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CONTRATTI A DISTANZA: NON BASTA UN LINK PER LA

1. LA TUTELA DEL CONSUMATORE NELLA PROSPETTIVA

1.3. CONTRATTI A DISTANZA: NON BASTA UN LINK PER LA

La terza sezione della Corte di Giustizia, con la sentenza del 5 luglio 2012 relativa alla causa C-49/11 affronta la complessa materia dei consumatori nei contratti a distanza sostenendo che l’articolo 5,

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paragrafo 1, DIR 97/7/CE1 del Parlamento Europeo e del Consiglio,

del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, deve essere interpretato nel senso che non soddisfa i requisiti da esso imposti una prassi che consista nel rendere accessibili le informazioni richieste dalla norma precitata solamente attraverso un collegamento ipertestuale a un sito Internet dell’impresa interessata, dal momento che tali informazioni non sono né “fornite” da tale impresa né “ricevute” dal consumatore, come prescrive la suddetta disposizione, e che un sito Internet non può essere considerato un “supporto duraturo” ai sensi del medesimo articolo 5, paragrafo 1. La questione è sorta nell’ambito di una controversia tra la

Content Services Ltd e la Bundesarbeitskammer (Camera federale del

lavoro) riguardo alla forma in cui il consumatore che abbia concluso un contratto a distanza via Internet, deve ottenere le informazioni relative a tale contratto. Nel caso di specie, la società di diritto inglese Content Services, tramite una succursale in Germania, propone servizi online sul proprio sito Internet, redatto in lingua tedesca e accessibile anche in Austria. In particolare, si tratta di un sito attraverso il quale è possibile scaricare software gratuiti o versioni di prova di software a pagamento. Per poter utilizzare tale sito bisogna compilare un modulo di iscrizione e, all’atto della registrazione, è necessaria la dichiarazione di accettazione delle condizioni generali di vendita effettuata

1 Norma riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a

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contrassegnando una casella con un segno di spunta. Contrassegnare tali condizioni generali di vendita è indispensabile per la conclusione di qualsiasi contratto con Content Service. Utilizzando queste modalità, le informazioni previste agli articoli 41 e 52 della Direttiva 97/7/CE non sono direttamente mostrate ai consumatori, ma questi possono visualizzarle cliccando su un link presente nella pagina di stipulazione del contratto. Inoltre, dopo aver inviato l’ordine, il consumatore riceve un messaggio email da Content Services contenente: collegamento ipertestuale (link) ad un indirizzo Internet, nonché username e password per l’accesso ai dati del sito. Tale messaggio non contiene nessuna informazione sul diritto di recesso ma quest’ultime possono essere ottenute solo attraverso un link trasmesso contestualmente al messaggio. Dopodiché il consumatore riceve dalla Content Services una fattura in cui gli viene richiesto il pagamento di € 96 per l’accesso ai contenuti del sito Internet per un periodo di 12 mesi e gli viene ricordato che ha rinunciato al diritto di recesso, quindi non ha più la possibilità di disdire l’abbonamento. Il procedimento principale è stato avviato dalla Bundesarbeitskammer, ente titolare anche di funzioni di tutela dei consumatori con sede a Vienna, che contesta la condotta commerciale della Content Services per violazione di svariate norme imposte dal diritto dell’Unione e dal diritto nazionale in tema di tutela dei consumatori. La Content Services, soccombente

1 DIR 97/7/CE, Art. 4, “Informazioni preliminari”

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dinanzi allo Handelsgericht Wien (Tribunale commerciale di Vienna), ha impugnato tale prima decisione dinanzi all’Oberlandesgericht Wien (corte d’appello) il quale rileva che, nel caso di specie, le informazioni sul diritto di recesso non erano contenute nel messaggio elettronico di conferma stesso, bensì potevano essere ottenute solo attraverso un link trasmesso al suo interno. Orbene, un sito Internet potrebbe essere modificato in qualsiasi momento e, di conseguenza, non sarebbe durevolmente a disposizione del consumatore. Ritenendo necessaria per la soluzione della controversia l’interpretazione delle disposizioni della DIR 97/7/CE, l’Oberlandesgericht Wien decide di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte una questione pregiudiziale, ossia il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5, paragrafo 1 della DIR 97/7 debba essere interpretato nel senso che risponde al suo dettato una prassi commerciale consistente nel rendere accessibili al consumatore le informazioni richieste da tale norma solamente attraverso un collegamento ipertestuale a un sito Internet dell’impresa interessata. Ai sensi dell’art. 5, paragrafo 1, DIR 97/7, il consumatore deve ricevere, per iscritto o su altro supporto duraturo a sua disposizione ed a lui accessibile, conferma delle informazioni pertinenti in tempo utile, a meno che esse non gli siano già state fornite, per iscritto o su altro supporto duraturo, rima della conclusione del contratto. Nel procedimento principale la questione che si pone è quella di stabilire se la prassi commerciale della Content Services comporti la fornitura delle informazioni pertinenti al consumatore su

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un supporto duraturo prima della conclusione del contratto o, in un momento successivo, il ricevimento da parte del consumatore della conferma di tali informazioni su un supporto siffatto. Il provvedimento della Corte di Giustizia è, dunque, basato sulla considerazione che l’articolo 5 della direttiva prevede due soluzioni equivalenti: la prima prevede che al consumatore possono essere fornite le informazioni “per iscritto”, e quindi su supporto cartaceo; la seconda, in alternativa, che le informazioni possono essere fornite “su altro supporto duraturo”. Ne consegue che il supporto duraturo deve garantire al consumatore, analogamente a quanto accade con il supporto cartaceo, il possesso delle informazioni prescritte. Occorre, allora, capire quando un supporto può definirsi duraturo (o “durevole” come definito nel Codice del Consumo italiano). La Corte di Giustizia afferma che per definire il “supporto duraturo” è necessario fare riferimento, in particolare alle direttive 2002/65/CE1 e 2011/83/CE2. La prima direttiva, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, considera quali “supporti durevoli”: i dischetti informatici, i CD-ROM, i DVD e il disco fisso del computer del consumatore che tiene in memoria messaggi di posta elettronica, ma non comprende i siti Internet, tranne quelli che soddisfano i criteri di cui alla definizione di supporto durevole. La direttiva 2011/83/CE

1 DIR 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002,

concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori

2 DIR 2011/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui

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sui diritti dei consumatori ha una particolare valenza in quanto abrogherà la 97/7/CE a decorrere dal 13 giugno 2014. Tale direttiva considera supporto durevole “ogni strumento che permetta al

consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permette la riproduzione identica delle informazioni memorizzate”. Pertanto un supporto è duraturo se consente al

consumatore di conservare le informazioni, se assicura l’assenza di alterazione del contenuto delle stesse informazioni e garantisce la loro accessibilità. Ai consumatori deve essere, altresì, offerta la possibilità di riprodurre le informazioni ricevute in maniera identica. La Corte ha evidenziato le “carenze informative” della prassi commerciale seguita da Content Service e ha rilevato che, da quanto risulta, il rinvio, tramite link, al sito internet del venditore non consente al consumatore di conservare le informazioni a lui dirette in modo da avervi accesso e da poterle riprodurre identiche per un periodo di congrua durata. Il venditore, infatti, potrebbe in qualsiasi momento modificarne unilateralmente il contenuto. E’ stato constatato quindi, che un sito Internet come quello oggetto del procedimento principale, le cui informazioni sono accessibili ai consumatori solamente attraverso un link mostrato dal venditore, non può essere considerato un “supporto duraturo” ai sensi dell’art. 5 paragrafo 1, della direttiva 97/7/CE. Quanto detto da ultimo si può constatare dalle conclusioni della

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sentenza1, nella quale la Corte (Terza Sezione) dichiara: “L’articolo 5,

paragrafo 1, della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, deve essere interpretata nel senso che non soddisfa i requisiti da esso imposti una prassi commerciale che consista nel rendere accessibili le informazioni richieste dalla norma precitata solamente attraverso un collegamento ipertestuale a un sito internet dell’impresa interessata, dal momento che tali informazioni non sono né fornite da tale impresa né ricevute dal consumatore, come prescrive la suddetta disposizione, e che un sito Internet come quello oggetto del procedimento principale non può essere considerato un supporto duraturo ai sensi del medesimo articolo 5, paragrafo 1”.

1.4. LA PUBBLICITA’ TRAMITE PAROLE CHIAVE

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