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Il problema della scelta dell’area di negoziabilità nel settore pubblico

5. Ambito applicativo del contratto collettivo pubblico

5.1 Il problema della scelta dell’area di negoziabilità nel settore pubblico

processo di privatizzazione del pubblico impiego, l’art. 2, co. 2, lett. c, L. n. 421 del 1992, disponeva espressamente che le sette materie ivi elencate dovevano essere regolamentate con legge, ovvero, sulla base della legge o nell’ambito dei principi da essa posti, con atti normativi o amministrativi432.

431 Si v. supra Cap. I, par. 3.

432 Le materie sono: 1) le responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell’espletamento di procedure amministrative; 2) gli organi gli uffici, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; 3) i principi fondamentali di organizzazione degli uffici; 4) i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro; 5) i ruoli e le dotazioni organiche, nonché la loro consistenza complessiva; 6) la garanzia della libertà di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento

Nella sua originaria formulazione, l’art. 45 del D. Lgs. n. 29/1993, ribadiva espressamente l’esclusione di quelle stesse materie dalla competenza della contrattazione collettiva nazionale e decentrata433. In modo conseguente, infine, la partecipazione sindacale era limitata alle questioni inerenti alla qualità dell’ambiente di lavoro ed alle misure relative alla gestione dei rapporti di lavoro (art. 10 D. Lgs. n. 29/1993).

Nessuno, in quel contesto normativo, poteva effettivamente dubitare dell’intenzione del legislatore, prima delegante (art. 2, co. 2, lett. c, L. n. 421/1992) e poi delegato (art. 2 D. Lgs. n. 29/1993), di circoscrivere l’ambito delle materie contrattabili434.

Del tutto chiara, altresì, appariva la scelta di non voler creare aree di compromesso, tra l’attività amministrativa autoritaria, per definizione funzionalizzata all’interesse pubblico, e quella privatistica, necessariamente asservita alla garanzia costituzionale di libertà (art. 39 Cost.).

A distanza di dieci anni, però, ferma restando la prima legge delega, il contesto normativo è considerevolmente cambiato.

La seconda legge delega (L. n. 59/1997) ha segnato un’apertura verso l’ingresso del momento negoziale nella fase di formazione degli atti amministrativi di alta organizzazione. L’art. 11, co. 4, lettera h, L. n. 59/1997, ha delegato infatti il Governo ad introdurre procedure facoltative di consultazione delle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi, prima dell’adozione degli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro.

dell’attività didattica, scientifica e di ricerca; 7) la disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra l’impiego pubblico ed altre attività e i casi di divieto di cumulo di impieghi ed incarichi pubblici. 433 L’art. 45, co. 1, del D. Lgs. n. 23/1993 così disponeva: «La contrattazione collettiva è nazionale e decentrata. Essa si svolge su tutte le materie relative ai rapporti di lavoro con esclusione di quelle riservate alla legge e agli atti normativi amministrativi secondo il disposto dell’art. 2, co. 1, lettera c, legge n. 421 del 1992».

434 Sull’assetto dei poteri di organizzazione dell’amministrazione alla luce della prima privatizzazione e per i conseguenti problemi di giurisdizione, si v. G. FERRARO, Poteri di organizzazione e tutela

giurisdizionale, in P.ALLEVA,G.D’ALESSIO,M.D’ANTONA (a cura di), Nuovo rapporto di lavoro, cit., p. 110 e ss.

Dal suo canto, il Governo, con le disposizioni poi recepite nel testo unico del D. Lgs. n. 165/2001:

a) ha demandato alla contrattazione collettiva il compito di disciplinare i rapporti sindacali e gli istituti di partecipazione sindacale, anche con riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro (art. 9, D. Lgs. n. 165/2001);

b) ha rimosso ogni esplicita delimitazione dei contenuti del contratto collettivo, affidando all’autonomia privata collettiva la competenza a disporre di «tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali» (art. 40, co. 1, prima formulazione, del D. Lgs. n. 165/2001).

A fronte di tali novità, la dottrina è apparsa divisa.

Alcuni autori hanno sostenuto che nulla fosse cambiato rispetto alla prima fase della privatizzazione. Le sette materie originariamente escluse dalla contrattazione collettiva erano e rimanevano del tutto estranee al rapporto di lavoro e, dunque, sottratte alla competenza dell’autonomia collettiva435.

Di diverso avviso, invece, erano coloro i quali sin dall’inizio avevano argomentato l’originaria esclusione dalla contrattazione delle sette materie in commento, non sulla scorta della loro non inerenza al rapporto di lavoro, bensì ragionando sull’esplicita determinazione del legislatore di garantirsi contro l’eventualità che le dinamiche conflittuali, iscritte nel codice genetico dei rapporti collettivi, potessero arrecare pregiudizio ad alcuni assetti ritenuti assolutamente essenziali ai fini del buon andamento dell’amministrazione436.

435 Con un’impostazione più sostanzialistica, ma vicina nelle conclusioni, M.D’ANTONA, Autonomia

negoziale, discrezionalità e vincolo di scopo nella contrattazione collettiva delle pubbliche amministrazioni, cit., p. 142, distingueva gli atti a carattere normativo e gli altri atti di organizzazione

incidenti sulla struttura degli apparati, soggetti al regime pubblicistico, dagli atti organizzativi sulla gestione individuale o collettiva dei rapporti di lavoro, sottoposti al regime privatistico.

436 Cfr. F.CARINCI, Le fonti della disciplina del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, cit., p. LXXXVIII; M. BARBIERI, La contrattazione collettiva, cit., p. 1112; M. G.GAROFALO, M. BARBIERI, Contrattazione collettiva e lavoro pubblico: un modello per tutti?, in LPA, 1998, I, p.407;A. GARILLI, Profili dell’organizzazione e tutela della professionalità nelle pubbliche amministrazioni, cit., p. 114.

A queste ricostruzioni dottrinali, poi, se n’è aggiunta una terza, definibile «intermedia», la quale ha evidenziato come entrambe le linee logiche seguite dalle altre impostazioni fossero caratterizzate da contraddittorietà: la prima, infatti, postulava una non convincente demarcazione tra materie attinenti al rapporto di lavoro e materie invece non attinenti ad esso; la seconda, poi, pur riconoscendo convincentemente che l’esclusione originaria di quelle sette materie non era una conseguenza della loro non attinenza al rapporto, ma dipendeva piuttosto dalla peculiare rilevanza di quelle tematiche e della conseguente scelta di politica del diritto di sottrarle al conflitto sindacale, falliva nelle conclusioni, secondo cui esisteva una separazione netta tra disciplina unilaterale autoritaria dell’amministrazione e strumenti negoziali437. A prescindere dalle posizioni storicamente assunte dagli osservatori di settore, l’elemento che emerge in maniera nitida è l’estrema rilevanza dell’ambito applicativo della contrattazione collettiva con riferimento alla sua concreta ed effettiva operatività438. E’ evidente, infatti, che è proprio l’estensione delle materie soggette all’applicazione del contratto collettivo a restituirci la chiave di lettura della sua capacità vincolante: più il suo ambito applicativo è ampio e dettagliato, più il contratto collettivo assume valore essenziale nel sistema interno delle fonti di regolazione del rapporto di lavoro pubblico.

5.2 La competenza del contratto collettivo pubblico nel sistema di