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Il Corpo: corpo che ho, corpo che sono

Nel documento Etica narrativa e decisioni cliniche. (pagine 33-37)

La narrazione come metafora dell’esistenza

2.2 Il Corpo: corpo che ho, corpo che sono

La persona è fatta non solo di un mondo interno su cui fino ad ora si è ragionato,

bensì è costituita da una parte ben più evidente che va considerata nell’analisi,

ovvero il suo corpo, la parte più materiale che spesso quando si parla di fine vita

e decisioni cliniche si tralascia, sempre più convinti che la dimensione “spirituale”

sia la più importante, è un po' come quando durante una discussione ci si chiede

che fine si voglia far fare al proprio corpo dopo la morte, normale sepoltura

oppure cremazione, alcuni rispondono che non ha importanza, “tanto sono morto”

è l’affermazione più comune, in realtà ognuno di noi porta con sé un corpo per

tutta la sua vita, e non può non avere una parola da dire su di esso.

Il corpo è un’entità sfuggente che si muove all’interno di aspetti quali soggetto e

oggetto, identità-alterità, intimo ed estraneo. Gli antichi erano sospettosi verso il

corpo e le sue passioni, mentre tutto il pensiero moderno è molto più

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Questo ci fa capire perché prima del Novecento si parlava di “corpo che ho”,

mentre dal Novecento in poi di “corpo che sono”.

Nietzsche ad esempio, non scinde più il corpo dalla mente, bensì cerca i modi per

pensarli insieme, il corpo è per lui la nostra unica e grande ragione, è la nostra

appartenenza al mondo è terrestrità, fuori dall’appartenenza all’essere non vi è

nulla, è essere che sente, pensa, agisce.

Solo la mente appare essere misteriosa come il corpo, per Husserl il corpo non è

solo corpo biologico bensì, nella sua riflessione fenomenologica, io sono

“l’organo” ma anche l’oggetto del mio “fare e disfare”, ciò equivale a dire che

sono “Leib” il corpo proprio o corpo vissuto, con il quale mi identifico e dò un

senso al mondo e il corpo-oggetto distinto dal soggetto, il “Koerper”, cosa tra le

cose del mondo che è il corpo della rappresentazione sociale, il corpo-mondo.

IO, per Husserl sono Leib sempre sul punto di rovesciarmi in Koerper, sono corpo

vissuto sempre sul punto di rovesciarmi in corpo-oggetto. O ancora: sono corpo la

cui proprietà è sempre sul punto di essere rovesciata in oggettivazione e perciò di

sfuggire in quanto proprietà. Per questo il corpo sembra essere sempre qualcosa di

eccedente, è l’enigma di cui ogni società dà una propria risposta, perché vive della

certezza del suo essere e del suo perire. Da qui nasce il suo essere ambiguo che lo

fa essere la nostra identità e la nostra alterità, è attraverso il corpo che l’alterità del

mondo e degli esseri si costituiscono. Il corpo con il suo essere materialità,

rappresenta una parte essenziale ed è allo stesso tempo, significante e significato.

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sono i modi in cui gli uomini, nelle differenti società si servono del loro corpo

uniformandosi alla tradizione. Il corpo è per Mauss “materia prima del sociale”, il

luogo in cui esso si iscrive e dove si deve apprendere per decifrarla. Il corpo

sociale determina le modalità attraverso le quali il corpo fisico è percepito28.

È dopo gli innumerevoli studi di Durkheim sull’anatomia, gli studi di Freud

sull’isteria, l’analisi marxiana dell’alienazione, che in antropologia il centro

dell’attenzione si sposta sul corpo, sul sé, sulle emozioni e scopre che gli uomini

vivono in corpi, corpi che in questo senso sembrano solo essere fasci di ruoli in

strutture sociali. Ma è soprattutto nella storia della medicina e della psichiatria che

emergono i “corpi”, il corpo violato e annullato, il corpo che la società vuole e di

cui necessita. Nell’antropologia medica il corpo malato, ferito, perso è il vero

oggetto di ricerca, perché è appunto sui vissuti reali ed esperienziali dei corpi che

si fissa il vero sguardo antropologico. Questo fa pensare che il corpo non è

passivo e meramente attaccato ad una mente vitale, ma è corpo “cosciente” dotato

di mente, un “mindfull body”. L’incontro con il corpo diviene inevitabile, il corpo

inteso qui come superficie in cui si iscrivono gli avvenimenti, luogo attraversato

dal desiderio e dalla malattia, che è esteriorità visibile. L’esperienza della

corporeità come possesso e controllo si caratterizza come sempre sul punto di

essere perdita di questo possesso e controllo.

28 M. Mauss(autore), F. Zannino(traduttore), Saggio sul dono. Forma e motivo nelle società

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Il filosofo francese Jean-Luc Nancy, dà una visione che si allontana dalla

fenomenologia husserliana di corpo proprio, egli crede infatti che il corpo si

caratterizzi per essere non già proprio bensì inappropriabile, come ha voluto

sottolineare creando l’espressione ex-peau-sition, nella quale, all’interno della

parola “esposizione” viene introdotto il termine peau (pelle) per significare che il

corpo, appunto nel suo essere “pelle”, in quanto tale risulta essere

immediatamente esposto e quindi sempre passibile di essere sottratto alla mia

proprietà, proprio per questa virtù di esposizione all’esterno che me lo rende

inevitabilmente estraneo. La “carne” diviene dunque manifestazione della

condizione concreta della persona, concorre a determinare il suo bene in senso

morale, a rendere consapevole insieme alla mente, di sé il soggetto29.

Quanto detto in questo paragrafo, si ricollega al capitolo sulle “Storie di pazienti”

in particolar modo al primo racconto del paziente che “non ha scelto per sé”.

29 M. Carbone, D. M. Levin, La carne e la voce. In dialogo tra estetica ed etica. Mimesis, Milano, 2003

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Capitolo III

Nel documento Etica narrativa e decisioni cliniche. (pagine 33-37)