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Il contratto collettivo pubblico ed il problema della sua efficacia soggettiva ed oggettiva

4. L’efficacia del contratto collettivo pubblico come fonte tipica

4.3 Il contratto collettivo pubblico ed il problema della sua efficacia soggettiva ed oggettiva

Quando il legislatore del 1993 ha deciso di formalizzare l’ingresso della contrattazione collettiva nel settore dell’impiego pubblico, i problemi tipicamente legati a tale strumenti, e censiti con riferimento all’ambito privatistico, si solo riproposti, se possibile in maniera ancora più articolata, anche nell’ambito del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Il sistema delle fonti adottato, infatti, possedeva una nuova configurazione, modellata sul calco dell’omologo del settore privato, basato sullo strumento essenziale del contratto collettivo di «diritto comune».

411 Sul rapporto tra gerarchie normative e validità, si v. R.GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, cit., p. 123.

412 Secondo alcuni (R.GUASTINI, ult. op. cit.), la posizione del contratto collettivo sarebbe assimilabile a quella dei regolamenti, eccettuati quelli parlamentari.

413 In questo senso, si v. M.PERSIANI, Il contratto collettivo di diritto comune nel sistema delle fonti del

Alle tradizionali complicazioni connesse a questo istituto nel settore privato414, infatti, si sono aggiunte quelle connesse al persistente carattere pubblico del datore di lavoro, il quale, come visto, lo vincolava all’osservanza di rigidi parametri finanziari e lo obbligava all’applicazione di trattamenti comuni ed omogenei per tutti i suoi dipendenti.

In primis, dunque, si trattava di assicurare ex lege un’efficacia soggettiva

generalizzata (cioè riferita a tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche) a tale contrattazione collettiva, senza nel contempo entrare in collisione diretta ed esplicita con la carta costituzionale.

Per far ciò, il Legislatore ha essenzialmente delineato tre strade:

a) quella che assegna all’Aran la rappresentanza legale di tutte le pubbliche amministrazioni per la contrattazione nazionale (prima con l’art. 50 del D.Lgs. n. 29/1993, poi con l’art. 46, co. 1, D. Lgs. n. 165/2001);

b) quella che impegna le pubbliche amministrazioni ad adempiere «agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi» (art. 45, co. 9, D. Lgs. n. 29/1993, ora art. 40, co. 4, D. Lgs. n. 165/20019);

c) quella che vincola le amministrazioni a garantire ai propri dipendenti «parità di trattamento contrattuali e comunque trattamenti non inferiori a quelli prescritti dai contratti collettivi» (art. 49, co. 2, D. lgs. n. 29/1993, ora art. 45, co. 2, D. Lgs. n. 165/2001)415.

414 Per una disamina più approfondita delle complicazioni applicative del contratto collettivo di «diritto comune», si v. G.GIUGNI, Art. 39, in G.BRANCA (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna, 1979; A. VALLEBONA, Autonomia collettiva e occupazione, l’efficacia soggettiva del contratto

collettivo, in Riv. it. Dir. lav., 1997, p. 381 e ss.; R.SCOGNAMIGLIO, Autonomia sindacale ed efficacia

del contratto collettivo di lavoro, in Riv. it. Dir. lav., 1971, p. 140 ess.; G. SANTORO PASSARELLI, I

corsi, i ricorsi ed i discorsi sul contratto collettivo di diritto comune, in ADL, 2009, p. 970 e ss.; M.

RUSCIANO, Contratto collettivo ed autonomia sindacale, Torino, 2003; G.PROSPERETTI, L’efficacia di

contratti collettivi nel pluralismo sindacale, Milano, 1989; M.PERSIANI, Saggio sull’autonomia privata

collettiva, Padova, 1972; G.PERA, Fondamento ed efficacia del contratto collettivo di diritto comune, in

Scritti giuridici in onore di Piero Calamandrei, Padova, 1958; P. ICHINO, Funzione ed efficacia del

contratto collettivo nell’attuale sistema delle relazioni sindacali e nell’ordinamento statale, in Rivista Giur. Lav., 1975, p. 457 e ss.

415 Per un’analisi più approfondita di come si giunse all’individuazione di queste tre «vie» verso l’efficacia piena della contrattazione, si v., in dottrina, L. NOGLER,C. ZOLI, Efficacia del contratto

La scelta del modello da attuare concretamente, e al quale adeguare l’intero sistema di vincolatività della contrattazione collettiva pubblica, è stata adottata dalla Corte Costituzionale: con la sentenza n. 359 del 1993416, infatti, i giudici delle Leggi hanno chiarito di prediligere la soluzione sub a), dando rialto e priorità all’opportunità della costituzione di un’apposita Agenzia dotata di rappresentanza legale generale, scegliendo di procedere quindi all’«imputazione dell’attività di contrattazione ad un unico organismo tecnico», con l’ovvia conseguenza di un’efficacia estesa a tutte le amministrazioni pubbliche soggette alla riforma.

Proprio quando la strada dell’Agenzia unica per la rappresentanza della pubblica amministrazione sembrava imboccata, però, qualche anno dopo la Corte ha mutato posizione: con la sentenza n. 309/1997417, infatti, la scelta precedente venne giudicata forzata, in ragione del concreto atteggiarsi del soggetto-Aran, dimostratosi non perfettamente in grado di rappresentare tutte le istanze collettive418, in particolare con riferimento all’ambito integrativo, rispetto al quale l’Agenzia non possedeva poteri rappresentativi419.

La Corte scelse dunque la soluzione sub b), per cui diede risalto al vincolo legale delle pubbliche amministrazione di osservare i contratti collettivi nazionali ed integrativi: in particolare, «l’applicazione del contratto collettivo nel settore pubblico deriva non già da una generale previsione di obbligatorietà dello stesso, bensì dal suindicato dovere gravante sulle pubbliche amministrazioni»420.

delle pubbliche amministrazioni, Commentario, Milano 2000, II, p. 443 ss.; R. SANTUCCI, Parità di

trattamento, contratto di lavoro e razionalità organizzative, Torino, 1997, p. 189 e ss; L.NOGLER, Il

contratto collettivo nel prisma dell’accertamento giudiziale ex art. 68-bis d. lgs. n. 80/1998, in Giornale dir. lav. rel. Ind., 2000, p. 1 e ss; M. RICCI, L’efficacia del contratto collettivo, in F. CARINCI, L. ZOPPOLI, Diritto del lavoro, Commentario, cit., p. 1472 e ss.

416 In Foro it., 1993, I,. p. 3219.

417 In Riv. It. Dir. Lav, 1998, II, p. 33, con nota di G.PERA e A.VALLEBONA. 418 Cfr. M.RICCI, L’efficacia del contratto collettivo, cit., p. 1477.

419 V. ancora L.NOGLER,C.ZOLI, Efficacia del contratto collettivo, cit., p. 453. 420 Sul punto, si v. ancora M.RICCI, ult. op. loc. cit.

Secondo la Corte, quindi, un conto sarebbe l’efficacia erga omnes derivabile dall’”interno”, cioè dalla stessa procedura di contrattazione come delineata dall’art. 39, co. 4, Cost.; ed un’altra sarebbe, invece, l’efficacia generale deducibile, dall’esterno, da un dovere di comportamento tipizzato ex lege a carico delle amministrazioni nei confronti di tutti i loro dipendenti.

In questo senso, l’imposizione di tale obbligo legale all’osservanza dei contratti nazionali ed integrativi rappresenta «a sua volta la premessa per realizzare la garanzia della parità di trattamento contrattuale, affermata dall’art. 49, co. 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993 e rafforzata dall’ultima parte della norma stessa, che impone di assicurare trattamenti non inferiori a quelli collettivi».

In questo modo, dunque, la Corte Costituzionale, non solo ha scelto quale strada imboccare, ma anche ricollegato e ricondotto tale opzione alle due non selezionate, dando fisionomia più coerente e lineare al generale sistema di contrattazione collettiva pubblica.

L’impostazione in commento, comunque, non ha convinto tutti gli osservatori di settore: alcuni, infatti, hanno sottolineato come, pur presentando apparente logicità argomentativa, la scelta della Corte abbia individuato «un’efficacia estesa all’intera unità interessata, a prescindere dalla regola aurea privatistica della rappresentanza volontaria: per la contrattazione nazionale tutte le amministrazioni e tutti i dipendenti del comparto o area dirigenziale; per la contrattazione integrativa, l’amministrazione o una sua sede e tutti i lavoratori ivi occupati»421.

La scelta operata dalla Corte, tra l’altro, se valeva certamente per l’efficacia del contratto collettivo nei suoi confronti, non pareva essere valida anche per i dipendenti.

421 Cfr. F.CARINCI, Contrattazione e contratto collettivo nell’impiego pubblico privatizzato, in G.PROIA (a cura di), Organizzazione sindacale e contrattazione collettiva, in M. PERSIANI,F.CARINCI (diretto da), Trattato di diritto del lavoro, Padova, 2013, p.

Nel provvedimento in commento, infatti, si legge che «sul versante della posizione soggettiva del dipendente è poi agevole osservare come quest’ultimo rinviene nel contratto individuale di lavoro – che sostituisce ad ogni effetto l’atto di nomina – la fonte regolatrice del proprio rapporto: l’obbligo di conformarsi, negozialmente assunto, nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva contenuto in tale contratto […]. In altri termini, per effetto della privatizzazione dei rapporti, la prestazione e le condizioni contrattuali della stessa trovano la loro origine, non già in una formale investitura, bensì nell’avere il singolo dipendente accettato che il rapporto di lavoro si instauri (o prosegua) secondo regole definite, almeno in parte, nella sede della contrattazione collettiva»422.

La fonte dell’efficacia generale della contrattazione collettiva pubblica, così, sarebbe riconducibile ad un obbligo di osservarla, ma distinto e diverso da quello delineato per le amministrazioni negozianti: per quest’ultime, infatti, tale obbligo sarebbe ex lege; per i dipendenti, invece, sarebbe ex contractu. A ben vagliare, però, il risultato raggiunto dalla Corte appare non dissimile da quello che avrebbe potuto ottenere scegliendo la soluzione sub a), ovvero

422 E’ interessante notare come La Corte di Cassazione abbia sostanzialmente accolto in maniera totale l’indirizzo della Corte Costituzionale. Nella sentenza n. 14830 del 4 settembre 2012 si legge : «Il sistema attuale di cui al D. Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, co. 4, pone a carico delle sole pubbliche amministrazioni il dovere di osservare le disposizioni dei contratti collettivi, per cui in virtù di questa previsione e di quella contenuta nel D. Lgs. n 165 del 2001, art. 45, co. 1 (il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito da i contratti collettivi), si assicura un’efficacia erga omnes del contratto collettivo del settore pubblico: infatti, l’estensione della contrattazione ai lavoratori da quest’obbligo di legge e dall’obbligo di garantire la parità di trattamento di tutti i dipendenti previsto dal D. Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2. A tal riguardo è interessante rilevare che già con riferimento al testo previgente di cui D. Lgs. n. 29 del 1993, art. 45, commi 2,7 e 9 e art. 49, comma 2, pressoché analogo al D. Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 4, la Corte Costituzionale, con sentenza del 16/10/1997,n. 309, aveva affermato che “è infondata la questione di legittimità costituzionale del D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 45, commi 2, 7 e 9 e art. 49, comma2, nella parte in cui impongono alle amministrazioni pubbliche di osservare i contratti collettivi, stipulati con le confederazioni e con le organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale e nell’ambito del comparto, di garantire parità di trattamento e comunque di non applicare trattamenti inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi, in riferimento all’art. 39 Cost”. Sul versante della posizione del dipendente la stessa Corte Costituzionale ha affermato, attraverso la summenzionata sentenza, che è agevole osservare come quest’ultimo rinviene nel contratto individuale di lavoro, che sostituisce ad ogni effetto l’atto di nomina, la fonte regolatrice del proprio rapporto: l’obbligo di conformarsi, negozialmente assunto, nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva contenuto in tale contratto».

quella della rappresentanza legale dell’Aran in sede di contrattazione nazionale.

Anche qui, infatti, la Corte finisce per spiegare l’efficacia generale del contratto collettivo con riguardo esclusivo alle pubbliche amministrazioni, lasciando pertanto “sguarnito” il versante dell’applicabilità erga omnes nei confronti dei lavoratori, al punto da richiedere per esso una spiegazione aggiuntiva, effettuabile anche partendo dall’opzione sub a)423.

Tuttavia, l’aver fatto ricorso all’argomento dell’adesione volontaria del lavoratori con il contratto individuale, ha generato la complicazione ulteriore di dover descrivere l’effettiva dinamica e la natura dell’efficacia generale, distinguendo tra le due possibili ipotesi, date dalla presenza o dall’assenza, nei contratti individuali, di clausole di c.d. «rinvio mobile» alla contrattazione collettiva.

Se la prima ipotesi, destinata a divenire con il tempo quella acquisita, non presentava alcuna particolare difficoltà, la seconda, propria di quei rapporti precedenti alla fase di riconoscimento della contrattazione, poneva non poche questioni interpretative circa l’eventuale dissidenza del dipendente.

Ci si chiedeva, sostanzialmente, cosa sarebbe accaduto per quei lavoratori che, assunti dalla pubblica amministrazione prima che il contratto collettivo fosse adottato anche nel settore pubblico, non avrebbero prestato consenso al rinvio alla contrattazione.

Per tali ipotesi, la Corte ha individuato lo strumento del “consenso per comportamento concludente”, generando non pochi dubbi in punto di realizzazione della libertà di azione sindacale, riconosciuta dall’art. 39, co. 1 e 40 Cost.424.

423 Sul punto, si v. F.CARINCI, Contrattazione e contratto collettivo, cit., p.

424 Per un approfondimento sui dubbi espressi, si v. le considerazioni svolte da P. CAMPANELLA,

La discussione sulla dinamica dell’efficacia generale nell’ipotesi di assenza nei contratti individuali di clausole di rinvio mobile alla contrattazione collettiva è comunque una discussione ormai riguardante il passato.

La prassi è tutta a favore della natura reale, ma la formulazione teorica fatica a trovarne le ragioni, poiché il rinvio di cui all’art. 2, co. 1, D. Lgs. n. 165/2001 è limitato alle «disposizioni del capo I, Titolo II, del libro V del codice civile», così da lasciar fuori l’art. 2077 cod. civ.425, costringendo così a impiegare l’art. 2113 cod. civ.426, interpretato come il suo “erede” nel compito di assicurare la sostituzione di diritto delle “clausole difformi” dei contratti individuali427. Ora c’è da osservare come l’art. 2, co. 3, D. Lgs. n. 165/2001 preveda che «i rapporti di lavoro […] sono regolati contrattualmente», per poi precisare che «i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all’art. 45, co. 2», a quanto pare dettati con riferimento all’applicazione dei contratti collettivi, da effettuarsi garantendo la parità negativa e comunque trattamenti normativi ed economici non inferiori a quelli negozialmente previsti.

Sicché, si finisce con il riconoscere i contratti individuali come fonte non solo costitutiva ma anche regolativa del rapporto di lavoro pubblico, senza peraltro concedere loro margini effettivi per personalizzare i trattamenti che risultano

425 Si esprime in favore della assoluta inoperatività dell’art. 2077 c.c. nel settore pubblico L.ZOPPOLI, Il

sistema delle fonti di disciplina del rapporto di lavoro dopo la riforma: una prima ricognizione dei problemi, in M.RUSCIANO,L.ZOPPOLI (a cura di), L’impiego pubblico nel diritto del lavoro, Torino, 1993, p. 12; nello stesso senso, C.LAUDO, La questione della parità di trattamento, in Quad. Dir. Lav.

Rel. Ind., 1995, p. 192; contra, però, L.FIORILLO, La “contrattualizzazione” del lavoro pubblico, inM. RUSCIANO,L.ZOPPOLI (a cura di), L’impiego pubblico, cit., p. 125.

426 Escluso il richiamo all’art. 2077 c.c., sulla possibilità di utilizzare in ogni caso l’art. 2113 c.c. a conforto della inderogabilità in peius del contratto collettivo nel lavoro pubblico, si v. F.CORSO, Le

fonti della disciplina dei rapporti di lavoro, in P.ALLEVA,G.D’ALESSIO,M.D’ANTONA (a cura di),

Nuovo rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, Roma, 1995, p. 124; M.T. CARINCI, Il

contratto collettivo nel settore pubblico fra riserva di regime pubblicistico e riserva di legge, in Riv. it. Dir. lav., 1994, I, p. 586; L.NOGLER, Saggio sull’efficacia regolativa del contratto collettivo, Padova, 1997, p. 179.

427 Cfr. R.DE LUCA TAMAJO, La norma inderogabile nel diritto del lavoro, Napoli, 1976, p. 185; L. MENGONI, Il contratto collettivo nell’ordinamento giuridico italiano, in Jus, 1975, p. 186 e ss.; M. NOVELLA, L’inderogabilità nel diritto del lavoro, Milano 2008; V.MAIO, Contratto collettivo e norme

di diritto, Napoli, 2008, proprio con riferimento alla valorizzazione del dato derivante dal diritto

già predefiniti nei bandi concorsuali, ivi compresi quelli economici accessori, destinati a variare secondo i relativi criteri legislativi e collettivi428.

E’ chiaro che pare improbabile che si verifichino difformità tra clausole contrattuali e prescrizioni collettive, ma se queste dovessero realizzarsi, non pare configurabile l’applicabilità al lavoro pubblico dei principi di inderogabilità unilaterale di cui agli artt. 2077 e 2113 cod. civ., con la conseguente applicazione del criterio del conglobamento: ciò contrasterebbe con il disposto degli artt. 2, co. 3, 40, co. 4, e 45, co. 2, D. Lgs. n. 165/2001, che giustifica appieno un’efficacia reale dei contratti collettivi, non mutuata da quella di derivazione civilistica, ma costruita sullo stesso D. Lgs. n. 165/2001429, come tale fondata su di un’inderogabilità bilaterale, assistita da una sostituzione delle clausole difformi430.