• Non ci sono risultati.

6. Il titolo di legittimazione a reagire alla violazione di norme che impongono obbligh

6.2. Il pregiudizio giuridico e il danno

Dopo aver affermato che l’interesse giuridico deriva necessariamente da una norma giuridica che impone diritti ed obblighi in capo ai destinatari, e dopo aver concluso che tale tipo di interesse è l’unico rilevante ai fini della presente analisi, si ritiene necessario indagare il ruolo del danno. Infatti, ci si chiede se per far valere la responsabilità di uno Stato autore di un illecito internazionale sia necessario il concretizzarsi di un qualche tipo di danno. In particolare, a seguito della commissione di un illecito possono distinguersi tre tipologie di danno: il danno materiale, il danno morale e il più astratto pregiudizio giuridico. Quanto ai primi due casi, non sembrano esserci dubbi circa l’idoneità dell’illecito a far sorgere la responsabilità dello Stato. Sul pregiudizio giuridico sono state invece espresse delle perplessità, come si evince da una relazione sottoposta da Tsuroaka al gruppo di lavoro sulla responsabilità degli Stati in seno alla Commissione di Diritto Internazionale, nella quale si legge: “Pour que l’on puisse parler de

responsabilité de l’Etat, il faut qu’il y ait un intérêt lésé d’un sujet du droit international et que cet intérêt soit lésé à cause d’un acte accompli par un autre sujet du droit international. Le problème de l’intérêt juridique lésé se pose avant tout sur le plan bilatéral entre les Etats auteur et victime de dommages. Ces dommages sont d’ordinaire d’ordre matériel. Mais dans certaines hypothèses, des dommages d’ordre non matériel peuvent aussi entraîner la responsabilité de l’Etat. La responsabilité de l’Etat se trouve ainsi engagée lorsque l’Etat porte atteinte à l’honneur d’un autre Etat. En revanche, il me semble difficile de parler de la naissance de la responsabilité de l’Etat en se basant simplement sur une inobservation du droit international général qui n’occasionne pas de dommage réel”149.

Riguardo la possibilità che la sola violazione del diritto, in assenza di danni concreti, sia sufficiente per far valere la responsabilità degli Stati, diverse posizioni sono state espresse nel corso del tempo. Ad esempio, Anzilotti sembra affermare chiaramente una tale possibilità dal momento che il danno sarebbe inerente al carattere anti-giuridico dell’atto150. L’autore afferma

che “dans des cas assez nombreux le dommage se confond avec la violation même du droit”151, e

ciò è supportato dal fatto che normalmente la riparazione all’illecito si concretizza in tutto o in parte con il ristabilimento dell’ordine giuridico violato. Dello stesso avviso appare Salvioli, secondo il quale la violazione di una regola di diritto internazionale dà luogo al dovere di

149 Yearbook of the International Law Commission, 1963, Vol. II, Parte I, p. 260.

150 D. Anzilotti, La responsabilité internationale des États à raison des dommages soufferts par des étrangers, in Revue Générale de Droit International Public, 1906, p. 13.

151 D. Anzilotti, Cours de Droit International, vol. 1, CEDAM, Padova, 1955, p. 523, come citato da B. Bollecker-Stern, Le préjudice, op. cit., p. 37.

46

riparazione da parte dello Stato colpevole della violazione nei confronti dello Stato leso dall’illecito, indipendentemente dal fatto che si sia concretizzato o meno un danno152. Nelle

parole dell’autore: “Le droit à la réparation naît au moment ou l’acte illicite a été commis”153.

Altri autori, invece, pur non considerando il danno come condizione dell’esistenza di un illecito, lo considerano condizione dell’obbligo di riparazione. Dunque, anche se uno Stato commette un illecito, in assenza di danni materiali o morali, questo non sarebbe vincolato all’obbligo di riparazione perché non vi sarebbe alcunché da riparare154. Alla luce della giurisprudenza

internazionale155, però, sembra affermarsi un obbligo di riparazione anche in assenza di danni

materiali. In tal caso, la riparazione non consisterebbe in obbligazioni pecuniarie o materiali bensì nel ristabilimento dell’ordine giuridico violato, attraverso, ad esempio, l’annullamento dell’atto giuridico in violazione del diritto o nella dichiarazione del suo carattere illecito. Inoltre, è stato osservato come nella giurisprudenza internazionale le nozioni di pregiudizio giuridico e danno morale sembrerebbero coincidere. Come osservato da Bollecker-Stern, la mancanza di distinzione tra le due nozioni si spiegherebbe attraverso l’assimilazione che gli Stati operano tra i concetti di sovranità e il rispetto dei loro diritti. In quest’ottica, infatti, ogni violazione dei propri diritti comporterebbe anche un pregiudizio morale in quanto atto lesivo della sfera di sovranità. Pertanto, “l’Etat possède un intérêt juridique à voir le droit international respecté à

son égard; la moindre atteinte à cet intérêt constitue un préjudice juridique qui en l’état actuel du droit est assimilé au préjudice moral en ce qui concerne ses conséquences sur le plan de la réparation”156.

Più di recente, l’argomento è stato oggetto di dibattito anche in seno al gruppo di lavoro della Commissione di Diritto Internazionale sulla responsabilità degli Stati guidato da Crawford. L’autore esprime in questi termini la differenza tra pregiudizio e danno: “As to the

basic distinction between ‘injury’ and ‘damage’, it is clear that injury involves the concept of

iniuria – that is, infringement of rights or legally protected interests – whereas the term

‘damage’ is used to refer to actual harm suffered”157. La soluzione accolta nel Progetto di

articoli sulla responsabilità degli Stati del 2001 è stata quella di riconoscere la sussistenza della responsabilità degli Stati a prescindere dal danno causato. Infatti, come spiega Crawford, “the

question whether damage is a prerequisite for a breach becomes a matter to be determined by

152 G. Salvioli, La responsabilité des Etats et la fixation des dommages et intérêts par les tribunaux internationaux, in Recueil des Cours de l'Académie de Droit International de La Haye, t. 28, III, 1929, p.

235.

153 G. Salvioli, Les règles générales de la paix, in Recueil des Cours de l'Académie de Droit International de La Haye, t. 46, IV, 1933, p. 122.

154 Si vedano ad esempio: H. Briggs, A. De Luna, L. Cavaré, J.P. Queneudec in Yearbook of the International Law Commission, 1963, Vol. II, Parte I, pp. 240 ss.

155 Per un’analisi approfondita si veda: B. Bollecker-Stern, Le préjudice, op. cit., p. 42-49. 156 B. Bollecker-Stern, Le préjudice,op. cit., p. 49.

157 J. Crawford, State Responsibility: The General Part, Cambridge University Press, Cambridge, 2013, p. 54-55.

47

the relevant primary rule”158. Per ciò che concerne la responsabilità, è stato osservato che le

norme di diritto internazionale coprono le più disparate materie e spesso risulta difficile individuare dei veri e propri danni diretti e concreti causati dalla loro violazione, come avviene ad esempio nel caso delle norme sui diritti umani, o sulla protezione ambientale, o sul disarmo. In generale ciò accade per tutte quelle norme che impongono degli standard di comportamento in capo agli Stati. Qualora il danno rappresentasse un requisito per fondare la responsabilità dello Stato autore della violazione si andrebbe allora ad indebolire l’efficacia di tali norme con la conseguenza di rendere più insicure le relazioni internazionali. Infatti, uno Stato consapevole della difficoltà per lo Stato vitttima di provare il danno, potrebbe agire in maniera più spregiudicata nella speranza che la sua responsabilità possa non essere provata dallo Stato che ha subito il danno159. La soluzione accolta negli articoli 1 e 2 del Progetto del 2001 consiste

dunque nell’omettere qualsiasi riferimento al danno, individuando gli elementi essenziali dell’illecito nella violazione di un obbligo internazionale e nell’attribuzione della condotta ad uno Stato, e facendo infine derivare la responsabilità degli Stati da ogni atto internazionalmente illecito.

Il problema del prerequisito del danno per poter reagire in autotutela ha posto poi questioni nuove nel caso delle violazioni di obblighi erga omnes. In particolare, si è posto il problema delle differenti modalità di reazione tra lo Stato o gli Stati che hanno subito danni concreti e materiali e quegli Stati che hanno subito un semplice pregiudizio giuridico dovuto all’illecito erga omnes. Secondo l’opinione di Bollecker-Stern, tutti gli Stati legittimati a far valere la responsabilità dovrebbero considerarsi lesi, con la differenza che uno Stato leso nel suo diritto soggettivo avrebbe l’interesse giuridico a che tale diritto non sia violato, mentre gli altri Stati avrebbero il solo interesse al rispetto del diritto oggettivo160. Tale impostazione si fonda,

però, sul presupposto dell’esistenza e della validità di un contenzioso della legalità nel diritto internazionale, che invece, nell’opinione di chi scrive non può configurarsi nell’ordinamento internazionale. Altri autori, tra i quali si segnala in particolare Picone, hanno approfondito il ruolo della Stato leso in occasione di un illecito erga omnes, analizzando le possibili interazioni tra la reazione di tale Stato e le modalità di reazione degli Stati che, pur subendo un pregiudizio giuridico, non risultano concretamente danneggiati. Il punto di partenza dell’autore è quello di riconoscere in capo a tutti gli Stati che hanno subito il pregiudizio giuridico, conseguente alla

158 Ibid, p. 57.

159 Nelle parole di Crawford, Ibid, p. 58: “If damage where to be made a distinct prerequisite for State responsibility, the onus would be on the injured State to prove that damage, yet in respect of many obligations this may be difficult to do. A State could proceed to act inconsistently with its commitment, in the hope or expectation that damage might not arise or might not be able to be proved. This would tend to undermine and render insecure international obligations.”

160 B. Bollecker-Stern, Et si on utilisait le concept de préjudice juridique? Retour sur une notion délaissée à l’occasion de la fin des travaux de la C.D.I. sur la responsabilité des Etats, in AFDI, vol. XLVII, 2001,

48

violazione di un obbligo erga omnes, la facoltà di reagire in autotutela. Allo stesso momento, l’analisi svolta mette in luce come allo Stato leso dovrebbe essere riconosciuto un potere di gestire in via prioritaria la reazione in ragione della sua particolare inerenza all’illecito. Il potere di coordinamento dello Stato leso non è, però, inteso ad affermare la prevalenza degli interessi individuali di tale Stato sugli interessi collettivi della Comunità, ma è volto a riconoscere un ruolo primario allo Stato maggiormente colpito dalla violazione. Nel caso in cui lo Stato leso non sia in grado di reagire, agli altri Stati sarebbe, invece, consentito di reagire autonomamente, rilevandosi scarsamente efficace il “duty to cooperate” sancito dall’art. 41 del Progetto di articoli161.

Alla luce di ciò che precede, le posizioni della dottrina riguardo il prerequisito del danno nelle violazioni “ordinarie” del diritto internazionale, risultano applicabili anche al caso in cui la violazione riguardi un obbligo erga omnes. Di conseguenza, nel caso di un illecito erga

omnes, il pregiudizio giuridico deve riconoscersi in capo a tutti gli Stati della Comunità

internazionale che quindi saranno legittimati a reagire in autotutela. La contemporanea presenza di Stati che hanno subito e Stati che non hanno subito danni concreti, solleva però la necessità di interrogarsi sulle possibili interazioni tra le due categorie di soggetti lesi. Sull’argomento il Progetto di articoli del 2001, oltre a non offrire soluzioni in merito, sembra rinnegare la posizione che era stata seguita fino a quel momento dai precedenti rapporteurs, ossia quella di riconoscere a tutti gli Stati della Comunità internazionale la qualità di Stati lesi in occasione di illeciti erga omnes. Il Progetto del 2001 opera invece una distinzione tra Stati lesi e Stati diversi da quello leso, senza peraltro approfondire la questione del titolo di legittimazione a reagire e della posizione giuridica degli Stati diversi da quello leso.

Documenti correlati