LA SOTTRAZIONE INTERNAZIONALE DI MINORI: IL COORDINAMENTO NORMATIVO TRA IL REGOLAMENTO (CE) N 2201/2003 E LA CON-
VENZIONE DELL’AJA DEL
4. La Convenzione dell’Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.
La portata dirompente del fenomeno della sottrazioni internazionale di minori, che non solo toglie il bambino ad uno dei genitori ma lo sradica dall’ambiente sociale e territoriale di abituale residenza, impone un’immediata azione diretta al ripristino della situazione di fatto violata con tale condotta illecita.
155 È necessario inoltre, che l’autorità che interrompe l’esame fissi un termine entro il quale le parti
dovranno adire l’autorità giurisdizionale dell’altro Stato (art. 15, par. 4).
156 In entrambe le ipotesi lett. a) e b), le autorità giurisdizionali dello Stato interpellato avranno sei
settimane di tempo, dal momento in cui sono adite, per accettare la competenza. In difetto, la stessa rimarrà in capo all’autorità originariamente adita (art. 15, par. 5).
157 Il trasferimento di competenza può avvenire su istanza di parte, o su iniziativa d’ufficio
dell’autorità giurisdizionale adita o di uno Stato membro con cui il minore abbia il legame particolare. Tali ultime ipotesi sono, tuttavia, condizionate dall’accettazione di almeno una delle parti (art. 15, par. 2).
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A tale scopo, la Convenzione dell’Aja del 1980 sugli effetti civili della sottrazione internazionale di minori adotta - a risoluzione delle problematiche sorte a seguito di tali condotte illecite - un meccanismo in virtù del quale l’autorità dello Stato in cui il minorenne è stato illecitamente trasferito ha il dovere di ordinarne l’immediato ritorno nel Paese di residenza abituale prescindendo da ogni indagine circa l’affidamento del medesimo. La disciplina s’ispira, infatti, all’esigenza di agire con immediatezza al fine di contenere i pregiudizi derivanti per il minore dalla privazione di un genitore e di impedire che il minorenne si integri nel nuovo ambiente, rendendo poi traumatico, il suo ritorno nel luogo di residenza abituale158.
Differisce pertanto, dall’approccio adottato dalla Convenzione di Lussemburgo del 1980 e dalla Convenzione dell’Aja del 1996, per le quali il rimpatrio del minore deriva dal riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti emessi nel Paese di residenza legittima in ordine all’affidamento del minore o alla fissazione della sua residenza. Appare evidente, che gli strumenti internazionali predisposti in materia abbiano contenuto e condizioni di applicazione differenti. In particolare, se nella Convenzione dell’Aja del 1980 è totalmente irrilevante un precedente titolo giuridico di affidamento del minore o di un’eventuale pronuncia in tal senso, la Convenzione di Lussemburgo e quella dell’Aja del 1996 pongono quale presupposto del ritorno del minore nello Stato di precedente residenza abituale l’adozione, anteriormente al trasferimento, di un provvedimento sull’affidamento159. Non a caso, dunque, la Convenzione dell’Aja del 1980 parla
di sottrazione “illecita” e non già “illegittima”, in quanto la prima attiene ai casi in cui si turbi uno stato di fatto, anche in assenza di un titolo di affidamento.
158 V. M.TIRINI,C.PESCE (con la collaborazione di), Controversie a carattere transnazionale …,
cit., p. 281 ss.; W. DUNCAN, Future developments in International Family law with special empha-
sis on cross-border child protection: A view from the Hague, in K. BOELE-WOELKI, T. EINHORN,
D. GIRSBERGER, S. SYMEONIDES, op.cit., pp. 221- 241;
159 Il soggetto legittimato sarà così libero di utilizzare gli strumenti internazionali ritenuti - in virtù
dei diversi meccanismi predisposti - di volta in volta più adeguati a definire la questione. Non esiste, infatti, tra le diverse Convenzioni un ordine gerarchico o di priorità di impiego, neanche all’interno del sistema creato dalla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato. Cfr. I. QUEIROLO, La sottrazione internazionale di minori: pluralità di fonti e difficoltà nell’applicazione
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Tuttavia, nel primo caso vi è un problema di legittimazione a chiedere il rimpatrio del minore illecitamente trasferito, al quale si è cercato di rimediare attraverso la disposizione contenuta nell’art. 8 della Convenzione dell’Aja del 1980, per la quale: «ogni persona, istituzione od ente, che adduca che un minore è stato trasferito o trattenuto in violazione di un diritto di affidamento» può rivolgersi alle Autorità centrali o agli organi giudiziari al fine di richiedere l’immediato ritorno del minorenne nello Stato di abituale residenza.
La norma sembra prescindere da qualsiasi titolo a supporto della legittimazione; a fronte, tuttavia, di un’interpretazione nella giurisprudenza interna che restringe la portata di tali disposizioni precisando che è legittimato a promuovere il procedimento in questione esclusivamente «il genitore affidatario, o comunque chi è genitore del minore», richiedendo una situazione giuridica o di fatto capace di legittimare la persona che inoltra tale richiesta160. La decisione sull’istanza di rientro è rimessa allo Stato ove il minore è stato trasferito o trattenuto dal genitore che lo ha sottratto e, dinanzi alla stessa, si istaura e viene istruito il procedimento sul ritorno del minore.
L’impianto convenzionale, si basa sull’autonomia della decisione di rimpatrio e quella di affidamento concepite tra di esse in modo indipendente. Infatti, nella questione del ritorno del minore all’esame del giudice dello Stato richiesto, le decisioni inerenti il merito dei diritti di affidamento sono riservate al giudice dello Stato di residenza abituale, ritenendo tale foro potenzialmente più idoneo a decidere sul merito dei diritti di custodia.
Tuttavia, si può affermare che la Convenzione dell’Aja del 1980 rappresenta la disciplina base alla quale far riferimento in caso di sottrazione internazionale di minori, in quanto soddisfa l’esigenze di celerità e snellezza della procedura volta alla restituzione ed alla reintegrazione dello status violato, attraverso la previsione di un meccanismo che esula dalle più complicate regole del diritto internazionale privato. Tale caratteristica - malgrado i problemi che possono sorgere nell’applicazione della stessa - è da considerare il fondamento dell’ampio
160 Si rinvia alle sentenze della nostra Corte di Cassazione del 21 luglio 2006, n. 16830; 19
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consenso ricevuto in ambito internazionale nella ratifica di una Convenzione che oggi conta 88 Paesi161.
Ulteriore profilo, trattato dalla Convenzione seppure in maniera marginale, concerne l’effettività dell’esercizio del diritto di visita, in considerazione del fatto che l’assistenza ad un genitore al fine di ottenere un’adeguata regolamentazione del diritto di visita è uno strumento di prevenzione del fenomeno della sottrazione internazionale di minori162. L’art. 21 ne dispone una tutela sostanzialmente ridotta e giustificata dal fatto che il diritto di visita viene considerato corollario del diritto di affidamento che ne rende sufficiente “assicurare la cooperazione delle Autorità centrali per quanto riguarda o la sua organizzazione o la protezione del suo esercizio effettivo”163. In caso di trasferimento, dunque, non qualificabile come
161 Per l’adesione di un nuovo Paese alla Convenzione è necessario che gli Stati che vi hanno
aderito per primi acconsentano. Attualmente i Paesi che hanno ratificato la Convenzione sono: «Albania; Andorra; Argentina; Armenia; Australia; Austria; Bahamas; Belgio; Belize; Bielorussia; Bosnia-Erzegovina; Brasile; Bulgaria; Burkina Faso; Canada; Cile; Cina (solo le Regioni amministrative speciali di Hong Kong e di Macao); Cipro; Colombia; Costa Rica; Croazia; Danimarca; El Salvador; Equador; Estonia; Federazione Russa; Fiji; Finlandia; Francia; Gabon; Georgia; Germania; Grecia; Guatemala; Guinea; Honduras; Irlanda; Israele; Islanda; Italia; Korea; Lettonia; Lituania; Lussemburgo; Macedonia; Malta; Messico; Monaco; Montenegro; Marocco; Mauritius; Olanda; Nicaragua; Norvegia; Nuova Zelanda; Panama; Paraguay; Perù; Polonia; Portogallo; Regno del Lesotho; Repubblica Ceca; Repubblica Domenicana; Repubblica di Moldavia; Romania; San Marino; Saint Kitts e Nevis; Serbia, Seychelles; Singapore; Slovacchia; Slovenia; Spagna; Sri Lanka; Regno Unito; Sud Africa; Svezia; Svizzera; Stati Uniti; Tailandia; Trinidad e Tobago; Turchia; Turkmenistan; Ucraina; Uzbekistan; Ungheria; Uruguay; Venezuela e Zimbawe. Il procedimento di ratifica, accettazione o approvazione negli artt. 37 e ss. della Convenzione dell’Aja del 1980. È previsto, dunque, che «la Convenzione entrerà in vigore, per ogni Stato che vi aderisce, il primo giorno del terzo mese successivo al deposito del proprio strumento di adesione» (art. 38, comma 3°). L’art. 43 ha condizionato, invece, il momento di entrata in vigore della norma internazionale «al primo giorno del terzo mese successivo al deposito del terzo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione di cui agli artt. 37 e 38».
162 S.E. REYNOLDS, International parental child abduction: Why we need to expand custody rights
protected under the child abduction Convention, in Family Court Review, vol. 44, n. 3, 2006, pp.
464-483.
163 E. PEREZ-VERA
, Rapport explicatif de la Convention et Recommandation adoptées par la Qua- torzième session, Actes et documents, Tome III Enlèvement d’enfants, 1980. I primi due commi
dell’art. 21 della Convenzione dell’Aja del 1980 affermano che: «Una domanda concernente l’organizzazione o la tutela dell’esercizio effettivo del diritto di visita, può essere inoltrata all’Autorità centrale di uno Stato contraente con le stesse modalità di quelle previste per la doman- da di ritorno del minore. Le Autorità centrali sono vincolate dagli obblighi di cooperazione di cui all’art. 7, al fine di assicurare un pacifico esercizio del diritto di visita, nonché l’assolvimento di ogni condizione cui l’esercizio di tale diritto possa essere soggetto». Nel rapporto si legge che: «...è necessario riconoscere che la Convenzione non cerca di regolamentare il diritto di visita in modo esaustivo; ciò andrebbe indubbiamente ben oltre gli obiettivi della Convenzione. Invero, sebbene l’attenzione che è stata posta sul diritto di visita sia la conseguenza della convinzione che esso sia il normale corollario del diritto di affidamento, per la Convenzione è sufficiente che sia
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illecito la Convenzione garantisce, con l’ausilio dell’autorità centrale, al genitore non affidatario l’effettivo esercizio del diritto di visita, anche attraverso una ridefinizione delle relative modalità164. L’Autorità centrale ha il compito di
rimuovere, per quanto possibile, ogni ostacolo all’esercizio di tale diritto165.
Inoltre, a garanzia dell’accesso delle vittime della sottrazione all’attivazione dei meccanismi predisposti dalla Convenzione dell’Aja del 1980, è prevista un’assistenza legale e giudiziaria al cittadino di uno Stato contraente in ogni altro Paese contraente, alle stesse condizioni che avrebbe se fosse cittadino di questo Stato e vi risiedesse abitualmente (principio di reciprocità, art. 25). L’art. 26 stabilisce che le spese relative all’applicazione della Convenzione siano a carico dell’autorità centrale e stabilisce che né l’Autorità centrale né gli altri servizi pubblici potranno imporre alcuna spesa. Il comma 3° prevede, infatti, che nessun pagamento dei costi e delle spese concernenti la procedura o gli eventuali oneri per spese legali potranno esser richiesti, salva la facoltà di domandare il pagamento delle spese sostenute per il ritorno del minore. Tuttavia, secondo le disposizioni contenute nell’art. 42, lo Stato ha la facoltà di dichiarare che non è tenuto alle spese previste dal 3° comma dell’art. 26, salvo che i costi per l’assistenza giudiziaria e legale siano inclusi nel suo ordinamento 166 . Evidentemente, una tale riserva da parte dello Stato contraente appesantisce la posizione del genitore che subisce la sottrazione, scoraggiandone l’azione in connessione alle risorse economiche, e nella sostanza creando una lesione dei suoi diritti.
semplicemente garantita la cooperazione tra le autorità centrali per quanto riguarda la sua organiz- zazione e la tutela del suo effettivo esercizio». Online all’indirizzo: http://www.hcch.net/upload/expl28.pdf.
164 La domanda va posta all’Autorità centrale e nel caso non sia possibile una determinazione
concordata e vi sia la necessità di adire le vie legali, sarà la stessa Autorità centrale che direttamente o tramite intermediari potrà avviare o favorire tali procedure.
165 L’art. 21, comma 3°. Mentre il successivo comma 4° afferma che: «Le autorità centrali, sia
direttamente, sia per il tramite di intermediari, possono avviare, o agevolare, una procedura legale al fine di organizzare o tutelare il diritto di visita e le condizioni cui l’esercizio di detto diritto di visita possa essere soggetto».
166 Secondo l’art. 42, 1° comma della Convenzione dell’Aja del 1980: «ciascun Stato contraente
potrà, non oltre il momento di ratifica, accettazione, approvazione o di adesione, oppure al momento di una dichiarazione effettuata ai sensi degli artt. 39 o 40, esprimere sia l’una, sia entrambe le riserve di cui agli articoli 24 e 26, comma 3°. Nessuna altra riserva sarà ammessa».
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L’ulteriore riserva dello Stato, ammessa dall’art. 42, riguarda l’applicazione dell’art. 24, riconoscendo in tal modo la possibilità di opporsi all’utilizzo di una delle lingue ufficiali con riferimento all’allegazione degli atti inviati alla propria Autorità centrale; gravando così non solo sull’iter procedurale ma anche sui costi dello stesso167.
Sotto l’aspetto del monitoraggio dell’applicazione della Convenzione dell’Aja del 1980, una Commissione speciale composta dai rappresentanti degli Stati contraenti ed esperti, esamina l’efficacia e la corretta applicazione delle disposizioni internazionali. Dai lavori della stessa è nata una banca dati riguardante i casi di sottrazione internazionale di minori (Incadat)168 accessibile dal sito della Conferenza dell’Aja e una “Guide to Good Practice”169 articolata in
tre parti (Central Authority Practice, Implementing Measures, Preventive Measures).
Tra i profili di maggior criticità emersi nelle ultime riunioni di tali Commissioni si segnalano la durata dei procedimenti di restituzione, l’acquisita consapevolezza della parzialità della disciplina relativa al diritto d’accesso contenuta nella Convenzione del 1980 in relazione al diritto del fanciullo a mantenere rapporti con entrambi i genitori, nonché, l’ancora scarso utilizzo del ricorso alla mediazione nelle controversie transfrontaliere riguardanti i fanciulli. Dalle ultime consultazioni, è emerso che non sarebbe stato possibile raggiungere un consenso sulla richiesta al Consiglio per gli affari generali e la politica della Conferenza (il “Consiglio”) per un mandato diretto alla redazione di un protocollo alla Convenzione del 1980. Tuttavia, sono stati individuate tre aree in cui sembrava necessario un intervento futuro: il riconoscimento transfrontaliero e l’esecuzione degli accordi mediati; una base giuridica per le comunicazioni
167 Il problema dei costi risulta di primaria importanza, soprattutto in considerazione del fatto che
Stati come la Germania, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno posto tale riserva. Per un approfondimento della questione si rinvia a A.PAGOTTO, op. cit., p. 741 ss.
168 Il sito web è: www.incadat.com.
169 Il testo integrale è disponibile all’indirizzo web:
http://www.hcch.net/index_en.php?act=text.display&tid=21. Vedi, inoltre, H. VAN LOON,
The Hague Conference on private international law: work in progress (2008-2010), in A. BONOMI, G.P. ROMANO (Eds.), Yearbook of …, cit., pp. 419- 433.
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giudiziarie transfrontalieri dirette, e il ricorso alle accuse di violenza domestica nel contesto di una procedura di ritorno.
5. Il coordinamento della normativa europea con la Convenzione dell’Aja