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Contrattazione collettiva Fiat, cronaca di un assetto contrattuale alquanto

Nel settore delle auto, la crisi globale ha avuto come importante riflesso lo spostamento dell’asse delle relazioni industriali132

a livello aziendale o di gruppo (Magnani 2011). Nell’ordinamento interno la contrattazione collettiva è fenomeno sociale articolato, per soggetti e livelli, occorre pertanto una disciplina ordinatrice idonea a organizzare il sistema

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VM MOTORI – productivity checkup – final report rsu – 19 dicembre 2012.

131 Le statistiche effettuate subito dopo la sua introduzione sembrano registrare un aumento della produttività

oraria del 12 %.

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La tenuta sul piano tecnico - giuridico delle soluzioni regolative individuate in materia di orario di lavoro è strettamente legata all’analisi del sistema di relazioni industriali in cui i più discussi contratti aziendali Fiat hanno preso corpo.

di produzione normativa. Le relazioni industriali in Italia acquistano una struttura chiara col Protocollo Ciampi del 1993, «accordo di concertazione», che individua due livelli contrattuali ciascuno portatore di regolamentazioni differenti; l’apparato di regole è stato rivisto poi in una fase successiva dall’ Accordo quadro del 22 gennaio 2009, sui cui contenuti le parti sociali non hanno, però, trovato consenso unanime (Mariucci 2013). Il contratto di secondo livello, secondo la disciplina del 1993, provvede a regolare le materie individuate dal contratto nazionale, riguardando istituti diversi rispetto a quelli propri del contratto collettivo nazionale di categoria, si pensi, in particolare, alla retribuzione variabile collegata alla produttività o redditività dell’impresa.

Parlare di materie delegate dal contratto nazionale a quello decentrato significa configurare in termini gerarchici il rapporto fra i due livelli di contrattazione.

Su questa linea, l’Accordo Quadro del 2009 conferma l’assetto del sistema su due piani e incentra il secondo sull’incremento della produttività, senza il consenso della maggiore confederazione italiana, la CGIL, con conseguenti seri problemi di effettività e di compatibilità col sistema.

Restringendo il campo di osservazione al settore dell’industria automobilistica, nell’aprile del 2009, l’Accordo interconfederale per l’Industria ha configurato una procedura centralizzata di tipo autorizzatorio secondo cui le intese aziendali per «governare situazioni di crisi» in deroga alla disciplina nazionale dovrebbero essere concluse dalle parti stipulanti dei contratti collettivi di lavoro della categoria interessata, con un’approvazione preventiva (art. 5 comma 3).

L’ enunciazione è disattesa dal contratto aziendale di Pomigliano del 15 giugno 2010 che, pur prevedendo deroghe abbastanza consistenti al contratto nazionale - in tema di lavoro straordinario data l’individuazione di 80 ore di straordinario comandato da aggiungersi alle 40 del ccnl del 2008 -, ha ignorato la sussistenza di un simile precetto e ha “innescato la miccia” della “sostituzione” del contratto nazionale mediante la sottoscrizione a Pomigliano, il 29 dicembre 2010, di un contratto aziendale “autodefinitosi” di primo livello.

Una ricomposizione “successiva” si è registrata mediante l’aggiunta dell’art. 4 bis al contratto nazionale dei metalmeccanici del 15 ottobre 2009, anch’esso separato, ai sensi del quale l’autorizzazione alla deroga nel livello aziendale si sarebbe potuta presumere dal silenzio - assenso delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale di categoria, attraverso una sorta di autorizzazione ex post.

Il cambiamento di fronte, inaspettato per molti ma non per chi ha in mano le redini della casa automobilistica italiana, mascherando un vero e proprio progetto in tal senso, porta

Fiat group automobiles alla fuoriuscita dal sistema confindustriale. Fiat decide di

abbandonare Federmeccanica e sceglie di “competere” completamente sconnessa dal sistema, incanalandosi esclusivamente sul “binario aziendale”; d’altro lato il contratto nazionale di categoria dei metalmeccanici vede vicende contrastate, si passa infatti dal testo unitario del 2008 avente durata quadriennale al prematuro rinnovo separato del 2009 e successivamente all’ulteriore rinnovo separato del dicembre 2012.

Le formulazioni dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e le Linee programmatiche per la crescita della produttività del novembre 2012 fungono da mere affermazioni di principio destinate a non incidere più di tanto su un assetto contrattuale già impostato, anche se foriero di “storture” o “libere interpretazioni” di parte aziendale che il “caso Fiat” ha indubbiamente reso manifeste.

Il fatto che in questi ultimi documenti venga ribadita la centralità del contratto nazionale di categoria, finalizzato a garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore è, dunque, apprezzabile, anche se la perdita di effettività dello stesso ne depotenzia la capacità di affermarsi come garanzia di uniformità.

L’accordo del giugno 2011 collega «incentivi economici al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza, efficacia e altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività nonché ai risultati legati all’andamento economico delle imprese»; la contrattazione collettiva di secondo livello può muoversi nell’ambito delle materie delegate del tutto o in parte dal contratto collettivo nazionale o dalla legge. Viene consentito alla contrattazione aziendale di introdurre «specifiche intese modificative» che possano riguardare le prestazioni di lavoro, l’orario, l’organizzazione del lavoro che siano giustificate da finalità ampie e non generiche; l’apertura di questo spazio è condizionata al rispetto di una serie di regole tra le quali assumono grande rilievo quelle relative alla rappresentatività sindacale e alla verifica del consenso dei lavoratori collegate all’efficacia del contratto133.

L’Accordo interconfederale del 31 maggio 2013, attuativo dell’intesa del giugno 2011, disciplina la certificazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini della contrattazione di categoria e la titolarità ed efficacia della contrattazione stessa. Analoghi obiettivi di produttività vengono ribaditi anche nel documento sottoscritto il 16 novembre 2012 intitolato “Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia” in quanto, pur considerando la specificità dei diversi comparti produttivi, le Parti sociali si preoccupano di consolidare un modello contrattuale nel quale il contratto collettivo nazionale di lavoro abbia funzione di garantire la «certezza dei

trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori, mentre la contrattazione di secondo livello, facilitata da idonee e strutturali politiche di vantaggio, opera al fine di aumentare la produttività attraverso un migliore impiego dei fattori di produzione e dell’organizzazione del lavoro, correlando a ciò la crescita delle retribuzioni dei lavoratori». Requisito “imprescindibile” è la chiara delega al secondo livello di contrattazione delle materie e delle modalità che possono incidere positivamente sulla crescita della produttività, quali gli istituti contrattuali che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro. Anche il “Patto per la produttività” del novembre 2012 viene sottoscritto esclusivamente da Cisl e Uil, mancando l’appoggio della più grande confederazione italiana (Lassandari 2013).

Nel complesso quadro delineato, il sistema di relazioni industriali, così come spiega Luigi Mariucci, richiede di essere riordinato a partire da tre temi cruciali: accertamento della rappresentatività, procedimenti di validazione dell’efficacia dei contratti collettivi e diritto di ogni sindacato rappresentativo di partecipare alle trattative e di costituire proprie rappresentanze nei luoghi di lavoro indipendentemente dalla sottoscrizione o meno di precedenti contratti (Mariucci 2013).

La realtà evidenzia che, nonostante i tentativi di superamento dell’empasse, negli ultimi vent’anni, si è verificata un’erosione delle relazioni sindacali e la qualità delle regolazioni di protezione ne ha risentito; l’esperienza della contrattazione separata Fiat costituisce, in altre parole, retroterra dell’inasprimento della condizione di lavoro e rilevante dimostrazione della «debolezza» della disunità sindacale.

Dalle parole di Luigi Mariucci la divisione sindacale risulta devastante rispetto al sistema di relazioni contrattuali se si svolge nell’assenza di regole condivise come dimostra la vicenda dei metalmeccanici, settore una volta considerato «pilota» ma che resta comunque il più rilevante in ambito industriale (Mariucci 2004).

Il Commissario europeo all’occupazione, affari sociali e inclusione Laszlo Andor sostiene che «l’esperienza delle parti sociali è determinante per riportare l’Europa su un sentiero di crescita sostenibile»134 e, un solido e partecipato sistema di relazioni industriali non può che avere un ruolo decisivo nel limitare le conseguenze sociali della crisi; in assenza di dialogo sociale i rapporti di lavoro diventano semplici rapporti conflittuali. La conflittualità, infatti, ricorda la natura sottostante ai rapporti di lavoro: «una natura che può essere controllata e gestita ma che non può essere dimenticata» (Cella 2013, p. 512).

134 Intervista a Laszlo Andor tratto da Euromet news – Bollettino bimestrale di informazione sociale,

In Europa i sistemi contrattuali sono molto diversi come anche i quadri legislativi che li regolamentano; l’attualità del dibattito giuslavoristico ha permesso di scegliere sul piano del maggior approfondimento il caso italiano, al fine di inquadrarlo in una prospettiva europea.

Il contratto collettivo è oggetto di attenzione nel quadro della sua ambivalente natura giuridica, essendo contemporaneamente prodotto delle relazioni industriali e inquadrato negli schemi concettuali privatistici.

3.5 Italia - approccio della contrattazione collettiva nel settore metalmeccanico : orario di