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Nell’estate del 2011, in una delle tante manovre di stabilizzazione finanziaria del governo italiano, l’art. 8 della Legge 148 del 2011 affida «pericolosamente» all’autonomia collettiva di prossimità - aziendale e territoriale - la facoltà di derogare in pejus non soltanto alla contrattazione nazionale di categoria ma anche alla stessa legge, secondo una impostazione che incoraggia la riduzione delle tutele normative per contrastare le difficoltà dell’economia (Del Punta, 2012), andando oltre la dissoluzione in ambito privatistico del diritto del lavoro (Romagnoli 2012).

Come sostiene Andrea Lassandari non si può pensare che la produttività dell’impresa - in tal caso - possa essere o divenire “la sola ragione” dell’esistenza dell’azione sindacale perché ciò vorrebbe dire accettare l’ideologia della globalizzazione tout court, significherebbe revocare in dubbio la possibilità di raggiungere una globalizzazione dal volto più umano, lasciando spazio a una “fabbrica dei miracoli”, ricca di robot ma povera di uomini (Lassandari 2009).

Insomma, in un’ottica d’incremento della produttività il mercato non può rappresentare “l’unico” criterio di verifica delle strategie aziendali e il profitto esclusiva condizione di sopravvivenza dell’azienda; si tratta di un approccio dal breve respiro e dalla portata illusoria mentre il sistema dei diritti resta il campo privilegiato per cercare di coniugare le ragioni dell’economia con quelle della persona.

La produttività, ora da considerarsi nella sua accezione globale, può essere - sì - intesa come leva dello sviluppo e del benessere sociale ma soltanto se opportunamente disciplinata da regole lavoristiche che, nella valorizzazione del capitale umano, concorrano esse stesse alla crescita.

3.3 Quando «la fabbrica non spreca un minuto», competitività e sistemi di organizzazione del lavoro

Il titolo del paragrafo è mutuato da un articolo apparso su La Repubblica il 16 giugno 2010 che esordisce dando conto dell’arrivo a Pomigliano della metrica del lavoro alla giapponese

caratterizzata da una riduzione al minimo dei tempi morti e dall’approdo in azienda di apposite tabelle cronometriche da fare rispettare (Griseri 2010).

Nella logica del mercato globale, i metodi tecnologici e organizzativi come il World Class

Manufactoring124, approccio basato sulla dinamica della quantità di ore lavorate, consente

un miglioramento delle performance aziendali125 e, a sua volta, un incremento della produttività e della competitività.

Le condizioni di concorrenza sui mercati spingono le imprese a innovare per recuperare competitività mediante maggiore produttività, vengono così apportate innovazioni definite dagli economisti «di processo e di prodotto»; in tale ottica le imprese innovative più efficienti crescono e si affermano mentre quelle non innovative e meno efficienti escono dal mercato.

In presenza di sistemi organizzativi “totalizzanti”, l’apparato di regole di fonte collettiva perde la propria “capacità regolativa” e ne risulta completamente sopraffatto: la spiegazione “scientifica” delle scelte organizzative dell’azienda trova piena legittimazione in se stessa, a scapito di una regolazione lavoristica “partecipata”. L’analisi dei contratti collettivi aziendali degli stabilimenti Fiat di Pomigliano d’Arco e Mirafiori provoca, nell’osservatore attento, un senso di smarrimento: ciò che balza immediatamente agli occhi sono gli schemi e le ricostruzioni scientifiche, dal sapore tutto “autoreferenziale”; a tali contratti sembra mancare qualcosa di essenziale.

Prendendo a prestito le parole di Anna Rita Tinti, «la contrattazione collettiva implica sempre un certo tipo di solidarietà e persegue sempre un certo livello di eguaglianza»: essa rappresenta il principale strumento di cui il diritto del lavoro si avvale per disporsi con equilibrio in una duplice tensione egualitaria, orizzontale e verticale (Tinti 2005, p.252). In senso verticale perché la dimensione collettiva intende correggere la disparità di fatto tra datore di lavoro e lavoratore126, in senso orizzontale con riferimento alla “capacità” della contrattazione collettiva di “trattare” le differenze. Se nella propria funzione più tradizionale essa costituisce il «luogo dell’eguaglianza fra soggetti solidali»,

124 Per un approfondimento sul sistema organizzativo di cui si parla cfr. Cerniti G.C., Il modello World Class

Manufactoring alla Fiat Auto: il Giano bifronte della nuova razionalizzazione produttiva in Quaderni di Rassegna sindacale, 2012; Tuccino F., Il nuovo modello di organizzazione del lavoro in Fiat: il sistema ergo uas. Gli effetti sulla salute e sulle condizioni in Economia e Lavoro, 2011

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I concetti di produzione propri dell’industria automobilistica giapponese sono giunti in Europa e hanno assunto una posizione egemonica a partire dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso; l’esperienza della Toyota, casa automobilistica di punta nel mondo giapponese, ha prospettato un sindacato aziendale disposto a cooperare, impiantando un modello di produzione delle auto e di gestione del personale che rovescia quello taylor – fordista, in quanto maggiormente partecipativo.

126 Il contratto collettivo si presenta come «mezzo per ristabilire l’equilibrio economico tra le due parti del

l’autoreferenzialità di fondo della contrattazione decentrata Fiat sembra collocarla fuori da questo consueto schema.

La scelta da parte di Fiat di schemi organizzativi di stampo World Class Manufactoring, la cui vera essenza è l’enfasi sulla competitività e razionalizzazione dei processi organizzativi, si colloca nell’ambito di un progetto di «aggressione» della crisi. Gli obiettivi della multinazionale italiana dell’auto, illustrati nel piano quinquennale 2010-14, sono costituiti dall’aumento della saturazione e utilizzazione degli impianti produttivi, dalla crescita della flessibilità del lavoro per rispondere alle variazioni della domanda sui mercati a livello mondiale, dalla riduzione dei costi e dall’aumento della produttività.

Queste specifiche finalità vengono poste dall’amministratore delegato del gruppo come condizioni della permanenza in Italia degli stabilimenti Fiat, per cui «chi non è negli

standard, di fatto, è fuori dalla gara».

L’Azienda punta su un’organizzazione del lavoro in cui nemmeno un secondo del tempo retribuito di un operaio trascorra senza che produca qualcosa di utile e il contenuto lavorativo utile in ogni secondo deve essere il più elevato possibile. Secondo il Piano Industriale, il criterio di riferimento decisivo per una competizione con concorrenti diretti è il mercato e, in esso, il modello di organizzazione deputato alla riduzione dei costi e all’aumento della produttività del lavoro è il World Class Manufactoring e il sistema ERGO – UAS.

Il World Class Manufactoring è una versione “occidentalizzata” del modello giapponese della lean production - produzione snella - e ha alla base due “pilastri”: quello del just in

time e quello dell’autoattivazione o coinvolgimento dei lavoratori.

Secondo l’ideatore Taiichi Ohno la fabbrica snella sarebbe la fabbrica a sei zero: zero stock, zero difetti, zero tempi morti di produzione, zero conflitto, zero tempo di attesa per il cliente e infine zero burocrazia (Fortunato 2008); i vantaggi di un sistema organizzativo come quello descritto deriverebbero “dall’utilizzo meno di tutto”: meno risorse umane, meno ore di progettazione, minor spazio produttivo e minori investimenti in impianti. Il produttore «snello» combina i vantaggi della produzione artigianale con quella di massa, evitando l’alto costo della prima e la rigidità della seconda; la produzione di tipo artigianale era caratterizzata da un elevato fabbisogno di professionalità e da una produzione ad elevato costo, su richiesta del consumatore, mentre nella produzione di massa la specializzazione del personale era inferiore anche se compensata da un buon capitale tecnologico.

Nell’approccio organizzativo di cui si parla gli obiettivi preminenti sono quelli del raggiungimento di elevati livelli di efficienza con un “coinvolgimento” dei lavoratori ai

quali è richiesto di analizzare le condizioni operative per adeguare la propria prestazione in tempo reale e funzionalmente al raggiungimento della finalità desiderata, superando le forme di cooperazione “passiva” di stampo fordista taylorista. La discontinuità tra il precedente e il nuovo modo di intendere l’organizzazione sembra, dunque, ruotare intorno a due assi principali: quello tecnologico e quello “sociologico”127

.

Nel modello Wcm, della versione Fiat, la prevenzione e l’assorbimento degli elementi di incertezza legati sia a fattori interni del ciclo produttivo, ossia tecnologie e relazioni sociali, sia a fattori esterni come variazioni quantitative e qualitative della domanda, porta ad un modello corrispondente della gestione del tempo. Secondo il management, parlare di «produzione snella» significa definire tempi e livelli di funzionamento dell’apparato produttivo in modo che seguano i cambiamenti della domanda dei prodotti.

La progettazione dei posti di lavoro e il rispetto delle norme ergonomiche, secondo i documenti presentati dalla Fiat, è rintracciabile nella metodologia ERGO UAS, assorbendo e superando il metodo OCRA, precedentemente in uso.

Il sistema ERGO UAS, in quanto sistema internazionale di definizione dei tempi e metodi di lavoro, si propone di definire degli standard per la misurazione della prestazione lavorativa attraverso l’integrazione di una specifica metodologia di metrica del lavoro (UAS) con una

checklist per l’analisi dei fattori di rischio ergonomici (EAWS). Esso trova un importante

utilizzo nella produzione standardizzata in cui vengono realizzati anche movimenti ausiliari rispetto a quelli ciclici, al fine di aggiustare la prestazione di lavoro alle mutevoli condizioni operative del ciclo di produzione (Tuccino 2011).

Il «Rapporto di ricerca sulle carrozzerie della Fiat Mirafiori», elaborato nel 2008, consta della definizione dei tempi e dei metodi di lavoro mediante la descrizione della sequenza di operazioni di uno specifico compito lavorativo; i movimenti elementari effettuati dal lavoratore vengono aggregati come avviene per i sistemi che appartengono alla categoria del Method Time Measurement (MTM)128, da taluni definita come tecnica di spremitura del

lavoro (Accornero 2000) o come addestramento dei lavoratori affinché «operino il più possibile come robot» 129.

Secondo la prevalente letteratura in materia (Tuccino 2011), l’ERGO UAS consente, a livello logico, di intervenire sui fattori tecnologico - organizzativi al fine di ridurre i rischi per la salute, innalzando il tempo di lavoro in considerazione del carico biomeccanico. La considerazione degli aspetti ergonomici consente di collegare la fatica alla durata della

127 I due capisaldi del sistema sono la riduzione al minimo delle scorte in magazzino e l’attivazione dei

lavoratori per risolvere i problemi nelle singole postazioni di lavoro.

128 Rapporto di ricerca sulle carrozzerie della Fiat Mirafiori - Fondazione Istituto per il Lavoro -2008. 129 Gallino L., La globalizzazione dell’operaio, La Repubblica – 14.06.2010.

prestazione, sicché, secondo quanto attestano i documenti di parte datoriale, un’operazione più faticosa viene “premiata” con un maggior tempo di esecuzione.

In questa prospettiva, l’aumento della produttività viene allacciato alla modifica della struttura dei compiti e delle attività, all’impiego di tecnologie adatte, all’utilizzo massimo del tempo di lavoro, ai requisiti ergonomici per la sicurezza del lavoro (Cerruti 2012). I lavoratori metalmeccanici intervistati evidenziano, d’altra parte, che non è possibile misurare la fatica solo ed esclusivamente in riferimento al carico biomeccanico e al peso di movimentazione di materiali ma talvolta alla base dell’insorgenza di infortuni e malattie professionali sta la semplice ripetitività nel tempo di gesti e movimenti degli arti130, anche se il lavoratore svolge la propria prestazione in piedi e senza sollevare particolari pesi. Lo sforzo risulta, perciò, un’entità difficilmente classificabile aprioristicamente e non può prescindere dall’analisi in concreto.

Tali nuove configurazioni di organizzazione del lavoro nascono con la finalità di superare i limiti sia economici che sociali del taylorismo, in un contesto di mercato più instabile e diversificato, anche al fine di rispondere a una concorrenza esasperata e globalizzata (Valeyre 2012). Il WCM giunge nello stabilimento Fiat di Mirafiori nel 2006, assieme al programma di estensione della sua applicazione in tutti gli altri stabilimenti in Italia, come nuovo one best way organizzativo131.

Nonostante i tentativi di rinnovamento per migliorare le performance aziendali mediante l’introduzione del metodo World Class Manufactoring, la continuità è piuttosto marcata con il passato e le prassi organizzative taylor – fordiste, ne è prova lo svilimento della dimensione soggettiva e individuale ricavabile implicitamente da quanto sopra espresso.

3.4 Contrattazione collettiva FIAT, cronaca di un assetto contrattuale alquanto