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Segue. Le ragioni di fatto e di diritto su cui è fondata l’opposizione

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 85-88)

2. La discussa natura impugnatoria dell’opposizione e suo modello di riferimento

2.4. Segue. Le ragioni di fatto e di diritto su cui è fondata l’opposizione

2.4. Segue. Le ragioni di fatto e di diritto su cui è fondata l’opposizione

Come anticipato, il legislatore non ha chiarito quale sia il modello di riferimento delle impugnazioni in oggetto. All’uopo, la previsione della necessaria indicazione delle ragioni di fatto e di diritto su cui è fondata l’opposizione farebbe propendere per una maggiore vicinanza al modello dell’appello nel processo ordinario di cognizione, posto che il legislatore negli artt. 669-terdecies e 739 c.p.c. non ha fatto alcun cenno alla necessaria indicazione degli elementi su cui si basa l’impugnazione. Va specificato, tuttavia, che anche tale conclusione non appare poi così scontata, dato che la Suprema Corte,226 anche nei reclami, ha sostenuto la necessità che il ricorso contenga specifiche critiche al provvedimento impugnato nonché l’esposizione delle ragioni per le quali se ne chiede la riforma.

225 CANALE, op.cit., 200 ss. 226 Cass. 25 febbraio 2008, n. 4719

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A prescindere da qualsivoglia questione classificatoria, tuttavia, la vera problematica attiene, comunque, alla corretta definizione dell’espressione “esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione” contenuta nell’art. 99 c.2 n.3) ed alla possibile sanzione ricollegata alla mancata indicazione delle ragioni dell’impugnazione.227

Per ciò che concerne il primo profilo, ovverosia quello attinente alla definizione della locuzione contenuta sub art. 99 l. fall., l’opponente non può limitarsi a riproporre le medesime ragioni di fatto e di diritto già esaminate e rigettate dal g.d. con il decreto di esecutività dello stato passivo. Egli infatti deve precisare la parte di provvedimento oggetto di censura nonché le ragioni sottese alla censura medesima.

Detta conclusione appare, d’altra parte, coerente con la previsione di un modello di impugnazione dello stato passivo unitario, che abbraccia le tre species dell’opposizione, l’impugnazione e la revocazione. Infatti, nell’impugnazione dei crediti ammessi e nella revocazione 228 l’opponente deve necessariamente individuare il vizio del provvedimento del g.d.229

Con riferimento al secondo profilo, la dottrina appare divisa. Secondo una prima ricostruzione,230la mancata indicazione delle ragioni dell’impugnazione, così previamente definite, determina l’inammissibilità dell’opposizione allo stato passivo, e la conseguente definitività, ai fini del concorso, dell’accertamento contenuto nel decreto di esecutività dello stato passivo conseguente.

Secondo una differente e preferibile interpretazione, all’eventuale vizio del ricorso non potrebbe ricollegarsi la sanzione dell’inammissibilità. Infatti, a differenza di quanto previsto dall’art. 342 c.p.c., nell’art. 99 l. fall. non si fa alcun cenno alla specificità del motivo. L’omessa indicazione dei motivi su cui si basa l’opposizione si tradurrebbe, quindi, nel consolidamento degli effetti di quella

227 NARDECCHIA, Opposizione allo stato passivo, in Ferro (a cura di), Le insinuazioni al passivo, Padova, 2010, 747.

228 Rimedio che ha natura tipicamente rescindente ed è esperibile solamente quando sono già decorsi i termini per la proposizione di altre impugnazioni dello stato passivo, il cui accesso è subordinato alla specifica censura di vizi predefiniti dalla legge.

229 CAVALLINI, Formazione ed impugnazione dello stato passivo: poteri processuali del creditore, in Fall, 2009, 700

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parte del decreto di esecutività dello stato passivo non esplicitamente censurati, ovvero, qualora non sia in discussione l’ampiezza dell’impugnazione, il vizio del ricorso legittimerebbe la parte resistente a non subire le preclusioni correlate ai limiti imposti alla costituzione in giudizio di cui all’art. 99 c.7 l. fall.231

Da tale premessa circa la necessità di individuare le censure da muovere contro il decreto di esecutività dello stato passivo, pur in assenza di sanzione di inammissibilità espressamente prevista, sorge il quesito sul se vi sia o meno un limite all’effetto devolutivo automatico rispetto alle questioni affrontate e risolte dal giudice delegato per respingere anche solo parzialmente la domanda del creditore impugnante.

Innanzitutto, il ricorrente in opposizione allo stato passivo, postulando un rinnovato accertamento del proprio credito o sul diritto sul bene acquisito al fallimento, ha l’onere di individuarli; in secondo luogo, egli è onerato di allegare tutti i fatti che ritiene poter rappresentare il fondamento dell’impugnazione. Tuttavia,232 come si è detto, la mancata trasposizione, seppur in sede di giudizio di impugnazione, dell’indicazione di motivi specifici di cui all’art. 342 c.p.c. vuole proprio escludere la sanzione dell’inammissibilità del giudizio. Pertanto, si è lontani dal modello dell’appello civile, che per mezzo dei motivi specifici ex art. 342 c.p.c. e della disposizione contenuta sub art. 346 c.p.c. sembra voler limitare l’effetto devolutivo automatico del gravame, preordinando il dovere decisorio del giudice d’appello sulle sole questioni denunciate nei motivi e conformando il giudizio quasi verso una struttura cassatoria.233 Infatti, al ricorrente, soprattutto nel giudizio di opposizione allo stato passivo, è consentito devolvere in seconde

231 FABIANI, Impugnazioni dello stato passivo, raccordo con il procedimento sommario e

reclusioni, op.cit., 638; CAVALLINI, op. cit., secondo il quale, tuttavia, la funzione de “motivi”

subisce una necessaria rivalutazione nella peculiare situazione impugnatoria dell’accertamento dello stato passivo data dalla domanda di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c. Essa, infatti, è essenzialmente determinata dalla specifica individuazione del vizio “occulto” e comunque proponibile, come già anticipato, solo dopo che siano decorsi i termini per la proposizione delle precedenti impugnazioni dello stato passivo. Di qui è possibile desumere la “sanzione” dell’inammissibilità della domanda di revocazione ogni qual volta il ricorso introduttivo sia privo dell’individuazione del vizio del provvedimento del g.d. che, in assenza di altre impugnazioni (evidentemente non più proponibili), continua a produrre effetti ai soli fini del concorso.

232 CAVALLINI, Sub art. 99 l. fall, in Id (a cura di), Commentario alla legge fallimentare, 2010, 867 ss

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cure anche tutto il thema decidendum sulla propria situazione giuridica senza doverlo enucleare a guisa di motivo specifico di impugnazione. In altri termini, viene recuperata la pienezza di una potenzialmente completa e rinnovata cognizione anche a prescindere da una specifica censura della motivazione del decreto di esecutività dello stato passivo. In concreto, comunque, il ricorrente dovrà certamente convincere il tribunale adito dell’ingiustizia del decreto del giudice delegato, nella parte in cui ha respinto in tutto o in parte la domanda di insinuazione; per tale fine egli formulerà delle motivazioni per le quali il giudice dell’opposizione dovrebbe accogliere l’impugnazione, sì da qualificare di serietà il fondamento della medesima.

Ciò, tuttavia, non consente di ammettere de plano una devoluzione automatica dell’oggetto dell’accertamento contenuto nello stato passivo, bensì un onere di allegazione dei fatti che il ricorrente ritiene alla base dell’impugnazione e sui quali si viene a concretizzare il dovere decisorio del giudice adito, eccettuate le questioni rilevabili d’ufficio: non è evidentemente l’applicazione diretta dell’art. 346 c.p.c., ma comunque è l’indice inequivocabile di una ratio identica che sottende l’esigenza di evitare una devoluzione, in via automatica, piena.234

2.5. Segue. La reformatio in peius

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