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copia autore 40 Così, tra gli ultimi, anche Nenci 2008,31-32

41Così, per esempio, anche Lintott 1997,80; Narducci 2009,336; in generale, sulla medesima questio-ne cfr. Zetzel 1998, 179 e infra, all’interno del paragrafo.

42In questo senso, per esempio, Zetzel 1998, 178-179; Nenci 2008, 370 n. 285; diversamente, Büchner 1984, 190-191, che, tuttavia, proponendo di intravedere dietro le parole di Lelio un riferimento polemico a Platone, finisce con il non valorizzare sufficientemente la straordinarietà del metodo di Scipione, perché, in fin dei conti, quel defixa in una re publica può valere anche per qualificare il procedimento argomentativo adottato dal filosofo nella sua Politiea.

43Si pensi, per esempio, a Demetrio Falereo, citato ed elogiato esplicitamente in Cic., Rep. II 2 (e al-trove), nonché a Dicearco, sul quale cfr. infra, §. 6, e pure a Teofrasto e alla Peripateticorum familia men-zionati insieme a Platone e ad Aristotele in De div. II,3. In generale, sulla conoscenza mediata che Cicerone dovette avere delle opere di Aristotele, cfr. anche Moraux 1975 e, più recentemente, Christes 1983, 466 ss. e i diversi saggi raccolti in Fortenbaugh-Steinmetz 1989.

quae nusquam est in Graecorum libris). Più difficile, invece, è stabilire

con sicurezza e precisione chi fossero questi ‘altri’ greci che, oltre a (e in maniera diversa da) Platone, avevano discusso di filosofia politica e ave-vano anche messo per iscritto le loro teorie e le loro considerazioni in ma-teria40. È molto probabile, tuttavia, che si trattasse soprattutto dei Peripate-tici, che Cicerone doveva conoscere abbastanza bene41e che Lelio – come è stato comunemente sostenuto già in passato – sembra chiamare in causa qui (reliqui disseruerunt...) e poco più avanti, nel momento in cui il proce-dimento argomentativo seguito da Scipione viene contrapposto al metodo adottato da quanti, ragionando di politica, tendevano a ‘divagare’ da una costituzione all’altra, senza soffermarsi su una in particolare (disputes non

vaganti oratione, sed defixa in una re publica)42.

Al riguardo specifico, però, tutt’altro che remota è da considerare la pos-sibilità che la medesima critica (e, di conseguenza, l’allusione) potesse ri-guardare e coinvolgere persino Aristotele e, in particolare, le sue riflessioni politiche, che a Cicerone, con ogni probabilità, dovevano essere note soprat-tutto (ma non esclusivamente) da fonti più tarde e, per lo più, attraverso quanti – anche a distanza di diverse generazioni – continuavano a dirsi (o ad essere considerati) discepoli dello Stagirita43, con tutte le conseguenze che una siffatta mediazione delle teorie e dei ragionamenti del filosofo poteva avere sia sulla genuinità e sulla completezza dei dati traditi, sia sulla possibi-lità di riuscire a distinguere nettamente le riflessioni che erano da attribuire ad Aristotele da quelle che, invece, erano da ascrivere alla produzione di quanti, tra i Peripatetici, dichiaravano di citare il maestro e finivano, magari, per esprimere (anche o soltanto) le proprie opinioni personali.

Ovviamente, non è affatto da escludere che alcune edizioni scritte di opere tradite sotto il nome di Aristotele e della sua scuola potessero essere ‘materialmente’ pervenute a Cicerone e al suo ‘entourage’ e che questi, pertanto, avessero avuto occasione di leggere testi riproducenti versioni più o meno coincidenti con gli ‘originali’, come nel caso, per esempio,

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44Cfr., per esempio, Cic., De finibus V, 11 e Att. II 2 con Moraux 1975, 94. Sulla questione, in generale, e per un elenco utile e corposo di loci ciceroniani contenenti riferimenti (impliciti ed espliciti) ad Aristote-le, ai suoi ‘insegnamenti’ e ai suoi discepoli, cfr. Barnes 1997,44 ss., anche se, nel caso specifico, lo studio-so sembra trascurare del tutto il De re publica.

45Al riguardo, cfr. soprattutto Cic., Rep. I, 38 ss. con Aristot., Pol. I, 1, 1252a 1-7; 2, 1252b 27-1253a 9; III 1, 1274b 32 ss.; 3, 1276b 1 ss.; 6, 1278b 8-15; 9, 1280a 31 ss. e 1280b 38 ss.; VII 1, 1323b 1-40; 8, 1328a 35-1328b 20. Sulle nombreux parallèles tra il De re publica e la Politica cfr. la discussione condotta da Moraux 1975, 95-96. A questo proposito, vd. anche Nenci 2008,29-31 e 34 ss.

46Cfr. Zizza 2014,136 ss.

47Sul probema specifico, cfr. Moraux 1975, 94 ss.; Barnes 1997 e, da ultimo, Curnis 2011, 3-23.

della numerosa serie di Politeiai (o di qualcuna di queste), che, come è no-to, costituiscono il risultato di un lavoro di équipe, promosso dal filosofo e ‘redatto’, con ogni probabilità, da questi e/o dai suoi44.

Per quanto riguarda la Politica di Aristotele, invece, il discorso si fa si-curamente più problematico. Anche se è l’opera che, tra tutte quelle che compaiono nel corpus dello Stagirita, presenta il più alto grado di affinità con alcuni argomenti trattati nel De re publica e anche se in quest’ultima non mancano sezioni tematicamente coincidenti e coerenti con alcune ri-flessioni contenute (o successivamente confluite) nel testo aristotelico che i manoscritti ci hanno consegnato45, risulta piuttosto difficile stabilire con sicurezza se – e, soprattutto, in che forma e in che modo – Cicerone avesse conosciuto quest’opera o, per lo meno, le teorie ivi presentate e se le criti-che formulate da Lelio a proposito del cosiddetto ‘disputare’ vaganti

ora-tione si riferiscano, oltre che alle Politeiai aristotelico-peripatetiche, anche

alla stessa Politica (pure qui, dopo tutto, il ragionamento non si appunta su una sola costituzione ma tesse una trama argomentativa che spesso coin-volge i diversi casi storici che, di volta in volta, vengono chiamati in causa dal filosofo a titolo esemplificativo ed esplicativo)46. Nel caso specifico, poi, a rendere il discorso particolarmente insidioso concorrono soprattutto due ordini di ragioni: il primo, più generale, riguarda la storia della

Politi-ca, che fu complessa e tortuosa a livello sia di composizione dell’opera,

sia di trasmissione del testo47; il secondo, più particolare, riguarda, invece, l’espressione utilizzata da Lelio per etichettare il procedimento argomen-tativo adottato dai cosiddetti ‘reliqui’ e per distinguerlo da quello seguito da Platone (ille ... aream sibi sumsit, in qua civitatem extrueret arbitratu

suo), oltre che – evidentemente – da quello messo in atto da

Scipione/Ci-cerone (Nos vero videmus ... te quidem ingressum ratione ad disputandum

nova, quae nusquam est in Graecorum libris).

Lasciamo da parte, per ragioni di tempo e di spazio, la prima questione; proviamo, invece, a soffermarci sulla seconda e a verificare se (ed even-tualmente in che misura) la Politica di Aristotele possa, in qualche modo, rientrare tra le opere di quei ‘reliqui’ dei quali è detto che – lo ribadiamo –

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48Cfr. soprattutto Plat., Resp. IX 592a 10-b 3 con Zizza 2014,140 e De Luna-Zizza-Curnis 2016,532-533.

49Sul valore da attribuire ad exemplar – che nel corpus ciceroniano ricorre pochissime volte ma sem-pre col medesimo significato di ‘modello’ di riferimento (cfr., oltre al brano che stiamo analizzando, Rep. I 1; Caecin. 28; Mur. 66; Lael. 23) – vd., per esempio, Hor. ars 317; Plin. epist. 1,20,9; Schol. Hor. Vind. ars 269; Paul. Fest. 82.

50Cfr. in particolare Aristot., Pol. II, 1, 1260b 27-36 con Pezzoli-Curnis 2012, 7-8 e 171-175.

51Come ho avuto modo di dimostrare altrove, si può abbastanza agevolmente affermare che, nella

Po-litica, i casi storici particolari sono addotti da Aristotele per chiarire e illustrare una teoria, oltre che per

di-mostrare la bontà di un ragionamento. Al limite, alcuni ethne e alcune poleis possono funzionare come se fossero modelli o antimodelli pur senza esserlo effettivamente; possono, cioè, solo ‘apparire’ tali, in virtù –

discutevano di forme di governo e di politica sine ullo certo exemplari

for-maque rei publicae.

Si tratta, evidentemente, di un giudizio lapidario e non meno critico ri-spetto a quello dato al metodo di Platone. Se questi, infatti, ha posto al centro del suo ‘sistema’ filosofico-politico una città-modello

(paradeig-ma)48creata – arbitratu suo – per essere tanto perfetta quanto inesistente, lontana dalla vita reale e, di conseguenza, ‘impossibile’ da realizzare

(civi-tatem extrueret ... a vita hominum abhorrentem et a moribus); gli ‘altri’

(reliqui), invece, disseruerunt seguendo un percorso argomentativo oppo-sto rispetto a quello elaborato da Platone, perché hanno costruito i loro ra-gionamenti descrivendo e analizzando i differenti sistemi politico-istitu-zionali vigenti tra i Greci e i non-Greci, senza però avere davanti agli oc-chi alcun modello costituzionale certum (vale a dire, preciso e storicamen-te atstoricamen-testato: non fictum) e, dunque, senza riuscire a individuare – tra i casi particolari menzionati nel corso del ragionamento – un exemplar, che, in quanto tale, potesse valere e funzionare come una sorta di archetipo: una realtà politico-istituzionale (e pure urbanistica) da imitare, riprodurre o da tenere presente come un punto di riferimento sicuro e inequivocabile.

Posta la questione in questi termini e opportunamente valorizzato il fat-to che Cicerone, nel passaggio che stiamo analizzando, utilizzi non a caso il sostantivo exemplar per indicare ciò che manca nelle riflessioni politi-che di quei Greci definiti come ‘altri’ rispetto a Platone49, si può abbastan-za agevolmente supporre non solo che il discorso di Lelio contenga una al-lusione alla Politica, ma anche che Cicerone conoscesse davvero bene e approfonditamente se non l’opera ‘integrale’ (o il contenuto del trattato che a noi è pervenuto suddiviso in otto libri) quanto meno il modo in cui in essa ragionava Aristotele, dal momento che – considerati metodo, obiettivi e presupposti scientifici fondamentali della Politica50– sembra lecito con-siderare la nozione di modello (nel senso di ‘stato’ ideale e, nello stesso tempo, ‘reale’, certum) come una categoria estranea e inadeguata tanto al-le realtà storiche menzionate nel corso dell’opera51, quanto alla ariste

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talvolta – dell’‘inquadratura’ adottata dal filosofo per enfatizzare ciò che di un determinato ‘fatto’ e di una determinata realtà politico-costituzionale risultava essere funzionale ad un determinato discorso. Ma nulla di più di questo e, di sicuro, nessun riferimento storico a poleis/politeiai è assunto e proposto come un mo-dello da imitare e da riprodurre: i casi particolari della Politica, infatti, non rispondono a finalità program-matiche e, di conseguenza, sono (e rimangono) sempre e comunque degli esempi (storici) più o meno posi-tivi, più o meno negativi. D’altronde, se Aristotele guarda alla storia non è per individuare alcun certum

exemplar rei publicae (per dirla con le parole di Scipione/Cicerone), ma è soprattutto per recuperare dalla

storia di certe poleis e di certi ethne gli aspetti migliori e più utili per edificare, anche sulla base di questi elementi, la propria proposta politica (vale a dire l’ariste politeia dei libri VII-VIII della Politica). A giudi-zio del filosofo, infatti, tutte le costitugiudi-zioni note (comprese quelle – reali e ideali – che godevano fama di essere politeiai-modello) richiedevano correzioni più o meno radicali e profonde e, quindi, nessuna politeia tra quelle storicamente attestate poteva essere considerata un modello a tutti gli effetti. Su quanto detto qui e nel testo cfr. Zizza 2014,123 ss., 138 ss. e 141 ss.

52Cfr., al riguardo, Aristot., Eth. Nic. X 10, 1180a 19-1181b 23: «Sono gli esperti, infatti, che giudica-no correttamente le opere in ogni campo, che comprendogiudica-no con quali mezzi o come si giunge alla perfezio-ne... E le leggi parrebbero essere le opere della politica: come potrebbe uno diventare esperto in legislazio-ne, o giudicare quali sono le migliori, partendo solo dalle leggi stesse?... E quindi, forse, anche le raccolte delle leggi e delle costituzioni verranno ad essere utili per coloro che sono in grado di esaminarle, di distin-guere cosa è bene e cosa non lo è, e quali misure si adattano a quali cittadini… Ora, dato che i nostri prede-cessori hanno tralasciato di esaminare il campo della legislazione, forse è meglio esaminare in dettaglio, e quindi trattare della costituzione in generale, in modo che sia portata a compimento, per quanto possiamo la filosofia dell’uomo. Per prima cosa ci sforzeremo di esaminare quello che è stato detto bene, nei partico-lari, dai predecessori, poi, partendo dalla raccolta delle costituzioni, vedremo quali cose salvano la città, e i vari tipi di costituzioni, quali le distruggono, e per quali ragioni alcune città sono governate bene e altre tut-to il contrario. Dopo aver esaminatut-to questut-to, forse potremmo comprendere qual è la costituzione migliore, come ogni costituzione è strutturata e di quali leggi e costumi si serve…» (trad.: Natali 2007,449). Vd. an-che Aristot., Rhet. I 4, 1359b 19-1360b 1 e Pol. II 1, 1260b 27-36.

teia dei libri VII-VIII, che, proprio perché presentata come kat’euchen e

non (ancora) realizzata, sulla base del ragionamento di Lelio, non poteva di fatto essere considerata come un exemplar ‘reale’ e non fictum.

Stesso discorso, a maggior ragione, vale anche per la raccolta di

Polite-iai attribuite ad Aristotele e ai suoi discepoli: considerati quelli che

sem-brano essere gli obiettivi scientifici del corpus52e dal momento che pure qui nessuna polis/politeia tra quelle studiate o passate in rassegna viene presentata come un caso politico-istituzionale degno di essere considerato ‘esemplare’, non pare affatto da escludere la possibilità che Cicerone ab-bia voluto riferirsi pure a questo corpus sia con l’espressione in esame

(si-ne ullo certo exemplari formaque rei publicae), sia con

quell’efficacissi-mo vaganti oratione, che compare poco dopo e che sostanzialmente chiu-de l’intervento di Lelio.

Se, dunque, l’assenza di riferimenti espliciti, puntuali ed inequivocabili ad Aristotele, alla Politica e alle Politeiai aristotelico-peripatetiche non ci consente di considerare del tutto risolto e chiuso il problema che ci siamo posti all’inizio del paragrafo, è pur tuttavia difficile da credere che nel bra-no dal quale siamo partiti bra-non ci siabra-no allusioni allo Stagirita, alle sue ope-re ‘politiche’ e al procedimento logico e argomentativo solitamente adotta-to dal filosofo e dai suoi discepoli. È, d’altra parte, in questa direzione che

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