PARTE II: La precarietà, il Welfare State e gli assistenti social
I. Il contesto macro: le implicazioni della globalizzazione sul Welfare State »
La globalizzazione ha avuto ripercussioni sul Welfare State. Le trasformazioni socioeconomiche a livello macro sono penetrate nelle pratiche professionali ed organizzative dei servizi attraverso l’imposizione di forme neoliberali di gestione del Welfare e l’internazionalizzazione dei problemi sociali (ibidem; p. 49). Il processo di “globalizzazione nel lavoro sociale” viene definito da Lena Dominelli (ibidem) come
“l’organizzarsi delle relazioni sociali secondo modalità tali da promuovere la penetrazione delle forze di produzione e di riproduzione capitalistica in tutta una serie di «sfere della vita» che erano sempre state estranee ai rapporti dell’economia di mercato”.
La liberalizzazione dei beni pubblici, la governance, la retorica della monetarizzazione (come ad esempio l’introduzione dei voucher), l’implementazione manageriale dei servizi sociali, l’erosione dei diritti universali, la contrattualizzazione delle politiche sociali sono alcune delle trasformazioni in atto che coinvolgono il Welfare tanto che, a mio avviso, si dovrebbe parlare di mercificazione dei servizi sociali. Il risultato è stato un profondo mutamento nei rapporti interpersonali, nel mondo del lavoro e in quelli tra Stato e cittadini. I cambiamenti in atto hanno portato ad un’erosione delle competenze dello Stato, incardinate nel “benessere pubblico”, ed uno slittamento di tali compiti al privato, nell’arena della liberalizzazione e della privatizzazione.
Sebbene questi cambiamenti di per sé non sono negativi, hanno tuttavia portato ad una penetrazione dei suoi principi all’interno delle pratiche quotidiane, in ogni aspetto della vita (ibidem; p. 51). I risultati della mercificazione della vita hanno provocato effetti contrastanti: da un lato, hanno incoraggiato l’intervento statale nell’emanazione di leggi sempre più a favore del libero mercato; dall’altro, viene bandito l’interventismo statale nelle questioni che non sono di competenza “pubblica”. La contraddittorietà delle politiche in atto si ritrova nell’erosione dell’autonomia personale dove i soggetti, al di fuori della cerchia del potere, si sono visti strappare le risorse necessarie per lo sviluppo della propria libertà.
I sistemi di gestione della qualità e i meccanismi di certificazione sono cruciali per il processo di regolazione della libera concorrenza promossi dalla logica degli appalti e improntati sulla gestione manageriale. I sistemi di controllo nel lavoro sociale si riferiscono ai sistemi di Total Quality Management, come l’ISO 9000 e l’ISO 9001, diffusi a livello mondiale. Si tratta di procedure che hanno rafforzato il controllo burocratico sull’operato dei professionisti. L’enfasi sulle procedure ha sorpassato i veri obiettivi del lavoro sociale: esso deve adeguarsi a requisiti predefiniti; deve impostare il suo lavoro attorno a logiche burocratiche che portano l’operatore a deresponsabilizzarsi. Con il nuovo impianto manageriale, i servizi sono guidati dal budget e da logiche di contenimento delle spese, più che dai bisogni dell’utenza (ibidem; pp. 52-59).
Un’altra questione determinata dalla globalizzazione è stata l’internazionalizzazione dei problemi sociali. La diffusione della povertà, “l’importazione dei problemi sociali” da una zona all’altra del pianeta (come il traffico sessuale di minori) e gli effetti dei flussi migratori (e di conseguenza, ad esempio, l’aumento di richieste di asilo e le adozioni internazionali) (ibidem; pp. 59-60) hanno portato alla mondializzazione del malessere. I bisogni sociali hanno rotto le frontiere ed hanno posto la questione sotto il profilo culturale ed identitario delle persone. Questo ha inevitabilmente avuto ripercussioni per la professione dell’assistente sociale in quanto sempre di più deve guardare al di fuori della sua conoscenza settoriale; non è più sufficiente sapere come comportarsi con i “classici” utenti e non è più sufficiente elaborare percorsi lineari ideati ad hoc per una “cultura” ma è necessario trasformare le competenze tenendo conto della diversità culturale.
II. Il contesto meso: le politiche nazionali
La ridefinizione del Welfare è fortemente condizionata dalla globalizzazione. Oggi lo Stato condivide la sua sovranità con soggetti non pubblici; siamo passati da una logica di government a quella di governance (Bifulco; 2005).
Questo ha avuto importanti conseguenze per il Welfare:
“l’internazionalizzazione dell’economia ha ridotto la capacità degli Stati di controllare con le loro politiche i fattori economici che avevano conseguito in tempo addietro la crescita economica e la redistribuzione dei redditi; l’apertura dei mercati e la crescete mobilità di risorse hanno messo in crisi gli elevati livelli occupazionali; la globalizzazione ha diffuso cambiamenti culturali ed etici tali da condurre ad un abbandono delle logiche solidaristiche con l’obiettivo di assolutizzare il mercato e per enfatizzare approcci competitivi e concorrenziali” (Ferrario; 2005; p. 14).
Inoltre, le povertà emergenti, l’invecchiamento della popolazione, i nuovi bisogni sociali sono alcuni dei fenomeni che hanno ridimensionato la portata dello Stato sociale.
Ma cosa succede a questo Welfare? Il Welfare è il luogo in cui l’ideologia neoliberista è stata applicata con le politiche nazionali “ed è uno degli ambiti istituzionali e sociali in cui è avvenuto uno dei più profondi processi di trasformazione” (Perocco; 2012; pp. 34-41). Sono stati realizzati importanti processi di amputazione e privatizzazione dello Stato sociale da almeno tre decenni e ciò ha subito una notevole accelerazione con l’arrivo della crisi economica. Il peggioramento della normativa sul lavoro e della previdenza sociale si è accumulato all’erosione dei sistemi di protezione e assistenza sociale. Diversi provvedimenti tesi a privatizzare servizi pubblici (come i trasporti, la scuola, l’energia) hanno messo in discussione la sicurezza sociale e l’egualitarismo (ibidem; p. 35). Amputazione, privatizzazione ed aziendalizzazione sono i capisaldi dello Stato sociale odierno. Questi processi hanno portato sempre più individui a chiedere aiuto ai servizi sociali ma che spesso non hanno trovato risposta proprio a causa degli stessi meccanismi di svuotamento del
Welfare. L’amputazione del Welfare si è verificata in nome dello “Stato leggero” per le
funzioni tradizionalmente pubbliche, ma uno “Stato forte” per le politiche di bilancio, per il controllo sociale, per la repressione dei sindacati e delle forme di oppressione.
Un punto chiave delle politiche nazionali è il tema dell’inclusione sociale che è uno dei valori deontologici ed operativi del servizio sociale, inserito anche nella l.q. 328/2000. Inclusione ed esclusione sociale diventano significativi nel momento in cui si negano diritti ed