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Il contratto di rete

La disciplina del contratto di rete è stata introdotta per la prima volta dall’art. 3 l. 33/09 e successivamente modificata più volte. Nella versione vigente alla fine del 2012, il contratto di rete persegue la fina- lità generale di accrescere la capacità innovativa e la competitività delle imprese sul mercato. Tale finalità è perseguita attraverso un programma comune di rete, che obbliga le imprese a collaborare in ambiti attinenti all’esercizio delle rispettive attività, a scambiarsi informazioni o presta- zioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero ad esercitare in comune una o più attività (art. 3, comma 4-ter l. 33/09).

A parere di molti commentatori (v., ad esempio, CORAPI 2009, MARASÀ 2010, SANTAGATA 2011), le attività che possono essere svolte con un contratto di rete sono in larga parte sovrapponibili al coordina- mento fra imprenditori che si realizza tramite il consorzio (v. la defini- zione nell’art. 2602 c.c.). Questa tesi individua nel contratto di rete le caratteristiche prevalenti di una struttura associativa o societaria. Non mancano, peraltro, posizioni differenti, che considerano il contratto di rete una soluzione utilizzabile dagli imprenditori che non vogliano op- tare per la costituzione di una struttura societaria (v., ad esempio, CA- FAGGI, IAMICELI 2007; MOSCO 2012). I ripetuti interventi legislativi non hanno dato risposte definitive a questo dibattito.

È possibile, però, rilevare che il contratto di rete ha riscosso fi- nora notevoli consensi fra gli operatori. Alla fine del 2012 risultano stipulati più di 500 contratti, con il coinvolgimento di quasi 2000 im- prese11. Benché rappresentino appena l’1% del tessuto produttivo ita-

liano, le iniziative di aggregazione sollecitate dal contratto di rete pos- sono considerarsi un segnale promettente. Alle reti partecipano soprat- tutto imprese con maggiore propensione all’innovazione e in grado di apportare competenze significative. Sembra, quindi, che gli stessi ope- ratori abbiano percepito il contratto di rete come uno strumento giuridi- co in grado di favorire collaborazioni di qualità diversa rispetto ai tradi- zionali consorzi. Di particolare interesse è la collaborazione fra imprese di settori diversi, in grado di abbracciare tutte le fasi del ciclo produtti- vo lungo la filiera. Nella maggior parte dei casi, l’obiettivo della colla- borazione nella rete non è di preparare le condizioni per una successiva fusione, ma di condividere competenze e conoscenze altrimenti non disponibili. Anche da questo punto di vista, la distanza dalle forme as- sociative appare più marcata di quanto suggerisca la disciplina legisla- tiva.

11 V. i dati Unioncamere aggiornati al 3 novembre 2012, nonché I

NTESA SANPAOLO-

Il ricorso ai contratti di rete è stato registrato anche nel settore dell’energia, dell’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale. Si tratta per il momento di un numero ristretto di esperienze, ma suffi- cienti per delineare gli ambiti in cui questo strumento potrebbe offrire buone prospettive di redditività. I primi dati disponibili mostrano che i contratti di rete sono stipulati nel settore dell’energia con due motiva- zioni principali (per un’analisi più dettagliata v. BELLANTUONO 2013b). In primo luogo, si cerca di integrare competenze diverse lungo la filiera allo scopo di garantire un’accelerazione dei processi di innovazione tecnologica e una più stretta integrazione con la fase della commercia- lizzazione. In secondo luogo, si utilizza il contratto di rete per rafforza- re il coordinamento fra enti (cooperative o consorzi) che sono stati co- stituiti in passato con obiettivi di aggregazione dal lato della domanda o dell’offerta. È il caso del contratto di rete Conesco, stipulato nel 2011 fra le ESCO aderenti a Federlavoro e Servizi - Confcooperative con l’o- biettivo di promuovere modelli energetici sostenibili, lo sviluppo della generazione distribuita, l’efficienza energetica delle infrastrutture e le iniziative di mobilità e innovazione a livello locale. Si conferma, come registrato in altri settori, la marcata propensione all’innovazione tecno- logica, soprattutto con riferimento alle fonti rinnovabili. Le statistiche menzionate in precedenza rilevano anche che le imprese partecipanti ai contratti di rete mostrano maggiore propensione al conseguimento di certificazioni ambientali.

La possibilità di utilizzare il contratto di rete per la gestione di una rete privata è stata già prospettata dagli operatori del settore (v. au- dizione di Ascomac-Cogena del 22 marzo 2012 dinanzi alla commis- sione Ambiente della Camera dei Deputati). Occorre, però, chiarire che i benefici del contratto di rete dipendono dalla capacità dei partecipanti di definire una struttura di governo in grado di garantire la condivisione di competenze e conoscenze. La disciplina legislativa fissa alcuni re-

modalità di gestione interna. In termini analoghi a quanto già osservato per i consorzi, il contratto di rete stipulato per la gestione di una RPr deve affrontare alcune questioni cruciali.

Per quanto riguarda gli investimenti, i dati finora disponibili mostrano una bassa propensione delle imprese partecipanti ad effettuare contributi significativi. Pertanto, almeno nella fase iniziale è prevedibi- le che un’impresa capofila assuma l’iniziativa di reperire i finanziamen- ti necessari per la realizzazione dell’infrastruttura e ne rimanga in se- guito proprietaria esclusiva. Si noti, però, che il contratto di rete do- vrebbe garantire migliori condizioni di accesso al credito. Inoltre, sono in fase di elaborazione sistemi di rating delle reti che potrebbero con- sentire l’instaurazione di rapporti più stretti con il settore bancario (v., in proposito, DE LAURENTIS 2011; ZANARDO 2012). È possibile, quin- di, che la stipulazione di un contratto di rete per la gestione di una RPr agevoli il reperimento di fondi da parte dell’impresa capofila. Un ulte- riore aspetto da considerare è che, a differenza di quanto avviene nei consorzi, la distribuzione dei ricavi può avvenire in modo non paritario, ma in proporzione al contributo dato da ciascun partecipante.

Il ruolo di responsabile RPr dovrebbe essere assunto dall’orga- no comune incaricato dell’attuazione del programma di rete. Secondo quanto rilevato dallo studio della Fondazione Visentini (CAFAGGI, MO- SCO 2012, p. XXXI ss.), le soluzioni adottate finora vanno dall’organo comune monocratico all’organo comune pluripersonale. Quest’ultimo può includere tutti i partecipanti o solo alcuni di essi. Nel caso di orga- no comune monocratico, può trattarsi di un partecipante persona fisica o di una società. I contratti di rete più recenti prevedono talvolta la no- mina di un manager di rete indipendente dai partecipanti. Si tratta di una soluzione che potrebbe essere utile per la gestione della RPr qualo- ra il manager apporti competenze tecniche specifiche. Non diversamen- te da quanto osservato per i consorzi, all’organo comune o manager di rete spetterebbe il compito di gestire tutti i rapporti esterni di tipo com-

merciale e istituzionale. La scelta fra organo comune monocratico o pluripersonale dipende in parte dal numero di partecipanti, in parte dal ruolo che assumono nella rete. Ad esempio, la posizione di organo co- mune potrebbe essere ricoperta dall’impresa proprietaria della rete pri- vata o degli impianti di produzione, oppure dall’impresa in grado di apportare il contributo più significativo in termini di innovazione tecno- logica.

Sul versante dei rapporti interni, all’organo comune spetterebbe il compito di garantire il rispetto dei diritti degli utenti. Solo il fondo patrimoniale comune costituito dai partecipanti sarebbe responsabile per le obbligazioni assunte nei confronti dei terzi (art. 3, comma 4-ter, n. 2), l. 33/09). Questa regola evita i problemi che potrebbero sorgere se si applicasse il regime di responsabilità dei consorzi contrattuali nel caso di morosità dei partecipanti alla rete (v. par. 5.1). La maggioranza dei contratti di rete stipulati adotta clausole di limitazione della respon- sabilità al fondo comune (CAFAGGI, MOSCO 2012, p. XXXVII). Ov- viamente, il fondo deve avere una consistenza sufficiente a garantire i terzi creditori.

Occorre però domandarsi con quali strumenti contrattuali debba essere gestita la RPr. Se uno dei partecipanti è proprietario esclusivo, la RPr potrebbe essere conferita in godimento per la durata del contratto ed entrare a far parte del fondo comune [v., con riferimento ai beni im- mobili, ZANELLI (2012, p. 222-228)]. Se invece tutti i partecipanti sono comproprietari della RPr, il contratto dovrà disciplinare le modalità di liquidazione delle rispettive quote in caso di recesso, risoluzione parzia- le o totale. In alternativa, è possibile costituire un patrimonio separato secondo quanto prevede l’art. 2645-ter c.c. L’infrastruttura entrerebbe a far parte di tale patrimonio e la sua utilizzazione sarebbe vincolata agli scopi del contratto di rete12.

Per quanto riguarda l’adattamento nel tempo, il contratto di rete deve disciplinare le modalità per le nuove adesioni, nonché i casi di recesso e di esclusione. Per le nuove adesioni è preferibile il criterio di unanimità, allo scopo di salvaguardare l’omogeneità di interessi all’in- terno della rete. Il contratto dovrebbe comunque stabilire le modalità di richiesta dell’adesione e i requisiti necessari. Si tenga presente che l’a- desione al contratto di rete è automaticamente collegata allo status di utente della RPr. Il recesso è generalmente libero, ma si applica la rego- la generale dei contratti plurilaterali, che prevede lo scioglimento del contratto nel caso il contributo del recedente debba considerarsi essen- ziale (art. 1459 c.c.). Questa ipotesi si verificherebbe nel caso di recesso del partecipante proprietario della RPr. Il contratto di rete dovrebbe anche disciplinare i casi di esclusione, o più esattamente di risoluzione parziale del contratto con riferimento ad uno dei partecipanti. L’ipotesi più frequente è l’inadempimento degli obblighi assunti con il contratto di rete o delle direttive dell’organo comune. Per evitare conflitti che potrebbero determinare paralisi decisionali, la risoluzione dovrebbe essere decisa a maggioranza. Ma è opportuno tutelare adeguatamente i partecipanti prevedendo una maggioranza qualificata13.

Sia nell’ipotesi di recesso che di risoluzione parziale occorre stabilire se il partecipante ha diritto alla liquidazione della sua quota. In mancanza di clausole sul punto, si dovrebbe ritenere che si applichi la regola prevista per i consorzi, e cioè l’esclusione del rimborso.

I vantaggi principali che la stipulazione di un contratto di rete sembra offrire sono due. In primo luogo, si tratta di uno strumento che favorisce le collaborazioni orientate all’innovazione tecnologica. Se la costruzione e gestione di una RPr comporta il ricorso alle tecnologie delle reti intelligenti, il contratto di rete potrebbe garantire l’aggrega- zione di imprese che dispongono delle necessarie conoscenze. In questo

13 Sulle modalità per disciplinare l’esclusione di un partecipante dalla rete v. I

AMI- CELI (2012, p. 269ss.)

caso occorrerebbe prevedere nel contratto una clausola relativa alla ge- stione dei diritti di proprietà intellettuale, conferiti dai partecipanti o frutto dell’attività comune.

In secondo luogo, le scelte relative alla struttura di governo e ai processi decisionali sono quasi completamente affidate ai partecipanti. Questa flessibilità comporta oneri maggiori in sede di redazione del contratto di rete, ma nello stesso tempo consente di adattare la struttura di governo al tipo di attività che si intende svolgere. Si noti che il con- tratto di rete può anche essere utilizzato come struttura di secondo livel- lo che collega le attività svolte da altri enti (ad esempio consorzi o joint

ventures: v. FONDAZIONE VISENTINI 2012, p. 13s.). In un distretto in- dustriale la gestione della RPr potrebbe essere affidata ad un consorzio con una partecipazione ristretta, mentre l’uso della RPr potrebbe essere gestito con un contratto di rete aperto a tutte le imprese del distretto. In alternativa, il responsabile RPr potrebbe rimanere esterno al contratto di rete, al quale parteciperebbero solo gli utenti.