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Contributo Ambientale Diversificato

3. Analisi economica

3.3. Contributo Ambientale Diversificato

Confrontando i dati relativi ai contributi ambientali nei diversi Paesi europei emerge come in alcuni Stati, tra cui l’Italia, ci sia un’inadeguatezza nella modalità di ripartizione del contribu- to, in quanto non viene garantita una sufficiente internalizzazione dei costi della gestione dei rifiuti e dunque non viene sufficientemente incentivata la produzione di imballaggi eco- compatibili.

Va sottolineato, infatti, che il livello del contributo ambientale può orientare il comportamento del consumatore finale. Nello specifico, un contributo ambientale molto basso non incentiverà il consumatore a modificare il proprio comportamento, avendo solamente la finalità di finanziare la filiera del riciclo. Mentre, se il contributo ambientale è elevato, il consumatore avrà un incentivo a modificare il suo comportamento, orientando le proprie abitudini di consumo verso una diminuzione nell’utilizzo di imballaggi a perdere.

Il CAC differenziato sarà applicato a partire dal 01/01/2018, relativamente agli imballaggi in plastica. A causa, infatti, delle numerose tipologie di polimeri presenti, questo rappresenta uno dei materiali più difficile da gestire. Per questa ragione COREPLA ha commissionato uno studio su 59 tipologie di imballaggi, attraverso il quale definire delle categorie di rifiuto, basandosi su tre criteri guida: Selezionabilità, Riciclabilità e Circuito di destinazione

prevalente dell’imballaggio quando diventa rifiuto.

In particolare, per classificare i rifiuti, lo studio si è basato su due principi cardine. Primo, si è tenuto conto del flusso prevalente in cui confluirà il materiale divenuto rifiuto applicando il principio della prevalenza sia per identificare il circuito in cui sarà destinato che per valutare le tecniche per la riciclabilità e selezionabilità. Secondo, ci si è basati sulle tecnologie attualmente disponibili per la selezione e il riciclo. A seguito di questo studio, gli imballaggi in plastica sono stati classificati in tre categorie e a ciascuna di esse è stato assegnato un livello diverso di contribuzione:

 Fascia A imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito commercio e industria): 179,00 €/t;

 Fascia B (imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito domestico): 208,00 €/t;  Fascia C (imballaggi non selezionabili /riciclabili allo stato delle tecnologie attuali):

228,00 €/t.

Per la determinazione dei valori delle tre fasce è stata adottata la metodologia del Life Cycle Assessment, che ha identificato gli impatti ambientali delle fasi di fine vita degli imballaggi. I risultati ottenuti sono stati analizzati mediante 5 indicatori, scelti tra quelli con una maggiore valenza internazionale: 3 indicatori di impatto ambientale (Carbon Footprint, Ecological Footprint e Ozone Depletion Potential) e 2 indicatori del consumo di risorse (Consumo risorse energetiche, Materia Prima Secondaria ottenibile a valle della Selezione e del Riciclaggio). L’analisi degli indicatori presi come riferimento ha fatto emergere un sostanziale allineamento:

 Per il flusso degli imballaggi “Selezionabili e Riciclabili da circuito Commer- cio&Industria” si sono registrati impatti complessivi minori;

 Per il flusso degli imballaggi “Selezionabili e Riciclabili da circuito Domestico” si so- no registrati impatti intermedi;

 Per il flusso degli imballaggi “non selezionabili/riciclabili allo stato delle tecnologie attuali” si sono registrati, invece, impatti complessivi maggiori.

direttamente proporzionale all’aumento della selezionabilità e riciclabilità degli imballaggi in plastica post-consumo.

Il vantaggio di un sistema di contribuzione basato sul CAC differenziato che prenda in considerazione l’impatto ambientale, la selezionabilità degli imballaggi dopo il conferimento per il riciclo e l’effettiva riciclabilità sulla base delle tecnologie disponibili, è quello di consentire l’internalizzazione dei costi di gestione dei rifiuti nel prezzo finale dei prodotti, incentivando così l’impiego di imballaggi ambientalmente più sostenibili e favorendo una migliore applicazione del principio EPR, in quanto il produttore di imballaggi più inquinanti pagherebbe un contributo ambientale maggiore.

Non mancano però delle critiche al sistema differenziato. Secondo alcune associazioni, infatti, la metodologia con cui è stato definito il prezzo per ciascuna tipologia di rifiuto appare poco chiaro e relativamente basso, al punto da non apportare vantaggi significativi, almeno nel breve periodo.

Il CAC differenziato, inoltre, potrebbe spingere verso la trasformazione dei consorzi di imballaggi in consorzi di materiali, ma occorre che il prezzo sia definito in modo tale che rispecchi effettivamente il costo dell’impatto ambientale di ciascun materiale in modo da favorire una corretta internalizzazione delle esternalità.

Conclusioni

Per garantire il raggiungimento degli obiettivi indicati nel Pacchetto sull’Economia Circolare e muoversi verso un modello economico non più lineare, il settore dei rifiuti risulta predomi- nante in quanto, il riciclo dei materiali di scarto consente di ridurre l’estrazione e l’utilizzo di materie prime vergini. Inoltre, favorire l’incremento delle percentuali di rifiuti riciclati, appor- terebbe benefici sia dal punto di vista economico che occupazionale. Questo sarà possibile se si svilupperanno imprese industriali efficienti e se si continuerà a rafforzare e ad aggregare la gestione dei rifiuti a livello industriale.

Infatti, per riuscire a soddisfare gli obiettivi stabiliti dal Pacchetto sull’Economia Circolare per il 2030, è necessario attuare politiche specifiche tenendo conto del trend crescente delle quantità di rifiuti immesse al consumo. Per raggiungere gli ambiziosi target europei dovranno, infatti, essere: migliorate le politiche di prevenzione e di riutilizzo e la riciclabilità di alcuni materiali, incentivata la domanda interna di materiali riciclati e rafforzate e migliorate qualità e quantità delle raccolte differenziate.

Inoltre, il raggiungimento di target ambiziosi come quelli europei, non possono prescindere da importanti investimenti. I sistemi di raccolta sul territorio nazionale vanno resi più efficienti, efficaci e sostenibili da punto di vista ambientale. Inoltre, vanno attuati investimenti volti al miglioramento sia degli impianti di trattamento dei rifiuti differenziati che di impianti WTE (Waste to Energy), poiché in Italia, in modo più evidente al Sud ma anche in molte aree del Centro e del Nord, sono in molti casi carenti o comunque non idonei a soddisfare gli incre- menti o l’attivazione dei modelli di raccolta differenziata.

L’EPR, già disciplinato dall’ordinamento nazionale, può rappresentare uno strumento fonda- mentale per raggiugere questi traguardi se tradotto in azioni concrete per tutti i rifiuti, com- presi gli imballaggi. Inoltre, l’identificazione degli imballaggi sulla base del tipo di materiale usato, consentendo una maggiore attuazione dell’EPR, favorirebbe il miglioramento dell’attività di riciclaggio e consentirebbe di rispettare la corretta gerarchia nella gestione del rifiuto.

La regolazione dell’EPR, tuttavia, non è l’unico problema. Infatti, anche se in Italia l’EPR ri- sulta normato solo in linee generali, senza i necessari decreti attuativi, il vero problema è che non vengono previsti oneri adeguati e differenziati a seconda della facilità con cui è possibile riciclare i prodotti. In questo modo, pur essendoci un sistema volto a dare applicazione al principio della responsabilità estesa del produttore, restano di fatto i cittadini a sopportare gran parte del costo dello smaltimento. Pertanto viene meno il concetto stesso dei principi “chi inquina paga” e di “responsabilità estesa del produttore”, poiché quest’ultimo, se adegua- tamente applicato, ridurrebbe la spesa pubblica per la gestione dei rifiuti, favorendo l’internalizzazione dei costi ambientali. Tali costi esterni, che vanno opportunamente contabi- lizzati, vanno distinti tra costi efficienti e costi ottimizzati. Per questo, sarebbe utile istituire un’autorità di regolazione indipendente che si occupi di sovraintendere l’intero ciclo di ge- stione del rifiuto, aiutando le imprese ad ottenere adeguati strumenti di confronto, benchmark e riferimento.

In conclusione, occorre ridefinire il CAC sulla base dell’effettivo impatto ambientale dell’imballaggio, in modo tale da incentivare il consumatore ad effettuare scelte più consape- voli, in modo che emerga maggiormente e sia più incisivo nella fase di acquisto di un prodot- to. Occorre soprattutto fare in modo che l’aumento del contributo ambientale renda disincen-

tivante l’utilizzo di imballaggi che presuppongono costi ambientali più alti e, viceversa, in- centivante quando è più agevole la loro riciclabilità.

Il contributo ambientale, ad oggi, varia in base all’equilibrio di bilancio dei vari Consorzi di filiera, senza prendere in considerazione i costi di gestione dei rifiuti sostenuti dai comuni. Il CAC, invece, deve essere, come previsto dal legislatore, quello strumento finanziario in grado di sostenere i costi generati nel momento del fine vita dell’imballaggio, dando attuazione al principio della responsabilità estesa del produttore.

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