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5.1 Creazione di posti di lavoro

In tutti i progetti delle zone di cooperazione viene data enfasi alla creazione di migliaia o addirittura decine di migliaia di posti di lavoro, e questi impieghi si concentrano principalmente sull'industria manifatturiera e altri settori ad alta intensità di manodopera.

Escludendo la proporzione non ancora definita fra il personale lavorativo cinese e quello africano nei progetti delle Mauritius, negli altri paesi gli operai locali rappresentano la maggioranza assoluta dei dipendenti. Fino ad ora, infatti, nella già operativa zona di cooperazione dello Zambia sono stati assunti circa 4.000 dipendenti autoctoni, quella dell'Egitto ha creato oltre 1.800 opportunità di lavoro e anche nelle zone in fase di costruzione la manodopera locale è stata

assunta copiosamente per la realizzazione delle infrastrutture.17

L'aumento di opportunità di lavoro per gli autoctoni nelle zone di cooperazione è stato motivato da due fattori. Il primo concerne le severe norme di molti stati africani in merito all'assunzione di forza lavoro locale: l'Egitto, ad esempio, pretende che l'assunzione di ogni operaio di nazionalità straniera sia affiancata da quella di nove operai egiziani.

L'altro fattore riguarda i bassi salari che nel complesso caratterizzano la forza lavoro africana, soprattutto quella delle posizioni meno qualificate, di conseguenza le aziende non necessitano di assumere manodopera cinese. Inoltre, se si contassero anche le spese di viaggio e di alloggio per gli operai cinesi, sommate alle scomode richieste per i visti, i costi addossati dalle aziende diventerebbero molto più esosi.

I bassi salari emessi dalle compagnie cinesi, tuttavia, causano frequentemente lo scontento dei lavoratori locali, non a caso molti si licenziano dopo aver raggiunto il livello di operai qualificati per cercare altri posti di lavoro meglio retribuiti. La stabilità dei gruppi di lavoro è quindi divenuta un problema consistente, e a ciò si aggiunge il fatto che la parte cinese ricopre la maggioranza assoluta delle posizioni tecniche e gestionali, comportando un fattore dannoso per l'integrazione delle aziende stesse nelle società locali.18

Infine, la costruzione e l'ingresso delle compagnie nelle zone di cooperazione faranno fiorire anche il mercato delle materie prime, quello dei subappalti, del settore terziario e delle vendite, creando indirettamente molte opportunità di lavoro.

5.2 Trasferimento di tecnologie

Le zone di cooperazione, ovviamente, dando la priorità all'attrazione di

17

Sito ufficiale del Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese, 18/03/2009, http://eg.mofcom.gov.cn/aarticle/i/200903/20090306109749.html.

18

Note di intervista effettuata dal sottoscritto a Liu Jianguo, manager dell'azienda Changjin Egypt Stainless Steels Products Co., Ltd, 09/06/2009

Analoghe situazioni si riscontrano anche nella zona industriale dello Zambia: vedi anche sito ufficiale di National Public Radio (www.npr.org), notizia del 31/07/2008

investimenti industriali, implicheranno l'arrivo di nuove tecnologie negli stati africani, e le modalità di trasferimento di tali tecnologie sono di vario tipo.

• Le joint venture, come è il caso del Ministero del Petrolio dell'Egitto e della compagnia cinese Sichuan Honghua Petroleum Equipment Co. Ltd, che hanno investito sulla produzione petrolifera e sulle attrezzature di trivellazione, migliorando così la capacità produttiva dell'industria petrolifera in Egitto. Gli esempi concreti di joint venture sino-africane, comunque, sono assai rari a causa dell'aumento di complessità e difficoltà gestionali a esse collegati.

• I progetti dimostrativi, come sono i casi della zona di cooperazione Cina-

Zambia, che trasferirà allo Zambia una capacità di fusione del rame pari a circa 200.000 tonnellate annue, e della zona Ogun-Guangdong in Nigeria, in cui verrà pianificata la costruzione di un parco dimostrativo per le scienze e le tecnologie agrarie.19 Di nuovo, però, queste situazioni sono rare, poiché è ancora incerta la possibilità che gli autoctoni riescano ad acquisirne le tecniche.

• La formazione tecnica degli operai africani rappresenta la principale modalità di trasferimento di tecnologie, nella quale sono incluse le istruzioni e le operazioni pratiche sul posto di lavoro, i corsi teorici di formazione e i corsi intensivi di specializzazione in Cina. Anche gli ultimi due esempi sono poco comuni, in quanto gli operai locali sono generalmente assistiti dai capomastri cinesi durante il processo produttivo finché non acquisiscono la padronanza del funzionamento delle macchine, delle procedure di ispezione, del controllo qualità ecc.20

In breve, il trasferimento di tecnologie dalle aziende ai paesi africani non è ancora stato sistematizzato, soprattutto perché attualmente i compiti primari della Cina e dell'Africa sono ancora limitati a strutturare le basi della cooperazione, a rendere le zone efficacemente operative, a creare posti di lavoro

19

Sito ufficiale di Nigeria Ogun-Guangdong Free Trade Zone,

http://www.chinafrica.com.cn/newsInfo.asp?InfoID=12&CategroyID=2

20

Note di intervista effettuata dal sottoscritto a Liu Jianguo, manager dell'azienda Changjin Egypt Stainless Steels Products Co., Ltd, 09/06/2009

e a promuovere lo sviluppo dell'economia. Senza questa fase, un trasferimento di tecnologie su larga scala in nazioni ancora prive di basi industriali mature, di risorse professionali e di un'economia sana e macroscopica, non potrebbe essere né durevole né efficace.

5.3 Scambio di esperienze gestionali

L'intento delle nazioni africane è quello di acquisire, attraverso le zone di cooperazione, la peculiare esperienza cinese di gestione delle zone di sviluppo. Tale scambio si svolgerebbe su diversi livelli.

In proposito, il Ministero del Commercio ha organizzato un seminario di 20 giorni, per il quale sono stati invitati in Cina i funzionari dei paesi ospitanti le zone di cooperazione affinché potessero svolgere degli studi in loco e acquisire la politica, l'esperienza e il modello gestionale delle zone di sviluppo della Cina. Circa 60 funzionari provenienti dallo Zambia, dalla Nigeria e dall'Etiopia vi hanno preso parte; fra i partecipanti vi erano anche il direttore del Ministero, i membri dell'assemblea legislativa, i funzionari amministrativi locali, così come i capi direttori dei dipartimenti delle dogane, del fisco, della finanza, dei trasporti e dell'ispezione.

Lo scambio di opinioni più frequente e diretto, però, avviene nel corso delle costruzioni e delle attività nelle zone di cooperazione. Da un lato, i governi, attraverso il dialogo, devono coordinare le politiche bilaterali; dall'altro lato, i costruttori e i dipartimenti amministrativi locali devono consultarsi continuamente su vari punti quali le strategie, la pianificazione degli investimenti, l'utilizzo del territorio, le edificazioni, l'amministrazione della forza lavoro e la protezione ambientale delle zone di cooperazione. È proprio durante il corso di queste consultazioni che i paesi africani scelgono realmente e concretamente, ma anche con cautela e ponderazione, di accettare i punti di vista della parte cinese.

Sebbene in tutte le sette zone di cooperazione la parte cinese sia a capo delle

fondamentalmente non prenda parte alle attività concrete, il personale africano impiegato all'interno delle aziende può apprendere le effettive conoscenze operative tramite la formazione e la pratica. D'altronde, l'assunzione di dipendenti locali fra il personale gestionale ha appena preso piede, ma avrà un orientamento a lungo termine.