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La contrapposizione delle individualità e delle società attraverso il riso

3 Il ruolo del riso nella cultura giapponese

3.6 La contrapposizione delle individualità e delle società attraverso il riso

Nella storia del Giappone il riso e le risaie hanno rappresentato la popolazione intera come un’unica grande comunità, estendendo la realtà del singolo nucleo familiare e villaggio a quella del Paese intero. Il concetto giapponese di identità collettiva ha subito numerosi cambiamenti, soprattutto dovuti al contatto con società straniere, che hanno contribuito al rafforzamento degl’ideali attorno ai quali la cultura nipponica autoctona si è costituita. L’identità di un gruppo infatti, si afferma solo in contrapposizione a quella di un altro, e sceglie dei codici e dei valori che possono essere condivisi soltanto da esso.

Nel contesto giapponese il conetto di persona come unità socialmente interdipendente passa anche attraverso la lingua, per cui l’espressione che indica “essere umano” ningen è composta dai caratteri nin di persona e gen di relazione110. La parola ningen definisce il singolo in relazione alle altre persone in una società che si realizza sia tramite ogni

individuo sia attraverso la comunità alla quale esso appartiene, segno che si basa sulla collettività piuttosto che sull’atomismo. La costruzione di sé a livello individuale nel

contesto sociale nipponico è un processo parallelo alla definizione dell’identità del popolo giapponese nella sua interezza, che nasce dalla relazione colle altre genti. La società nipponica ha sempre saputo reinterpretarsi successivamente all’incontro con altre realtà, mossa dal desiderio di imitare e sorpassare le qualità dei cinesi prima e degli occidentali poi, che manifestavano ed esibivano la loro superiorità, specialmente in settori quali ad esempio la tecnologia, la scienza e l’arte. I giapponesi infatti, dopo essere entrati in contatto con la dinastia Tang tra il quinto ed il settimo secolo dopo Cristo, ne imitarono il sistema di scrittura, la metallurgia e l’urbanistica sia per reagire alla loro ostentazione di supremazia culturale, sia per affermare una propria identità locale partendo dai capisaldi della civiltà più evoluta dell’Asia al tempo: la Cina. Il Giappone adottò lo stesso tipo di approccio nei confronti della civiltà americana quando l’arcipelago si riaprì verso le

relazioni estere dopo i tre secoli di isolamento dell’età Tokugawa. In questo periodo storico furono gli occidentali a rappresentare il modello di civiltà superiore dal quale poter trarre ispirazione, rimpiazzando una Cina ormai in declino sia economico che culturale. Il motore dello sviluppo della società giapponese fu l’interazione col resto del mondo, e la

definizione della collettività, così come quella delle singole individualità, è stata sempre definita dalla relazione con un’alterità.

Il riso, metafora dominante per quanto riguarda l’affermazione della società, deriva proprio dal contatto con un’altra popolazione (quella cinese), alla quale sono state assegnate delle caratteristiche mitico-religiose autoctone nel tentativo di far propria la cultura del riso come elemento distintivo della realtà giapponese in contrapposizione a proprio a quella cinese. Sulla stessa linea, i giapponesi importarono dalla Cina anche il sistema di scrittura, per poi impiegarlo per la stesura dei racconti presenti nel Kojiki e nel Nihonshoki, che raccontano la versione giapponese dell’origine del riso, sulla quale si è fondata la mitologia nipponica. L’espressione linguistica che rivela l’approccio adottato dai giapponesi per definire la relazione tra essi stessi e gli elementi costitutivi della cultura cinese è wakon kansai (和魂 漢才 "spirito giapponese e conoscenza cinese"111) che ben rappresenta la mentalità nipponica di voler preservare la propria identità pur sfruttando elementi esteri.

L’affermazione della quale, divenne molto più complessa quando il mondo dei giapponesi venne ad includere anche le civiltà occidentali, agli occhi dei quali i giapponesi

rappresentavano nulla più che parte di quella popolazione straniera che chiamavano indiscriminatamente “asiatici”. A causa di ciò, i giapponesi sentirono di doversi attuare una distinzione sia dal mondo occidentale, sia nei confronti degli altri “asiatici”: se la

realizzazione della prima poté facilmente essere espressa attraverso il cibo, dalla contrapposizione del riso con altri cibi in termini di nutrimento essenziale, la stessa discriminante non poté certamente essere utilizzata nel contesto asiatico. Per questo motivo, i giapponesi puntarono sulla varietà di riso coltivato nelle diverse aree dell’Asia più che sul tipo di alimento (il più diffuso in quell’area geografica), asserendo che la superiorità del suolo nipponico garantiva un riso che non aveva eguali nel continente e nel mondo, come metafora per esprimere la preminenza del Giappone. Questo concetto venne

espresso anche nelle opere del filosofo giapponese Hirata Atsutane112, in cui egli scrive di come il riso giapponese sia il solo che discende direttamente dagli dei, relegando quello cinese ad una posizione di xenofoba inferiorità. Il degradamento della civiltà cinese fu l’arma ideologica più sfruttata dai giapponesi per esaltare la propria cultura, per distinguersi dal resto dell’Asia, e per renderlo manifesto agli occhi degli Occidentali. Verso la fine dell’epoca pre-moderna, i giapponesi divennero consapevoli della presenza della civiltà occidentale al difuori del loro arcipelago. In questo periodo storico, la risicoltura rappresentava l’universo culturale nipponico, il cui simbolismo penetrava la concezione del tempo, dello spazio e dell’arte. Nel periodo Meiji, questa rappresentazione divenne

contraddittoria qualora i giapponesi cercavano di industrializzarsi aspirando all’Occidente ed allo stesso tempo ridefinirsi attraverso il mondo dell’agricoltura tradizionale. L’ideologia agreste fu utilizzata come strumento ideologico per unificare la popolazione giapponese, oppressa dal sentimento d’inferiorità che provava nei confronti degli occidentali. Uno dei fattori distintivi di queste due società fu il cibo: agli occhi dei giapponesi, che fecero del riso il fulcro della loro vita quotidiana, la carne fu considerata l’alimento distintivo della dieta occidentale. Uno dei dogmi del Buddhismo, giunto in Giappone nel sesto secolo, è la reincarnazione, che impone perciò il divieto del consumo di carne animale: i giapponesi presero le distanze dagli occidentali anche attraverso l’alimentazione concepita in chiave religiosa.

Nel periodo della seconda guerra mondiale, il riso arrivò a significare l’emblema della collettività giapponese, per cui la purezza del candido riso autoctono venne traslata a metafora per la purezza del Giappone come paese. Nell’età contemporanea, per quanto

riguarda la dieta dei giapponesi, il riso ha dovuto competere con gli alimenti derivanti dalle influenze estere nell’arcipelago, su tutte l’occupazione statunitense, che fu una delle conseguenze sconfitta nella guerra. Il riso divenne l’elemento cardine della “cucina tradizionale giapponese”, che fu accostato ad una serie di cibi di origine straniera come segno della penetrazione culturale dell’Occidente in Giappone. Tuttavia, ciò che rende un pasto giapponese è la presenza del riso e, per quanto essa possa essere stata

ridimensionata dall’avvento delle altre culture culinarie nell’arcipelago, esso rimane in cima alle gerarchie ed alle esigenze alimentari e simboliche della popolazione nipponica. Ciò fu reso manifesto anche dalla reazione che ebbero i giapponesi nei confronti della pressione loro esercitata dagli Stati Uniti (percepiti come l’alterità detentrice dell’egemonia mondiale in termini economici e culturali) verso l’importazione del riso dalla California. Il popolo giapponese rispose all’inclinazione americana con la strenua volontà di difendere la propria agricoltura, nonostante in età contemporanea essa abbia perso le sue

connotazioni religioso animistiche, e la connessione col sistema imperiale: i principali fattori che la contraddistinsero in passato. Il Giappone non era nuovo all’importazione del riso, considerato che esso arrivò nell’arcipelago dalle aree continentali dell’Asia ma, poiché nel corso della storia assunse la fisionomia di prototipo della cultura giapponese, nonché simbolo nazionale, esso era arrivato a costituire l’essenza del Giappone, per cui l’importazione del riso sembrava un compromesso al quale la popolazione nipponica non intendeva arrivare. Fu reso noto inoltre che esso procura effetti benefici alla terra,

all’irrigazione sotterranea, alla conservazione ed alla purificazione dell’ambiente e dell’aria, quindi anche alla bellezza dell’intero paese: l’importazione di riso straniero significava rinunciare a queste qualità che rappresentavano la purezza e l’integrità del Giappone stesso.