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VII . Attività educative, culturali e di svago

7.1 Istruzione e formazione professionale

Dal 2000 al 2007, sono stati ribaditi alcuni principi fondamentali che segnano rilevan-ti linee di cambiamento nel nostro Paese, come già si profilava nei cambiamenrilevan-ti apporta-ti dalla L. 9/1999.

Vi è stata innanzitutto una propensione, per questo come per altri settori pubblici, al

decentramento delle competenze prima riservate in via esclusiva al Governo centrale. Ciò

ha portato a un progressivo passaggio agli enti territoriali (Regioni, Province, Comuni) dei compiti relativi alla realizzazione del diritto allo studio. In tutti questi anni è stato inoltre rafforzato il progetto già delineato nella L. 59/1997 sull’autonomia delle istituzioni

scola-stiche e nel relativo regolamento di attuazione (DPR8 marzo 1999, n. 275).

Il quadro delle azioni promosse a favore dell’istruzione non si presenta dunque omo-geneo a livello nazionale, ma, pur nella cornice di alcuni dettami stabiliti in sede centrale, risulta alquanto differenziato e ricco, rispondente ai bisogni e alle capacità strettamente connesse al territorio locale.

Le stesse fonti di finanziamento delle nuove progettualità avviate dagli istituti scolasti-ci si sono diversificate, comprendendo sia risorse del privato soscolasti-ciale, sia fondi europei o messi a disposizione da istituti quali le fondazioni locali. Questo ha portato a un modo del tutto nuovo, per il sistema scolastico italiano, di attivare e gestire la programmazione delle attività educative, spingendo l’Italia ad allinearsi al modello europeo di valorizzazio-ne delle responsabilità che fanno capo agli enti fruitori delle risorse finanziarie, sottopo-nendo processi e risultati a un piano di valutazione e monitoraggio. D’altro canto ciò ha messo in atto anche alcuni effetti distorcenti, poiché accanto ad azioni sperimentali, adat-te per loro natura ad essere condizionaadat-te a una progettualità contingenadat-te, legata ai fondi disponibili, vi sono alcune attività che dopo l’avvio iniziale richiedono una messa a regi-me difficilregi-mente raggiungibile se non vi è certezza nel finanziaregi-mento.

Un terzo elemento da segnalare, comune agli indirizzi dei diversi governi succedutisi dal 2000 al 2007, è il potenziamento dell’istruzione e della formazione fino al 18° anno

di età. Questo aspetto è stato realizzato in diversi modi (come si spiegherà più avanti),

cor-rispondenti ai differenti orientamenti politici; tuttavia è emerso un obiettivo condiviso, ov-vero quello di ridurre le immissioni immediate ed esclusive nel mondo del lavoro degli adolescenti.

Vale la pena infine ricordare che in Italia la scuola dell’infanzia costituisce parte inte-grante del sistema educativo nazionale.

Tale ordinamento di scuola è stato interessato da un processo di riforma nei suoi

contenuti pedagogico-didattici con il DLGS19 febbraio 2004, n. 59, Definizione delle

norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 531. In virtù di questa norma vengono ema-nate dal Ministero le Indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività edu-cative nelle scuole dell’infanzia, con cui vengono individuati «i livelli essenziali di pre-stazione a cui tutte le scuole dell’infanzia del Sistema nazionale di istruzione sono tenu-te per garantire il diritto personale, sociale e civile all’istruzione e alla formazione di qualità».

In questo documento si insiste in particolare sull’importanza del ruolo dei genitori, af-fermando che «la Scuola dell’Infanzia si propone come luogo di incontro, di partecipazio-ne e di cooperaziopartecipazio-ne delle famiglie, come spazio di impegno educativo per la comunità e come risorsa professionale specifica per assicurare a coloro che la frequentano la massima promozione possibile di tutte le capacità personali, promozione che si configura come

di-ritto soggettivo di ogni bambino»2.

Ancora più recentemente sono state approvate conDMn. 6 del 31 luglio 2007 le

In-dicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione,

con cui si è inteso recuperare la prospettiva curriculare anche per la scuola dell’infan-zia. In questo ambito è stata ribadita la validità educativa della scuola dell’infanzia con la promozione di un’attenzione specifica per il contesto ecologico complessivo in cui essa opera.

Relativamente agli aspetti strutturali, occorre infine ricordare che nell’anno scolastico 2007/2008 il numero delle sezioni di scuola dell’infanzia è stato di 42.116, aumentando di 122 unità rispetto all’anno precedente.

La richiesta è maggiore nelle grandi città, dove possono esistere anche delle liste di at-tesa, quasi sempre però contenute dall’intervento dei Comuni e delle scuole private. L’obiettivo dei diversi governi che si sono succeduti è in ogni caso quello della generaliz-zazione, cui si è peraltro già pervenuti in parecchie aree delle regioni centrali e

settentrio-118

Terzo-quarto rapporto alle Nazioni unite sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia

1Pubblicato sullaGUn. 51 del 2 marzo 2004.

2Le Indicazioni promuovono quindi l’introduzione del Portfolio individuale del bambino, che viene pensato co-me uno struco-mento importante per il riconoscico-mento della specificità di ogni bambino e per la valorizzazione del-le singodel-le storie personali. La realizzazione di un tadel-le strumento documentario ha avuto come risultato positivo quello di valorizzare la competenza documentaria delle educatrici e di qualificare ulteriormente la professiona-lità di questa categoria di insegnanti.

Il Portfolio ha assunto anche un significato particolare relativamente all’attenzione che è stata posta verso il momento del passaggio dei bambini dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria, come viene giustamente sottolineato dalle medesime Indicazioni, le quali sostengono che «una particolare attenzione dovrà essere ri-servata dai docenti al passaggio dei bambini che sono stati loro affidati, sia dal nido o dall’ambiente familia-re alla scuola dell’infanzia, sia dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria. Il principio della continuità edu-cativa esige che questo passaggio sia ben monitorato e che i docenti, nell’anno precedente e in quello succes-sivo, collaborino, in termini di scambio di informazioni, di progettazione e verifica di attività educative e di-dattiche, con la famiglia, con il personale che ha seguito i bambini negli asili nido e con i colleghi della scuo-la primaria, a partire dal coordinatore-tutor delscuo-la cscuo-lasse prima».

Nello specifico pare anche opportuno rilevare che le Indicazioni riconoscono con forza – ed è elemento piace-volmente originale – il ruolo dell’asilo nido, richiamato in più occasioni nel corso del testo, fino a prevedere la possibilità di convenzioni tra enti locali e scuole per la gestione di sezioni di raccordo.

nali. Fanno eccezione diverse regioni meridionali, dove si assiste anche a un calo degli

iscritti, dovuto a ragioni culturali ma ancora di più alla situazione economica3.

Le azioni finalizzate alla prevenzione e al contrasto della dispersione scolastica, messe in atto dal Ministero dell’istruzione, in un’ottica di continuità con il passato, si sono svi-luppate nella direzione di promuovere:

• il sistematico coinvolgimento di tutti gli attori chiave attraverso lo sviluppo di

accor-di e partenariati a livello nazionale, regionale e locale;

• il riconoscimento e la validazione dell’apprendimento non formale e informale;

• lo sviluppo di politiche e di sistemi di orientamento per tutta la vita ampiamente

ac-cessibili;

• lo sviluppo di percorsi differenziati di apprendimento e di ambienti aperti di

appren-dimento;

• l’uso integrato delle tecnologie (ICT) nei sistemi d’istruzione e formazione;

• l’attenzione privilegiata nelle attività educative ai gruppi svantaggiati e a rischio.

Tali obiettivi sono strettamente connessi alle politiche europee e, in particolare, alla

Raccomandazione dell’OCSE del 17 aprile 2007 su abbandono scolastico ed equità

del-l’educazione.

Per comprendere a fondo le cifre e i dati che si riferiscono alla dispersione scolastica, bisogna brevemente richiamare le due dimensioni di analisi del fenomeno.

La prima dimensione è quella che fa riferimento al numero di drop-out rilevati nel cor-so dell’anno scolastico, cioè gli abbandoni veri e propri che si verificano in corcor-so di anno scolastico. A questi sono da aggiungere anche il numero di ripetenti, i promossi con debi-to, i ritardi accumulati negli anni, i passaggi ad altri indirizzi, che costituiscono, comun-que, una dispersione.

La seconda è quella più vicina all’indicatore europeo degli «early school leavers»,

co-struito adoperando l’indagine «forze di lavoro» dell’ISTAT. Tale indicatore fa riferimento

alla quota di giovani dai 18 ai 24 anni d’età che posseggono solo la licenza media e che sono fuori dal circuito d’istruzione e formazione.

Secondo la chiave di lettura europea, l’Italia registra miglioramenti già a partire dal-l’anno 2000. Se nel 2006 il 20,8 % dei ragazzi era fermo alla licenza media e non frequen-tava alcun corso di formazione, un lieve miglioramento è evidenziato dai dati del 2007, che fa diminuire la distanza dell’Italia dagli altri Paesi europei. Tuttavia, i dati rimangono critici in alcune regioni, specie in Campania (28,8%), Sicilia (26%), Puglia (23,9%).

La situazione nel Mezzogiorno è particolarmente critica, sebbene tale area del Paese sia destinataria di più iniziative, come i progetti per le aree a rischio e a forte processo im-migratorio, finanziati con le risorse finanziarie (€ 53.000.000 ad anno) di cui all’art. 9 del

CCNL– Comparto scuola 2006-2009, e i progetti finanziati con le risorse dei fondi

strut-turali, destinate alla prevenzione e recupero della dispersione scolastica, nell’ambito del Programma operativo nazionale dedicato alla scuola del Mezzogiorno. Anche la nuova programmazione dei fondi strutturali europei per il periodo 2007-2013 continua a

rivol-gere attenzione a questo fenomeno. Infatti, il Quadro strategico nazionale (QSN) per la

po-119

VII. Attività educative, culturali e di svago

3I bambini presenti nella scuola dell’infanzia nell’anno 2007/2008 assommano a 961.872, pari al 12,4% dell’inte-ra popolazione scolastica. Gli insegnanti complessivamente impegnati sono 84.886. Le sezioni, come accennato, so-no 42.116, ognuna delle quali accoglie mediamente 22,8 bambini, con differenze fra le diverse regioni, che vanso-no dal 24,8 della Toscana e il 24,7 della Lombardia al 19,7 della Calabria e al 20,2 della Sardegna e Basilicata.

litica regionale di sviluppo 2007-2013 considera l’istruzione una priorità della politica re-gionale unitaria e, per le regioni dell’obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia), individua come obiettivo misurabile «l’innalzamento delle competenze degli stu-denti e la capacità di apprendimento della popolazione».

La dimensione del fenomeno di abbandono, secondo la chiave di lettura nazionale è, invece, valutata in base al numero degli studenti che non hanno formalizzato in alcun modo alla scuola l’interruzione di frequenza. A ciò si aggiunga che la Legge finanziaria 2007 ha introdotto l’«obbligo d’istruzione» fino a 16 anni, assolvibile sia nel sistema d’istruzione sia nei percorsi triennali integrati attivati, a livello sperimentale, dalle Regio-ni in base ad accordi con lo Stato, che si concludono con qualifiche professionali di pri-mo livello. Poiché esiste oggi una pluralità di percorsi, integrati tra istruzione e forma-zione, un’analisi esauriente della dispersione è possibile solo attraverso l’integrazione di

tutte le fonti informative, cioè Ministero dell’istruzione e Regioni, come previsto dalDLGS

n. 76/2005.

Gli ultimi dati, resi disponibili dall’Indagine effettuata dal Ministero presso tutte le scuole statali e non statali, riferiti all’a.s. 2006/2007, fanno rilevare un numero di disper-si pari a 2.791 (pari allo 0,1%) nella scuola secondaria di I grado e di 44.664 ( pari all’1,6%) nella secondaria di II grado. Come per il passato, nella secondaria di secondo grado l’abbandono interessa prevalentemente il primo anno di corso. La dispersione, spe-cie nelle scuole secondarie di secondo grado, è diffusa non solo nelle regioni del Mezzo-giorno, già citate, caratterizzate da situazioni di disagio economico e sociale, ma anche nelle aree del Paese connotate da sistemi economico-produttivi più forti, il cui mercato del lavoro esercita una forte attrattiva. La Campania e la Sicilia sono le regioni dove il

feno-meno dell’abbandono è più evidente, seguite da Puglia e Lombardia4.

Per superare la tradizionale frammentarietà che ha sempre contraddistinto le azioni mirate ad affrontare il fenomeno della dispersione scolastica, in data 11 marzo 2008 con il decreto dipartimentale n. 19 è stato istituito il Gruppo di lavoro interdirezionale per la

prevenzione e il contrasto della dispersione scolastica (GLID).

Tale Gruppo, che ha compiti di indirizzo, coordinamento, monitoraggio e valutazione degli interventi relativi alla dispersione scolastica, ha iniziato i lavori nell’ottica di supera-re le logiche frammentarie e aggiuntive e di porsupera-re in essesupera-re un «sistema integrato» di co-ordinamento a livello nazionale tra le Direzioni generali competenti in materia, al fine di realizzare una strategia di formazione che integri le diversità in una visione unitaria e

in-tegrata degli interventi a beneficio dello studente e della sua crescita personale e sociale5.

Vanno poi segnalate alcune delle misure specifiche contro la dispersione scolastica.

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Terzo-quarto rapporto alle Nazioni unite sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia

4Fonte: Ministero della pubblica istruzione - Servizio Statistico: La dispersione scolastica – i dati, maggio 2008. 5In particolare ilGLIDsta curando la realizzazione delle seguenti azioni:

– ricostituzione dell’Osservatorio nazionale per la dispersione scolastica finalizzato a definire una strategia orga-nica e unitaria per la prevenzione e il contrasto dell’insuccesso scolastico e formativo;

– monitoraggio di tutte le azioni in atto attraverso specifiche azioni di conoscenza, lettura e verifica dei risultati delle stesse;

– percorsi di formazione mirata e specifica del personale docente sulle caratteristiche di una metodologia didat-tica efficace e attraente per gli studenti, in particolare sulla didatdidat-tica laboratoriale;

– verifica della possibilità, sulla base di alcune esperienze territoriali in atto, di sperimentare un modello di ana-grafe degli abbandoni, che tenga conto di quanti, pur essendo nella fascia dell’obbligo, sono fuori da ogni cir-cuito di formazione. Tale sperimentazione dovrebbe vedere agire insieme l’USRdel territorio, e gli enti locali nelle varie articolazioni: Regione, Provincia, Comuni.

In primo luogo va menzionata la previsione di fondi ad hoc per le aree considerate a

rischio di dispersione: questa iniziativa è in atto dal 1999 e ha come riferimento

normati-vo l’art. 9 del contratto nazionale (CCNL) del Comparto scuola, che viene rinnovato ogni

tre anni. Le risorse sono vincolate all’implementazione di progetti nelle zone predefinite a livello di Governo centrale, il quale attribuisce i fondi agli uffici scolastici regionali che li distribuiscono tra le scuole, mentre le azioni concrete vengono concordate dalle singole re-altà territoriali attraverso accordi con i sindacati. Il fondo prevede uno stanziamento com-plessivo di € 53.195.060 all’anno.

Oltre a queste, altre risorse sono dedicate in modo particolare al Meridione, dove il tasso di dispersione scolastica risulta più alto. Il Programma operativo nazionale La

scuo-la per lo sviluppo, realizzato tra il 2000 e il 2006, ha previsto aree specifiche di azione

sul-la dispersione scosul-lastica (Misura 3 «Prevenzione delsul-la dispersione scosul-lastica», finanziata con il Fondo sociale europeo, e Misura 4 «Infrastrutture per l’inclusione scolastica e l’integrazione sociale», finanziata con il Fondo europeo di sviluppo regionale). I progetti realizzati sono stati 4.965, per un impegno di spesa complessiva di € 187.099.929,49. I centri risorse contro la dispersione scolastica, realizzati con la Misura 4, attualmente fun-zionanti sono 140. La spesa sostenuta è stata di € 31.350.310,52.

Per il 2007-2013, sempre nell’ambito di interventi rivolti al Mezzogiorno, sono previ-sti i programmi operativi nazionali Competenze per lo sviluppo, finanziato con il Fondo sociale europeo, e Ambienti per l’apprendimento, finanziato con il Fondo europeo di svi-luppo regionale.

Questi programmi sono il risultato di una consistente attività di concertazione, coor-dinata dal Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero dell’economia e delle fi-nanze, il Ministero del lavoro e le altre amministrazioni centrali, con le Regioni, con le parti sociali e i rappresentanti del terzo settore. Oggetto della concertazione sono anche specifiche intese, in via di definizione, con le Regioni e con le amministrazioni centrali che permetteranno di ottimizzare la programmazione e di evitare sovrapposizioni nell’azione dei fondi.

Gli obiettivi attorno a cui ruotano i programmi sono volti a elevare e aumentare la dif-fusione di competenze e capacità di apprendimento di giovani e adulti e a rendere la scuo-la maggiormente attrattiva.

Si tratta di obiettivi che richiedono prioritariamente interventi su tutti quei fattori che, direttamente o indirettamente, influiscono sulla qualità e l’accessibilità del sistema, come l’apertura pomeridiana della scuola, la preparazione dei docenti, un’offerta formativa am-pia, l’utilizzo di metodologie innovative, la presenza di laboratori nella scuola.

Un intervento volto a contrastare la dispersione scolastica derivata dalle malattie è la scuola in ospedale, divenuta in questi anni un’articolazione del sistema di istruzione e il ser-vizio di istruzione domiciliare che riconosce ai minori malati, il diritto-dovere all’istruzione, anche a domicilio, al fine di facilitare il loro reinserimento nelle scuole di provenienza.

Ai fini di rendere flessibile l’organizzazione e la didattica, andando incontro alle esi-genze dei minori che si dedicano a sport invernali agonistici, è stato firmato un accordo

con la federazione sportiva delCONI (L. 166/2002) per lo sviluppo del progetto pilota

triennale Ski-college, rivolto a nove istituti secondari dell’arco alpino e appenninico. Esperienze significative sono state avviate anche con la promozione di attività «in stra-da», regolate dal Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’istruzione e il Ministero della so-lidarietà sociale nel 2000. Il progetto, denominato La scuola in strada e nelle zone a

ri-schio, fa esplicito riferimento alla programmazione degli enti locali sostenuta dai fondi

della L. 285/1997, volta alla promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Degni

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di nota sono i programmi di «maestri di strada» che hanno riguardato le città di Napoli, Padova e Trento.

Proprio attraverso la citata L. 285/1997, sull’orientamento e il sostegno scolastico sono stati realizzati nel corso delle prime due triennalità di progettazione (1997-1999 e 2000-2002) rispettivamente 187 e 117 progetti. Le aree di intervento hanno riguardato sia la co-stituzione di reti di ascolto, informazione e sensibilizzazione per giovani, famiglie e docenti, sia sostegno scolastico e tutoraggio, nonché attività di orientamento alla formazione e al la-voro. Molti dei progetti (la maggioranza di quelli del secondo triennio) hanno fatto esplici-to riferimenesplici-to al contenimenesplici-to dell’evasione scolastica, obiettivo perseguiesplici-to anche tramite l’accompagnamento all’inserimento lavorativo di adolescenti con percorsi scolastici difficili. A partire dalla terza triennalità di programmazione 285, gli interventi non sono più moni-torabili separatamente dall’insieme organico delle politiche locali per l’infanzia e l’adolescenza, che dal 2003 vengono finanziate con un fondo nazionale unico. Ciò non to-glie che molte esperienze siano ancora in essere e che in alcuni casi siano entrate a regime.

Nella programmazione del Ministero vi è infine l’avvio di un modello di rilevazione

anagrafica diretto a monitorare costantemente il fenomeno della dispersione, così da

indi-viduare prontamente situazioni di difficoltà sul territorio. In attuazione di quanto

previ-sto dall’articolo 3, comma 4 delDLGS76/2005, si sta realizzando un apposito accordo tra

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e Ministero del lavoro e delle poli-tiche sociali, in sede di Conferenza unificata, per l’integrazione delle diverse anagrafi (dei residenti, degli iscritti alle scuole e alla formazione professionale e dei giovani in

appren-distato) nel Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti6.

Il Ministero dell’istruzione collabora sotto l’aspetto della prevenzione alla dispersione scolastica con altri ministeri e istituzioni, anche non governative, che partecipano al

Ta-volo di coordinamento tra Governo e parti sociali per il contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile7, all’interno del quale si stanno definendo azioni congiunte che riguarda-no anche l’abbandoriguarda-no scolastico e la qualità dell’offerta formativa.

Nella consapevolezza che un efficace orientamento è prerequisito che può limitare il fenomeno della dispersione scolastica, il Governo impegna adeguate risorse per la forma-zione dei responsabili provinciali e regionali dell’orientamento. Anche recenti disposizio-ni normative hanno sancito che le attività di orientamento devono trovare adeguata col-locazione all’interno dei Piani dell’offerta formativa dei diversi istituti scolastici.

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Terzo-quarto rapporto alle Nazioni unite sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia

6A questo proposito è utile ricordare che diverse sono le esperienze già maturate nei territori, a cura delle ammi-nistrazioni regionali. Si cita a titolo esemplificativo la Regione Emilia-Romagna, che dal 2006 ha attivato un ser-vizio di anagrafe online che incrocia i dati delle banche dati di Obbligo formativo, Formazione professionale, Ap-prendistato con l’Anagrafe dei residenti. Il fine del progetto è proprio quello di contrastare la dispersione scola-stica, individuando le scelte e i percorsi formativi dei ragazzi/e tra i 14 e i 17 anni, attraverso il monitoraggio del-la loro posizione in tre momenti dell’anno, così da rilevare coloro che risultano assenti. Il passo successivo