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A San Vincenzo al Volturno, i tre decenni di ricognizioni archeologiche, oltre a permettere di poter risalire alla successione delle varie fasi edilizie del cenobio e del precedente insediamento tardo romano attraverso la scoperta dei resti architettonici delle principali strutture dell'antico monastero, hanno consentito di recuperare anche un discreto gruppo di sculture altomedievali dalla notevole qualità esecutiva.102 Tutto lo scavo volturnense, compreso quello eseguito da Pantoni nell'area antistante l'abbazia Nuova, ha restituito testimonianze scultoree altomedievali, con una certa concentrazione nella zona che gli archeologi chiamano 'San Vincenzo Maggiore' (SVM), corrispondente alla superficie su cui si estendeva la grande chiesa madre, la Basilica Maior, eretta per volontà dell’abate volturnense Giosuè (792-817) e già consacrata nei primi anni del IX secolo. Questo edificio in quell’epoca fu certamente tra i più estesi e rappresentativi del suo genere, il cui imponente impianto architettonico ebbe come modello la basilica di San Pietro in Vaticano. Della suddetta basilica costantiniana, oltre al quadriportico d’ingresso, riproponeva perfettamente lo sviluppo della zona presbiterale e, soprattutto, l’icnografia della

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In brevi essenziali linee proverò a riassumere la lunga e complessa vicenda archeologica del sito volturnense. La casuale scoperta nel marzo del 1832 della cosiddetta cripta di Epifanio, assoluto patrimonio della pittura ma in genere dell'arte italiana dell'altomedioevo, e con la relativa pubblicazione di don Oderisio Piscitelli Taeggi nel 1896 sul suo ciclo di affreschi, aveva inizio la lunga storia di studi e di ricerche archeologiche sul monastero di San Vincenzo al Volturno. A partire dalla metà degli anni '50 e fino alla metà del decennio successivo, sotto la direzione di don Angelo Pantoni si provvide a riedificare le strutture monastiche che, come per Montecassino dal quale il monastero volturnense oltretutto dipendeva, furono completamente distrutte durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale; in particolare fu ricostruita ex novo prima la basilica e poi il campanile e durante questi lavori, che portarono ad individuare l'antico atrio, si recuperò una discreta quantità di reperti lapidei soprattutto nell'area antistante l'abbaziale. L'instancabile attività archeologica di Pantoni continuò nell'area volturnense anche negli anni '70 quando fu incaricato dalla Soprintendenza di dirigere i lavori di restauro delle strutture architettoniche della cripta di Epifanio; ancora in quel tempo questo edificio ipogeo era considerato una delle tante cappelle edificate extra moenia dai monaci, in virtù di quella convinzione che il centro del cenobio, fondato agli albori dell'VIII secolo e teatro delle vicende narrate nel Chronicon Vulturnense, fosse non sulla riva destra del fiume Volturno, bensì su quella opposta dove sorge l'Abbazia Nuova, così denominata dagli archeologi dopo le scoperte degli anni '80. La svolta avvenne appunto intorno al 1979 quando, sempre nell'area circostante la cripta, l'archeologo inglese Richard Hodges, lecturer di Archeologia Medievale all’Università di Sheffield, fu incaricato di avviarvi una campagna di scavo. Nel giro di pochissimo tempo, l’idea che il monastero nato in età longobarda si trovasse all’interno dell’area su cui sorgeva la cripta di Epifanio divenne una certezza. L'intensa attività di scavo, nell'area denominata archeologicamente San Vincenzo minore (SVm), fece in modo che man mano rivedessero la luce le antiche strutture del cenobio: la Chiesa Sud, il refettorio monastico, la Sala dei Profeti ed il giardino a peristilio. Lo scavo proseguì a sud della suddetta area portando l'equipe di Richard Hodges ad intercettare le strutture della cosiddetta Basilica Maior, la grande chiesa madre voluta dall'abate Giosuè (792-817). La successiva fase degli scavi, dal 1989 al 1996, fu sostenuta, a parte che dalla Soprintendenza del Molise, dalla British School at Rome, i cui lavori furono coordinati sempre da Richard Hodges. Si scelse di continuare a scavare l’area della basilica, denominata da quel momento San Vincenzo Maggiore (SVM), che portò alla sua parziale scoperta compreso la sua cripta semianulare, anch'essa decorata con un ciclo di affreschi, e all'intercettazione di diverse strutture quali l'atrio quadrangolare antistante la basilica. Conclusasi questa seconda fase di scavi se ne aprì una terza ed ultima dal 1999 al 2008, sotto l'esclusiva direzione scientifica di Federico Marazzi per conto dell’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli, in seguito alla quale si portò in particolar modo a compimento l'indagine del SVM e delle sue strutture intercettate durante la fase precedente; in particolare si procedette con l'intera scoperta della basilica, dell'atrio e degli edifici annessi sul lato nord, ed in ultimo fu aperto un fronte di scavo lungo il corso del fiume che delimita il SVm con la scoperta dell'antico molo ligneo.

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sottostante cripta semianulare. Per la loro tipologia queste sculture altomedievali erano, molto probabilmente, parte dell’arredo scultoreo interno prodotto ex novo per la Basilica

Maior.

La cronologia di molte di queste sculture si colloca tra l’inizio e non oltre gli ultimi due decenni del IX secolo e lo testimonierebbero, oltre al confronto stilistico/iconografico con opere coeve, anche due episodi chiave della vita dell’abbazia e che verrebbero così a costituire rispettivamente il loro terminus post quem ed ante quem: la costruzione della Basilica Maior durante l’abbaziato di Giosuè (792-817), e il tragico saccheggio da parte dei saraceni subito dalla cittadella monastica volturnense il 31 ottobre 881, che determinò per quasi 33 anni l’abbandono del cenobio da parte dei superstiti monaci che si rifugiarono a Capua.

Lo schema ornamentale di queste sculture, eseguite quasi tutte in pietra calcarea, è incentrato su caratteristici motivi abbondantemente diffusi nel repertorio decorativo altomedievale della Langobardia maior e minor, come ad esempio i nastri intrecciati o gli incavi geometrici. Altri reperti plastici altomedievali provengono dalla cappella di Santa Restituta, piccolo edificio a tre navate che fu edificato dai monaci, nell’ultimo quarto dell’XI secolo, a ridosso del versante settentrionale della ormai abbandonata 'basilica di Giosuè'. Infatti, alcune delle tessere lapidee che compongono il raffinato pavimento in opus sectile di questo piccolo edificio religioso, sono in realtà capitelli a stampella, anch’essi parte del corredo scultoreo di IX secolo della basilica, tagliati longitudinalmente 'a fette' e messi in opera dal lato del verso. Provengono invece da altri contesti stratigrafici dello scavo volturnense anche alcune lastre lapidee la cui decorazione è incentrata sull’iconografia della croce trionfante, tema quest’ultimo molto ricorrente nell’ambito delle scelte ornamentali del centro monastico molisano sia in scultura e sia in pittura. Oltre ad alcuni reperti di cui si conservano le sole foto perché purtroppo scomparsi nella primavera del 1986 dai locali annessi all’Abbazia Nuova, completano poi questa raccolta alcuni capitelli rinvenuti in seguito a recenti ricognizioni archeologiche, eseguite lungo la sponda occidentale del fiume Volturno, in prossimità di quello che probabilmente era l’ingresso della abbazia sito vicino al cosiddetto ponte della Zingara. Infine, alcune interessanti sculture volturnensi sono oggi custodite presso il Museo dell’abbazia di Montecassino in quanto esse sono venute alla luce durante i lavori di scavo archeologico condotti dal monaco cassinese don Angelo Pantoni,

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ragion per cui si provvide a sistemarle presso la sede espositiva della casa madre dell’ordine benedettino.103

Planimetria generale dell'area archeologica di S. Vincenzo al Volturno con l’individuazione dell'area dell'Abbazia Nuova

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Così come nella precedente nota ho indicato le essenziali vicende riguardanti lo sviluppo nel corso degli anni degli scavi archeologici di S. Vincenzo al Volturno, mi sembra doveroso dover altresì indicare i principali contributi scientifici relativi gli aspetti della sua storia e delle sue testimonianze sia materiali che artistiche, tenendo conto che alcune di queste pubblicazioni affrontano contemporaneamente questi aspetti.

Testimonianze materiali ed artistiche: PISCITELLI TAEGGI 1896; BERTAUX 1900; TOESCA 1904; BINDI 1912; PANTONI 1980b; DE'

MAFFEI 1985; HODGES-MITCHELL 1985; PANTONI 1985;MITCHELL 1992;SV 1 1993; HODGES-MARAZZI 1995; HODGES-MARAZZI-MITCHELL

1995;HODGES 1995a;SV 2 1995; BOWDEN ET ALII 1996;DE RUBEIS 1996; HODGES 1996; HODGES-MITCHELL 1996; VALENTE 1996;

HODGES 1997; DE CIOCCHIS 1998-2000; HODGES-MARAZZI 1998; HODGES ET ALII 1998; CASTELLANI 2000;MARCHIORI 2001; SV 3 2001;

MITCHELL 2001a;HODGES-FRANCIS-MITCHELL 2002; MARAZZI 2002; MARAZZI ET ALII 2002; BRAGA 2003;CASTELLANI 2004;SOGLIANI 2004; RAIMO 2005; SV42006;BARBERIO 2007; CATALANO 2007;MARAZZI-GOBBI 2007; RAIMO 2007;CATALANO 2008a; DE RUBEIS-MARAZZI

2008;GIORLEO-LUONGO2008;GOODSON 2008;LA MANTIA 2010a; RAIMO 2010;MITCHELL 2011a; MITCHELL 2011b; SV 5 2011; MITCHELL-HODGES-LEPPARD 2012.

Studi storici: Chronicon Vulturnense (a cura di Vincenzo Federici) 1925-1940; FEDERICI 1937;FEDERICI 1941;FEDERICI 1949a; FEDERICI 1949b; DEL TREPPO 1968; AVAGLIANO 1985;FELTEN 1982; WICKHAM 1985;DE BENEDITTIS 1995; DELOGU-HODGES-MITCHELL

1996;MARAZZI 1996;MARAZZI 2005b;MARAZZI 2006a;MARAZZI 2006b;MARAZZI 2007; MARAZZI 2010a;MARAZZI 2010b;OLDONI

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Planimetria dell'area archeologica di S. Vincenzo al Volturno con definizione cromatica delle aree di ritrovamento dei reperti scultorei

Elenco delle abbreviazioni utilizzate

DA-CSV Deposito archeologico di Castel San Vincenzo

SVM San Vincenzo Maggiore

SVm San Vincenzo minore

FF Officine monastiche

EPI Chiesa della così chiamata cripta di Epifanio

SVM-B Basilica maior

FIU Scavo sponda ovest fiume Volturno

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