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Possiamo affermare che fino agli anni Novanta il minore era ascoltato limitatamente nei casi previsti tassativamente dalla legge e ridotti a fasce d’età piuttosto avanzate (16, 14, 12 anni con l’eccezione dei 10 anni richiesti dall’art. 371 cc al fine di consentire al giudice tu-telare di disporre in merito alla collocazione e all’educazione del minore nell’ambito della

tutela). A seguito della ratifica della ConvenzioneONUsui diritti del fanciullo si è dato il via

a un processo di innovazione in materia. In particolare in relazione al contesto civile, come si sottolineava in premessa, un contributo rilevante all’applicazione dell’art. 12 è stato for-nito dalla sentenza n. 30/1/2002 della Corte costituzionale. Nel caso in esame era stata sol-levata la questione di incostituzionalità dell’art. 336 secondo e terzo comma cc e degli artt. 737, 738 e 739 cpc. Si tratta di una sentenza con cui la Corte ha dichiarato inammissibili, per non aver il giudice sperimentato un’interpretazione “adeguatrice” della disposizione impugnata e perché trattasi di problema interpretativo rientrante nei poteri del giudice, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 336 c. 3 cc, nella parte in cui non prevede che il provvedimento temporaneo assunto in caso di urgente necessità senza l’audizione dei ge-nitori e del minore che abbia compiuto gli anni 12 debba avere una durata massima stabi-lita dalla legge e debba essere, nel rispetto del principio del contraddittorio, confermato,

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modificato o revocato entro un termine perentorio di 30 giorni e che, in caso di assenza di un’effettiva urgente necessità, il provvedimento sia affetto da nullità rilevabile d’ufficio, in riferimento agli artt. 3 c. 1, 24 c. 2 e 111 cc. 1 e 2 Cost.

La Corte ha fornito un’interpretazione significativa del dettato dell’art. 12 della Con-venzione affermando che si tratta di una prescrizione che fa parte dell’ordinamento nazio-nale, e di conseguenza integra nei casi opportuni l’art. 336 comma 2 cc, facendo divenire il minorenne una «parte» in senso tecnico del procedimento, implicando la necessità del contraddittorio nei suoi confronti, previa nomina nei casi necessari di un curatore specia-le così come previsto ex art. 78 cpc.

Per quanto concerne l’ambito civile, va detto che le modalità d’ascolto del minore so-no individuate dalla legge italiana in due aree, e cioè (1) le procedure di adottabilità, di adozione e di affidamento familiare a cura del tribunale per i minorenni ex L. 476/1998 e L. 149/2001, e (2) le procedure di separazione personale dei coniugi ex art. 155 sexies cc così come elaborato dalla L. 54/2006 in materia di affidamento condiviso.

Per quanta riguarda il primo caso, il precetto dell’art. 12 della ConvenzioneONUha

trovato una prima applicazione con la L. 149/2001 in materia di adozione e di affidamen-to dei minori e intiaffidamen-tolata Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina

dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al Titolo VIII del libro primo del co-dice civile, con la quale si è proceduto all’introduzione dell’obbligo della nomina del

di-fensore del minore nelle procedure di adozione (ex art. 8 L. 149/2001) e in quelle di limi-tazione o decadenza della potestà genitoriale (ex art. 37 L. 149/2001), di competenza del tribunale per i minori. La L. 149/2001 ha, inoltre, fissato una serie di elementi di innova-zione. Infatti, da una parte prevede la presenza dell’avvocato del minore in ogni procedi-mento relativo a questioni di potestà e non solo in caso di conflitto di interessi tra i geni-tori, meglio tutelando così la posizione del minore da condotte pregiudizievoli dei genito-ri nei confronti dei figli. Dall’altra, insegenito-risce l’obbligatogenito-rietà della difesa tecnica del mino-re e la nomina di un avvocato a pmino-rescindemino-re dalla capacità di discernimento del minomino-re, contribuendo al più puntuale rispetto del diritto a un giusto processo così come sancito dall’art. 111 della Costituzione italiana.

La L. 149/2001 rappresenta per l’ordinamento giuridico italiano la spia di un muta-mento concettuale e culturale. Possiamo dire che dall’esame delle disposizioni della L. 149/2001 e della sentenza della Corte costituzionale si deduce che il minore nei processi di decadenza e limitazione della potestà non solo ha diritto ad essere ascoltato, ma deve esser considerato parte in senso tecnico del procedimento, vedendosi attribuire, di conse-guenza, il diritto ad essere tutelato da un avvocato. La L. 149 ha introdotto forti innova-zioni nell’ordinamento italiano sollevando non poche criticità applicative che necessitano di ulteriori interventi di adeguamento. In particolare, l’art. 37 ha novellato gli artt. 330, 333 e 336 cc, in materia di potestà sui figli. Per effetto di tale articolo, il giudice può di-sporre, oltre all’allontanamento del figlio dalla residenza familiare, anche l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta il minore o ne abusa. A livello procedimentale, si segnala inoltre la significativa innovazione per cui «i genitori e minori devono essere assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato, nei casi previsti dalla leg-ge» (art. 336 u.c. cc). L’entrata in vigore di tale previsione è stata oggetto di reiterati in-terventi di proroga, attesa la mancata emanazione di un’auspicabile normativa di detta-glio, fino alla data del 30 giugno 2007, allorquando è scaduta l’ultima proroga. Non è sta-ta successivamente emessa alcuna normativa attuativa che disciplinasse le modalità di no-mina del difensore in siffatti procedimenti e l’istituzione dell’albo di riferimento. Si è dun-que discusso sull’immediata applicabilità della disposizione in esame e la dun-questione è

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ta risolta in senso positivo dalla prassi giudiziaria e dalla dottrina prevalenti. Nei diversi uffici giudiziari sono stati dunque elaborati dei protocolli, che, in attesa di un intervento del legislatore in materia, disciplinano le modalità di nomina dei difensori e dei curatori speciali dei minori.

Sempre con riferimento al procedimento civile, come si è detto, vi è un secondo ambi-to in cui ritroviamo disposizioni puntuali in meriambi-to all’ascolambi-to del minore: esso è rappre-sentato dalle procedure di separazione ex art. 155 sexies cc così come elaborato dalla L. 54/2006 in materia di affidamento condiviso.

La L. 54/2006, Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento

con-diviso dei figli, ha introdotto l’audizione del minore nei giudizi di separazione e di

divor-zio dei genitori e nei processi di affidamento dei figli naturali. Questa normativa usa in-differentemente i termini «audizione» e «ascolto», che sono equiparabili sul piano giuri-dico. Il minore peraltro va considerato come parte processuale ma la dottrina ritiene che si tratti di una parte “anomala”, perché non ha ancora acquisito la stessa posizione giuri-dica dell’adulto che sia parte processuale. Va sottolineato che in questo caso al giudice non è lasciata discrezione decisionale in merito all’ascolto del minore, ma, nella piena

attua-zione dell’art. 12 della Convenattua-zioneONU, solo in merito ai tempi (prima o dopo i

provve-dimenti presidenziali) e alle modalità (diretto, indiretto ecc.). La legge pone sì un discrimi-ne in base all’età del minore (12 anni, pur consentendo l’audiziodiscrimi-ne del minore anche di età inferiore, ove capace di discernimento), ma ha il valore aggiunto di riconoscergli un interesse qualificato in merito al processo di separazione dei genitori proprio in conside-razione delle conseguenze che su di lui avranno le decisioni che durante tale processo sa-ranno prese.

Sempre in materia di ascolto del minore nei procedimenti civili, merita di essere men-zionato un altro fondamentale momento che ha caratterizzato questi ultimi anni: l’adozione della L. 77 del 20 marzo 2003, con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione

europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 25 gennaio 19968. La L. 77/2003

dispo-ne che dispo-nel momento in cui il minore abbia raggiunto un’adeguata maturità questo ha, dispo-nei procedimenti che lo riguarda, il diritto a ricevere informazioni adeguate e pertinenti, a essere consultato e a esprimere la propria opinione e a essere informato in merito alle eventuali conseguenze che la sua opinione comporterebbe nella pratica e delle eventuali conseguenze di qualunque decisione (artt. 3 e 6 della Convenzione del 1996). Inoltre, la Convenzione del 1996 impone al giudice di adottare le decisioni tenendo in

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8Si può citare, a questo proposito, la sentenza (Cass., sezione I civile, sent. 16 aprile 2007 n. 9094) con cui, ri-chiamato l’art. 6 della L. 77/2003 di autorizzazione alla ratifica della Convenzione di Strasburgo del 25 genna-io 1996 sull’esercizgenna-io dei diritti del fanciullo, ha chiarito come l’autorità giudiziaria nei procedimenti d’interesse per minore abbia il dovere, qualora questi abbia «il discernimento sufficiente alla stregua del diritto interno», di «consultarlo personalmente e può escludere tale audizione solo ove essa sia manifestamente in contrasto con gli interessi superiori del fanciullo stesso».

Nella giurisprudenza di merito relativa alla famiglia e ai minorenni si sottolinea innanzitutto il cresciuto rico-noscimento ai minorenni, qualora abbiano raggiunto un’età in cui siano capaci di esprimere delle opinioni e, successivamente, di prendere decisioni in modo maturo, di una sfera di libertà per l’esercizio dei diritti perso-nalissimi, quali quelli alle scelte affettive, procreative, politiche e religiose. La considerazione e il rispetto del-la volontà espressa dal minore ha assunto un ruolo di parametro centrale per dar effettività ai suoi diritti fon-damentali, evidentemente quando si è in presenza di una sua sufficiente capacità valutativa e di discernimen-to, acquisibile in maniera graduale, come del resto sono graduali e progressive le variazioni nelle metodolo-gie educative e formative, adeguate alle varie età del minore, e modulate in base alle esigenze dettate dalle di-verse fasi evolutive.

zione l’interesse del fanciullo; pertanto, nel caso in cui fosse necessario assumere altre in-formazioni, ha la possibilità di consultare il minore tenuto conto della sua maturità e di quanto previsto dalla legge nazionale e con le modalità più appropriate. Tali dichiarazio-ni devono esser tenute in debita considerazione ai fidichiarazio-ni della decisione. La scelta idichiarazio-niziale del legislatore di dare limitata attuazione al dettato della Convenzione di Strasburgo è stata ampiamente superata dall’entrata in vigore della già menzionata legge sull’affida-mento condiviso.