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I RISVOLTI NEGATIVI COLLEGATI ALLA TUTELA DELLA

1. MOTORI DI RICERCA E PRIVACY

1.3. I RISVOLTI NEGATIVI COLLEGATI ALLA TUTELA DELLA

Non tutti conoscono l’Effetto Streisand (in inglese Streisand effect). E’ un fenomeno mediatico per il quale un tentativo di censurare o rimuovere un’informazione ne provoca, contrariamente alle attese, l’ampia pubblicazione. In altre parole: vuoi nascondere una notizia e lo

1 Richiesta di rimozione di risultati di ricerca ai sensi della legge europea per la

protezione dei dati

2 Sentenza della Grande Corte del 13/05/2014, Corte di Giustizia dell’Unione

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fai così male che se ne accorgono tutti, anche quelli che non l’avrebbero notata. Esempi tipici di tali tentativi di oscuramento sono la censura di una fotografia, un algoritmo, un documento informatico o un sito Web (per esempio tramite una diffida): invece di ottenerne la soppressione, a causa dell’attenzione mediatica che essa riceve, l’informazione viene diffusa tramite innumerevoli e imprevedibili canali. Il nome “Effetto Streisand” si deve ad un blogger e imprenditore statunitense, Mike Masnick, che prese spunto da una vicenda avvenuta in California: l’attrice e cantante Barbra Streisand, nel 2003, intentò un’azione legale nei confronti del sito Web Pictopia1,

del fotografo Kenneth Adelman e altri al fine di ottenere un risarcimento di 10 milioni di dollari e la rimozione dal citato sito di quelle immagini di Adelman che, a giudizio di Streisand, mettevano in pericolo il suo diritto alla privacy in quanto raffiguravano la propria villa a Malibu. Adelman si difese sostenendo che le sue fotografie avevano scopo solo documentale, in quanto tese a rappresentare l’erosione costiera della regione e che le immagini sarebbero state disponibili al pubblico nel quadro di un progetto di monitoraggio delle coste californiane. Quale risultato, la notizia della denuncia di Barbra Streisand ebbe l’effetto di moltiplicare l’attenzione sulla fotografia incriminata della sua villa (edificio che, come fece ironicamente notare anche la testata on-line The Smoking Gun, era visibile già da tempo anche sulle mappe satellitari del sito Web GlobeXplorer) la quale

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passò da poche migliaia a più di 420.000 visualizzazioni nel mese successivo alla notizia. Tutti scoprirono dov’era la casa di Barbra Streisand, cioè proprio quello che l’attrice voleva evitare. Morale: usare le maniere forti non è mai una soluzione positiva. Cosa si può fare quando accade? Purtroppo lo Streisand Effect è largamente incontrollabile. Quando una notizia è online ed è di interesse pubblico, anche di un pubblico molto ristretto e settoriale, è molto difficile cancellarla. Il paradosso è che potrebbe trattarsi di una notizia neutra o solo moderatamente negativa (in fondo, a chi interessa se Barbra Streisand ha la villa sulla scogliera?). Però l’amplificazione generata proprio dal tentativo di cancellazione rende controproducente la notizia. L’effetto si verifica anche nella comunicazione tradizionale, come illustra il famoso detto tra i giornalisti – “una smentita è una

notizia data due volte”. Se non si vuole dare risalto alla notizia, la

strategia migliore, quindi, è non gettare benzina sul fuoco e aspettare che questo si spenga spontaneamente, a meno di non voler utilizzare l’occasione per rispondere a critiche o per dare risalto al proprio punto di vista sul tema. L’Effetto Streisand è strettamente collegato al riconoscimento del diritto all’oblio, di cui ho parlato in precedenza. La decisione di fare rispettare a Google il diritto all’oblio ha fatto in modo che in Europa la rete non sia più aperta e libera, al di sopra dei confini nazionali, come era stata pensata. La questione è aperta dal 13 maggio 2014, dal momento in cui la Corte di giustizia ha accolto la richiesta di Mario Costeja Gonzàlez, che dopo lunghe vicende giudiziarie ha

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ottenuto la cancellazione dei link che citavano una sua vecchia condanna per debiti. Se si prova a cercare un nome e cognome generico, alla fine della pagina, Google segnala che “Alcuni risultati

possono essere stati rimossi nell’ambito della normativa europea sulla protezione dei dati”. Il caso però cade nel paradosso, proprio perché

incappa nell’Effetto Streisand. Tanto che su Google.it compaiono ancora oltre 37 mila risultati che citano la vicenda. In alternativa, inoltre, si può sempre ricercare con Google.com, per scovare i link rimossi. Questo singolo episodio ha segnato un confine su Internet. La Cina da tempo censura i social network e impedisce l’accesso alla rete, con il “Great Firewall”1 (il sistema permette sia di bloccare l’accesso

ai siti vietati dal Governo cinese, sia di monitorare il traffico di dati in entrata e in uscita dalla Cina). In Egitto durante la primavera araba e in Siria, con la guerra civile, si sono verificati dei blackout totali della rete. In Europa invece vengono censurati i risultati dal più vasto motore di ricerca. Questo incide direttamente sulla neutralità della rete e delinea il futuro dell’Internet governance a livello globale. Non per niente Tim Berners-Lee aveva reclamato la fondazione di una

Costituzione di Internet, che garantisse i principi fondamentali della

rete Web. Un esempio italiano di censura con effetto boomerang, Effetto Streisand, lo ritroviamo in un episodio che ha fatto storia nel mondo scientifico: la lettera di diffida tempo fa inviata dalla

1 Chiamato anche ‘Golden Shield Project’, è un sistema di sorveglianza di Internet

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multinazionale Boiron al provider del sito Web Blogzero1, gestito dal

blogger Samuele Riva. L’autore del blog aveva infatti pubblicato una serie di post fortemente critici contro l’omeopatia. In essi il signor Riva accusava la Boiron, prima in un video e poi in post successivi, di vendere acqua e zucchero a prezzi altissimi sotto forma di rimedio Oscillococcinum2. In risposta, l’azienda inviò una lettera di diffida in cui si intimava al provider del blog di rimuovere gli articoli contenenti, a detta loro, notizie diffamatorie nei riguardi dell’azienda, e di chiudere il blog immediatamente pena l’avvio di azioni legali a tutela dei loro diritti. Per tutta risposta, la lettera scatenò l’effetto contrario. Infatti Riva, informato dal provider, scrisse un apposito post in cui, pur acconsentendo a rimuovere il nome dell’azienda dai posts precedenti, pubblicava la lettera di diffida e ribadiva la totale assenza di principio attivo influenzale nel rimedio omeopatico. Sottolineava inoltre che l’azienda aveva evidentemente riserve a spiegare cosa era realmente contenuto nel rimedio da loro venduto ad altissimo prezzo. Per effetto della viralità della rete, la notizia fece largo scalpore, scatenando centinaia di commenti sul blog. La notizia della diffida e le polemiche che ne derivarono non solo si diffuse in tantissimi blog italiani, ma varcò anche i confini territoriali, essendo pubblicata su blog e riviste on-line europee e statunitensi. A seguire, per concludere, alcuni esempi di “Effetto Streisand”:

1 www.blogzero.it

2 http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/04/01/lo-

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 Ad aprile 2007 il tentativo di bloccare la pubblicazione di una chiave AACS su Digg1 giunse alla ribalta quando la notizia della diffida a rimuovere di tale chiave, in diversi formati, su vari forum, siti Web e chat room, con la didascalia “il numero

più famoso di Internet”. In un mese la chiave fu pubblicata su

più di 280.000 pagine Web e comparve su un video YouTube che ebbe più di 45.000 visualizzazioni23.

Nel 2008 Scientology tentò di ottenere la soppressione di un video on-line di Tom Cruise considerato lesivo nei confronti di tale organizzazione; il tentativo, fallito, produsse l’effetto opposto di dar vita a Chantology, rete anonima di protesta contro le attività di Scientology4. Analogamente la stessa

Scientology tentò di ottenere la rimozione di alcuni documenti giudicati lesivi da Wikileaks, ma la risposta di quest’ultima consisté nella promessa di “diffusione di migliaia di altre pagine riguardanti la chiesa di Scientology”.

 Il 5 dicembre 2008 l’Internet Watch Foundation (IWF), associazione di volontariato britannica di monitoraggio dei contenuti sulla rete, aggiunse la voce di Wikipedia Virgin

Killer – relativa a un album del 1976 del gruppo hard rock

1www.digg.com, sito web di social bookmarking

2 Brad Stone, ‘How a Number Became the Latest Web Celebrity’, in New York Times,

3 maggio 2007

3 Keith Dawson, ‘Digg.com Attempts To Suppress HD-DVD Revolt’, in Slashdot, 1°

maggio 2007

4 Mathew Ingram, ‘Scientology vs. the Internet, part XVII’, in The Globe & Mail, 19

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tedesco degli Scorpions – nella propria lista nera in quanto la copertina di detto album, che raffigura una (all’epoca) tredicenne nuda, fu definita “immagine potenzialmente illegale e indecente di una minorenne”1; Jack Schofield, giornalista del

Guardian di Manchester, obiettò al riguardo che la fotografia della copertina dell’album era liberamente disponibile su Amazon da molto tempo senza problemi e che, anzi, “è

stupefacente come la nostra civiltà sia sopravvissuta per più di trent’anni a questo male [la copertina] che si portava appresso”, come aggiunse ironicamente nei confronti

dell’IWF. La voce divenne rapidamente tra le più lette di Wikipedia2 e la notizia della lista nera provocò lo spargimento dell’immagine su altri siti3. Per reazione gli amministratori di

Wikipedia in inglese decisero di rendere inaccessibile, a scopo dimostrativo, l’intero progetto a tutti gli utenti che ivi accedessero tramite i sei provider britannici che avevano adottato la lista nera dell’IWF; come fece notare l’editorialista del New York Times Evgenij Morozov, “Nel bene e nel male

Internet non risponde in maniera prevedibile alla minaccia di azioni legali: semplicemente non è pensabile muovere causa a molti, talora anonimi, individui soggetti a numerose varie

1 Jack Schofield, ‘Wikipedia page censored in the UK for child pornography’, in The

Guardian, 8 dicembre 2008

2 Cade Metz, ‘Brit ISPs censor Wikipedia over child porn album cover’, in The

Register, 7 dicembre 2008

3 Asher Moses, ‘Wikipedia added to child pornography blacklist’, in Sydney Morning

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giurisdizioni”1 e che, nell’era di Internet, IWF aveva adottato –

al pari di Barbra Streisand - un approccio pre-tecnologico e che meglio avrebbe fatto ad approcciare e non a fronteggiare la comunità online, refrattaria alle imposizioni. Se Schofield aveva già fatto notare che l’iniziativa dell’IWF “ovviamente

non serve per fermare la vera pornografia minorile, che tutti aborriamo”2 e che “chi proprio vuole perderci un po’ di tempo

troverà ugualmente il modo di accedere al contenuto censurato” 2, la stessa IWF dovette emanare un comunicato in

cui annunciava la rimozione della voce di Wikipedia dalla lista nera “visto il considerevole periodo di tempo in cui l’immagine era stata disponibile in passato”, pur continuando a considerare la foto “un potenziale abuso minorile” per poi ammettere che la decisione di inserire Virgin Killer nella propria lista nera era stato controproducente3.

 A luglio 2009 il gruppo immobiliare Horizon Realty Group di Chicago (Stati Uniti) intentò azione legale per diffamazione contro Amanda Bonnen, una sua ex inquilina che, dalle pagine di Twitter, aveva pubblicato un commento giudicato denigratorio delle condizioni dell’appartamento in cui essa

1 Evgenij Morozov, ‘Living with the Streisand Effect’, in The New York Times, 26

dicembre 2008

2 Jack Schofield, ‘Wikipedia page censored in the UK for child pornography’, in The

Guardian, 8 dicembre 2008

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aveva vissuto, chiedendole un risarcimento di 50.000 dollari1;

il tweet, originariamente visto da solo 17 lettori, dopo la notizia del procedimento legale vide numerosissimi accessi; a gennaio 2010 il giudice archiviò la citazione per non luogo a procedere.

 Il 4 aprile 2013 la direzione del servizio di Intelligence del Ministero dell’Interno francese richiese a Wikimedia Foundation la cancellazione della voce sulla stazione militare di Pierre-sur-Haute dall’edizione in francese di Wikipedia; incontrato un rifiuto si rivolse al presidente di Wikimedia France Rèmi Mathis che del capitolo linguistico in francese di Wikimedia è anche amministratore2; questi fu obbligato sotto minaccia di arresto a rimuovere detta voce, benché Mathis non avesse mai contribuito alla stessa e fosse completamente all’oscuro della sua esistenza: però aveva i diritti di amministratore di fr.wiki, e tanto bastava. Per curiosità, una cosa simile in Italia non sarebbe potuta capitare, non tanto perché l’AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna italiana) non fa di queste cose ma per la più pratica considerazione che Frieda Brioschi, il presidente di Wikimedia Italia, non ha i diritti di amministratore (ha volontariamente

1 Christina M. Wright, ‘Amanda Bonnen, Apartment Renter, Sued for Defamatory

Twitter Post About Mold’, in Huffington Post, 28 luglio 2009

2 Alberto Mattioli, ‘Finiscono su Wikipedia i segreti militari della Francia’, in La

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rinunciato ad essi un paio di anni fa). Tornando alla storia, a seguito della pubblicazione di un comunicato stampa da parte di Wikimedia Foundation1, la pagina, nel frattempo ripristinata da un’amministratrice francofona proveniente dalla Svizzera, ricevette 120.000 visite nel fine settimana successivo; tale voce, inoltre, fino ad allora praticamente sconosciuta, figura dopo il fatto in più di trenta capitoli linguistici di Wikipedia2.  A giugno 2014, facendo seguito ad un pronunciamento della

Corte di giustizia dell’UE riguardo al cosiddetto diritto all’oblio, Google iniziò, su richiesta degli interessati, a vagliare le richieste di rimozione – dalle versioni nazionali europee del proprio motore di ricerca – di eventuali risultati che riconducessero a link giudicati pregiudizievoli del prestigio e dell’onorabilità delle parti richiedenti. Tra i collegamenti di cui si chiese la deindicizzazione figurava un articolo del 2007 del giornalista finanziario della BBC Robert Peston3. In tale articolo Peston criticava in maniera molto decisa la gestione di Stanley O’Neal, all’epoca amministratore delegato della banca Merrill Lynch, nella vicenda nota come

crisi del subprime che portò l’istituto da O’Neal guidato

sull’orlo della bancarotta e all’assorbimento da parte di Bank

1 Wikimedia Foundation, ‘French homeland intelligence threatens a volunteer sysop

to delete a Wikipedia Article’, in Wikimedia France, 6 aprile 2013

2 Luca Martinelli, ‘Non stuzzicare il wikipediano che dorme, nemmeno se sei un

agente segreto francese’, in Libertiamo, 9 aprile 2013

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of America. Il 2 luglio 2014 la BBC ricevette da Google una comunicazione che la pagina Web dell’articolo di Peston era stata rimossa dai risultati di ricerca delle versioni europee del motore (rendendolo quindi disponibile solo ai navigatori della versione internazionale); non essendo stato reso noto il nome del richiedente la deindicizzazione, è indeterminato se si trattasse dello stesso O’Neal oppure di qualche persona citata nei commenti dell’articolo. La BBC criticò sia il pronunciamento della UE che la decisione di Google, a suo dire lesiva della libertà d’espressione e d’informazione, ma l’effetto di tale rimozione dai risultati di ricerca fu quello di rilanciare la notorietà dell’articolo, il cui link originale fu diffuso tramite numerosi messaggi su Twitter e ripreso da numerosissimi blog già entro un’ora dalla notizia pubblicata dalla BBC1.

1 Enrico Franceschini, ‘Google applica diritto all’oblio per un banchiere, è effetto

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CAPITOLO 4

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Nel corso dell’indagine è emerso come l’informatica, l’avvento di Internet e la nascita di molteplici motori di ricerca, da un lato, hanno introdotto vantaggi e semplificazioni nella vita quotidiana delle persone, rendendo semplicissimo, per esempio, l’acquisto di un prodotto o la prenotazione di un soggiorno, entrambi tramite un sito web, ma dall’altro lato, hanno fanno nascere alcune problematiche, che prima della comparsa del World Wide Web nessuno si poteva immaginare. La complessità della situazione sta nel fatto che le parti in gioco sono molteplici. L’ordinamento ha il dovere di tutelare il consumatore nei contratti on-line, ma per farlo deve necessariamente controllare e verificare che il sito web sia stato creato correttamente, che le informazioni al suo interno siano veritiere e che non ledano la privacy di nessuno, che il motore di ricerca utilizzato ritenga rilevanti proprio le keywords digitate dall’utente e non fornisca risultati che si discostino dal risultato effettivamente voluto, e che i siti web siano correttamente indicizzati, ossia contengano le parole chiave che realmente sono presenti sul relativo sito web. Prima di Internet era tutto più semplice, per esempio per acquistare un’auto ci recavamo direttamente dal concessionario e concludevamo la pratica di persona, chiedendo se del caso i relativi chiarimenti. Adesso, invece, come

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abbiamo visto nella causa C-190/11, in cui la signora Daniela Muhlleitner ha acquistato un’auto on-line, le cose sono più complesse perché è possibile che il prodotto acquistato non sia lo stesso oppure non abbia le stesse caratteristiche di quello in vendita, mettendo nella condizione la sig.ra Daniela di citare in giudizio il sito del rivenditore. Situazione simile è stata affrontata trattando le cause riunite Pammer e Hotel Alpenhof, dove, invece dell’acquisto di un veicolo, era stato prenotato on-line un soggiorno in hotel. Anche qui i malcapitati si sono trovati nella situazione in cui ciò che avevano prenotato dal sito dell’hotel non corrispondeva al servizio effettivamente prestato. Altri problemi sorgono quando un motore di ricerca indicizza in modo errato, come nel caso di Louis Vuitton (C-236/08). Qui il termine del marchio “Louis Vuitton”, digitato su un motore di ricerca, forniva all’utente, tra i risultati, alcuni siti web nei quali era venduto materiale non originale Louis Vuitton. In questo modo il marchio francese veniva danneggiato e il consumatore incorreva nella possibilità di acquistare un prodotto all’apparenza originale, ma che in realtà non lo era. Qui il problema sta nel controllare la Rete, per permettere soltanto ai siti autorizzati, di vendere un marchio autorizzato, in questo caso Louis Vuitton. Come si intuisce, è difficile, se non impossibile, avere un controllo effettivo ed efficace su tutto il mondo del World Wide Web per permettere a qualsiasi internauta di navigare ed acquistare liberamente sul web, cercando e trovando ciò per cui ha iniziato la ricerca. L’Unione Europea, per tutelare i consumatori nell’ambito dei

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contratti on-line, utilizza principalmente la DIR 97/7/CE relativa ai contratti a distanza, e della DIR 2000/31/CE relativa al commercio elettronico. Con queste due direttive l’Unione ha la possibilità di regolare l’e-commerce, cercando, per quanto possibile, di proteggere il consumatore da eventuali pratiche illegali riscontrate durante e dopo la conclusione del contratto tramite web. Dopo aver analizzato il problema legato all’e-commerce, durante la trattazione abbiamo affrontato anche il tema della privacy e trattazione dei dati personali, anch’esso strettamente connesso all’indicizzazione. Esempio lampante di come l’indicizzazione può recare danno ad un soggetto è il caso di Mario Costeja Gonzàles (C-131/12), il quale ha scoperto, navigando in Internet, che digitando il suo nome compariva, tra i risultati di Google, una vicenda negativa passata (la vendita della sua casa per debiti), della quale però adesso nessuno aveva più interesse a conoscere, perché oramai irrilevante. In questo caso il motore di ricerca ha soltanto fatto il suo dovere: digitate alcune parole chiavi (come Mario Costeja Gonzàlez) ha prodotto tra i risultati tutte le pagine web che contenevano tal keywords. A questo punto il problema sta nel capire ciò che è ancora rilevante che si sappia oppure no, cosa che però un motore di ricerca, che essenzialmente è una macchina, non capisce perché non ha un proprio cervello pensante. Il Garante per la protezione dei dati personali, il Codice in materia di protezione dei dati personali sono due strumenti che cercano, in qualche modo, di tutelare la privacy dell’utente che naviga su Internet. Già abbiamo detto che è

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difficile avere un controllo totale ed effettivo sul World Wide Web, e se poi aggiungiamo anche la possibilità che, per proteggere la privacy di un soggetto, è possibile aggravare la sua posizione, capiamo come è complicato e pericoloso per un internauta navigare nel Web. Con la sentenza del caso di Mario Costeja Gonzàlez si ha la consacrazione del “diritto all’oblio”, ossia il diritto ad essere dimenticati. Però può succedere che, per tentare di rimuovere un risultato da un certo motore di ricerca, invece di avere l’eliminazione della notizia, si ha l’effetto

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