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Più articolata si presenta la disciplina dell’ascolto del minore nell’ambito del procedi-mento penale in cui è previsto che al minore (imputato, indagato o vittima) siano fornite informazioni scritte e che il giudice illustri oralmente all’imputato il significato dell’attivi-tà processuale che lo riguarda (art. 1 disp. proc. pen. min.).

In particolare, per quanto concerne l’ascolto del minore vittima o testimone di reati, l’esperienza ha evidenziato quanto l’ascolto del minore ponga numerose questioni di con-tenuto e procedurali. La testimonianza, quale mezzo di prova nel processo penale, riveste un’importanza determinante per assumere la decisione in tema di responsabilità dell’im-putato e al giudice è riservato un ampio margine di valutazione del livello di attendibilità del minore vittima o testimone, livello che può dipendere da molteplici fattori, come il ruolo ricoperto dal testimone, l’aver assistito direttamente al fatto, i rapporti con l’imputato, un possibile coinvolgimento nell’episodio. Quando si procede per reati di abu-so sessuale commessi ai danni di un minore la testimonianza della perabu-sona offesa occupa un posto centrale, però deve essere sottoposta a un vaglio rigoroso e approfondito da par-te del giudice, soprattutto laddove manchino altri elementi di prova, cercando di soddisfa-re anche esigenze di protezione e tutela in considerazione della giovane età della persona offesa e, spesso, dei legami affettivi che la uniscono all’autore delle violenze.

Negli ultimi anni la legislazione ha quindi fornito agli operatori tutta una serie di stru-menti per ottimizzare le procedure acquisitive delle prove in materia di abusi su minori, la cui disciplina sostanziale è stata profondamente innovata dalla L. 15 febbraio 1996, n. 66 di riforma dei reati in materia «sessuale» – che ha ridefinito anche le norme incriminatri-ci in materia di violenza sessuale sui minori (artt. 609 bis e ss. cp) –, nonché dalla norma-tiva in materia di sfruttamento sessuale dei minori prevista dalla L. 269/1998, già tratta-te ampiamentratta-te nel Rapporto precedentratta-te.

In particolare, con riferimento agli strumenti dell’esame testimoniale del minore e del-l’incidente probatorio, a integrazione di quanto già riportato nel Rapporto precedente si

segnala un’interessante decisione della Corte di giustizia della Comunità europea9,

solleci-tata proprio dall’autorità giudiziaria italiana, secondo cui «gli artt. 2, 3 e 8 della decisio-ne quadro del Consiglio 15 marzo 2001 n. 2001/220/Gai, relativa alla posiziodecisio-ne della vit-tima nel procedimento penale, devono essere interpretati nel senso che il giudice naziona-le deve avere la possibilità di autorizzare persone in età infantinaziona-le che, come nella causa principale, sostengano di essere stati vittime di maltrattamenti, a rendere la loro deposi-zione secondo modalità che permettano a tali bambini un livello di tutela adeguato, ad esempio raccogliendo la loro testimonianza al di fuori dell’udienza e prima della tenuta di

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III. Principi generali

9Corte di giustizia europea (Grande sezione), sentenza 16 giugno 2005 Causa C-105/03 edita in Guida al

quest’ultima». Si prevede quindi che il giudice nazionale è tenuto a prendere in considera-zione le norme dell’ordinamento interno nel loro complesso e a interpretarle, per quanto possibile, alla luce della lettera e dello scopo della detta decisione quadro.

Relativamente al quadro specifico delle norme, l’art. 392 cpp stabilisce che durante la fase delle indagini preliminari sia possibile procedere con l’incidente probatorio all’assun-zione della testimonianza di persona minore di 16 anni, anche al di fuori delle ipotesi pre-viste dal comma 1 dell’art. 392 cpp. Proposito di tale previsione è quello di prevenire che il minore-vittima o testimone sia costretto a testimoniare durante il processo (che può av-venire anche a notevole distanza di tempo rispetto alla commissione del reato, fattore che potrebbe impedirgli di intraprendere un processo di adeguata e pronta riabilitazione psi-cologica).

L’esame del minore, in sede di incidente probatorio, può essere svolto con la forma del-la c.d. «audizione protetta», ovvero secondo modalità tali da evitare che il contesto pro-cessuale possa turbarlo. In particolare, l’art. 398 cpp dona al giudice la facoltà di ascolta-re il minoascolta-re di 16 anni vittima di ascolta-reati di abuso e sfruttamento sessuale, schiavitù e tratta stabilendo luogo, tempo e adeguate procedure in riferimento alle necessità del minore. A tal fine, l’ascolto può anche avvenire presso il domicilio del minore o in luoghi ad hoc. L’articolo prevede inoltre che l’audizione del minore, in sede di incidente probatorio, deb-ba essere documentata integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva e, nel caso di indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si prov-vede con le forme della perizia o della consulenza tecnica.

Altro adempimento previsto dal codice penale (art. 609 decies) è quello gravante sul-la Procura delsul-la Repubblica e consistente nell’invio immediato di notizia al tribunale per i minorenni qualora si proceda per uno dei delitti sopraindicati commessi in danno di un minorenne. La stessa disposizione sopraindicata prevede che sia assicurata l’assistenza af-fettiva e psicologica al minore attraverso la presenza dei genitori o di altre persone indi-cate dal minore, nonché l’assistenza dei servizi minorili dell’amministrazione della giusti-zia o dei servizi istituiti dagli enti locali.

L’incidente probatorio è quindi ammesso (anche alla luce della sentenza n. 114 del 2001 cc), oltre che per le ipotesi di violenza sessuale, anche per altre ipotesi di reato, di particolare delicatezza e complessità, quali quelli sanzionati dall’art. 572 cp (maltratta-menti in famiglia), dall’art. 571 cp (abuso dei mezzi di correzione o di disciplina), dall’art. 573 cp (sottrazione consensuale di minorenni), dall’art. 574 cp (sottrazione di persone in-capaci) e dall’art. 591 cp (abbandono di persone minori o inin-capaci).

Inoltre, sempre a tutela della personalità del minore e al fine di rispettare il diritto di questo ad avere un «giusto processo», così come sancito dall’art. 111 della Costituzione

italiana, laLC63/2001, Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in

ma-teria di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di ri-forma dell’art. 111 della Costituzione, ha per certi versi preso in considerazione

l’attuazione del principio costituzionale nel caso del processo penale nei confronti di im-putato di violenza sessuale ai danni di un minore. Ha infatti stabilito all’art. 3 che l’esame del testimone minore di 16 anni, che abbia già reso dichiarazioni in sede di incidente pro-batorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le tali di-chiarazioni saranno utilizzate, è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni, ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ri-tenga necessario sulla base di specifiche esigenze processuali.

Per quanto riguarda le modalità di escussione del minore in dibattimento, la norma di riferimento è l’art. 498 cpp che prevede, come regola generale, che sia il giudice a

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Terzo-quarto rapporto alle Nazioni unite sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia

re l’esame su domande e contestazioni proposte dalle parti, con l’eventuale ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile. Tuttavia, qualora il presiden-te ripresiden-tenga che l’esame diretto del minore non possa nuocere alla sua serenità, sentipresiden-te le par-ti può disporre con ordinanza che l’esame del minore avvenga nelle forme ordinarie. La stessa disposizione prevede che, se la parte lo richiede, ovvero se il presidente lo ritiene ne-cessario, l’esame avvenga con le forme dell’audizione protetta prevista per l’incidente pro-batorio (art. 398 cpp), estendendo così a tutti i procedimenti in cui si deve ascoltare il te-stimone minorenne la possibilità di adottare le modalità protette. Inoltre, quando si pro-cede per i reati di schiavitù, tratta, sfruttamento sessuale o violenza sessuale, se la parte o il difensore lo richiede, l’esame del minore vittima del reato viene effettuato mediante l’uso di un vetro specchio unitamente a un impianto citofonico. Un’altra forma di tutela del mi-nore è rappresentata dalla nomina del curatore speciale. L’art. 338 cpp prevede che qua-lora la persona offesa sia un minore degli anni 14, il termine per la presentazione della querela decorre dal giorno in cui è stato notificato al curatore speciale il provvedimento di nomina. Alla nomina provvede il giudice per le indagini preliminari del luogo ove si

tro-va la persona offesa su richiesta delPM. La nomina può essere promossa anche dagli enti

che hanno per scopo la cura, l’educazione, la custodia e l’assistenza dei minorenni. Ciò permette di assicurare un’adeguata rappresentanza processuale sin dall’inizio delle indagi-ni preliminari, ciò è tanto più utile se gli abusanti sono i geindagi-nitori. Proprio il conflitto di interessi che si va a creare impone la nomina di un curatore speciale. Le Convenzioni in-ternazionali affermano che tale figura dovrebbe essere scelta tra persone competenti e parate. È auspicabile, pertanto, la formazione di una lista di avvocati particolarmente pre-parati a tale compito.

L’Italia ha intrapreso un percorso che progressivamente sta delineando un nuovo tipo di procedimento relativo alle questioni che interessano i minori, più partecipato e più co-rale e di conseguenza più ricco di informazioni ed elementi di conoscenza da valutare e su cui basare le decisioni.

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IV. Diritti civili e liber tà

(artt. 7, 8, 13-17 e 37 (a))

A integrazione del precedente Rapporto, si segnala che nel periodo fra il 2000 e il 2007, in cui si sono susseguite più legislature (XIII, XIV, XV), ci sono stati alcuni importanti inter-venti normativi, con i relativi atti attuativi, volti a dare maggior ampiezza agli strumenti di tutela dei diritti civili e libertà, garantiti e riconosciuti dalla Costituzione ad ogni persona dalla nascita, in quanto diritti inviolabili dell’uomo, in conformità a una visione incentrata sulla pari dignità di ciascun individuo, inteso sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità (artt. 2 e 3 Cost.). Si può dire anzi che l’ordinamento giu-ridico italiano stia vivendo una fase di profondo rinnovamento all’insegna del riconoscimen-to ai minori d’età di quelle garanzie affermate dalla Costituzione in modo indistinriconoscimen-to verso ogni persona. In particolare con le riforme della normativa dell’adozione intervenuta con la L. 476/1998 e con la L. 149/2001, hanno ricevuto attenzione i diritti del minore all’identità personale nella nuova famiglia adottiva con riferimento alla conoscenza della sua storia pre-cedente all’adozione e al rispetto delle sue opinioni ai fini della decisione adottiva.

4.1 Il diritto del fanciullo al nome, alla cittadinanza

e alla conoscenza delle origini