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La correzione degli errori materiali

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 149-152)

3. Natura camerale e specialità del procedimento

4.4. La correzione degli errori materiali

Il D.Lgs. 14/2019 ha, come anticipato, modificato la disciplina inerente alla correzione degli errori materiali, prima contenuta sub art. 98 c.5 l. fall. ed ora inclusa nella norma inerente al procedimento (applicabile alle impugnazioni), ovverosia l’art. 207 CCII.

Appare preliminare rispetto alla disamina della nuova disciplina un approfondimento circa il procedimento della correzione degli errori materiale nel vigore della legge fallimentare. Nello specifico, l’art. 98 c.5 l. fall.381 introduce un procedimento che risulta, rispetto a quello contenuto negli artt. 287-288 c.p.c. semplificato. Infatti, la legge fallimentare non distingue a seconda che l’istanza per la correzione provenga da una sola parte, ovvero sia congiunta, ingenerando il dubbio che si debba sempre e comunque instaurare il contraddittorio tra le parti, ovvero si possa procedere alla correzione immediatamente. A tal proposito, la dottrina non è unanime. secondo un primo orientamento, la lacuna contenuta nell’art. 98 c.5 l. fall., inerente alla richiesta congiunta per la correzione, sarebbe giustificata dalla difficoltà di immaginare, nell’ambito del procedimento di accertamento fallimentare, un’istanza proveniente da tutte le parti le quali, di norma, sono in numero elevato. Da ciò si è desunto che la decisione sull’istanza dovrebbe avvenire sempre nel contraddittorio delle parti e, a tal fine, non parrebbe eludibile la necessità di fissare un’apposita udienza, seppur ciò non sia previsto espressamente dalla norma.382

Secondo un differente e maggiormente condivisibile orientamento, il riferimento alla necessità di sentire il curatore e la parte interessata depone nel

381 Tale norma recita: “Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto dal giudice delegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata”

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senso della avvenuta soppressione dell’udienza di cui all’art. 288 c.2 c.p.c., ferma restando la necessità di consentire alle parti direttamente coinvolte dal provvedimento, nel rispetto del principio del contraddittorio, di interloquire in proposito.383 D'altronde la semplificazione prevista dall’art. 98 c.5 l. fall. sta proprio nel fatto che non risulta necessaria la fissazione di un’apposita udienza. In altri termini, il diverso orientamento renderebbe la norma in parola un inutile doppione di quanto già previsto dal codice di rito.

Sulla scia di tali incertezze dottrinarie il nuovo art. 207 CCII detta una disciplina più chiara ma non priva di aporie. In particolare è affermato che “Gli errori materiali contenuti nel decreto sono corretti con decreto dal tribunale senza necessità di instaurazione del contraddittorio se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione. Se è chiesta da una delle parti, il presidente del collegio, con decreto da notificarsi insieme con il ricorso, fissa l’udienza nella quale le parti debbono comparire davanti al giudice designato come relatore. Sull’istanza il collegio provvede con decreto, che deve essere annotato sull’originale del provvedimento.”

Come si nota, la norma in commento effettua un distinguo, analogamente a quanto compiuto dall’art. 288 c.p.c., a seconda che l’istanza di correzione provenga da tutte le parti congiuntamente, ovvero da una sola di esse. Nel primo caso, l’instaurazione del contraddittorio risulta superflua; nel secondo, invece, viene fissata l’udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice relatore.

La disciplina risulta così conforme a quella prevista dal codice di rito e a sua volta conferma quanto specificato con riferimento al comma 10 art. 207 CCII, ovverosia che le norme del rito ordinario che risultano applicabili all’opposizione sono solo ed esclusivamente quelle contemplate dal CCII, essendo il relativo procedimento speciale.

Quanto all’oggetto della correzione, essa può vertere esclusivamente attorno agli “errori materiali” in cui possa essere incorso il giudice delegato, dovendosi con tale espressione individuare tutte le disattenzioni o sviste che senza incidere

383 FAUCEGLIA, Le impugnazioni dello stato passivo, in CAGNASSO-PANZANI, Crisi d’impresa e procedure concorsuali, Milano, 2016, 1729ss; MONTANARI, Sub. Art. 98 l. fall, cit., 1498ss

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sul processo formativo o dichiarativo della volontà del giudice caratterizzano esclusivamente l’operazione di redazione dello stato passivo: ne sono elementi costitutivi, pertanto, sia la riconoscibilità icto oculi ad opera delle parti, sia la necessità di poterli apprendere senza dover ricorrere ad un’indagine sulla volontà del giudice. Sembra, dunque, possibile interpretare il riferimento agli errori materiali come relativo non solo ai semplici refusi (lessicali o numerici), ma anche agli errori di calcolo e alle omissioni, com’è previsto, del resto, per l’analogo procedimento comune.

L’analogia tra l’art. in parola e l’art. 288 c.p.c. suggerisce, tuttavia, qualche riserva sull’opportunità di collocare la previsione in esame all’interno della stessa norma in cui sono trattati i mezzi di impugnazione dello stato passivo: le caratteristiche del procedimento di correzione degli errori materiali escludono, infatti, la possibilità di qualificare l’istanza introduttiva alla stregua di un vero e proprio mezzo di gravame, non potendosi rintracciare i requisiti minimali per poter parlare di impugnazione.384 Si tratta, pertanto, di un rimedio non avente carattere impugnatorio, con la conseguenza che in esso non trovano applicazione le regole in tema di legittimazione attiva riguardanti, in generale, le impugnazioni dello stato passivo, ed i tale prospettiva lo stesso curatore potrebbe richiedere la correzione del provvedimento del giudice in senso migliorativo della posizione del creditore.

Da quanto detto risulta che il legislatore della riforma avrebbe potuto assegnare alla disciplina inerente alla correzione degli errori materiali una collocazione più adeguata.

A ciò occorre aggiungere un’ulteriore considerazione in chiave critica. Nello specifico, nulla si è detto con riferimento ai rimedi che possono essere esperiti avverso il decreto di correzione che viene annotato sull’originale. Le soluzioni astrattamente ipotizzabili sono due. O si ritiene di applicare l’art. 124 CCII, disciplinante il reclamo contro i decreti emessi dal giudice delegato o dal tribunale; ovvero si potrebbe esperire contro l’originale annotato uno dei rimedi ex art. 206 CCII. Le considerazioni svolte con riferimento all’erronea collocazione del procedimento de quo suggeriscono di assegnare al decreto in

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parola autonoma dignità, il che porterebbe alla conclusione per la quale esso sarebbe autonomamente impugnabile attraverso il rimedio di carattere generale previsto dall’art. 124 CCII.

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