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Il Continuatore di Scilitze 163 fornisce informazioni più particolareggiate sulle vicende legate alla rivolta, contribuendo a chiarire i retroscena politici

Il Continuatore di Scilitze

163

fornisce informazioni più particolareggiate

sulle vicende legate alla rivolta, contribuendo a chiarire i retroscena politici

della sedizione.

L’Augusta Zoe nominò domestico delle scholae d’Oriente il proedro Nicola, di quelle d’Occidente il patrizio Costantino Cabasila. Mandò quindi il patrizio Gior-gio Maniace in Italia, come magister e stratego autocrator164.

Una volta giunto in Italia, il magister avrebbe dovuto riportare alla normalità la situazione, invece mirò alla tirannide. Vale la pena riassumere le cause di que-sta decisione. Quando Maniace era que-stato mandato in Italia dall’imperatore

Michele per soccorrere Apolafar Mucumeto (emiro di Sicilia, assalito dal fratel-lo alleato degli Afri), aveva assoldato come mercenari cinquecento Franchi, giunti dalla Gallia transalpina sotto la guida di Arduino, signore di una regione ancora indipendente. Dopo che però Maniace, a causa di una calunnia, fu pri-vato del comando e imprigionato nella capitale, venne mandato come suo suc-cessore il protospatario Michele Doceano, un uomo inetto, e la situazione pre-cipitò. Infatti costui non corrispose ai Franchi gli stipendi mensili pattuiti e per di più fece frustare a morte (almeno così dicono) un ufficiale franco che lo aveva esortato a trattare in modo più benevolo i mercenari, non privandoli dei premi promessi per le loro fatiche: Doceano invece perseverò e s’inimicò i Franchi. Questi presero le armi e si ribellarono, così Doceano dovette affrontarli - al comando degli Opsiaciani e di parte dei Traci – in uno scontro presso Canne, vicino al fiume Aufido, nel luogo in cui un tempo Annibale aveva ucciso migliaia di Romani. Doceano fu vinto , perse la maggior parte degli eserciti e lui stesso a stento si salvò con una fuga vergognosa. Neppure dopo aver subito questa sconfitta Doceano seppe trarne insegnamento e, senza attendere i rinforzi della capitale, radunò nuovamente le stesse truppe che erano state sconfitte a Canne e, spinto dalla temerarietà, attaccò di nuovo i Franchi, cui si erano nel frattempo uniti gli aiuti consistenti inviati dagli Italici che abitano la regione pres-so il fiume Po e ai piedi delle Alpi. Così fu sconfitto ancora una volta. L’imperatore Michele, informatone, gli tolse il comando e lo sostituì con Boioanne, che aveva fama di valoroso (discendeva da quel Boioanne, inviato in Italia da Basilio, che ristabilì la potenza bizantina fino a Roma). Ma anche Boioanne, giunto in Italia, non ricevette truppe di rinforzo, fu costretto a

guida-re quegli stessi uomini che erano già stati più volte sconfitti in battaglia, e a gui-darli contro gli stessi nemici che ora tenevano saldamente la regione e la difen-devano come propria. Boioanne fu battuto presso Monopoli e fu catturato, men-tre quanti riuscirono a sfuggire al massacro si rifugiarono nelle poche fortezze ancora fedeli all’impero. Quindi i Franchi si presero l’Italia conquistandola in guerra, mentre gli abitanti in parte si arrendevano in parte venivano costretti con la forza. Soltanto Bari, Brindisi, Otranto e Taranto rimasero fedeli ai Romani. Dopo la morte di Michele IV e la cacciata del suo successore Michele V Calafato, venne mandato in Italia Giorgio Maniace: neppure lui fu dotato di truppe sufficienti, ma con la sua abilità riuscì ugualmente a battere i Franchi e a liberare le zone intorno a Capua, Benevento e Napoli, ristabilendo in modo accettabile pace e sicurezza. Maniace aveva ricchi possedimenti nelle provin-ce orientali e aveva come vicino Romano Sclero, con il quale era in pessimi rapporti e che era stato sul punto di uccidere, se Sclero non si fosse dato alla fuga. Quando Costantino Monomaco salì al trono, anche Romano Sclero venne sollevato alle più alte fortune: Monomaco era imparentato con gli Scleroi e teneva inoltre come concubina Maria, la sorella di Romano, che venne così nominato magister e protostrator. Romano, memore delle offese patite da Maniace, abusò della propria potenza e dell’assenza del rivale, arrecò danni ingenti alle sue proprietà e ne violentò la moglie. Maniace era in Italia quando venne informato, e si adirò oltre modo. Quando a queste offese si aggiunse che Sclero gli fece revocare la carica, Maniace comprese che la propria posizione era diventata insostenibile e che il suo ritorno nella capitale non avrebbe por-tato nulla di buono. Approfittò del fatto che le truppe italiane già da tempo erano

insofferenti e volevano tornare in patria, così prese le armi contro il basileus e uccise il protospatario Pardo, inviato a succedergli al comando in Italia (non aveva meriti particolari per ottenere questa carica, ma faceva parte dell’entou-rage di Costantino). Assunte le insegne del potere, venne salutato imperatore dalle truppe e sbarcò a Durazzo. Costantino gli ingiunse per lettera di recede-re dal suo proposito, promettendo impunità per lui e i suoi seguaci, ma Maniace non desistette, così il basileus inviò un esercito al comando di Stefano Sebastoforo. Gli eserciti si scontrarono presso Ostrovo e le truppe di Stefano vennero sconfitte e disperse da Maniace. Già tutti lo salutavano imperatore, quand’ecco che egli improvvisamente scivolò da cavallo e morì, senza che si potesse sapere chi era stato a ferirlo mortalmente nel petto. Non appena le truppe imperiali se ne accorsero, tagliarono la testa al cadavere, coloro che si erano ribellati con lui gettarono le armi e la notizia fu subito comunicata al sovrano. Alcuni giorni dopo Stefano rientrò nella capitale portando come trofei la testa del ribelle e molti prigionieri, che portò in trionfo nel foro a cavallo di asini165.

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Giovanni Zonara cerca invece di attenuare la portata politica della