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La correlazione tra diritto e obbligo nel diritto internazionale

6. Il titolo di legittimazione a reagire alla violazione di norme che impongono obbligh

6.3. La correlazione tra diritto e obbligo nel diritto internazionale

Il modo in cui gli interessi considerati degni di tutela vengono protetti è attraverso l’elaborazione di norme che possono dar vita a diverse situazioni giuridiche classificabili nelle due categorie generali dei diritti e degli obblighi. Tralasciando l’analisi sul contenuto e le caratteristiche generali delle due nozioni indicate, si concentrerà l’attenzione sulla correlazione tra i due concetti nel diritto internazionale. Quanto ai diritti di cui uno Stato può essere titolare, essi devono essere accompagnati necessariamente dal corrispondente obbligo di rispettarli in capo a tutti gli altri soggetti dell’ordinamento. In caso contrario, qualsiasi soggetto potrebbe legittimamente impedire l’esercizio di tali diritti senza per questo incorrere in responsabilità internazionale. Quanto agli obblighi che prescrivono una condotta, sia essa omissiva o

161 P. Picone, Le reazioni collettive ad un illecito erga omnes in assenza di uno Stato individualmente leso, op. cit., in P. Picone, Comunità internazionale, op. cit., Jovene editore, Napoli, 2013, pp. 630 ss.

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commissiva, il corrispondente diritto consisterebbe, invece, nella facoltà in capo agli Stati verso i quali l’obbligo era dovuto, di esigerne l’attuazione. Come sottolineato da Ago: “It should be

noted that in international law the idea of breach of an obligation can be regarded as the exact equivalent of the idea of infringement of the subjective rights of others. (…) the correlation between legal obligation on the one hand and subjective right on the other admits of no exception”162. Una tale struttura correlativa tra obblighi e diritti sembra derivare

necessariamente dalla struttura anorganica della Comunità internazionale. Infatti, se non ci fosse alcun soggetto legittimato ad invocare la responsabilità di un altro soggetto la cui condotta è illecita, il concetto stesso di diritto risulterebbe inconsistente e privo di effettività. Nell’ordinamento internazionale la formazione delle norme, così come la loro successiva applicazione, avviene in maniera decentralizzata, quindi, il soggetto che ha partecipato alla creazione della situazione giuridica dalla quale derivano gli obblighi e i correlativi diritti, deve avere la facoltà di reagire in autotutela nel caso in cui la situazione giuridica della quale faceva parte fosse stata sostanzialmente alterata senza il suo consenso. Quanto detto è riassunto con efficacia nelle parole di Virally: “l’obligation ne devient juridique (…) que si elle se rencontre

avec un droit. Une obligation dont nul ne peut réclamer l’exécution ou sanctionner la violation n’est qu’un impératif de la conscience”163. Occorre sottolineare che gli Stati non sono però

titolari del diritto di reagire alla generale violazione dell’ordine giuridico internazionale ma devono essere titolari di uno specifico interesse giuridico, ossia destinatari dei diritti e degli obblighi derivanti dalla situazione giuridica da loro stessi creata164. Alcuni autori, hanno cercato

di affermare la facoltà degli Stati di reagire alla violazione dell’ordinamento internazionale in sé considerato, sostenendo l’esistenza di un obbligo generalizzato al rispetto dell’ordine giuridico nei confronti di tutti gli Stati165. L’esistenza di uno specifico interesse giuridico in capo al

soggetto reagente si rende necessaria nell’ordinamento internazionale per almeno due ordini di ragioni: innanzitutto, si determinerebbe una situazione di caos nelle relazioni internazionali rendendo possibile la moltiplicazione incontrollabile delle controversie; in secondo luogo, la creazione del diritto internazionale avviene principalmente tramite il consenso degli Stati e non sarebbe quindi possibile riconoscere in capo ad uno Stato un interesse giuridico per una norma

162 Second Report on State Responsibility, R. Ago Special Rapporteur, in Yearbook of the International Law Commission, 1970, Vol. II, Parte I, p. 192-193.

163 M. Virally, La pensée juridique, LGDJ, Paris, 1960, p. 44, come citato da D. Alland, Justice privée, op. cit., p. 347, nota 134.

164 Per un’analisi approfondita della questione si veda: B. Bollecker-Stern, Le préjudice, op. cit., pp. 50- 90.

165 Nella dottrina italiana tale tesi è stata sostenuta da R. Quadri secondo il quale: “Deve escludersi l’idea che la Comunità internazionale resti passiva di fronte alla violazione delle sue norme, che la reazione contro l’illecito sia affare esclusivo dello Stato leso. Vero è al contrario che l’attuazione del diritto internazionale, come attuazione coercitiva, riposa essenzialmente sulla reazione del corpo sociale di fronte alle violazioni delle sue determinazioni volitive”, in R. Quadri, Diritto internazionale pubblico, Liguori Editore, Napoli, 1968. Per una disamina delle altre tesi si veda: B. Bollecker-Stern, Le

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rispetto alla quale non abbia prestato il proprio consenso ad esserne vincolato. In altre parole: “Clearly, where a State is not bound to a rule, it cannot be considered to have an interest in

breaches of obligations under that rule”166, e, viceversa, qualora uno Stato sia vincolato

all’osservanza di un obbligo vi saranno necessariamente uno o più Stati titolari del corrispondente diritto a reagire alla sua violazione. In questo contesto si inserisce la tesi di Tunkin, il quale, pur negando una facoltà generalizzata degli Stati di reagire a tutte le violazioni del diritto internazionale, afferma la facoltà di tutti gli Stati di reagire contro la violazione di un nucleo ristretto di norme, il mancato rispetto delle quali costituirebbe un pericolo per la pace. Secondo l’autore, “la rupture ou menace de rupture de la paix touche de nos jours non

seulement les intérêts, mais les droits de tous les Etats”167. Un’opinione simile è espressa da

Bollecker-Stern, secondo la quale: “L’intérêt que portent tous les Etats au respect du droit ne

semble pas avoir subi une transformation coutumière en intérêt juridique qu’en ce qui concerne quelques rares normes de la plus haute importance faisant sans doute de jus cogens”168. Il

dovere di rispettare alcune norme fondamentali nei confronti di tutti gli Stati della Comunità internazionale richiama senza dubbio il concetto di ius cogens che molti autori hanno assimilato al concetto di ordine pubblico internazionale169. Il riferimento all’ordine “costituzionale”

dovrebbe, però, essere abbandonato perché rischia di avvalorare la tesi sul “contentieux de

légalité”170, che riconosce agli Stati la facoltà di agire nelle vesti di guardiani della legalità per

qual si voglia violazione del diritto internazionale, provocando così incertezza giuridica e tensione politica fra gli Stati. Se si prende, invece, in considerazione la struttura delle norme di

ius cogens, concentrando l’attenzione sui titolari e sui destinatari delle norme, la facoltà di

reagire riconosciuta a Stati che non hanno subito direttamente un vero e proprio danno, può essere analizzata sotto la stessa lente di indagine usata in precedenza. Se tutti gli Stati sono destinatari degli obblighi erga omnes, e quindi di correlative posizioni giuridiche soggettive, una loro violazione consisterebbe in un pregiudizio giuridico per tutti gli Stati e ne deriverebbe, quindi, la loro facoltà di far valere la responsabilità dello Stato che ha commesso l’illecito.

L’individuazione del soggetto o dei soggetti verso i quali uno Stato titolare di un obbligo è tenuto a rispettarlo, non risulta quindi problematica nel caso di relazioni bilaterali o di relazioni multilaterali regolate tramite trattato. Numerosi dubbi sono stati invece sollevati in dottrina riguardo i rapporti correlativi che derivano dagli obblighi cosiddetti erga omnes. Come osservato da de Hoogh: “By postulating the principle of obligations with correlative rights to

166 A. de Hoogh, Obligations Erga Omnes, op. cit., p. 27.

167 G. I. Tunkin, Droit International Public, Problèmes théoriques, Editions A. Pedone, Paris, 1965, p. 223.

168 B. Bollecker-Stern, Le préjudice, op. cit., p. 89.

169 Si veda A. Orakhelashvili, Peremptory Norms in International Law, Oxford University Press, Oxford, 2006.

170 Il riferimento a tale espressione di ritrova in: B. Bollecker-Stern, Le préjudice, op. cit., e D. Alland, Justice privée, op. cit.

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demand performance of such obligations, one must assume therefore that the complementary rules laying down such rights are conceived, at least theoretically, to cover all breaches of obligations that could occur in practice. Thus, it is to be presumed that the law leaves no lacunae in this regard, and provides for the exercise of a right to demand performance of obligations in each and every possible case of breaches thereof”171. Alla luce di questa

osservazione, quindi, anche gli obblighi erga omnes dovrebbero necessariamente presentare una struttura correlativa tra obblighi e diritti come quella descritta in precedenza, ma la domanda che si pone è chi siano i titolari del correlativo diritto. Secondo Riphagen, l’individuazione dello Stato titolare del diritto di reagire alla violazione della norma non può prescindere dal contenuto e dalla forma della norma primaria172. Nel caso degli obblighi erga omnes, dunque, essendo

questi caratterizzati dal fatto di dover essere osservati nei confronti di tutti gli Stati della Comunità internazionale, il correlativo diritto di reagire ad una loro violazione dovrebbe perciò stesso appartenere a tutti gli Stati. Riassumendo il ragionamento. Uno Stato può far valere la responsabilità internazionale di un altro Stato solo se è titolare di un interesse giuridico. Tale interesse giuridico sorge in capo allo Stato solo nel momento in cui questo sia il titolare della situazione giuridica che si ritiene violata. Non esistendo nell’ordinamento internazionale categorie giuridiche diverse dal diritto e dall’obbligo, nella relazione giuridica tra due o più parti, i titolari degli obblighi saranno automaticamente titolari del corrispettivo diritto di reagire contro la violazione dell’obbligo previsto. Nello specifico caso degli obblighi erga omnes, tutti gli Stati sono tenuti a rispettare tali norme che impongono il rispetto di valori ritenuti fondamentali e irrinunciabili. Come osservato da Barile: “Il n’y a pas lieu de penser que (…)

dans l’ordre international l’on puisse envisager des obligations structurées objectivement, c’est-à-dire des obligations auxquelles ne correspondrait pas un droit subjectif d’autrui, mais dont l’observance serait confiée, dans l’intérêt général de la collectivité, à une institution”173.

Infatti, pur affermando l’esistenza di interessi collettivi la cui violazione riguarderebbe la Comunità internazionale nel suo insieme, l’autore afferma che tale interesse collettivo “se

pulvérise toujours dans les droits de sujets particuliers qui peuvent en assurer la défence”174. Ne

consegue, che tutti gli Stati sono nello stesso momento titolari degli obblighi a tutela di interessi collettivi, ma anche del diritto di reagire alla loro violazione175. In poche parole, “(…) a legal

171 A. de Hoogh, Obligations Erga Omnes, op. cit., p. 24.

172 Sixth Report on State Responsibility, W. Riphagen Special Rapporteur, in Yearbook of the International Law Commission, 1985, Vol. II, Parte I, p. 3-19.

173 G. Barile, La structure de l’ordre juridique international. Règles générales et règles conventionnelles, in Collected Courses of The Hague Academy of International Law, vol. 161, III, 1978, p. 44.

174 Ibidem.

175 Il riferimento agli interessi collettivi della Comunità internazionale intesa nel suo insieme appare fondamentale nell’individuazione delle norme di ius cogens che si pongono a tutela di un concetto di umanità universalmente condiviso. Infatti, come osserva A. Orakhelashvili, in Peremptory Norms, op. cit., p. 46 ss., “The link to community interest as distinct from individual interests of States should be a key

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interest in possession of a State has been considered to stand for a right of protection, that is, a right to demand the performance of (breached) obligations. Thus, if a breach of an obligation

erga omnes entails for every State a legal interest in its protection, that ipso iure means that they

are in possession of a corresponding correlative right of protection”176.

Una volta analizzate le argomentazioni a sostegno del diritto di reagire da parte di tutti gli Stati singolarmente considerati alle violazioni degli obblighi erga omnes, bisogna sottolineare come il necessario corollario alla facoltà di far valere la responsabilità internazionale sia rappresentato dalla facoltà di adottare contromisure. Infatti, se l’attuazione della responsabilità si sostanza nel diritto alla cessazione e alla riparazione dell’illecito, il vero momento coercitivo è rappresentato dall’adozione di misure volte a far pressione sullo Stato autore dell’illecito affinché questo rispetti gli obblighi su di lui incombenti. Senza la possibilità di ricorrere alle contromisure, la reazione dello Stato o degli Stati lesi si ridurrebbe a delle mere richieste nei confronti dello Stato autore dell’illecito, il quale non avrebbe alcun motivo per cessare l’illecito e riparare gli eventuali danni. Le contromisure non sarebbero dunque scindibili dal diritto a far valere la responsabilità internazionale in quanto funzionali all’applicazione degli obblighi derivanti dal regime di responsabilità. Quindi, si può concludere affermando che il diritto di reagire in autotutela, necessario corrispettivo di un obbligo internazionale, non potrebbe dirsi effettivo senza la facoltà di ricorrere alle contromisure.

7. Le contromisure adottate da Stati non materialmente lesi nei lavori della Commissione di Diritto Internazionale.

7.1. I contributi della Commissione di Diritto Internazionale nel Progetto di articoli sulla

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