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17.2 - IL CONTRASTO PER OGGETTI “PICCOLI”

Nel documento PROBLEMI TECNICI della MICROSCOPIA OTTICA (pagine 137-141)

Qui s’intende per oggetto “piccolo” quello la cui immagine geometrica ha dimensioni non superiori al cerchio di confusione del sistema ottico che forma l’immagine dell’oggetto stesso.

Nel determinare il contrasto dell’immagine di un tale oggetto è chiaro allora che entra tutto ciò che contribuisce a formare il cerchio di confusione inteso come al § 13.2 (aberrazioni, diffra-zione, ecc.). Il cerchio stesso prevale sull’immagine geometrica.

Il concetto di “contrasto per oggetti piccoli” si avvicina poi a quello di “microcontrasto” e di “definizione” (sempre al § 13.2); infatti, la presenza del cerchio di confusione determina l’andamento del contrasto nei pressi del passaggio da una porzione chiara ad una scura dell’immagine, corrispondente ad un confine netto fra una porzione chiara ed una scura dell’oggetto. Ma il cerchio di confusione (di un oggetto puntiforme) non è mai un semplice dischetto dai bordi netti e con intensità uniforme. A questo punto diventa importante considerare la distribuzione dell’intensità, cioè il profilo fotometrico, nel cerchio di confusione. La trattazione completa dell’argomento è molto complessa, ma è intuitivo che, se l’oggetto presenta un margine netto bianco-nero e se ne studia l’immagine, ad ogni punto nell’intorno del margine si sovrappone un “cerchio” il cui profilo determina l’andamento dell’intensità nell’immagine, cioè il suo microcontrasto. Sup-po-nendo di attraversare nell’immagine il margine bianco-nero dell’oggetto, secondo una linea per-pendicolare al margine stesso, il tracciato dell’intensità in funzione della distanza non sarà una curva a gradino, come è nell’oggetto, ma avrà una certa forma arrotondata con una pendenza variabile, in relazione al profilo del cerchio di confusione.

Quel tracciato può dunque essere una misura del “microcontrasto” e della “definizione” dell’immagine data da un certo sistema ottico, cioè del profilo fotometrico del cerchio di con– fusione da esso prodotto, e quindi di una sua qualità ottica.

Ma in pratica si preferisce usare un altro metodo di misura del microcontrasto.

Si pone davanti al sistema ottico in esame un oggetto formato da righe chiare e scure parallele di pari larghezza: quello che in gergo si chiama “reticolo”; naturalmente, oggetto piano di spessore trascurabile, perpendicolare all’asse del sistema. Il profilo fotometrico del reticolo può essere a gradini (righe chiare e scure separate da margini netti; trasparenza uniforme al-l’interno delle righe chiare e possibilmente nulla nelle righe scure) oppure variabile con altra legge, come la funzione sinusoidale (vedi la (1) nel § 1.1).

Andando a misurare il contrasto nell’immagine di un tale oggetto, con normali mezzi elettronici, si ricaverà un certo valore C ’ (vedi la (47) poco più sopra). Questo valore C ’ , supponendo messa a fuoco perfetta, pulizia totale del sistema, assenza di luce diffusa, ecc., dipenderà dalle caratteristiche del sistema ottico, dalla sua apertura (quindi dalla diffrazione), dalle sue aberrazioni del punto, in particolare da quelle cromatiche, quindi da λ; e naturalmente dipenderà dalla larghezza delle righe del reticolo, cioè dal suo “passo” d (larghezza complessiva di una riga chiara + una scura)70.

Si può quindi stabilire e misurare, dopo aver fissato tutte le altre condizioni, una funzione C’(d) cioè “contrasto in funzione del passo” o “in funzione della frequenza” (C’(ν )). Ma più che

70 Il passo si può indicare con d ed allora 1/d = ν (49) sarà il numero di righe per unità di lunghezza o “frequenza spaziale”. Se d è espresso in mm, ν si esprime in linee/mm.

il valore di C’, per valutare le prestazioni di una lente, si studierà la variazione di A (vedi la (48)) in funzione della frequenza del reticolo: A(ν ). Anche qui avremo dunque una funzione di trasferimento del contrasto (CTF), ma dipendente questa volta da λ (vedi la (50)) e da ν . Poiché il contrasto nell’immagine è anche chiamato “modulazione”, si parla di “modulation transfer function” (MTF)71.

Fig. 50

In fig. 50 è mostrato un esempio di grafico della MTF; la funzione non arriva al 100 % nep-pure con ν = 0 (righe di larghezza infinita, d tendente all’infinito) poiché abbiamo visto nel § 17.1 che, anche con oggetti estesi, il valore di A è sempre inferiore ad 1. Aumentando la fre-quenza, cioè con reticoli a passo sempre più fine, la modulazione A) diminuisce per diventare 0 quando ν raggiunge un valore limite detto “cutoff frequency” (frequenza di taglio) (νo). Quanto più alto è νo, tanto più fini sono le strutture che possono essere presenti nell’immagine e quindi νo è una misura della risoluzione del sistema.

Per un sistema “diffraction limited”, come diremo subito sotto,

νo = 2 NA / λ (50)

La curva di fig. 50 è quella ottenuta da un sistema ben corretto nelle migliori condizioni. Tutto ciò che aumenta le dimensioni del cerchio di confusione (aberrazioni, diffrazione, sfocature, difetti vari del sistema, ecc.) provoca una diminuzione di νo mentre le cause di luce

diffusa viste nel § 17.1 abbassano la curva nel senso che, per ogni valore di ν , si ha una diminuzione di C ’ e di A.

Per un sistema vicino alla condizione “diffraction limited” (vedi i §§ 13.3 e 18.3) si può anche calcolare il valore di νo, cioè della massima frequenza di reticolo capace di produrre un

contrasto superiore a 0 nell’immagine; si può esprimere questo valore in funzione dell’apertura numerica NA = n sen α e risulta quanto già visto sopra nella (50): νo = 2 NA / λ .

Poiché (vedi la (49) nella nota 70 alla pagina precedente) si sa che ν = 1/d, si può scrivere anche :

do = λ / 2 NA (51)

in cui do è il valore del passo del reticolo al di sotto del quale il contrasto nell’immagine diviene nullo.

Vedremo il significato di questa formula parlando della diffrazione.

Osservando poi come si accorcia la curva di fig. 50 al crescere della sfocatura, si può dimostrare che la perdita è accettabile quando la sfocatura, espressa come differenza di cammino ottico (OPD, vedi il § 14 e la fig. 47), non supera il valore di λ/4. È significativo che il metodo della MTF porti alle stesse conclusioni del criterio convenzionale di Lord Rayleigh, discusso al § 14 in relazione alla profondità di fuoco, cioè alla sfocatura ammissibile.

71 In un obbiettivo “diffraction limited”, la MTF è pari a: MTF = 2(φ - cosφ senφ)/π , in cui φ = arccos (λν/2 NA) e ν è la “frequenza spaziale” dell’oggetto, espressa in linee/mm.

Concludendo, un esame della funzione di trasferimento del microcontrasto ci permette di meglio valutare i rapporti fra la definizione di un sistema ottico (legata all’altezza della curva) e la sua risoluzione (legata alla posizione di νo); così si valuta l’influenza delle sue aberrazioni del punto.

È ovvio quindi come i sistemi più corretti diano maggior contrasto e maggior definizione all’immagine per oggetti “piccoli” e s’intende che parliamo di correzione da sferica e cromatica longitudinale per tutto il campo e da coma, astigmatismo e cromatica laterale per la periferia di esso.

Per oggetti estesi, invece, un sistema meglio corretto, che di solito contiene un maggior numero di lenti, può presentare maggior quantità di radiazione riflessa alla superficie delle lenti e quindi minor contrasto per oggetti estesi.

Alle cause di perdita di microcontrasto si sommano dunque le cause di perdita di contrasto per oggetti estesi, sopra considerate, che influiscono essenzialmente sull’altezza della curva di fig. 50.

17.3 - I RIMEDI

Va detto che le caratteristiche dell’immagine finale, anche riguardo a definizione e contrasto, dipendono in buona parte dall’obbiettivo, dal numero delle sue lenti, dalla loro curvatura, dai loro trattamenti anti-riflettenti, dalla trasparenza dei cementi, dalla pulizia, ecc.

E qui si presenta una contraddizione: gli obbiettivi più semplici con minor apertura e minor numero di lenti (acromatici non planari), producono normalmente una minor quantità di luce diffusa e danno quindi il miglior contrasto per oggetti estesi. Gli obbiettivi più complessi (apocromatici), con maggior numero di lenti, sono all’estremo opposto. Per contro, quando si osservano oggetti molto piccoli e non importa la curvatura di campo, si ha il miglior contrasto con obbiettivi ben corretti (apocromatici non planari).

Questa regola generale può naturalmente subire eccezioni a seconda delle soluzioni pratiche adottate dai vari costruttori. Può avvenire ad es. che un obbiettivo apocromatico con la massima apertura non sia il migliore in fatto di microcontrasto, almeno alla periferia del campo, a causa di residui di aberrazioni extra-assiali (mai affidarsi al nome del costruttore).

Inutile dire che il microcontrasto peggiora tutte le volte che si presenta una delle cause che peggiorano la sferica (§ 13.2.3): errato spessore della lamella - errata lunghezza del tubo (tubi porta-oculari a guide trasversali, ad es.) - errata regolazione dell’eventuale collare per lo spessore della lamella, ecc.

Riguardo ai rimedi contro le perdite di contrasto in oggetti estesi (chiusura dei diaframmi, pulizia, ecc.), si è già parlato nel § 17.1. Si può ora aggiungere un altro consiglio: ogni pezzo ottico interposto fra obbiettivo ed oculare dà un contributo alla perdita di contrasto, sia per gli inevitabili riflessi alle sue superfici, sia per le altrettanto inevitabili imperfezioni, polvere, ecc.

Dal punto di vista del contrasto è bene quindi eliminare tutto il possibile: accessori inter-medi, cambiatori d’ingrandimento, filtri, prismi, tubi bioculari, reticoli, ecc. Il contrasto per og-getti molto piccoli sarà migliorato anch’esso quando si mettono in atto le precauzioni contro le perdite di contrasto per oggetti estesi, ma risentirà molto di tutti i fattori che influiscono sulla risoluzione (apertura, ecc.) e sulla definizione (aberrazioni del punto, ecc.). Ma di questo si è già parlato nei §§ da 13.2 a 13.5 .

Per quanto riguarda le aberrazioni cromatiche, ripetiamo quanto già detto: anche dal punto di vista del contrasto, può essere utile un filtro verde. Se invece l’oggetto è di per sé colorato, si può accrescerne il contrasto interponendo nel sistema illuminante un filtro di colore complementare. Ma di ciò riparleremo.

18 - OTTICA ONDULATORIA,

Nel documento PROBLEMI TECNICI della MICROSCOPIA OTTICA (pagine 137-141)

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