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Continuazione dei contratti pendenti di finanziamento e d

Capitolo 4. Finanziamento

2. Principali strumenti per il finanziamento

2.4. Continuazione dei contratti pendenti di finanziamento e d

Naturalmente un’altra fonte di finanziamento dell’esercizio provvisorio è data dalla continuazione dei contratti di finanziamento e di garanzia che l’imprenditore ha stipulato prima del fallimento, e che all’apertura della procedura sono ancora pendenti. In linea di principio, la continuazione dell’attività d’impresa rende difatti possibile il mantenimento pure di questa tipologia di contratti. Il favore legislativo per l’esercizio provvisorio e più in generale per la conservazione dell’impresa, come influenza la disciplina dei rapporti pendenti nel fallimento, a maggior ragione và a ispirare la ricostruzione delle regole per i rapporti pendenti aventi una funzione di finanziamento e di garanzia, i quali permettono in modo diretto il reperimento dei finanziamenti necessari alla continuazione dell’attività d’impresa. I contratti di durata bancari rappresentano nella realtà attuale la tipologia più importante di contratti per il finanziamento dell’imprenditore. Secondo l’opinione prevalente , essi si fondano sull’intuitus personae e pertanto secondo la disciplina generale dei rapporti pendenti nel fallimenti essi si sciolgono in automatico quando, per effetto del fallimento, il curatore subentra nella gestione del patrimonio e dell’impresa del fallito. Tale premessa non si concilia con la moderna prassi e disciplina

dell’erogazione professionale del credito che sono improntate a criteri oggettivi di sana e corretta gestione del credito; non è neppure compatibile con la moderna concezione e realtà dell’impresa, come organizzazione di mezzi e persone avente una propria rilevanza oggettiva, che prescinde dall’identità del soggetto titolare, concezione che è alla base della riformata disciplina dell’esercizio provvisorio e del

172 fallimento in generale. A ciò si aggiunge che in generale la disciplina dei rapporti pendenti nel fallimento và interpretata sempre nell’ottica di facilitare la

continuazione dell’attività d’impresa e questo a maggior ragione non potrà che valere per i contratti di assistenza finanziaria, che in questo contesto risultano fondamentali. Per cui i contratti bancari di durata proseguono automaticamente nell’ipotesi in cui sia disposto l’esercizio provvisorio, salvo diversa scelta del curatore. In ogni caso il contratto di finanziamento che prosegue viene assistito dalla “garanzia” della prededuzione, oltre che dalle garanzie in senso proprio che lo assistevano dall’inizio e che di massima il fallimento non fa venir meno. Una volta configurata l’ammissibilità della prosecuzione automatica dei contratti bancari di durata dell’esercizio provvisorio, si pone il problema riguardante l’esercizio da parte del finanziatore dell’eventuale facoltà, legale o convenzionale, di recesso e in particolare di recesso ad nutum. Tale facoltà, in linea di principio dovrebbe trovare applicazione anche nella fase dell’esercizio provvisorio, non solo per i contratti di finanziamento stipulati ex novo, ma anche per quelli preesistenti che proseguono nonostante il fallimento. E’necessario tener presente che il problema del

finanziamento nell’esercizio provvisorio è particolarmente rilevante, quindi non si può individuare un legittimo interesse del finanziatore a recedere dal contratto che il curatore vorrebbe far proseguire che si fondi esclusivamente sull’apertura della procedura fallimentare, considerando la garanzia rappresentata dalla

prededucibilità, ai sensi dell’art. 104 comma 8, di cui gode il finanziatore il cui contratto prosegua una volta disposto l’esercizio provvisorio, e anche quelli che sono meccanismi di controllo e di responsabilità che governano l’azione degli organi della procedura, in modo particolare per le scelte che attengono ai rapporti

pendenti. Un ulteriore contratto la cui importanza è evidente nell’ambito

dell’esercizio provvisorio è quello della locazione finanziaria. Il curatore, per quanto riguarda l’aggiornamento degli impianti, il rinnovamento

degli stessi, se obsoleti o non più in grado di offrire una produttività economica valida a costi sempre più ridotti, o, infine, per acquisire nuove tecnologie più avanzate, potrà ricorrere, infatti, al leasing finanziario. Esso consiste nell’acquisto

173 dei menzionati beni aziendali da parte di una società finanziaria con cessione in uso all’imprenditore per un periodo prestabilito, con pagamento di un canone e con facoltà di acquisto al termine del contratto mediante il pagamento di una percentuale del prezzo originario. La locazione finanziaria, oltre ad offrire comprensibili e notevoli vantaggi per l’andamento aziendale, nell’ambito dell’esercizio provvisorio viene ad assolvere una funzione di finanziamento per l’acquisizione di beni necessari per il funzionamento dell’impresa. Naturalmente è possibile che tale contratto venga stipulato ex novo dalla procedura, ma in

particolare, dobbiamo considerare l’ipotesi in cui il contratto di locazione finanziaria, stipulato dall’imprenditore, si trovi pendente nel momento in cui interviene la dichiarazione di fallimento e verificare cosa accade ad esso nel caso in cui sia disposta la continuazione dell’attività d’impresa. In tale contesto bisogna segnalare che la locazione finanziaria è il solo contratto la cui sorte nell’esercizio provvisorio formi oggetto di disposizioni dedicate. L’art. 72-quater comma 1, secondo periodo l.fall., stabilisce che, in caso di esercizio provvisorio, il rapporto prosegue in automatico, ma con la facoltà del curatore di sciogliersi; non c’è nessun riferimento nella norma alla facoltà di sospensione. In questo modo la disciplina del leasing si differenzia da quella dettata dall’art. 104 comma 7 per i rapporti pendenti nell’esercizio provvisorio in genere, infatti questa ammette la sospensione

facoltativa. La ratio di questa esclusione non è di immediata evidenza, inoltre la mancata previsione della sospensione volontaria può apparire in contraddizione con altre disposizione in materia di rapporti pendenti. In particolare, essa si presenta a prima vista in contrasto con la regola della sospensione automatica del leasing quando non è disposto l’esercizio provvisorio (regola risultante dal rinvio operato dall’art. 72-quater, comma 1, primo periodo all’art. 72 l. fall.) e con la regola dell’art. 104 comma7 l. fall., che al curatore attribuisce una facoltà generale di sospendere i rapporti che proseguono in automatico per effetto dell’esercizio provvisorio. Per capire le ragioni che hanno spinto il legislatore a non menzionare la sospensione tra le facoltà del curatore dobbiamo, per un verso, rilevare che la sospensione del rapporto di leasing evita al curatore il pagamento dei canoni, ma non comporta un

174 obbligo di restituzione della cosa e quindi non permette al locatore di utilizzarla in modo alternativo; il bene anzi può subire un deprezzamento, anche se non è utilizzato, per il semplice decorso del tempo. Considerato ciò appare ragionevole la scelta del legislatore di ammettere soltanto la sospensione automatica di cui all’art. 72 quando non è disposto l’esercizio provvisorio e non anche una sospensione facoltativa del tipo di quella prevista dall’art. 104 comma 7 per la disciplina generale dei rapporti pendenti in caso di continuazione dell’attività d’impresa. La

sospensione automatica, avuto riguardo alla prassi del leasing e tenuto conto dell’interesse che la procedura può avere ad acquistare il bene a titolo definitivo, è contenuta nel tempo; non è così per la sospensione facoltativa che per diversi aspetti è più gravosa per il terzo contraente. Per altro verso, si può osservare che il leasing assicura di solito il godimento di beni strumentali anche di una certa

importanza e svolge una funzione di assistenza finanziaria, di conseguenza la continuazione del rapporto nell’esercizio provvisorio sarà di regola più vitale di quanto non sia per altri tipi di contratto. Conclusivamente una facoltà di sospensione del contratto di leasing sarebbe, nel caso in cui venga disposto

l’esercizio provvisorio, meno utile che in altri casi fino a diventare insignificante, e al tempo stesso sarebbe particolarmente gravosa per il terzo contraente, queste considerazioni giustificano la divergenza sul punto rispetto alla disciplina

tendenzialmente generica dettata dall’art. 104 comma 7. Infatti quando l'attività dell'impresa continua attraverso l'esercizio provvisorio è possibile immaginare che almeno nella fase del tutto iniziale tutti i beni strumentali, necessariamente

debbano continuare ad essere utilizzati ed è questo il motivo per cui viene disposta la continuazione del rapporto, ma successivamente, con una ristrutturazione o con la prospettiva di un ridimensionamento dell'attività, in vista della cessazione dell'esercizio provvisorio potrà essere possibile che l'interesse del curatore sia quello opposto e volto allo scioglimento, che, appunto, il curatore potrà

raggiungere esercitando il recesso previsto dalla legge. Il curatore esercitando tale facoltà di sciogliersi dal contratto di leasing non necessita dell’autorizzazione del comitato dei creditori, considerato l’elemento, specifico all’esercizio provvisorio,

175 della maggior autonomia gestoria di tale organo. Nel caso, dunque, di continuazione dell'attività dell'impresa attraverso la disposizione dell'esercizio provvisorio, il curatore subentra nel contratto quale effetto naturale di esso in presenza di una continuazione dell'attività dell'impresa72 e, pertanto, anche della presumibile utilizzazione funzionale dei beni strumentali detenuti dall'utilizzatore a titolo di leasing, la successione nel contratto avviene, pertanto, senza necessità di alcuna autorizzazione da parte dell'organo di controllo ( il comitato dei creditori ), infatti il curatore non necessita di particolari integrazioni dei poteri, considerato che

nessuna attività negoziale deve svolgere il curatore per divenire parte del contratto.

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