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Un corpo gesuitico

De ducibus : il discorso del leader 1 Ex quibus omnibus colligitur, quod invisibilia

11.4. Un corpo gesuitico

La prossemica di Papa Francesco, invece, non è naturale in un altro senso, cioè nel senso che essa corrisponde non già unicamente a una prima natu- ra, quella del carattere che ciascun individuo riceve alla nascita e forgia nel contatto con l’ambiente, ma anche a una seconda natura la quale, benché

altrettanto foriera di automatismi quanto la prima, ha in realtà un’origi- ne precisa, che va cercata nella lunghissima formazione sia spirituale che semiotica che Papa Francesco ha ricevuto in seno al suo ordine religioso, la Compagnia di Gesù. In che modo, allora, il corpo di Papa Francesco, la sua prossemica, e le altre forme della sua comunicazione possono dirsi “gesuitici”? Una tentazione maliziosa va subito fugata nella sua ignoranza: chi intenda per corpo “gesuitico” un corpo ambiguo, duplice, dissimula- tore, in ultima istanza menzognero, dovrebbe subito ricredersi per due motivi: il primo è che tale giudizio cederebbe a uno dei più triti stereotipi riguardanti la storia della Compagnia di Gesù e delle sue strategie retori- che; il secondo, dirimente, è che di fatto a nessuno il corpo di Papa Fran- cesco suscita l’impressione di tale duplicità; al contrario, la comunicazione che promana da tale corpo è dirompente proprio perché ricevuta come incrollabilmente coerente.

Il senso in cui la prossemica di Papa Francesco deve dirsi “gesuitica” va allora cercato altrove; innanzitutto nella complessa storia della Com- pagnia di Gesù, e nel modo in cui i sedimenti simbolici di essa sono in- contrati e appropriati da Jorge Mario Bergoglio nella sua traiettoria di formazione spirituale e comunicativa. Come ben sanno e sottolineano gli storici dell’ordine religioso fondato da Sant’Ignazio di Loyola, esso sin da- gli esordi manifesta un’attenzione minuziosa tanto alla sistematizzazione dell’interiorità spirituale dei novizi, quanto alla loro condotta esteriore, la quale è vista, semioticamente, come inscindibile dalla prima, secondo più aspetti: da un lato, l’affermarsi della spiritualità del novizio secondo i det- tami della Compagnia deve “inscriversi nei segni”; dall’altro, questi segni devono non solo accompagnare e segnalare, ma anche promuovere tale evoluzione. La Compagnia di Gesù si regge su due complementari testi di fondazione, che sono gli Ejercicios espirituales [Esercizi spirituali] e le Con- stituciones [Costituzioni]. Nel secondo, la cui ultima e definitiva redazione data del 1594, nella parte III, capitolo I, paragrafo 250, si legge:

1. Todos tengan especial cuidado de guardar con mucha diligencia las puertas de sus sentidos, en especial los ojos y oídos y la lengua, de todo desorden; 2. Y de mantenerse en la paz y verdadera humildad de su ánima, y dar della muestra en el silencio, quando conviene guardarle, y quando se ha de hablar, en la considera- ción y edificación de sus palabras; 3. Y en la modestia del rostro, y madureza en el andar, y todos sus movimientos, sin alguna señal de inpaciencia o soberbia; 4. En

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todo procurando y deseando dar ventaja a los otros, estimándolos en su ánima todos como si les fuesen Superiores, y exteriormente teniéndoles el respeto y re- verencia, que sufre el stado de cada uno, con llaneza y simplicidad religiosa; 5. En manera que considerando los unos a los otros, crezcan en devoción y alaben a Dios nuestro Señor a quien cada uno debe procurar de reconocer en el otro come en su imagen. (Constituciones III, I, 250)5

Non si dimentichi che il genio spirituale di Sant’Ignazio consistette nel trasporre le forme di addestramento e organizzazione che egli meglio co- nosceva, quelle della vita militare, nel campo del perfezionamento inte- riore di sé (Leone 2010: 23–204). Questa trasposizione si estrinsecò anche nella cura del rapporto semiotico fra l’aspetto esteriore del gesuita e la sua interiorità. Un adagio assai diffuso in Germania e in Francia, molto amato da Aby Warburg e attribuito a diverse fonti, recita che “il diavolo si nasconde nei dettagli”; ebbene, uno degli effetti dell’influenza milita- re e strategica sull’immaginazione spirituale di Sant’Ignazio si risolvette proprio nell’idea che i dettagli, anche quelli delle semiotiche per così dire “esteriori”, sono invece fondamentali per plasmare la vita spirituale. Lavo-

rando insieme con il segretario Juan Alfonso de Polanco,6 il quale lo assi-

stette preparando una sorta di florilegio delle regole redatte dagli ordini spirituali più antichi (la cosiddetta Collectanea, con estratti delle regole di Sant’Agostino, San Basilio, San Benedetto, San Domenico, San Francesco, e dei Canonici regolari del Santo Salvatore), Sant’Ignazio redasse le regole della Compagnia di Gesù, e fra queste, nel 1555, quelle Reglas de la mode-

stia [Regole della modestia], che ogni gesuita da allora non solo conosce ma

5. “Mettano tutti una cura speciale nel custodire con molta diligenza da ogni disordine le porte dei loro sensi, specialmente gli occhi e la lingua. Si mantengano nella pace e nella vera umiltà dell’anima, e ne diano testimonianza col silenzio, quando è tempo d’osservarlo, e quando si deve parlare, facendo attenzione alle parole e dando così edificazione con la modestia del volto e la ma- turità nel camminare, e con tutti gli altri gesti, evitando ogni indizio d’impazienza e di superbia. E cerchino e desiderino in tutto di cedere agli altri, interiormente stimandoli quasi fossero superiori, ed esteriormente manifestando loro il rispetto e la deferenza consentita dalla condizione di ciascu- no, con naturalezza e semplicità religiosa. In tal modo, considerandosi gli uni gli altri, cresceranno in devozione e loderanno Dio nostro Signore, che ciascuno deve sforzarsi di riconoscere nell’altro come nella sua immagine”; il testo spagnolo è tratto da Ignacio de Loyola, Obras: Edicion manual, a cura di Ignacio Iaparaguirre, Candido de Dalmases e Manuel Ruiz Jurado. Madrid: Biblioteca de Autores Cristianos, 1997; la traduzione italiana da Costituzioni della Compagnia di Gesù, a cura di Giuseppe Silvano. Milano: Ancora, 1969 (con lievi modifiche).

interiorizza e applica, spesso spontaneamente, nel proprio comportamen- to esteriore.

Cosa prescrivono queste regole? Esse si basano sul principio che “En todo el hombre exterior se vea una modestia y humildad y religiosa ma- dureza y buen exemplo y edificación a todos los que pornán en ellos los

ojos”.7 Nel prescrivere le regole dell’aspetto e del comportamento esterio-

ri dei Gesuiti, cioè, Sant’Ignazio traccia due direttrici: per un verso, egli pone un primo assioma di “esaustività semiotica”, che molto assomiglia a quello, il primo e più importante, della moderna pragmatica della comu- nicazione: “non si può non comunicare” (Watzlawick, Beavin e Jackson 1967); o, meglio ancora, “non si può non significare”. Le Reglas de la mode-

stia, insomma, esprimono una coscienza pionieristica dell’ipertrofia della

semiosi nei rapporti interpersonali che corrono sia tra religiosi, sia tra religiosi e laici col primo avvento dell’era moderna, allorché soggetti, isti- tuzioni, paesaggi e cose s’incontrano e a volte si scontrano in modi e con ritmi prima inusitati. Da questo momento in poi, resterà nella memoria culturale di tutta la Compagnia di Gesù, e di ogni gesuita, non solo l’idea generale che l’aspetto e l’atteggiamento esteriori sono importanti nella fede, ma anche la strategia precisa secondo cui, proprio per questo, nulla in tale esteriorità deve essere lasciato al caso.

Per altro verso, questo breve ma influente testo di Sant’Ignazio colloca a fondamento della comunicazione gesuitica dei secoli futuri l’idea di una “osservabilità generalizzata”; giustappunto nella nuova epoca d’incontri e scambi accelerati, di mescolamenti prima inusuali o addirittura proibiti, il Gesuita sarà sempre sotto gli occhi di qualcuno, e sempre più sotto gli occhi di tutti; siccome ogni cosa egli faccia o dica, ogni suo gesto o movi- mento, ogni suo vestimento e ogni sua postura del corpo significheranno o contribuiranno a significare una connotazione della Compagnia, allora è necessario da un lato non lasciare nulla al caso, e dall’altro individuare una strategia che consenta di regolare questa connotazione secondo i contesti, pur salvaguardando quella che oggi si chiamerebbe, con termine tratto dalle moderne scienze della comunicazione, “l’immagine coordinata” dei Gesuiti.

7. Paragrafo iniziale; testo spagnolo tratto da Ignacio de Loyola, Obras, cit.: “In tutto l’uomo esteriore si vedano una modestia e umiltà e maturità religiosa e buon esempio ed edificazione per tutti coloro che vi porranno lo sguardo” (trad. nostra).

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Per Sant’Ignazio questa strategia ha sia una forma che un contenuto; il contenuto è già nel titolo della raccolta: la modestia. Per un ordine che attira sin dagli esordi le menti migliori del proprio tempo, e che si dedica a formare le menti migliori del tempo proprio e di quelli futuri, niente sarà più nocivo dell’alterigia; niente alienerà la simpatia e la devozione sia dei potenti che del popolo più di un atteggiamento superbo non solo della mente, ma anche del corpo; “los ojos se tengan communmente bajos, sin

alzarlos mucho, ni girarlos mucho a una parte y otra”,8 dice la seconda

regola della modestia. Più importante del contenuto di questa strategia di coordinamento dell’immagine esteriore dei Gesuiti, tuttavia, è la sua forma, che si riassume in una parola sola: coerenza. Nulla nocerà di più all’immagine di questo nuovo ordine religioso dell’impressione di uno spi- rito ondivago, fluttuante, incerto. Per trasmettere l’impressione contraria, dunque, anche il corpo, lo sguardo, i vestimenti, le formule di saluto, ecc. dovranno essere tali da attraversare indenni il mutare delle condizioni pe- rennemente e radicalmente cangianti che il mondo moderno — quello che i Gesuiti si prefiggono di attraversare e cambiare senza tema — offre loro di continuo. Come Papa Francesco circola fra le diverse scene cui lo espone la congerie di contesti culturali e comunicativi anche a seguito della svolta digitale della comunicazione pastorale, così i primi Gesuiti dovevano muoversi fra la curia di Roma e le lontane missioni, fra le chiese di periferia e i collegi più raffinati e urbani, ma anche fra i diversi media che l’epoca moderna già offriva in abbondanza al discorso della fede (e i Gesuiti li utilizzarono e perfezionarono tutti, dall’incisione al teatro, dal poema epico alla danza), irraggiando sempre e comunque l’effetto di una presenza immutata e costante, una specie di aura.

È impressionante, oggi, osservando i dipinti namban, ossia quelli pro- dotti in Giappone a seguito dell’influenza religiosa e culturale esercitata dai primi missionari Gesuiti nel sedicesimo secolo, constatare come essi vi vengano rappresentati quali coppie di slanciate figure tutte nere, dal volto affilato e la postura composta, mentre solcano a due a due gli inesplorati territori nipponici, esattamente come Sant’Ignazio, scrivendo mezzo se- colo prima all’altro capo del pianeta, ne aveva prescritto l’incedere nella sesta regola della modestia (“la veste de encima cubra todo lo que está de-

8. “Lo sguardo si rivolga abitudinariamente verso il basso, senza sollevarlo molto, né molto dirigerlo da una parte all’altra” (trad. nostra).

bajo, en modo que sólo se vea la parte superior del collo”9) e nell’undicesi-

ma: “cuando salieren fuera de casa, vayan de dos en dos, o tres”10. Quanto

genio comunicativo in quest’ultima regola di Sant’Ignazio: un gesuita che cammina per il mondo apparirà come un gesuita, ma due o tre di essi insieme, camminando allo stesso passo (come prescrive la prima regola

della seconda serie: “mirarán siempre de ir iguales”11) appariranno non

solo come gesuiti ma anche come Compagnia di Gesù, come comunità che solca il mondo animata dalla stessa fede e dagli stessi principi.