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MIELE E QUALITA’

fruttosio 60 g/100 g Minimo miele di melata Solo o in miscela con miele di nettare minimo 45 g/100 g:

2.5 CONTROLLO DELL’ORIGINE BOTANICA

2.5.1 Analisi chimico-fisiche

Molti parametri sono correlati all’origine floreale dei mieli. Tra questi troviamo il colore, il quale viene determinato oggettivamente attraverso il riferimento della scala Pfund, impiegando un comparatore ottico. Attualmente si sta diffondendo anche l’utilizzo del colorimetro Hanna. Ciascun miele uniflorale rientra in una gamma di colorazione ben definita la cui valutazione rappresenta, dal punto di vista commerciale, un criterio molto importante.

Il pH si misura tramite determinazione diretta su una soluzione acquosa di miele. Acidità libera, lattoni e acidità totale vengono determinati per via potenziometrica. Questi parametri forniscono generalmente dati abbastanza caratteristici dell’origine botanica. La conducibilità elettrica che come già spiegato in precedenza, è strettamente correlata al contenuto di minerali, e permette di differenziare i mieli di melata e castagno rispetto ai mieli di nettare o - più in generale - ai mieli chiari. Anche la rotazione specifica può contribuire alla definizione dell’origine botanica. Infatti i mieli di melata presentano valori positivi di tale parametro, contrariamente a quelli di nettare.

Alcuni tipi di miele presentano naturalmente uno specifico tenore in enzimi; ecco quindi che anche l’indice diastasico può contribuire alla determinazione dell’origine floreale dei mieli.

Anche lo spettro zuccherino può fornire informazioni rilevanti in tale contesto. La quantità di glucosio e fruttosio, il rapporto fra le loro concentrazioni, il tenore di zuccheri superiori, o la presenza di un determinato zucchero possono essere abbastanza indicativi dell’origine floreale. E’ tuttavia opportuno porre l’accento sul fatto che talvolta mieli appartenenti a origini botaniche diverse possono presentare uno spettro zuccherino molto simile. Va inoltre considerato il ruolo di tutti quegli enzimi che intervengono in una serie di trasformazioni a carico degli zuccheri, fra i quali troviamo l’enzima invertasi, la cui attività è influenzata dal calore e dalla conservazione. Questo rappresenta un indice di grande variabilità e rende estremamente difficile l’utilizzo del profilo glucidico per la definizione dell’origine floreale.

Anche i composti responsabili dell’aroma del miele sono stati usati come marcatori specifici per alcuni prodotti uniflorali. L’estrazione della componente volatile tramite opportuni solventi e la sua definizione quali-quantitativa ha mostrato spesso differenze fra i mieli uniflorali. Ottimi risultati sono stati raggiunti con l’analisi dinamica dello spazio di testa e notevoli passi avanti sono stati fatti grazie all’ausilio di metodiche di microestrazione su fase solida, che hanno permesso anche la determinazione di componenti meno volatili dell’aroma.

I composti fenolici rappresentano un’altra classe utilizzata per determinare l’origine botanica. Alcuni di essi sono marker specifici di particolari origini floreali, come il metilantranilato e l’esperetina per il miele di agrumi, il kaempferolo per il miele di rosmarino, l’acido omogentisico per il miele di corbezzolo. Va comunque ricordato che non per tutti i mieli uniflorali sono stati individuati dei marcatori specifici.

2.5.2 Analisi melissopalinologiche

Tra gli elementi figurati che è possibile trovare in sospensione nel miele, i più importanti sono i granuli di polline, diretta espressione dei fiori visitati dall’ape. La bottinatrice viene infatti a contatto con le antere del fiore, e alcuni granuli pollinici vengono accidentalmente raccolti e introdotti nella borsa melaria. Qui, una parte dei granuli viene filtrata ad opera della valvola a forma di X che separa stomaco e intestino, mentre una parte rimane e si troverà successivamente nel miele. I fattori che influenzano la presenza del polline nei campioni di miele sono svariati: morfologia del fiore, numero di stami e quantità di polline che essi producono, quantità di nettare prodotto, dimensione dei granuli pollinici, presenza di nettarî extraflorali, sterilità degli stami, unisessualità della specie botanica. I fattori appena citati sono responsabili del cosiddetto inquinamento primario, ed essendo legati fondamentalmente alla pianta portano ad una presenza di polline nel miele relativamente costante nell’ambito della stessa specie botanica. I diversi tipi di polline vengono definiti come iperrappresentati, normali o iporappresentati a seconda che la loro presenza nel nettare sia rispettivamente abbondante, normale o scarsa. Sono ad esempio, piante con polline iperrappresentato il castagno (Castanea sativa) e l’eucalipto (Eucalyptus

spp.), mentre sono specie a polline iporappresentato il rosmarino (Rosmarinus) e il timo

(Thymus).

Esiste anche una forma di inquinamento secondario che si verifica nell’ambito dell’alveare, quando l’ape bottinatrice cede ad un’altra ape il suo carico di nettare. Il polline che si trova all’interno dell’arnia, sui favi, sul corpo delle api o depositato nelle celle, può penetrare nel miele in formazione. L’inquinamento terziario avviene invece durante l’operazione di smielatura mentre quello quaternario deriva dai granuli pollinici presenti nell’atmosfera.

Si definisce analisi melissopalinologica l’esame condotto sul contenuto di polline presente nel miele al fine di ottenere informazioni circa l’origine botanica e/o geografica. La determinazione dell’origine botanica è possibile laddove la sorgente di nettare o di melata contenga elementi microscopici tipici, e in cui il contenuto primario di sedimento non sia stato alterato per aggiunta secondaria (per esempio durante l’estrazione) o per rimozione. L’analisi prevede la separazione dei granuli pollinici e degli altri elementi figurati eventualmente presenti (spore, alghe verdi etc.), attraverso diluizione e centrifugazione di un’aliquota di miele; il sedimento ottenuto viene incluso fra due vetrini e analizzato al microscopio ottico.

L’analisi pollinica qualitativa consiste nell’identificazione dei granuli e degli altri elementi figurati e nella definizione delle rispettive percentuali di presenza. Il principio di tale analisi si basa sul fatto che i granuli di polline si differenziano morfologicamente l’uno dall’altro e quindi, esaminati al microscopio, sono riconoscibili come appartenenti a una specie, a un genere o a una famiglia botanica.

L’analisi quantitativa permette invece di stabilire l’appartenenza di un campione a una precisa classe di rappresentatività per i pollini (vedi Tab. 2.2).

Il metodo è affetto da numerosi problemi:

− differenti specie di piante producono differenti proporzioni di pollini; − la quantità di polline può variare da stagione a stagione;

− la resa di nettare può essere differente in fiori maschili e femminili;

− le api potrebbero aver prelevato il polline di un certo tipo ma non il nettare;

− la maggior parte del polline può essere stato raccolto da piante che non dovevano costituire la sorgente per il miele.

Tabella 2.2 - Classi di rappresentatività dei pollini

Classe I PK/10 g inferiore a 20.000 (mieli a polline iporappresentato)

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