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LA RESPONSABILITÀ'ESTESA DEL PRODUTTORE NEL SETTORE DEGLI IMBALLAGGI

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Academic year: 2021

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1

La responsabilità estesa del produttore

nel settore degli imballaggi

Autore

Dott. Mattia Galipò

Tutor Scientifico

Prof. Francesco Testa

Tutor Aziendale - Utilitalia

Dott. Tiziano Mazzoni

Master Universitario di II livello in

Gestione e Controllo dell’Ambiente: economia circolare e management efficiente delle risorse

Anno Accademico

(2)

INDICE

Lista dei grafici……….………

...……….………3

Lista delle tabelle………

…...………..4

Introduzione………....……….5

1. Responsabilità estesa del produttore………...…..……...………6

1.1. EPR: definizione, origine e finalità………...6

1.2. L’EPR nelle direttive 94/62/CE e 2008/98/CE...

……

………..

.

...11

1.3. Recepimento della direttiva 94/62/CE nei principali Paesi dell’UE..

.

...13

1.4. Recepimento delle direttive europee in Italia………...20

2. Il Sistema dei Consorzi di Imballaggi...22

2.1. Compliance scheme nazionale……….…

………22

2.2. Consorzio Nazionale Imballaggi………..………

.

……24

2.3. Accordo Quadro ANCI-CONAI………

…...………29

2.4. Consorzi di filiera……….………31

3. Analisi economica...42

3.1. Corrispettivi economici a sostegno della RD………...………42

3.2. Contributo Ambientale CONAI………

.

..44

3.3. Contributo Ambientale Diversificato………...………50

Conclusioni………...52

Bibliografia………....……….…………54

(3)

Lista dei grafici

Grafico 1: Evoluzione CAC, anni 2007-2017;

Grafico 2: Contributo ambientale plastica nei principali Paesi europei, anno 2017;

Grafico 3: Contributo ambientale cartone bevande nei principali Paesi europei, anno 2017; Grafico 4: Contributo ambientale carta/cartone nei principali Paesi europei, anno 2017; Grafico 5: Contributo ambientale alluminio nei principali Paesi europei, anno 2017; Grafico 6: Contributo ambientale vetro nei principali Paesi europei, anno 2017; Grafico 7: Contributo ambientale medio nei principali Paesi europei, anno 2017; Grafico 8: Contributo ambientale medio nei principali Paesi europei, anni 2007 e 2017.

(4)

Lista delle tabelle

Tabella 1: Panoramica degli schemi di EPR esistenti in UE-28 nel 2013; Tabella 2: Consorziati CONAI al 2016;

Tabella 3: Imballaggi immessi al consumo, anni 2015-2016; Tabella 4: Rifiuti di imballaggio avviati a riciclo, anni 2015-2016;

Tabella 5: Percentuale di riciclo su immesso al consumo, anni 2015-2016;

Tabella 6: Quantità di rifiuti riciclati da CONAI e sistemi indipendenti e autonomi per frazio-ni merceologiche nel 2016.

Tabella 7: Iscritti ai Consorzi di filiera, anno 2016;

Tabella 8: Ricrea - Stato del convenzionamento con il sistema consortile, anno 2016; Tabella 9: Ricrea - Riciclo e copertura territoriale, anni 2015-2016;

Tabella 10: Ricrea - Raccolta per tipo di flusso, anni 2015-2016; Tabella 11: Ricrea - Riciclo per tipo di flusso, anni 2015-2016;

Tabella 12: Cial - Stato del convenzionamento e copertura territoriale, anno 2015; Tabella 13: Cial - Stato del convenzionamento e copertura territoriale, anno 2016; Tabella 14: Cial - Raccolta, Riciclo e Recupero, anni 2015-2016;

Tabella 15: Comieco - Stato del convenzionamento con il sistema consortile, anno 2016; Tabella 16: Comieco - Andamento della gestione diretta, anno 2016;

Tabella 17: Comieco - Raccolta, Riciclo e Recupero, anni 2015-2016;

Tabella 18: Rilegno - Stato del convenzionamento con il sistema consortile, anni 2014-2015; Tabella 19: Rilegno - Riciclo, anni 2014-2015;

Tabella 20: Rilegno - Riciclo e Recupero, anni 2014-2015;

Tabella 21: Corepla - Stato del convenzionamento con il sistema consortile, anni 2015-2016; Tabella 22: Corepla - Raccolta, Riciclo e Recupero, anni 2015-2016;

Tabella 23: Coreve - Stato del convenzionamento con il sistema consortile, anni 2015-2016; Tabella 24: Coreve - Raccolta e Riciclo, anni 2014-2015;

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Introduzione

Durante la produzione di beni o servizi, o più in generale attraverso l’esercizio di una deter-minata attività economica, si manifestano dei costi ambientali (esternalità) che se pur imputa-bili all’attività di produzione, non vengono sostenuti dal soggetto che li ha prodotti ma bensì dalla società nel suo complesso. Ciò si verifica poiché molte risorse naturali che vengono sfruttate non hanno un prezzo di mercato o, in alcuni casi, questo non riflette i costi totali le-gati al loro utilizzo. Se il prezzo di un bene è inferiore al costo di produzione si verifica un problema che si configura come fallimento del mercato e occorre, quindi, fare in modo che i costi esterni siamo imputati ai soggetti responsabili dell’impatto sull’ambiente in modo tale che il prezzo esprima il reale costo totale (incluse le esternalità). Questo processo noto come “internalizzazione delle esternalità” non solo garantisce una maggiore equità nei rapporti tra il soggetto responsabile del danno ambientale e colui che ne sopporta le conseguenze, ma rap-presenta anche una spinta per gli operatori economici ad includere nei loro bilanci dei costi ambientali e ad attuare, quindi, scelte più sostenibili.

Per esprimere dal punto di vista giuridico questo concetto di internalizzazione, è stato definito il principio “chi inquina paga” che si basa sull’idea secondo cui il soggetto responsabile di un determinato impatto ambientale debba sopportarne il relativo costo. Affinché tale principio venga rispettato sono stati introdotti dei meccanismi risarcitori ai quali, tuttavia, sono legate delle problematiche, tra cui:

 Difficoltà nell’individuare un singolo danno, derivante dal fatto che un impatto am-bientale, per sua natura, è prolungato nel tempo;

 Difficoltà nell’individuare la fonte del danno, poiché le cause e i soggetti che generano un impatto ambientale negativo sono di solito numerosi e la relazione tra l’azione dei vari soggetti e il danno può essere difficile da determinare.

Per questo motivo, e per la difficoltà di applicare il principio “chi inquina paga” in maniera efficace, negli ultimi vent’anni, in particolare in Europa, si è sviluppato un nuovo concetto di responsabilità: il principio della responsabilità estesa del produttore (Extended Producer Re-sponsibility - EPR). Il principio della responsabilità estesa del produttore era già presente nei sistemi legislativi occidentali, ma riguardava solamente le fasi di produzione e consumo, escludendo la parte post-consumo. Attraverso la definizione dell’EPR si estende la responsa-bilità del produttore anche la parte relativa alla raccolta e allo smaltimento dei propri prodotti, includendo anche il fine vita, così da incentivare una riduzione degli impatti per l’intero ciclo di vita del prodotto. L’EPR consente, inoltre, di attribuire ai produttori la responsabilità sia gestionale che finanziaria del trattamento del fine vita, con l’obiettivo non solo di trasferire il costo della gestione al produttore, ma con l’intento di incentivare la ridefinizione dei prodotti e ridurre a monte la produzione stessa dei rifiuti. Non si tratta solo di un modo per internaliz-zare l’esternalità legate alla produzione di un prodotto, ma di uno strumento per incentivare un comportamento più virtuoso.

L’obiettivo di questo lavoro è quello di osservare come il principio dell’EPR si applica al stema degli imballaggi a livello europeo con una particolare attenzione alla normativa e al si-stema italiano di gestione dei rifiuti da imballaggio. Questo studio ha il vantaggio di analizza-re in modo analitico come il contributo ambientale, definito come strumento per l’applicazione dell’EPR, viene applicato nei diversi Paesi europei in modo da analizzarne i vantaggi e gli svantaggi e contribuire al dibattito in materia di EPR in vista del rinnovo dell’Accordo Quadro ANCI-CONAI.

(6)

1. Responsabilità estesa del produttore

1.1 EPR: definizione, origini e finalità

Con il termine “responsabilità estesa del produttore” si intende il principio secondo cui i pro-duttori sono responsabili del fine vita dei propri prodotti con l’obbligo sia di recuperarli che di provvedere finanziariamente al trattamento, favorendo il raggiungimento degli obbiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti per legge.

Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) l’EPR può essere definita come “una politica ambientale nella quale la responsabilità del produttore

viene estesa fino a includere i costi sociali e finanziari della gestione dei rifiuti, compreso l’impatto ambientale del loro smaltimento”1.

L'obiettivo principale dell’EPR è quello di sostenere i miglioramenti nell'efficienza ambienta-le dei prodotti per l’intero ciclo di vita. Infatti, attraverso lo spostamento della responsabilità in capo ai produttori, questi vengono spinti a migliorare l'efficienza dei processi di raccolta e riciclaggio ma anche ad aumentare la riciclabilità dei loro prodotti ed a diminuire la quantità di materiale e di sostanze pericolose utilizzate nella produzione, trovando metodi alternativi per ridurre i rifiuti e recuperare i prodotti usati.

Basandosi sui risultati ottenuti nei Paesi sviluppati, l’adozione di politiche di EPR potrebbero essere particolarmente utili per i responsabili politici delle economie emergenti e delle eco-nomie in via di sviluppo, favorendo il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

 Aumento dei tassi di raccolta differenziata e riciclaggio: i Paesi che hanno attuato politiche di EPR hanno generalmente raggiunto livelli di raccolta e riciclaggio più ele-vati. L’adozione di tali politiche incoraggia i produttori a migliorare la riciclabilità dei prodotti e dei materiali e a convertire i prodotti raccolti in una risorsa, generando così flussi di rifiuti caratterizzati da un elevato livello di qualità;

 Riduzione della spesa pubblica per la gestione dei rifiuti: la motivazione alla base dell’adozione di politiche di EPR è quella di spostare le responsabilità dalle autorità pubbliche locali sui produttori (e, infine, ai consumatori), riducendo così la spesa pub-blica, ovvero il denaro dei contribuenti, sulle operazioni riguardanti la gestione dei ri-fiuti;

 Riduzione dei costi complessivi di gestione dei rifiuti: oltre ad una riduzione della spesa pubblica, l'EPR dovrebbe portare a riduzioni dei costi complessivi per la gestio-ne dei rifiuti. I produttori sono, infatti, incentivati ad ottimizzare i costi delle operazio-ni di raccolta e riciclaggio portando anche ad una riduzione dei costi non monetari e indiretti della gestione dei rifiuti (emissioni inquinanti, inconvenienti ai residenti locali e gli effetti sulla salute causati dalle discariche);

 Innovazione nel design dei prodotti: dato che i produttori sono finanziariamente re-sponsabili del fine vita dei loro prodotti saranno incentivati a ridurre al minimo i costi di gestione/trattamento dei loro rifiuti. Questi costi possono essere ridotti attraverso investimenti in innovazioni ambientali, aumentando la durata e la riciclabili-tà/riutilizzabilità dei prodotti stessi;

1 OECD, Analytical framework for evaluating the costs and benefits of extended producer responsibility

(7)

 Risparmio delle risorse e delle materie prime: l’applicazione dell’EPR, internaliz-zando il costo ambientale, spingerebbe i produttori a rendere la propria gestione più efficiente e sostenibile, diventando un fattore di competitività attraverso la riduzione delle componenti di costo.

Oltre ai vantaggi indicati sopra, l’adozione di politiche di EPR, genera una molteplicità di vantaggi più ampi, tra cui innovazione tecnologica e organizzativa, diversificazione delle fonti di fornitura di materiale e quindi un contributo alla sicurezza delle risorse, migliore organiz-zazione delle catene di approvvigionamento attraverso l'emergere di più operatori internazio-nali nel settore del riciclaggio.

Il principio della responsabilità estesa del produttore è apparso per la prima volta in un report2 di Thomas Lindhqvist destinato al Ministero svedese delle risorse naturali e ambientali nel 1990. Egli, basandosi sulle premesse sviluppatesi già dalla fine degli anni ’80 nelle politiche ambientali svedesi con le quali si iniziava a dare priorità a misure preventive di controllo dell’inquinamento, ha iniziato a considerare il prodotto nel suo intero ciclo di vita, attuando politiche non più di comando e controllo ma incentivanti, e assegnando per la prima volta al produttore la responsabilità sull’intero ciclo di vita dei propri prodotti.

L’anno successivo, lo stesso Lindhqvist fornì una prima definizione di tale principio:

“Ex-tended Producer Responsibility is an environmental protection strategy to reach an environ-mental objective of a decreased total environenviron-mental impact from a product, by making the manufacturer of the product responsible for the entire life-cycle of the product and especially for the take-back, recycling and final disposal of the product. The Extended Producer Re-sponsibility is implemented through administrative, economic and informative instruments. The composition of these instruments determines the precise form of the Extended Producer Responsibility”.3

La prima applicazione del principio della responsabilità estesa del produttore si ebbe in Ger-mania, nel 1991, nell’ambito della gestione dei rifiuti da imballaggio4, quando l’allora

mini-stro dell’ambiente tedesco, Hans Töpfer, emanò un’ordinanza, denominata “Ordinance on the Avoidance of Packaging Waste”, con la quale si richiedeva che i produttori di imballaggi ri-prendessero indietro le confezioni e gli imballaggi con lo scopo di riciclarli. Questa ordinanza stabiliva sia delle scadenze entro cui gli imballaggi dovevano essere ritirati e riciclati che una divisione di responsabilità tra produttori, distributori e rivenditori. In particolare l’ordinanza tedesca prevedeva che i produttori ed i distributori fossero responsabili del ritiro dell'imbal-laggio di trasporto o imbaldell'imbal-laggio esterno, mentre ai rivenditori spettasse la responsabilità dell'imballaggio interno, ossia quello di vendita.

La principale conseguenza di questa ordinanza fu la creazione di un consorzio privato tra pro-duttori di imballaggi, chiamato Duales System Deutschland (DSD), il cui compito era racco-gliere i rifiuti e organizzare i punti di riciclaggio. Per entrare a far parte di questo consorzio i produttori si impegnavano a pagare una quota fissa e la loro partecipazione a questo sistema era resa visibile grazie ad un simbolo, costituito da un punto verde apposto sui loro imballag-gi. Nonostante gli alti costi derivanti dal rispetto dell'ordinanza, è possibile affermare che essa abbia avuto successo sotto molti aspetti. Innanzitutto, durante il primo anno di attività, si

2 Thomas Lindhqvist & Karl Lidgren, Modeller för förlängt producentansvar, 1990 3 Lindhqvist, T. (1992), pp. 1-5

4 Lifset, R.J. (1993), Take it Back: Extended Producer Responsibility as a Form of Incentive-Based

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ficò un incremento della sensibilizzazione dei cittadini e tutti gli obiettivi prefissati furono raggiunti. Inoltre, ci fu una riduzione sostanziale dei rifiuti destinati allo smaltimento in disca-rica e all’incenerimento (circa il 66% dei rifiuti da imballaggio e il 10-20% del volume dei ri-fiuti complessivi).

Questo principio è apparso successivamente nella legislazione di altri Stati membri dell’Unione Europea e negli ultimi quindici anni i programmi di EPR si sono diffusi e svilup-pati in tutto il mondo. In particolare l’applicazione e l’implementazione di tale strumento rap-presenta un incentivo ad un uso più efficiente delle risorse ed un forte stimolo per la corretta gestione dei rifiuti, in particolar modo per quanto riguarda il recupero e il trattamento.

Tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, nel corso degli anni successivi, hanno attuato po-litiche di EPR su quattro flussi di rifiuti (imballaggi, batterie, veicoli fuori uso (VFU) ed ap-parecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)) come raccomandato dalle direttive UE, estendendo, tuttavia, la loro applicazione anche ad altri settori. In particolare, va sottolineato che l’Unione Europea ha imposto l’EPR ai soli settori delle batterie, dei veicoli fuori uso e delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, mentre dal punto di vista normativo, relativa-mente al settore degli imballaggi, si parla di Responsabilità Condivisa, che può essere consi-derata come una forma moconsi-derata dell’EPR. Un riepilogo della sua applicazione in Europa, de-rivante dallo studio effettuato nel 2014 dall’OCSE “Development of Guidance on Extended Producer Responsibility (EPR)”, è riportato nella Tabella 1, nella quale si può osservare come siano stati interessati da questo regime di responsabilità anche i settori degli pneumatici, dei farmaci, degli oli usati, della carta grafica e dei film in polietilene utilizzati in agricoltura.

Tabella 1: Panoramica degli schemi di EPR esistenti in UE-28 nel 2013 SM Batterie RAEE Imballaggi VFU PFU Carta

Grafica

Oli Medicinali Teli agricoli AT X X X X X X X X BE X X X X X X X X X BG X X X X X CY X X X X X X X CZ X X X X DK X X ∆ X X X EE X X X O X O FI X X X X X X X X FR X X X X X X X X DE X X X O X X GR X X X X HU X X

X

IE X X X X X X IT X X X X X X LV X X X X X X X

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LT X X X X X X LU X X X X MT X X X N/A NL X X X X X X PL X X X X X X PT X X X X X X X RO X X X O SE X X X X X X X X SK X X X X X X SI X X X X X X X ES X X X X X X X UK X X X X HR X X X X X X X Totale 28 28 27 27 20 11 10 10 8 X Schema EPR O Obblighi di ripresa sen-za respon-sabilità del produttore

Tasse

Fonte: Development of Guidance on Extended Producer Responsibility (EPR), 2014

L’ampia applicazione dell’EPR a vari contesti nei Paesi dell’UE ha reso possibile osservare quale forma di EPR ha portato a risultati migliori. Dallo studio condotto dall’UE nel 2014 emerge la notevole diversità nelle modalità con cui l’EPR è stato adottato dai singoli Stati, con conseguenti differenze nei risultati raggiunti, nei costi sostenuti e nella ripartizione degli stessi tra produttori e consumatori. Tale diversità è dovuta anche agli ordinamenti interni dei singoli Stati membri, al loro sistema fiscale, al modello di mercato adottato, nonché alle con-suetudini, ai costumi e agli stili di vita dei consumatori. Con riferimento ai rifiuti, invece, so-no determinanti le caratteristiche degli stessi, il valore della materia prima utilizzata e la mag-giore o minore complessità della raccolta che, a sua volta, dipende da diverse variabili (la densità demografica, le caratteristiche geografiche e le infrastrutture esistenti per la gestione dei rifiuti)5.

5 L’Italia del riciclo, 2015

(10)

Un’altra analisi svolta dalla Commissione Europea riguardante l’utilizzo e l’efficacia degli strumenti economici6 mostra come i regimi di responsabilità estesa del produttore abbiano

ef-fettivamente aiutato gli Stati membri a raccogliere e redistribuire le risorse necessarie a svi-luppare le raccolte differenziate e migliorare i tassi di riciclaggio. Tuttavia, dallo studio emer-ge una minore efficacia degli schemi EPR per quanto riguarda la prevenzione e la preparazio-ne per il riutilizzo, nonché il diverso livello di trasparenza ed efficienza a seconda dei Paesi e delle filiere, azioni essenziali per soddisfare gli obiettivi previsti dalla legislazione comunita-ria.

6 European Commission, Bio Intelligence Service, Use of economic instruments and waste management

(11)

1.2 L’EPR nelle direttive 94/62/CE e 2008/98/CE

L’EPR fu introdotto negli ordinamenti dei vari Paesi europei a partire dagli anni ’90 e succes-sivamente, l’Unione Europea, per garantire un quadro normativo che fosse quanto più omo-geneo possibile per i vari Paesi, emanò delle direttive comunitarie che lo regolamentassero. Il primo riferimento all’EPR si riscontra nella “Direttiva 94/62/CE on packaging and

packa-ging waste” riguardante gli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, il cui obiettivo era appunto

quello di unire in un unico atto le esperienze dei singoli Paesi europei e promuoverne il riuso e riciclaggio. Questa direttiva, da un lato fissa i livelli minimi di riciclaggio che tutti i Paesi membri devono raggiungere, e dall’altro stabilisce due obiettivi prioritari che ciascun Stato deve raggiungere entro cinque anni dal recepimento della direttiva nella propria legislazione:

 Ridurre la quantità di rifiuti da imballaggio;

 Aumentare il livello di riuso e di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio.

Essa stabilisce, inoltre, che il riutilizzo e il riciclaggio debbano avvenire attraverso l’istituzione nei Paesi membri di sistemi che garantiscano la restituzione, la raccolta e il recu-pero degli imballaggi usati affermando che: “E’ essenziale che tutte le parti coinvolte nella

produzione, nell'uso, nell'importazione e nella distribuzione di imballaggi e di prodotti imbal-lati diventino più consapevoli dell'incidenza degli imballaggi nella produzione di rifiuti”.

La direttiva stabilisce anche che le parti coinvolte accettino di assumersi la responsabilità del-la produzione di imbaldel-laggi, sancendo il rispetto del principio “chi inquina paga”, e che coo-perino in uno spirito di responsabilità solidale per garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti. Successivamente, la direttiva si sofferma sul ciclo di vita dei prodotti di imballaggio, estendendo il concetto della responsabilità solidale finalizzato alla minimizzazione degli im-patti degli imballaggi per tutto il loro ciclo di vita. In questo è possibile individuare il primo segnale di attribuzione al produttore della responsabilità del fine vita dei propri prodotti. Tuttavia, il principio della responsabilità estesa del produttore viene esplicitamente nominato molti anni dopo, nella direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, nella quale si afferma: “L’introduzione

della responsabilità estesa del produttore nella presente direttiva è uno dei mezzi per sostene-re una progettazione e una produzione dei beni che psostene-rendano pienamente in considerazione e facilitino l’utilizzo efficiente delle risorse durante l’intero ciclo di vita, comprendendone la riparazione, il riutilizzo, lo smontaggio e il riciclaggio senza compromettere la libera circola-zione delle merci nel mercato interno”. Da ciò si evince che questa direttiva, che effettua una

revisione della direttiva precedente 2006/12/CE, stabilisce obblighi essenziali per la gestione dei rifiuti rafforzando i concetti e le misure da adottare per la prevenzione dei rifiuti previste dalla direttiva precedente, attraverso l’introduzione di un approccio innovativo che tenga con-to dell’intero ciclo di vita dei prodotti e non solo della fase in cui essi diventano rifiuti. Si pone, quindi, l’attenzione sullo stretto legame che deve instaurarsi tra il principio della re-sponsabilità estesa del produttore e le scelte di design dei prodotti, in modo tale che si tengano conto delle implicazioni ambientali e che facilitiìano le fasi di riutilizzo, smontaggio e rici-claggio. Infatti, nell’articolo 8 comma 1, interamente dedicato alla responsabilità estesa del produttore, si legge: “Per rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e l'altro

recu-pero dei rifiuti, gli Stati membri possono adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia soggetto ad una re-sponsabilità estesa del produttore. Tali misure possono includere l'obbligo di mettere a

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di-sposizione del pubblico informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile”.

Nonostante vengano fissati degli obiettivi comuni, l’UE traccia delle linee guida in materia di EPR, lasciando ciascun Paese libero di adottare le misure più appropriate per favorire una più efficiente progettazione dei prodotti finalizzata a ridurre i loro impatti ambientali e la produ-zione dei rifiuti. La direttiva, al comma 2, suggerisce inoltre che le misure attuate da ciascun Paese membro incoraggino “lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti

adatti all’uso multiplo, tecnicamente durevoli e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l’ambiente” e che, al

comma 3,“tengano conto, nell’applicazione del principio EPR, della fattibilità tecnica, della

praticabilità economica e degli impatti complessivi sociali, sanitari e ambientali per assicu-rare il corretto funzionamento del proprio mercato interno”.

Per quanto riguarda la responsabilità finanziaria del produttore, disciplinata nell’art.14, la di-rettiva comunitaria stabilisce che: “ciascuno Stato possa decidere di far sostenere,

parzial-mente o interaparzial-mente, i costi della gestione dei rifiuti al produttore e che i distributori del pro-dotto possono contribuire a sostenere tale costo”.

Nonostante i principi delle direttive europee siano comuni, la regolamentazione dell’EPR è stata declinata da ciascuno Stato membro in maniera diversa per potersi adattare sia agli inte-ressi specifici di ognuno che ai diversi ordinamenti nazionali.

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1.3 Recepimento della direttiva 94/62/CE nei principali Paesi europei

La gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio prevede modalità di applicazione di sistemi che possono essere di tipo volontario o obbligatorio, diversi tra i vari Stati membri. In particolare sia la gestione che il metodo con cui vengono finanziate le attività di raccolta e ri-ciclo o recupero possono essere ricondotte all’identificazione di un determinato tipo di pro-dotto. Per quanto riguarda le modalità di finanziamento, esse differiscono tra i vari complian-ce sulla base di coloro che devono contribuire al sistema: infatti, i soggetti che fanno parte o partecipano ai singoli sistemi di gestione, sono tenuti ad un pagamento, sotto forma di tassa o di contributo, fissato in base al materiale o alla tipologia di materiale. In alcuni paesi, come il Regno Unito, l’Irlanda e l’Italia, tutti i soggetti operanti nella filiera di ciascun materiale sono responsabili della gestione del rifiuto da imballaggio domestico. In particolare, nei primi due la responsabilità fa capo ai produttori, agli utilizzatori e agli importatori di imballaggio e sono esclusi i commercianti e gli utenti finali, mentre nel caso Italiano, la situazione risulta analoga con l’unica eccezione dei distributori, i quali risultano esclusi. Ma i sistemi di gestione varia-no tra Paesi anche sulla base dei sistemi di raccolta e sulla ripartizione di ruoli e oneri tra le amministrazioni e i compliance.

Si possono distinguere due diversi modelli di gestione:

 "integrati", dove le Amministrazioni locali gestiscono la raccolta di cui, attraverso cor-rispettivi concordati, si fanno carico economicamente i sistemi dedicati pagando una quota o la totalità dei relativi costi;

 "duali", dove i compliance scheme organizzano e gestiscono direttamente tutte le ope-razioni di raccolta.

La Francia, l'Italia e la Spagna sono esempi di sistemi di gestione "integrati" mentre la Ger-mania e la Svezia sono esempi di sistemi di gestione "duali".

Germania

Il settore degli imballaggi è stato disciplinato in Germania per la prima volta nel 1991 dalla “Packaging Ordinance” (anche nota come Decreto Töpfer dal nome dell’allora Ministro dell’Ambiente) l’ordinanza sulla prevenzione ed il recupero dei rifiuti da imballaggio. Tale ordinanza si basava sul principio dell’EPR, ed in particolare prevedeva che i costi del recupe-ro e del riciclo dei rifiuti da imballaggio dovesserecupe-ro essere imputati ai precupe-roduttori dei precupe-rodotti imballati e ai venditori al dettaglio, mentre i commercianti avevano l’obbligo di ritirare in maniera gratuita dai consumatori finali gli imballaggi presso il punto vendita, ed avevano il diritto di restituirli al produttore. Tuttavia, era previsto che i distributori e i produttori potesse-ro scegliere di trasferire l’obbligo della raccolta degli imballaggi presso i consumatori ad un soggetto privato terzo, e a tal proposito è stata istituita una società per azioni, la Duales Sy-stem Deutschland (DSD), finanziata dai produttori e sottoposta all’autorizzazione ed al con-trollo da parte dei singoli Länder7.

Il modello tedesco si configura come un sistema duale poiché le amministrazioni pubbliche locali hanno la responsabilità dei rifiuti domestici non di imballaggio mentre, ai compliance scheme approvati spetta la raccolta dei rifiuti di imballaggio. Inoltre era previsto un sistema di etichettatura degli imballaggi denominato Green Dot, grazie al quale i consumatori erano in

7 Con il termine Länder si intendono gli Stati federati della Germania che costituiscono la suddivisione

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grado di identificare gli imballaggi facenti parte del sistema gestito da DSD e di conferirli in raccolta differenziata.

Questo decreto è divenuto il modello di riferimento della Comunità Europea, che tre anni do-po ha elaborato la direttiva 94/62/CE, a cui la Germania si è adeguata recependola nel 1998 attraverso la revisione della Packaging Ordinance. Questa è stata più volte modificata nei con-tenuti, fino al 1° aprile 2009, quando è entrato in vigore il V emendamento in cui è stato ride-finito il concetto di rifiuto da imballaggio ed è stata consentita l’attività contestuale di diversi compliance scheme. Il V emendamento ha riformato in maniera sostanziale la Packaging Or-dinance e, ad oggi, il settore degli imballaggi è amministrato da nove diversi differenti attori8

che competono sul mercato in regime di libera concorrenza. In pratica ciascun compliance scheme diverso dal DSD stipula un accordo con quest’ultimo per continuare la raccolta di ri-fiuti da imballaggio ed evitare che si creino tanti sistemi diversi di raccolta quanti sono i com-pliance scheme. Dopo di che, il DSD appalta, a sua volta, in accordo con le amministrazioni pubbliche responsabili del servizio di gestione dei rifiuti domestici, il servizio di raccolta, do-ve do-vengono individuate le percentuali di imballaggi prodotti dalle imprese associate all’uno o all’altro compliance scheme, e addebitano a quest’ultimi i rispettivi costi di raccolta9.

In Germania il contributo ambientale pagato dai produttori di imballaggi è tra i più alti d’Europa e, per effetto del trasferimento sui consumatori attraverso un prezzo di vendita più alto, riesce ad influenzare il comportamento dei consumatori riducendo l’acquisto di imbal-laggi10.

Austria

La gestione degli imballaggi è stata regolamentata in Austria per la prima volta nel 1992 con l’entrata in vigore di tre leggi, incluse nella Packaging Ordinance, che trattavano e fissavano obiettivi relativi ai marchi degli imballaggi in plastica e la prevenzione e il riciclaggio dei ri-fiuti. Nel 1996 è stata emanata una legge che ha apportato delle modifiche alla Packaging Or-dinance per dare attuazione alla direttiva europea 94/62/CE. Questa, sanciva l’obbligo per produttori, distributori e importatori di imballaggi di raccogliere gratuitamente gli imballaggi e attuare azioni volte al recupero attraverso l’utilizzo delle tecnologie più moderne11.

Stabili-va, inoltre, che i soggetti a cui era attribuita la responsabilità degli imballaggi potevano trasfe-rire ad un sistema collettivo autorizzato i loro compiti lasciando che esso agisse a loro nome. Inoltre, prevedeva anche l’istituzione di sistemi integrati di gestione dei rifiuti di imballaggio riguardanti sia le utenze domestiche che quelle industriali, e, per ricevere l’autorizzazione, era obbligato a rendere note alcune informazioni specifiche (i sistemi di finanziamento, il tipo di materiali da trattare e raccogliere, la posizione e le caratteristiche specifiche delle aree di rac-colta ecc.). Inoltre, i sistemi integrati di gestione, per poter ricevere l’autorizzazione, avevano l’obbligo di negoziare con tutti i soggetti della filiera interessati, garantire dei costi equi di raccolta e recupero, realizzare le infrastrutture con una capacità adeguata alle quantità di rifiu-ti raccolrifiu-ti e garanrifiu-tire tutta la documentazione analirifiu-tica sia sugli imballaggi raccolrifiu-ti che su quelli recuperati.

8Belland Vision, Duales System Deutschland, Interseroh (ISD), Eko‐Punkt, Landbell, Redual, Veolia, Vfw

Re-pack DS, Zentek.

9Tencati A., Pogutz S., Prevenzione e innovazione per una economia della sostenibilità, 2012

10 Green Book, I dati sulla gestione dei rifiuti urbani in Italia, 2016

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Attualmente, in Austria, vi sono vari sistemi autorizzati e responsabili per i diversi materiali di imballaggio e per i settori industriali relativi: tuttavia, la più importante organizzazione che si occupa di recupero e riciclo è “Altstoff Recycling Austria (ARA)”. Si tratta di un’organizzazione no profit, fondata nel 1993 con il compito di gestire gli imballaggi (prima-ri, secondari e terziari) sia di tipo domestico che industriale. Fanno parte di ARA sia i produt-tori di imballaggi che gli utilizzaprodut-tori e operaprodut-tori del commercio al dettaglio. Le organizzazioni di raccolta possono trasferire ad ARA l’obbligo di raccolta e recupero dei rifiuti, attraverso l’acquisto del diritto all’utilizzo del marchio Green Dot che rappresenta lo strumento con cui ARA si finanzia.

Per quanto riguarda la raccolta e il recupero degli imballaggi, queste sono affidate a otto di-verse organizzazioni specializzate per ciascuna tipologia di materiale e sono: AVM per gli imballaggi composti, ALUREC per l’alluminio, ÖKK per la plastica, FERROPACK per il ferro, VHP per quanto riguarda il legno, ARO per la casta e AGR per il vetro.

Danimarca

La Danimarca, a differenza degli altri Paesi, non ha recepito la direttiva europea 94/62/CE ma ha incluso delle disposizioni specifiche previste per il settore degli imballaggi all’interno di leggi, atti e regolamenti in materia di rifiuti già presenti nell’ordinamento nazionale. In parti-colare, l’ordinamento danese non ha previsto un sistema di gestione degli imballaggi separato ma ha esteso alle autorità locali la responsabilità sia per la raccolta dei rifiuti urbani sia per quelli speciali, che deve essere finanziata attraverso la fiscalità locale. In questo modo, alle amministrazioni locali è attribuita la responsabilità della gestione di ogni tipo di rifiuto, sia domestico che industriale, tra cui anche quelli speciali e da imballaggio ed hanno l’obbligo di organizzare i sistemi di gestione.

Per quanto riguarda la raccolta, l’ordinamento danese attribuisce alle amministrazioni il com-pito di raccogliere, recuperare e smaltire i rifiuti: nello specifico, i rifiuti speciali possono es-sere raccolti solo da imprese private mentre, per quanto riguarda la raccolta dei rifiuti urbani, questa può avvenire o ad opera degli enti locali o ad opera delle imprese private12. Inoltre, le amministrazioni locali assegnano il sistema di gestione dei rifiuti che i produttori di rifiuti sia domestici che industriali devono utilizzare.

Per la gestione dei rifiuti domestici pericolosi o che provengono da costruzioni o demolizioni, questa è obbligatoriamente organizzata in proprio, mentre per gli altri rifiuti può essere affida-ta a società inter-municipali o private esterne. Nelle grandi città danesi, come la capiaffida-tale Co-penaghen, si è optato per una gestione autonoma dei rifiuti e l’unico obbligo imputato ai pro-duttori di imballaggi è quello di costituire un sistema cauzionale finalizzato al riutilizzo. Il si-stema di gestione prevalente è quello dell’incenerimento, eventualmente con recupero di energia, grazie alla grande capacità degli impianti presenti: tuttavia non vi è alcun obbligo di utilizzare solo rifiuti nazionali, pertanto, se il prezzo dei rifiuti importati è più basso di quello interno allora tenderanno a utilizzare materie prime seconde estere.

La packaging tax, applicata ai singoli pezzi di imballaggio, con specifiche tariffe legate al pe-so e al volume, rappresenta la forma di finanziamento del sistema danese13.

12 Tencati A., Pogutz S., Dal rifiuto al prodotto, modelli europei di recupero di imballaggi a confronto, 2002 13 Green Book. I dati sulla gestione dei rifiuti urbani in Italia, 2016

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Francia

La prima espressione del concetto di EPR in Francia risale al 1992, quando con l’emanazione del Decreto n. 92/377 si afferma che “l’utilizzatore, l’importatore o il primo responsabile

dell’immissione dell’imballaggio sul mercato sia il responsabile della gestione dello stesso a fine vita”. Con questo decreto, che anticipa la regolamentazione in materia di imballaggi e di

rifiuta da imballaggio prevista dalla direttiva europea 94/62/CE, si stabilisce l’obbligo per i soggetti responsabili di costituire sistemi individuali di raccolta e trattamento dei rifiuti da imballaggio o, in alternativa, di creare delle organizzazioni ai quali produttori, importatori e distributori versano un contributo per far fronte agli obblighi normativi, che verranno assolti dall’organizzazione stessa.

Il Decreto, inoltre, stabilisce che per quanto riguarda i rifiuti da imballaggio domestici, i re-sponsabili per adempiere ai propri obblighi possono provvedere autonomamente al recupero dei rifiuti, definendo un sistema a deposito o identificando un’area di conferimento autorizza-ta, oppure possono delegare a terzi la gestione dei propri obblighi. Inoltre stabilisce che il co-sto sostenuto debba essere coperto dall’organizzazione, attraverso il pagamento alle autorità locali di una quota fissata sulla quantità di materiale raccolto ed un'altra quota derivante dalla vendita del materiale alle filiere di produzione che acquistano le materie prime seconde. Per quanto riguarda invece i rifiuti da imballaggi non domestici, oltre alle due opzioni stabilite per i rifiuti domestici, vi è anche la possibilità di servirsi di un attore che faccia da intermediario. Le due organizzazioni più importanti che si occupano della gestione dei rifiuti da imballaggio in Francia, sono Eco-Emballages e Adelphe, la cui mission è quella di organizzare, supervi-sionare e finanziare la raccolta differenziata, la selezione e il riciclaggio degli imballaggi do-mestici. Entrambe stipulano dei contratti con le autorità locali assicurando assistenza sia tec-nica che finanziaria per gestire la raccolta differenziata. Il compito delle organizzazioni non è solo quello di gestire il fine vita degli imballaggi, ma entrambe si occupano anche di promuo-vere azioni di prevenzione alla produzione dei rifiuti: hanno, infatti, l’obiettivo di incoraggia-re le impincoraggia-rese a incoraggia-realizzaincoraggia-re imballaggi eco-compatibili, facilmente riciclabili e a ridotto impatto ambientale. Ad esse, infatti, è imposto per legge di modulare la contribuzione versata dagli associati sulla base dei principi della progettazione ecologica14.

Tale schema configura un contributo composto da tre elementi:

 Contribuzione in base al peso e variabile a seconda del materiale. Sono state introdotte nuove sotto-categorie per gli imballaggi prodotti in carta e cartone e in plastica. I pri-mi si dividono fra imballaggi in carta e imballaggi in carta complessi (brique/cartoni per bevande) per liquidi alimentari. Gli imballaggi in plastica, invece, si suddividono in bottiglie e flaconi in PET trasparenti, altre tipologie di bottiglie e flaconi e altri im-ballaggi in plastica. Per ciascuna delle cinque categorie elencate esistono altrettanti va-lori delle tariffe a peso;

 Contribuzione in base alla unità che compongono l’imballaggio. Si tratta di una com-ponente pagata sulla base del numero di elementi che compongono l’imballaggio e che sono separabili al momento del consumo;

 Incentivi/disincentivi per l’eco-modulazione del contributo.

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Regno Unito

Nel Regno Unito, si è data attuazione della direttiva 94/62/CE nel 1998, con l’entrata in vigo-re delle “Packaging Regulations”, leggi che vanno ad inserirsi in un sistema di vigo-regolazione vigente e che risale agli anni tra il 1993 e il 1995. Secondo l’ordinamento inglese, i responsa-bili per la gestione dei rifiuti da imballaggio sono i produttori di materiale grezzo, i converti-tori di materiale grezzo in imballaggi, gli imballaconverti-tori ed i vendiconverti-tori: tuttavia a ciascuno di essi, è stata attribuita una quota di responsabilità diversa in base al rispettivo impatto sull’ambiente. La quota di responsabilità relativa al presunto impatto ambientale, insieme agli obbiettivi annuali previsti per legge, contribuiscono a determinare l’obbiettivo specifico di ogni operatore, il cui raggiungimento è necessario per garantire il rispetto degli obblighi per il recupero e il riciclo dei rifiuti da imballaggio15. In Inghilterra, poiché non vi è l’obbligo per legge di costituire un solo soggetto di riferimento, vi sono diverse organizzazioni responsabili della gestione dei rifiuti da imballaggio domestici ed industriali a cui gli operatori economici possono aderire in maniera libera e autonoma a prescindere dal tipo di materiale e di imbal-laggio.

Esistono quattro tipi di organizzazioni:

 Controllate dagli associati (la cui responsabilità è direttamente legata agli obblighi di riciclaggio degli stessi);

 Organizzate da società che si occupano del recupero e riciclaggio dei rifiuti (riproces-satori, aziende che si occupano del trattamento dei rifiuti con l’obiettivo di rendere il processo di riciclo autosufficiente);

 Specifiche per materiale (si occupano esclusivamente di una particolare filiera di ma-teriale);

 Di intermediazione (hanno il ruolo di intermediari tra i diversi operatori coinvolti). Il sistema inglese prevede che i produttori provvedano alla raccolta dei rifiuti industriali e li consegnino per il recupero e riciclo ai riprocessatori, versando all’organizzazione un contribu-to. L’organizzazione può così acquisire una PNR (Packaging Waste Recovery Note), ossia un documento che l’Environment Agency (EA) rilascia alle organizzazioni accreditate, che di-mostra l’adempimento degli obblighi da parte del proprio affiliato. Se un’impresa non aderi-sce ad un’organizzazione, e aderi-sceglie quindi di operare individualmente, potrà ottenere la PNR direttamente dai riprocessatori: tuttavia, le organizzazioni godranno di una posizione più favo-revole. Dal momento che il sistema delle PNR è regolato dal mercato, la molteplicità di orga-nizzazioni presenti consente alle imprese di poter negoziare il contributo ambientale da paga-re.

Spagna

In Spagna, prima della la direttiva 94/62/CE, non vi era una disciplina in materia di imballag-gi. Per tale ragione bisogna attendere il 1997, quando, con l’entrata in vigore della legge n.11 del 24 aprile 1997, viene data attuazione alla direttiva europea e si stabilisce che: “gli

imballa-tori ed i vendiimballa-tori di prodotti imballati sono i responsabili dei rifiuti di imballaggio, mentre nel caso in cui non sia possibile individuarli, i responsabili del primo collocamento sul mer-cato”.

La legge stabilisce, inoltre, che il finanziamento del sistema nazionale di recupero degli im-ballaggi avvenga attraverso un sistema chiamato “di deposito, scambio e ritorno”, dove i

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getti responsabili, autonomamente o attraverso sistemi collettivi riconosciuti dalle autorità di governo, addebitano ai clienti un importo, fissato dal Ministero dell’Ambiente spagnolo, per ogni imballaggio ceduto, che verrà poi rimborsato nel momento in cui restituiranno l’imballaggio vuoto (destinato al riutilizzo, recupero o riciclaggio) ad un operatore autorizza-to16. Per quanto riguarda invece gli imballaggi industriali o commerciali, la responsabilità è attribuita ai possessori finali, i quali possono conferire i rifiuti ad un operatore volontario au-torizzato che si occuperà del recupero e dello smaltimento, oppure, se è possibile il riutilizzo dell’imballaggio, possono decidere di restituirlo al venditore/fornitore.

Le due organizzazioni riconosciute che si occupano della gestione degli imballaggi sono Ecoembes, responsabile del sistema integrato di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di im-ballaggio approvato dalle Autorità Pubbliche, ed Ecovidrio, che si occupa, invece, della ge-stione degli imballaggi in vetro. A quest’ultima partecipano gli attori responsabili degli imbal-laggi in vetro, le imprese che immettono sul mercato prodotti con imbalimbal-laggi in vetro e le im-prese che si occupano del recupero di questi imballaggi. Ecombes si prefigge l’obbiettivo di organizzare il sistema di raccolta differenziata, recupero dei rifiuti da imballaggio e successi-vo trattamento, riciclaggio e valorizzazione: essa prevede che gli associati paghino una quota di adesione, mentre Ecovidrio, se pur organizzata sullo stesso modello, prevede per gli asso-ciati il pagamento di un contributo annuale.

Delle fasi operative di raccolta si occupano le autorità locali con specifiche convenzioni stipu-late con le due organizzazioni.

Svezia

Il quadro normativo svedese che disciplina la gestione dei rifiuti di imballaggio fa riferimento allo Swedish Environmental Code, alla Ordinance on producers’ responsibility for packaging (1997) e alla Ordinance on deposit-and-return system for plastic bottles and metal cans (2005)17.

Il primo introduce il concetto di responsabilità del produttore rimandando, però, a ulteriori atti legislativi la definizione puntuale degli obblighi. Questi sono stati poi sanciti con le successi-ve due Ordinance. In particolare, l’“Ordinance on producers’ responsibility for packaging” è l’atto normativo di riferimento per la gestione dei rifiuti di imballaggio, mentre l“Ordinance on deposit-and-return system for plastic bottles and metal cans” disciplina il riciclaggio dei materiali e non il riuso degli stessi.

Fino al 2007 rientravano nel circuito anche le bottiglie in PET destinate al riutilizzo ma, a par-tire da quell’anno, sono sparite dal mercato per cedere il passo alle bottiglie monouso. Il sog-getto che si occupa della gestione del sistema di deposito per le bottiglie riciclabili in PET e per le lattine in metallo è Returpack. Ad oggi esiste un solo sistema di deposito destinato al riutilizzo degli imballaggi ed è quello dei contenitori in vetro per bevande, voluto dalla Swe-dish Brewers Associations e realizzatosi attraverso un accordo volontario siglato dai propri aderenti e dai rivenditori al dettaglio.

Il sistema di raccolta e recupero degli imballaggi coinvolge numerosi soggetti: FTI (Förpack-nings- och Tidningsinsamlingen) è la società che si occupa di raccogliere e riciclare gli imbal-laggi in metallo, plastica e carta/cartone. FTI ha il compito di relazionarsi con i soggetti coin-volti nella filiera del recupero degli imballaggi e di coordinare le attività delle società dei

16 Tencati A., Pogutz S., Dal rifiuto al prodotto, modelli europei di recupero di imballaggi a confronto, 2002 17 Tencati A., Pogutz S., Prevenzione e innovazione per una economia della sostenibilità, 2012

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teriali. A sua volta FTI controlla la società REPA, che ha il compito di porsi come interlocuto-re unico dei soggetti deputati al pagamento del contributo per la raccolta e il riciclaggio degli imballaggi, offrendo loro la possibilità di adempiere alle proprie obbligazioni.

Dato che la responsabilità estesa per il recupero degli imballaggi immessi sul mercato spetta ai produttori, agli utilizzatori e ai distributori, il sistema svedese prevede che siano gli utiliz-zatori o gli importatori di beni imballati a pagare il contributo. REPA impone agli utilizutiliz-zatori e ai produttori/importatori associati il pagamento di un contributo economico al fine di sov-venzionare il sistema di raccolta e riciclaggio degli imballaggi. Poiché a pagare il contributo sono i soggetti che si trovano a monte del ciclo di vita dell’imballaggio e dato che il valore di tale pagamento è determinato dal peso del packaging immesso sul mercato, le aziende saranno incentivate a minimizzare l’utilizzo di materie prime per la sua produzione allo scopo di ri-durne il peso.

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1.4 Recepimento delle direttive europee in Italia

In Italia, la direttiva 96/62/CE è stata recepita con il D.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 (Decreto Ronchi) confluito poi nel D.lgs. 3 aprile 2006, n.152.

Il modello italiano della gestione degli imballaggi prevede che “i produttori e gli utilizzatori

siano responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio primari, secondari e terziari generati dal consumo dei propri prodotti”18 e che “debbano conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti da imballaggio

in conformità alla disciplina comunitaria indicati nell’allegato E alla parta quarta del decre-to”19.

Inoltre, la normativa prevede che siano i produttori e gli utilizzatori a farsi carico: “del

corri-spettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio con-feriti al servizio pubblico e dei costi per le attività di ritiro e di riutilizzo dei rifiuti degli im-ballaggi usati e di raccolta ed eventuale smaltimento dei rifiuti di imim-ballaggi secondari e ter-ziari su superfici private, nonché dei costi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballag-gio ritirati o raccolti”20.

Prima dell’introduzione del principio EPR, il produttore originario risultava responsabile esclusivamente per i danni provocati dai vizi e dai difetti dei prodotti e la responsabilità del produttore del prodotto non era prevista nel D.lgs. n.152/2006, quantomeno come istituto di carattere generale, dato che tale principio trovava comunque applicazione per specifiche cate-gorie di rifiuti21. Solo successivamente, attraverso l’introduzione dell’articolo 3 del D.lgs. n.205/2010, che recepisce la direttiva europea 2008/98/CE, è entrato a far parte dell’ordinamento italiano (inserendo il citato art.178-bis del D.lgs. n.152/2006). Il nuovo arti-colo imputa al produttore i costi corrispondenti anche alla fase finale del recupero e dello smaltimento dei propri prodotti estendendo, in questo modo, la responsabilità del produttore a tutte le fasi di gestione, comprendendo così l’intero ciclo di vita del prodotto.

Il principio EPR è stato anticipato in Italia da un altro principio, ossia quello della “responsa-bilità condivisa” secondo cui tutti coloro che partecipano alla gestione dei rifiuti (le imprese che producono e utilizzano imballaggi, la Pubblica Amministrazione che definisce le regole per la gestione dei rifiuti sul territorio e i cittadini, che diventano attori del processo virtuoso verso il recupero dei rifiuti di imballaggio tramite la raccolta differenziata) devono collabora-re nella gestione e grazie a tale principio, tutti gli operatori delle varie filiecollabora-re, operano garan-tendo che l’impatto ambientale sia minimizzato per l’intero ciclo di vita.

Nonostante la responsabilità debba essere condivisa tra i produttori e tra gli utilizzatori per l’adempimento degli obblighi ambientali, le seguenti attività spettano solamente ai produttori di imballaggi:22

 Ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato;

 Raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari presso piattaforme private;

18 Art.221, comma 1, D.lgs. n.152/2006 19 Art.220, comma 1, D.lgs. n.152/2006 20 Art.221, comma 10, D.lgs. n.152/2006

21 Forme di responsabilità del produttore erano previste anche prima della modifica del D.lgs. 152/2006 in

riferimento a specifiche categorie di rifiuti: rifiuti da imballaggio (artt.217 ss. D.lgs. n. 152/2006), veicoli fuori uso (D.lgs. n. 209/2003), rifiuti da pile e accumulatori (D.lgs. nn. 188/2008 e 21/2011), rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (D.lgs. N. 151/2005)

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 Recupero e di riciclaggio degli imballaggi usati.

Per garantire l’adempimento degli obblighi di raccolta e gestione, i produttori possono sce-gliere di aderire ad uno dei Consorzi di filiera, costituiti per ciascun materiale di imballaggio, o di adottare uno dei sistemi alternativi di gestione.

Inoltre, sia i produttori che gli utilizzatori, per adempiere alle proprie responsabilità, possono o aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI), oppure:

 Organizzare autonomamente la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull’intero territorio nazionale, nel rispetto degli obiettivi comunitari recepiti dall’ordinamento nazionale (sistemi di gestione);

 Attestare che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi (si-stemi cauzionali).

Il CONAI, consorzio con personalità giuridica di diritto privato e senza fini di lucro, svolge un ruolo di particolare rilevanza per l’intero sistema di gestione dei imballaggi e per la com-pliance al principio di EPR. Infatti, oltre che alle gestioni consortili, il CONAI svolge compiti istituzionali mirati al raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio anche per le imprese che non sono tenute a parteciparvi. Nello specifico il CONAI si occupa del coordi-namento tra produttori e utilizzatori e tra le attività degli operatori privati con quelle delle amministrazioni pubbliche23, della pubblicazione dei dati del settore degli imballaggi e dei re-lativi rifiuti24, anche attraverso l’elaborazione e del Programma generale di prevenzione e

ge-stione degli imballaggi25, della promozione della cooperazione dei consorzi e dei soggetti che agiscono26, della cura dei rapporti con l’Autorità di vigilanza27.

Il CONAI ha il compito di corrispondere ai Comuni il costo dei “maggiori oneri” della raccol-ta differenziaraccol-ta attuando una ripartizione dei costi tra i produttori e gli utilizzatori (come spe-cificato nel capitolo 3, il costo della raccolta differenziata è sostenuto per larga parte diretta-mente dai cittadini attraverso le tariffe e per la restante parte dal sistema CONAI). Ha inoltre il compito di: “ripartire gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio

conferiti al servizio di raccolta differenziata in proporzione alla quantità totale, al peso e alla tipologia del materiale di imballaggio immesso sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale”28.

Per garantire ciò il CONAI determina e pone a carico dei consorziati il contributo ambientale CONAI (CAC), che viene utilizzato, appunto, come strumento di ripartizione degli oneri tra i produttori e i consumatori. Per facilitare il raggiungimento degli obblighi di legge in materia di rifiuti da imballaggio e favorire un sistema di raccolta e recupero che sia efficace, efficiente ed economico, il CONAI finanzia i Consorzi di filiera che si occupano della gestione operati-va della raccolta, riciclo e recupero dei rifiuti da imballaggio in accordo con le singole autori-tà locali incaricati del ritiro. È stato costituito un Consorzio per ciascuna tipologia di materiale da imballaggio: acciaio (RICREA), alluminio (CIAL), carta (COMIECO), plastica (CORE-PLA), legno (RILEGNO), vetro (COREVE).

23 Art.221, comma 3, e art.224, comma 3, lettere a., b., d., f., g., e., i., D.lgs. n.152/2006 24 Art.220, comma 2, D.lgs. n.152/2006

25 Art.224, comma 3, lettere c. e n., e art. 225, D.lgs. n.152/2006 26 Art.224, comma 3, lettere e., l., D.lgs. n.152/2006

27 Art.224, comma 3, lettera m., D.lgs. n.152/2006 28 Art.224, comma 3, lettera h., D.lgs. n.152/2006

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2. Il Sistema dei Consorzi di Imballaggi

2.1 Compliance scheme nazionale

I rifiuti da imballaggio costituiscono una parte essenziale della frazione differenziata dei rifiu-ti urbani29. Per la gestione di questa specifica tipologia di rifiuti, sin dalla metà degli an-ni ’90, tutti gli Stati membri hanno introdotto nei loro ordinamenti dei sistemi di com-pliance agli obblighi ambientali scaturenti dal diritto europeo (comcom-pliance schemes) che prevedono l’estensione della responsabilità dei produttori degli imballaggi alla fase suc-cessiva al consumo degli stessi, per far sì che essi finanzino il costo dell’inquinamento provocato con l’immissione di tali beni sul mercato, in rispetto del principio “chi inquina paga”.

Attualmente, nel panorama europeo, vi è una crescente disomogeneità dei sistemi nazionali di gestione dei rifiuti da imballaggio. Ciascuno di essi risulta, infatti, strutturato con modalità au-tonome e di conseguenza vi è una molteplicità di compliance schemes esistenti. In particolare, esistono più 170 organizzazioni, dato che ciascun Stato può adottarne più di una, con la con-seguente diversità nei risultati ottenuti oltre che nelle modalità di gestione dei sistemi.

La gestione dei rifiuti da imballaggio nel sistema italiano è di tipo privatistico e si basa su una struttura multi-consortile, dove a capo vi è il CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) carat-terizzato dai rispettivi Consorzi di filiera. Il CONAI si occupa di coordinare e supervisionare l’attività dei Consorzi di filiera, i quali svolgono funzioni operative a livello territoriale. Il sistema italiano, come la quasi totalità dei sistemi europei, basa il proprio funzionamento sulla identificazione di un certo numero di materiali. Infatti, sono stati identificati 6 diverse tipologie di materiali, sulla base dei quali sono stati istituiti i Consorzi di filiera, uno per ogni materiale, e a cui ci si riferisce sia per le modalità di finanziamento del sistema di recupero e riciclo che per la gestione.

Rientrano nel modello italiano di gestione gli imballaggi, i rifiuti da imballaggio di acciaio, alluminio, carta/cartone, legno, plastica e vetro sia “domestici” (provenienti dalla raccolta dif-ferenziata effettuata dai Comuni) che “industriali e commerciali” (derivanti da attività produt-tive, in quanto raccolti dalle amministrazioni locali attraverso la pratica dell’assimilazione). Il sistema italiano di gestione dei rifiuti da imballaggio è un sistema caratterizzato da un coor-dinamento verticale e integrato. E’ coordinato dall’alto in quanto il CONAI, a cui aderiscono la quasi totalità dei consorziati dei Consorzi di filiera, svolge le funzioni di coordinamento mentre si definisce integrato poiché le autorità locali, aderendo con accordi specifici al siste-ma CONAI-Consorzi di filiera, si occupano della raccolta degli imballaggi e dei rifiuti da im-ballaggio.

Per quanto riguarda le forme di finanziamento del compliance scheme, anche nel modello ita-liano, come negli altri Paesi europei, questo avviene attraverso un meccanismo di prelievo in cui i soggetti che aderiscono pagano un contributo di partecipazione, ma a differenza della maggior parte degli Stai, non sono solo gli utilizzatori a versare il contributo ma il “punto di prelievo” fa capo a diversi operatori della filiera di ciascun materiale, estendendosi anche ai produttori e agli importatori sia di imballaggi vuoti che di merci imballate o materiali da

29 Secondo i dati ISPRA 2016, la composizione merceologica della frazione differenziata dei rifiuti urbani

rac-colti è suddivisa principalmente in due parti: il 46,4% è costituito da imballaggi mentre il 41,2% è costituito da frazione organica. Il resto è composto dai RAEE, dai rifiuti ingombranti, dai rifiuti tessili e da altri rifiuti.

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ballaggio. Gli unici soggetti a cui non è imputato questo pagamento sono gli utilizzatori fina-li, ossia i commercianti, i punti vendita e i distributori.

Nello specifico, a differenza degli altri Paesi europei, l’Italia non prevede forme di contribu-zione relative a particolari raggruppamenti di tipologie di materiali, o pagamenti annuali o per unità, ma tutti gli operatori che aderiscono al CONAI sono tenuti al versamento del CAC, che rappresenta la principale fonte di finanziamento del sistema, fissato in base alla tipologia di materiale.

Il CAC rappresenta uno strumento per garantire la possibilità di acquistare una quota di parte-cipazione e non varia, infatti, in base alla dimensione dell’azienda produttrice, né in base alla capacità dei materiali di essere più o meno riciclabili né tantomeno in base all’ammontare dei rifiuti.

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2.2 Consorzio Nazionale Imballaggi

Il CONAI, come detto, è un consorzio privato a cui partecipano, in forma paritaria, i produtto-ri e gli utilizzatoprodutto-ri di imballaggi, e al quale sono affidate le funzioni di programmazione, pro-mozione e comunicazione per il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio de-rivanti dalla gestione dei rifiuti da imballaggio. Il CONAI ha personalità giuridica di diritto privato, senza scopo di lucro e salvo proroga o scioglimento anticipato, ha durata fino al 31 dicembre 2100. Il Consorzio è disciplinato da uno Statuto, approvato con decreto dal Ministro dell’ambiente di concerto con il Ministro delle attività produttive, ispirato ai principi di tra-sparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza, al fine di indivi-duare le modalità ottimali e i costi più vantaggiosi per raggiungere gli obiettivi comunitari. Il Consorzio ha l’obbligo di comunicare annualmente all’ISPRA i dati, riferiti all’anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imbal-laggio immesso sul mercato, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imbalimbal-laggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale30.

I consorziati CONAI al 2016 sono 926.799, come rappresentato nella tabella 2: il 99% dei consorziati rientra nella categoria degli utilizzatori di imballaggi, composta per la gran parte da operatori del commercio (532.987) e da “Altri Utilizzatori” (325.363), a cui seguono le imprese del settore alimentare e quelle del settore chimico. La rimanente parte dei consorziati è costituita dai produttori di imballaggio, rappresentate maggiormente dai settori degli imbal-laggi in carta, plastica e legno.

Tabella 2: Consorziati CONAI al 2016

Totali Acciaio Alluminio Carta Legno Plastica Vetro

Produttori 9.120 252 79 3.130 2.709 2.884 66 % sul totale produttori 100,0% 2,8% 0,9% 34,3% 29,7% 31,6% 0,7% % sul totale Consorziati 1,0%

Totali Commercio Alimentari Chimici Altri

Utilizzatori 917.679 532.987 56.213 3.116 325.363 % sul totale utilizzatori 100,0% 58;1% 6,1% 0,3% 35,5% % sul totale Consorziati 99,0%

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Totale 926.799

Fonte: dati CONAI

Per quanto concerne gli imballaggi immessi al consumo, analizzando i dati relativi al 2016, rappresentati nella tabella 3, vi è una crescita del 2% circa rispetto al 2015, con un valore pari a 12,593 milioni di tonnellate complessivamente immessi. Le filiere maggiormente coinvolte sono quelle della carta, della plastica e del legno a causa della crescita della loro produzione.

Tabella 3: Imballaggi immessi al consumo, anni 2015-2016

2015 2016 Variazione annua

Materiale Kton Kton %

Acciaio 474 465 -1,9% Alluminio 66,5 66,5 0,0% Carta 4.585 4.709 2,7% Legno 2.721 2.811 3,3% Plastica 2.128 2.178 2,3% Vetro 2.343 2.364 0,9% Totale 12.317 12.593 2,2

Fonte: dati CONAI – Consorzi di filiera

Le tabelle 4 e 5 mostrano i risultati di riciclo e recupero complessivo dei rifiuti di imballaggio nel 2016, analizzare sia per singola filiera che complessivamente.

Il riciclo complessivo è determinato dalla presenza di due flussi, classificabili per provenienza in riciclo da superficie pubblica e da superficie privata. Il riciclo da superficie pubblica fa rife-rimento ai quantitativi avviati a riciclo provenienti dai rifiuti urbani e assimilati, e quindi dalla gestione degli imballaggi della raccolta differenziata organizzata dalle amministrazioni locali. Il riciclo da superficie privata, invece, fa riferimento ai quantitativi avviati a riciclo derivanti principalmente dai rifiuti di imballaggio secondari e terziari provenienti dal circuito industria-le e commerciaindustria-le.

I dati sono, inoltre, sono stati analizzati suddividendo il riciclo gestito da parte dei Consorzi di filiera con quello gestito da operatori indipendenti. Il riciclo gestito dai Consorzi è rappresen-tato dai rifiuti di imballaggio presi in carico dai Consorzi di filiera e avviati a operazioni di valorizzazione. Mentre, il riciclo indipendente riguarda prevalentemente i rifiuti di imballag-gio che sono avviati a valorizzazione da operatori indipendenti che operano con fini di lucro.

(26)

Le quantità di imballaggi avviate a riciclo nel 2016 hanno avuto un incremento del 2,7% ri-spetto al 2015 e risultano pari a oltre 8,4 milioni di tonnellate. Tale incremento ha portato ad aumentare la percentuale di riciclo fino al 67,1% dell’immesso al consumo.

Tabella 4: Rifiuti di imballaggio avviati a riciclo, anni 2015-2016

2015 2016 Variazione annua

Materiale Kton Kton %

Acciaio 348 360 3,6 Alluminio 46,5 48,7 4,7 Carta 3.653 3.752 2,7 Legno 1.641 1.705 3,9 Plastica 876 894 2,1 Vetro 1.661 1.688 1,6 Totale 8.225 8.448 2,7

Fonte: dati CONAI – Consorzi di filiera

Tabella 5: Percentuale di riciclo su immesso al consumo, anni 2015-2016

2015 2016 Variazione annua Materiale % % % Acciaio 73,4 77,5 4,1 Alluminio 69,9 73,2 3,3 Carta 79,7 79,7 0,0 Legno 60,3 60,7 0,4 Plastica 41,2 41,1 -0,1 Vetro 70,9 71,4 0,5 Totale 66,8 67,1 0,3

(27)

Come mostrato nella Tabella 5, la percentuale di riciclo sul totale immesso al consumo rag-giunta dal Consorzio risulta essere in linea con l’obiettivo europeo previsto dal pacchetto sull’Economia Circolare.

Tuttavia, se consideriamo la quantità di rifiuti da imballaggi avviata a riciclo solo dal sistema consortile, senza considerare il contributo dei sistemi indipendenti, la percentuale di avvio a riciclo si aggira attorno al 51% dell’immesso al consumo, come evidenziato dalla tabella 6. Infatti, nel 2016, il sistema consortile ha contribuito ad avviare a riciclo circa 4,3 milioni di tonnellate di rifiuti, pari appunto al 51% del totale, mentre i sistemi indipendenti hanno gestito il riciclo del restante 49% (4,1 milioni di tonnellate). Pertanto, al fine di raggiungere gli obiet-tivi previsti dalla normativa, il contributo degli operatori indipendenti risulta essenziale.

Tabella 6: Quantità di rifiuti riciclati da CONAI e sistemi indipendenti e autonomi per frazioni merceologiche nel 2016.

Frazioni merceologiche

Quantità avviate a riciclo (kton) Tot. immesso al consumo (kton) Rifiuti gestiti

da CONAI

Rifiuti gestiti da sistemi indipendenti e autonomi

Tot. rifiuti gestiti

Acciaio 178 183 361 465 Alluminio 49 0 49 67 Carta 1.684 2.068 3.752 4.709 Legno 199 1.507 1.706 2.811 Plastica 528 366 894 2.178 Vetro 1.678 10 1.688 2.364 Totale 4.316 4.134 8.450 12.593 Acciaio 49,3% 50,7% 100% Alluminio 100% 0% 100% Carta 44,8% 55,2% 100% Legno 11,6% 88,4% 100% Plastica 59% 41% 100% Vetro 99,4% 0,6% 100% Totale 51% 49% 100%

Fonte: elaborazioni su dati ISPRA (2017)

Il valore economico del CONAI al 2016 è pari a circa 775 milioni di euro, derivanti prevalen-temente dal CAC, con un valore pari a 497 milioni di euro, a cui si aggiungono 239 milioni di euro derivanti dalla valorizzazione dei materiali e 39 milioni di euro derivanti dalla gestione non caratteristica, finanziaria e straordinaria. I costi di gestione, invece, sono stati pari a 811 milioni di euro, di cui l’89% è rappresentato dai costi di raccolta e riciclo:

(28)

 Il 58% di questi costi è rappresentato dai corrispettivi riconosciuti alle pubbliche am-ministrazioni nell’ambito dell’Accordo Quadro ANCI-CONAI a copertura dei mag-giori oneri delle raccolte differenziate dei rifiuti di imballaggio;

 Il 31% è destinato per la remunerazione delle imprese di servizio per il ritiro e il recu-pero dei materiali raccolti;

 Infine, il rimanente 11% (3% Conai e 8% Consorzi) serve come copertura dei costi di struttura dei consorzi, nonché per gli altri costi per attività specifiche promosse sul ter-ritorio (progetti territoriali, campagne di comunicazione rivolte ai cittadini a ulteriore vantaggio degli enti locali)31.

Figura

Tabella 1: Panoramica degli schemi di EPR esistenti in UE-28 nel 2013  SM  Batterie  RAEE  Imballaggi  VFU  PFU  Carta
Tabella 2: Consorziati CONAI al 2016
Tabella 3: Imballaggi immessi al consumo, anni 2015-2016
Tabella 4: Rifiuti di imballaggio avviati a riciclo, anni 2015-2016
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