli anni ’70, sono stati poi realizzati diversi studi in merito a caratteristiche, esiti e costi del contenzioso in chirurgia tiroidea.

Nel contributo di D.D.Lydiatt del 2002 [48], vengono analizzati 30 casi di presunta malpractice in chirurgia tiroidea, verificatisi nel periodo 1987- 2000; la fonte dei dati è rappresentata dal database legale Westlaw, relativo a processi civili statali e federali eseguiti in tutti i 50 stati USA. Dallo studio emerge che all’epoca la maggior parte dei pazienti che hanno presentato richiesta di risarcimento erano di sesso femminile, con età media di 45 anni; gli specialisti chiamati in causa erano nella gran parte dei casi chirurghi generali, e in percentuale ridotta (10 %), otorinolaringoiatri; la complicanza chirurgica più frequente è risultata essere la paralisi monolaterale del nervo ricorrente, mentre è stato lamentato un ritardo di diagnosi nel 75 % dei pazienti con patologia maligna.

Dal confronto effettuato da Lydiatt con il precedente studio di Kern, relativo a quasi un decennio prima, emergono alcuni dati di interesse: 1) gli argomenti più spesso oggetto di contenzioso sono rappresentati da ritardo di diagnosi di patologia tumorale, danno ricorrenziale, complicanze particolarmente invalidanti/decesso; 2)carenze informative nella maggior parte dei casi di danno ricorrenziale; 3) riduzione del numero dei verdetti favorevoli ai medici convenuti, che sono passati dal 46 al 33%.

Nel lavoro di Shaw G.Y e Pierce E. pubblicato nel 2009, si analizza il contenzioso relativo a 112 casi di paralisi iatrogena delle corde vocali, occorsi tra il 1986 e il 2007. La chirurgia tiroidea e paratiroidea è risultata essere la più frequente procedura alla base del danno lamentato (32% dei casi); i più comuni aspetti oggetto di contestazione sono errori tecnici nella

procedura chirurgica, mancata diagnosi di complicanze e carenze in tema di consenso informato [49].

In tema di paralisi ricorrenziale, lo studio di Abadin e coll. del 2010 [50]si focalizza sull’eventuale ruolo del monitoraggio elettrofisiologico intraoepratorio del nervo ricorrente come parametro di valutazione della condotta chirurgica. Sorprendentemente, lo studio elettrofosiologico del nervo non viene menzionato in nessuno dei 33 casi esaminati, per ragioni riconducibili, secondo i due autori, alla mancanza in letteratura medica di dimostrazioni decisive circa l’efficacia del monitoraggio rispetto al controllo visivo nell’evitare il danno iatrogeno al nervo stesso. Interessante sottolineare che il contributo contiene anche alcune raccomandazioni di “buona pratica”, finalizzate a ridurre il rischio di contenzioso e di giudizi avversi al chirurgo; tra di esse viene menzionata la necessità di uno studio laringoscopico preoperatorio in pazienti già disfonici o che abbiano subito precedenti interventi sul collo; l’importanza di una esaustiva informazione al paziente circa l’eventualità della paralisi ricorrenziale, associata alla compilazione di appropriati moduli di consenso; l’importanza di registrare nella descrizione dell’intervento, l’avvenuta visualizzazione e preservazione dei nervi ricorrenti.

Una approfondita analisi delle controversie in tema di chirurgia tiroidea relativa alla realtà di un paese europeo, la Germania, è contenuta nello studio di Dralle H. e colleghi [51], che hanno esaminato 75 “expert opinions” relative a richieste di risarcimento per presunta malpractice in chirurgia tiroidea, avviate sia in ambito stragiudiziale che in sede civile. I dati estratti sono relativi a caratteristiche demografiche dei pazienti, tipo di patologia, estensione dell’intervento, tempi intercorsi tra intervento chirurgico e richiesta di risarcimento, concordanza tra opinione dell’esperto e decisione finale. La maggior parte dei pazienti sono risultati di sesso femminile, affetti da patologia benigna; il 54% delle patologie benigne sono state trattate con resezioni subtotali, mentre solo in 11 pazienti è stata eseguita la tiroidectomia totale. Il tempo medio intercorso tra intervento e richiesta danni è risultato di circa 3 anni, con range compreso tra 6 mesi e 17 anni. La concordanza tra expert opinion e

decisione finale è risultata pressoché totale (97 % dei casi). Anche in questo studio si conferma che la complicanza più spesso lamentata è la paralisi mono o bilaterale del nervo ricorrente, associata o meno a ipoparatiroidismo; l’iperparatiroidismo isolato è stato individuato nel 13 % dei casi. Gli autori puntualizzano che il monitoraggio elettrofisiologico del nervo ricorrente è stato utilizzato dal chirurgo in una minoranza di casi ed è diventato oggetto di contenzioso solo in 4 casi. Il 43 % dei casi si è risolto in favore dell’attore; con riferimento alla paralisi ricorrenziale, i pazienti sono stati risarciti nell’88 % delle lesioni bilaterali, mentre in caso di lesione monolaterale la decisione finale è stata più spesso favorevole al medico coinvolto. In questi casi la complicanza è stata considerata non prevenibile, o perché omolaterale al lobo tiroideo patologico o perché il convenuto è riuscito a dimostrare che l’identificazione del nervo ricorrente è la prassi nel proprio ospedale anche se non era annotata nel registro operatorio.

Per quanto riguarda l’ipoparatiroidismo la maggior parte dei “verdetti” (75 %) sono risultati favorevoli al chirurgo; gli autori sottolineano tuttavia la mancanza di un ben definito standard tecnico per l’isolamento e la preservazione delle paratiroidi, ed auspicano l’indicazione da parte della comunità chirurgica di “standard minimi” relativamente alla gestione delle paratiroidi durante l’intervento, con particolare riguardo alla prevenzione del contenzioso.

Per quanto riguarda la realtà italiana non è agevole reperire in letteratura studi significativi ad eccezione di qualche segnalazione casistica. Nel contributo di C. Crinò e P. Gualniera [52] vengono analizzati 4 casi di richiesta di risarcimento per paralisi ricorrenziale mono o bilaterale in ambito assicurativo, con particolare riferimento ai criteri adottati per l’individuazione della eventuale condotta colposa dei sanitari curanti. Gli autori sottolineano l’importanza, a fini medico-legali, di poter disporre di dati documentali completi in cartella clinica (specificamente, il registro operatorio e il diario clinico) per la ricostruzione 1) delle tempistiche di insorgenza e 2) delle possibile cause della lesione ricorrenziale (eventuale

menzione di difficoltà tecniche, infiltrazioni del nervo da parte di neoplasie maligne, reinterventi); si rimarca altresì la necessità di una adeguata informazione al paziente, nonché l’utilità di un parere specialistico per una migliore analisi della vicenda. Vengono fornite poi indicazioni in merito alla valutazione del danno residuato al paziente, che dovrebbe essere effettuata dopo un congruo lasso di tempo, ed avvalendosi, ove necessario di uno specialista foniatra. Nella successiva segnalazione casistica di Ricci P. e colleghi [53] si illustra l’iter civilistico di una citazione in giudizio per paralisi cordale monolaterale a seguito di tiroidectomia subtotale destra per patologia benigna; sia la consulenza tecnica d’ufficio che la sentenza risultarono favorevoli all’attore, per motivazioni correlate alla mancata segnalazione dei tempi di isolamento e preservazione del nervo ricorrente, in assenza di particolari difficoltà tecniche nell’esecuzione dell’intervento. Infine, nel recente contributo di Barranco R. e colleghi [54], relativo ad un caso di lesione ricorrenziale a seguito di emitiroidectomia per adenoma, viene evidenziata l’importanza di un corretto inquadramento clinico- strumentale del paziente disfonico, da effettuarsi con l’ausilio di specialista otorinolaringoiatra; si puntualizza altresì la necessità, nell’ambito del processo valutativo, di considerare le eventuali ripercussioni dei disturbi fonatori sull’attività lavorativa del leso.