“N
AszA WiedzA Jest niestetynAprAWdę trAgiCznA, Bo śWiAt nie Jestw stanie z niej korzystać”. È questa frase della prima lettera di Aleksander Wat conservata all’Archivio Herling di Napoli (14 marzo 1957) a “dare il la” a una corrispondenza non vasta, ma molto densa e per molti versi anch’essa tragica, tra due scrittori ben diversi e appartenenti a due differenti generazioni (Wat nato nel 1900; Herling nel 1919), ma affratellati non solo dalla comune esperienza della prigionia sovietica. Tra fasi alterne e lunghi silenzi, i due continueranno infatti a scriversi lungo tutto il decennio successivo, fino alla morte volontaria di Wat, avvenuta il 29 luglio 1967, e in un certo senso – come vedremo – anche oltre quella.
“Quello che noi sappiamo purtroppo è veramente tragico, perché il mondo non sa cosa farsene”...
C’è tutta la “cosmica malinconia”1 di Wat in quella semplice constatazione,
la sua continua lotta tra “l’ordine dello spazio e l’ordine del tempo”2 – en-
trambe caratteristiche che si potrebbero ugualmente attribuire all’autore di
La torre – nonché quel carattere anche involontariamente profetico della 1] Sono le due ultime parole del racconto L’ebreo errante (Żyd wieczny tułacz), appartenente alla raccolta Bezrobotny Lucyfer (Lucifero disoccupato) del 1926/27, in italiano in: A. WAT, L’ebreo
errante, a cura di L. MARINELLI, Salerno Editrice, Roma 1995, pp. 27-55.
2] Cfr. A. WAT, L’antinomia per me più terribile…, in: Id., Lume oscuro, a cura di L. MARINELLI, Lithos, Roma 2006, pp. 340-341.
C
ONFERENZE 132
118
LUIGI MARINELLI
sua scrittura che lo stesso Herling avrebbe notato qualche anno dopo a proposito della ristampa censurata della raccolta di racconti giovanili Lucifero
disoccupato (che in realtà era del 1926-27)3. Lo stesso Wat racconta infatti
a Miłosz nel Mio secolo:
Pensa che quando nel 1959 Herling Grudziński ricevette una copia della seconda edizione postbellica del Lucifero, mi scrisse in una lettera: «Aleksander, ma tutto questo
l’hai scritto dopo la disillusione, vero? Dopo che ti sei allontanato dal comunismo?»4.
E infatti oggi che in tutta apparenza la guerra fredda è finita, l’Unione Sovietica non esiste più, la Polonia è uno stato libero e indipendente e quella europea si chiama Unione, addirittura presieduta da un polacco, tuttavia la guerra russo-ucraina, il conflitto israelo-palestinese, le atrocità del terrorismo islamico da una parte e di Abu Ghraib e Guantanamo dall’altra, i totalitarismi più o meno de-ideologizzati sparsi qua e là nel mondo, il fatto che le televisioni di tutto il pianeta mostrino quasi ogni giorno la piccola figura di “un tipico čekista sovietico che ascende al trono di Russia incedendo tronfio sul tappeto rosso del Cremlino”5 – tutto questo non
potrebbe ancora dar piena ragione al Wat cinquasettenne di cinquantasette anni fa, e convincerci con lui che: “Quello che noi sappiamo è purtroppo veramente tragico, perché il mondo non sa cosa farsene”?
Le lettere di Wat a Herling sono ancora completamente inedite. Alina Kowalczykowa, redattrice di un’edizione parziale e non curatissima dell’e- pistolario di Wat6, prese sbrigativamente sul serio l’informazione (non so
quanto voluta, svogliata o piuttosto reticente) di Gustaw Herling che non se ne fosse conservata copia. Scriveva infatti nel Posłowie della sua edizione in due volumi. “Listy Wata do Gustawa Herlinga-Grudzińskiego, jak wyjaśnił adresat, nie zostały zachowane; jedyny znajdujący się w tym tomie list Wata do Herlinga – to brudnopis, znajdujący się w Beinecke Library”7.
3] Cfr. A. WAT, Bezrobotny Lucyfer, F. Hoesick, Warszawa 1927 (ma 1926). In italiano la traduzione di questa raccolta fu divisa dall’Editrice Salerno nelle due pubblicazioni della Collana Minima allora diretta da Floriana Calitti e Francesco Erspamer: Lucifero disoccupato, a cura di L. MARINELLI, Salerno Editrice, Roma 1993 e L’ebreo errante, cit.
4] A. WAT, Il mio secolo. Memorie e discorsi con Czesław Miłosz, a cura di L. MARINELLI, Sellerio, Palermo 2013, p. 70. Wat (e Herling) si riferiscono qui alla riedizione ridotta e censurata: A. WAT,
Bezrobotny Lucyfer, Czytelnik, Warszawa 1960.
5] A. POLITKOVSKAJA, La Russia di Putin, Adelphi, Milano 2004, p. 278.
6] Cfr. A. WAT, Korespondencja, voll. I-II, a cura di A. KOWALCZYKOWA, Czytelnik, Warszawa 2005. I due volumi delle lettere in questione si andavano a inserire nell’edizione delle Opere complete (Pisma zebrane) di Aleksander Wat, dello stesso editore, non ancora completata.
7] Ibidem, vol. II, p. 505 (“Come ha chiarito il destinatario, le lettere di Wat a Gustaw Herling Grudziński non si sono conservate; l’unica che si trova in questo volume è una brutta copia reperita nella
C
ONFERENZE 132
119
SULLA CORRISPONDENZA WAT – HERLING
Grazie alla gentilezza e disponibilità di Marta Herling e allo splendido lavoro di Joanna Borysiak e dell’equipe della Biblioteka Narodowa di Varsavia incaricata della catalogazione e digitalizzazione dell’archivio napoletano di Gustaw Herling Grudziński, invece, ho avuto accesso a questo piccolo tesoro, trovandovi 70 missive di varia entità di Wat a Herling, alle quali – fra quelle fin qui ritrovate e pubblicate – bisogna aggiungere almeno una decina di lettere nella direzione opposta, ma si dovrà senz’altro completare e precisare la ricerca nell’Archivio Wat che si trova attualmente alla Beinecke Library di Yale.
Ovviamente, per entità, la corrispondenza Wat-Herling, iniziata in un periodo particolarmente intenso per l’attività di entrambi (oltreché ovvia- mente per la storia polacca ed europea), è inconfrontabile con altri carteggi del genere (e in particolare con la mole enorme dello scambio epistolare Herling-Giedroyc, per cui si veda il contributo di Zdzisław Kudelski nel pre- sente volume). Tuttavia rappresenta anch’essa un documento straordinario di come due grandi scrittori, giunti nel pieno della loro maturità artistica, pur partendo da punti di vista anche assai diversi su molte questioni e forse anche da un relativo reciproco sospetto (all’inizio della loro conoscenza Wat possedeva ancora il passaporto della Repubblica Popolare Polacca – PRL), riuscissero a intraprendere liberamente un dialogo intellettuale e umano di grande spessore sui temi a loro più cari: la Russia, popolo e nazione, e l’impero sovietico; le possibilità di un reale rinnovamento e di libertà della letteratura dopo il “disgelo”; le opportunità di stampa delle opere loro e di altri in Polonia e all’estero (in quell’anno Wat stava per pubblicare Wiersze8;
Herling, dopo aver da poco ripreso la collaborazione con “Kultura”, stava per pubblicare da Laterza la prima sfortunata edizione italiana di Un mondo
a parte9 e cercava di diffondere la letteratura polacca su “Tempo presente”);
gli scontri, previsti e imprevisti, con le incomprensioni e le chiusure dei cosiddetti “intellettuali di sinistra”, e non solo di sinistra, occidentali. Esem- plare il caso di Bruno Meriggi – “rzecz nie do wiary, a jednak prawdziwa”10
(commentava Herling a Wat) – il quale si rifiutava di tradurre per “Tempo presente” delle poesie di Wat e di altri giudicate “propagandistiche”, salvo poi scoprire lo stesso Herling che il lettorato di lingua ceca tenuto in quegli anni dal prof. Meriggi a Firenze era pagato dalle autorità praghesi (65 dollari, secondo l’attendibile ricordo di Anton Maria Raffo, allora allievo di Meriggi a
Beinecke Library”).
8] Cfr. A. WAT, Wiersze, Wydawnictwo Literackie, Kraków 1957. 9] Cfr. G. HERLING, Un mondo a parte, Laterza, Bari 1958.
10] “Cosa incredibile, ma vera”; lettera di G. Herling ad A. Wat, Napoli 6 aprile 1957, in: A. WAT,
C
ONFERENZE 132
120
LUIGI MARINELLI
Firenze)11. Pochi, ma eloquenti in queste lettere gli accenni alla loro vita di
esuli (o, nel caso di Wat, ancora per non molto, di nomade di lusso) e alle loro faccende familiari (meraviglioso l’accenno di Herling ai suoi due figli, con la piccola Marta che “rozwija się doskonale i mimo 5 miesięcy juz nieźle utrzymuje się w pozycji siedzącej”)12…
Da parte sua Wat scrive spesso lettere-fiume, sorta di piccoli trattati, a volte sfoghi letterari e poi, col tempo, sempre più privati, nei quali, oltre a manifestarsi la sua predisposizione naturaliter conversatoria (quella che qualche anno dopo avrebbe reso possibile il miracolo delle “memorie parlate” in Mój wiek), Wat esterna i suoi piaceri e dispiaceri artistici e politici e, col passare degli anni, anche l’amarezza per le personali “incomprensioni” (nieporozumienia) intercorse con gli amici vecchi e nuovi, a causa della sua difficile posizione di esule non proprio allineato con certe linee dominanti nell’emigrazione polacca sia londinese che parigina. Simili sentimenti non erano e non sarebbero stati sconosciuti anche a Gustaw Herling nel corso del tempo. Così in una lettera a Czapski del penultimo anno di vita (datata “dopo il 14 ottobre 1965”), Wat avrebbe scritto accoratamente: “Ja od dawna muszę odreagowywać (brr!) na “nieporozumienia” z przyjaciółmi listami długimi. Tak, jeżeli pamiętasz, napisałem osiem stron listu do Adolfa Rudnickiego. Także do Herlinga i do innych. Ale nie wysyłam ich, i po pewnym czasie drę”13.
L’argomento-cardine dell’epistolario Wat-Herling (pur ricco – come si sarà capito – di tanti altri riferimenti alla vita politica, letteraria e sociale dell’epoca) resta tuttavia la Russia, la “loro” Russia14, e qui (Wat lo vorrà
11] Ringrazio cordialmente il prof. Anton Maria Raffo che mi ha confermato la notizia in una, come sempre, piacevole chiacchierata telefonica del 24 agosto 2014, ore 17.30 c.
12] “Vien su perfettamente e nonostante abbia solo 5 mesi, si sa mettere già benino in posizione seduta”; lettera di G. Herling ad A. Wat, Napoli 19 aprile 1958, in: A. WAT, Korespondencja, op. cit., vol. II, p. 106.
13] Lettera di A. Wat a J. Czapski, in: A. WAT, Korespondencja, op. cit., vol. I, p. 112: “Già da molto tempo devo “reagire” (brr!) alle ‘incomprensioni’ con gli amici in lunghe lettere. E così, se ti ricordi, ho scritto 8 pagine di una lettera ad Adolf Rudnicki. Anche a Herling e ad altri. Ma poi non le spedisco, e dopo un po’ di tempo mi sento a pezzi”. Nelle lettere Wat, come forse suo solito anche nella poesia e nei racconti, ama mescolare stile alto e umile: si noti in questo caso l’uso del verbo drzeć (fam. intrans. appunto per „sentirsi le ossa a pezzi”).
14] Sul tema “Wat e la Russia” e relativa bibliografia, mi permetto di rimandare al mio articolo: L. MARI- NELLI, Dalla comune sofferenza alla comune speranza. Aleksander Wat e la letteratura russa, in: AAVV, Kesarevo Kesarju. Scritti in onore di Cesare G. De Michelis, a cura di M. CICCARINI, N. MARCIALIS, G. ZIFFER, FUP, Firenze 2014, pp. 295-309. Della vasta bibliografia in tutte le lingue riguardante il complesso e ricco argomento “Herling e la Russia”, basti solo ricordare qui alcuni volumi apparsi anche in italiano: G. HERLING, Gli spettri della rivoluzione e altri saggi, Ponte alla Grazie, Firenze 1994; Ricordare, raccontare, a cura di P. SINATTI, L’ancora del mediterraneo, Napoli 1999; Variazioni sulle tenebre. Conversazione sul male, a cura di E. DE LA HEÉRONNIÈRE, L’ancora del mediterraneo, Napoli 2000.
C
ONFERENZE 132
121
SULLA CORRISPONDENZA WAT – HERLING
sottolineare fin dall’inizio) – benché l’analisi, i ricordi e le visioni dei due scrittori divergessero in più punti – la scoperta fondamentale consiste nel chiaro riconoscimento proprio in questo carteggio del momento della lettura di Un mondo a parte (fatta in quelle settimane della primavera 1957 a Taormina) quale origine dell’idea de Il mio secolo, il “diario parlato” di Aleksander Wat, che però avrebbe visto la luce postumo soltanto venti anni dopo, diventando peraltro uno dei più importanti “best-seller proibiti” della fine degli anni ‘70.
Quasi infastidito, Herling riportava infatti a caldo nella sua Agenda 1957 – lo scritto intenso ancora inedito, a tratti molto intimo, in cui di giorno in giorno annotava fatti, pensieri, emozioni nel secondo anno della sua nuova vita partenopea – (il biglietto di Wat a cui si riferisce era di soli tre giorni prima): “25 lutego, poniedziałek. Listy: od Wata z Taorminy (znowu “przeglądałem tylko pana książki, bo mi je pożyczono w Warszawie na parę godzin”)”15.
E tuttavia avrebbe ceduto all’insistenza di Wat e gli avrebbe spedito il libro. Ed ecco, esattamente un mese dopo, la reazione alla lettura di Inny
świat da parte del futuro autore di Mój wiek, il quale confessa che proprio
“per l’influsso del libro di Herling aveva deciso di mettere nero su bianco le proprie traversie” in Russia, “diverse, eppure così identiche!”:
Pańska książka – za egzemplarz i dedykację dziękuję! – jest niezwykła, szczytowa. Mam na myśli nie tzw. wartości literackie i „sztukę pisania” [...] – ale głębię, zasięg obserwacyj, analiz, penetracyj i przeżycia doświadczeń, ich jasnego widzenia. Dużo tu dla mnie rewelacyj, dużo pięknych i słusznych uogólnień dla moich własnych doświadczeń, które coprawda były inne (a tak tożsame!), bo ja w łagrach nie siedziałem, za to poznałem 12 różnych tiurem i nieprzebrane mnóstwo ludzi z łagrów. Tylko w jednym nasze doświadczenia bardzo się różnią. Urków poznałem z nieprzeczuwanej strony. Siedziałem kilka miesięcy z 30-toma, w tym 11 arcybandytów. Mieli mnie biczem zmusić do przyjęcia dokumentów sowieckich. Nie zdjęli [?? parola difficilmente leggibile, LM], a nawet uratowali mi życie.
Znalazłem śród nich ludzi wspaniałych, niezwykle inteligentnych, ba – szlachetnych! Z ogromnym poczuciem potrzeby sprawiedliwości (o czym i Pan gdzieś pisze), dobra, czystości. Ludzie na prawdę wypaczeni precz ustrój, wybitni, którzy w innym 15] Ringrazio di cuore Marta Herling per avermi dato in lettura questo diario intimo del 1957 di Gustaw Herling, documento preziosissimo e a tratti sconvolgente, dei moti dell’anima dello scrittore da poco tempo stabilitosi nella città partenopea. “25 febbraio lunedì. Lettere: da parte di Wat, da Taormina (di nuovo: “ho solo sfogliato il suo libro che mi venne prestato a Varsavia solo per alcune ore”)”.
C
ONFERENZE 132
122
LUIGI MARINELLI
ustroju może byliby po prostu anarchistami. Albo artystami. Dałoby się o tym wiele powiedzieć.
Pod wpływem Pana książki postanowiłem spisać jednak swoje przeżycia. Najtrudniejsza – selekcja. I oderwanie się od subiektywizmu (znakomicie się to Panu udało). Nie robiłem tego dawniej w kraju – bo pod grozą możliwych i spodziewanych rewizji itd. A potem choroba moja dziwaczna pozwala mi jeszcze owszem pisać wierszem, ale prozy nie lubi – proza dziwnie męczy moją korę mózgową. Ale może teraz będzie
i z tym lepiej16.
Basterebbe – credo – questo solo passo per valutare obiettivamente l’importanza del carteggio Wat-Herling, il cui senso generale mi pare si racchiuda nella comunanza del doppio sentimento russofilo e antisovietico/ antitotalitario dei due scrittori17, e nella dialettica delle loro diverse, ma
certamente non inconciliabili visioni dei rapporti fra stato, regime, nazione, popolo, cultura e letteratura russa. Una delle questioni più importanti per il futuro autore de Il mio secolo sarebbe stata infatti quella inevitale “macchia” con la quale – a sua detta – l’elemento individuale (l’autobio- grafia) andava a “intorbidare” il racconto della storia dopo le tragedie
16] Lettera datata 22 marzo 1957 da Taormina – Casa Cosmea, via Pirandello 14; “Il suo libro – grazie per la copia e la dedica! – è straordinario, eccelso. Penso non ai cosiddetti valori letterari e all’”arte della scrittura” […], ma alla profondità e ampiezza dell’osservazione, delle analisi, della penetrazione e vicissitudine delle esperienze, alla loro chiara visione. Per me ci sono qua molte rivelazioni, tante belle e giuste generalizzazioni delle mie stesse traversie, che furono diverse (eppure così identiche!), giacché io non sono stato rinchiuso nei campi di lavoro, ma in cambio ho conosciuto 12 diverse prigioni e una schiera innumerevole di persone provenienti dai lager. Soltanto in una cosa le nostre esperienze si differenziano molto. Gli urki li ho conosciuti da un punto di vista inatteso. Sono stato rinchiuso per 11 mesi con una trentina di loro, fra cui 11 dei veri banditi. A forza di frustate avrebbero voluto convincermi a prendere la cittadinanza sovietica. Quelli non solo non mi tolsero, ma addirittura mi salvarono la vita.
Fra essi conobbi persone stupende, straordinariamente intelligenti, perfino piene di nobiltà! Con un enorme bisogno di senso della giustizia (cosa di cui anche Lei scrive da qualche parte), del bene e della purezza. Persone davvero deformate dal regime, eccezionali, che forse sotto un altro sistema sarebbero stati semplicemente degli anarchici. O degli artisti. Se ne potrebbero dire molte cose.
Per influsso del Suo libro ho deciso tuttavia di scrivere le mie esperienze. La cosa più difficile: selezionarle. E staccarsi dal soggettivismo (a Lei è riuscito splendidamente). Non l’ho fatto prima in Polonia, perché sempre sotto minaccia di possibili perquisizioni, controlli ecc. E poi la mia bizzarra malattia mi permette, sì, di scrivere in poesia, ma non ama la prosa: la prosa stranamente stanca la mia corteccia cerebrale. Ma forse ora anche con questo andrà meglio”.
17] In un contesto non vorrei dire ostile, ma anche non del tutto favorevole, e riferendomi proprio all’esperienza di ex prigionieri come Herling e Wat, ho cercato di spiegare questo (banale, ma ancora non a tutti chiaro) distinguo in una tavola rotonda sul tema della “russofobia” occidentale, tenutasi al Centro di cultura russa di piazza Cairoli a Roma il 23 maggio 2013, la cui registrazione video è accessibile on-line all’indirizzo: https://www.youtube.com/ watch? v= 29 yzRpLsJ2E.
C
ONFERENZE 132
123
SULLA CORRISPONDENZA WAT – HERLING
del Novecento18, e tanto più quell’elogio del libro di Herling cui sarebbe
eccellentemente riuscito “staccarsi dal soggettivismo” nel racconto del GULag, suona intimo e sincero nelle parole di Wat.
Il dibattito tra i due scrittori era iniziato ovviamente ancor prima della loro diretta corrispondenza, favorito da quel clima di disgelo, di attesa, e di pur flebile e subito delusa speranza che, nel caso di due vittime dello stalinismo come Wat e Herling, non poteva che indurre anche a un ripensamento su se stessi, le loro stesse vite, il senso del proprio fare letteratura.
Gustaw Herling, infatti, sul numero del 1 luglio 1956 di “Wiadomości” di Londra aveva pubblicato un importante articolo simbolicamente datato 26 maggio [il giorno del putsch di Piłsudski di trent’anni prima, LM] 1956, e intitolato Roztopy (che purtroppo – e non sono io il primo a notare questa parziale incongruenza – l’edizione fin qui nota dei saggi e della pubblicistica di Herling, vol. II 1947-1956, non contiene)19. Wat avrebbe polemizzato con
quest’articolo in un suo scritto allora rimasto inedito, ma poi trascritto da Alina Kowalczykowa e pubblicato nel volume della Publicystyka watiana curato da Piotr Pietrych20.
Quell’articolo allora rimasto manoscritto di Wat è quindi il punto di partenza (critico!) di un fervido dialogo intellettuale con Herling, che evolverà l’anno successivo nella corrispondenza, nella conoscenza e amicizia personale, nella stima e rispetto reciproci, ma non sanerà le differenze di punti di vista dei due scrittori sulla “questione polacca” e sui rapporti fra Polonia Popolare ed emigrazione, tutte questioni che – forse anche per una certa ostichezza dei caratteri di entrambi – porteranno alla fine anche a un certo raffreddamento e allontanamento fra loro.
18] Si veda a questo proposito il famoso brano de Il mio secolo, op. cit., p. 59: “Eppure il peccato, l’errore dell’odierna storiografia (parlo di quella migliore, fatta dagli scrittori) è che si sono confusi quei due fondamentali modi di parlare del tempo: S. Agostino e Livio. Se ad esempio prendiamo un Machiavelli e i suoi Discorsi su Tito Livio, si può provare un enorme piacere intellettuale seguendo la sua linea di ragionamento e di pensiero così incredibilmente pura. Neanche un po’ del modo di S. Agostino. Ma poi, a partire da Rousseau, eccoci di nuovo nell’ambito di quella confusione di storia e autobiografia. Non è forse questo uno dei sintomi della nostra malattia? Intorbidare la storia con la biografia. Non è un vero peccato?”.
19] Su questa lacuna – che l’editore della nuova Opera completa afferma verrà colmata nel volume degli scritti “russi” di Herling – cfr. anche A. M. KOBOS, Moje dotknięcie Herlingiem-Grudzińskim, Zwoje (The Scrolls) 4/24 (2000), on-line http://www.zwoje-scrolls.com/zwoje24/text04p.htm : “W roku 1956, ogłosił w londyńskich Wiadomościach, 27/535, znakomity artykuł Roztopy o kulturalnej odwilży w Związku Sowieckim i Polsce po XX Zjeździe; artykuł z nieznanych mi względów nie przypomniany przez Zdzisława Kudelskiego w 9. tomie Pism zebranych Wyjścia z milczenia)”. Ringrazio qui Zdzisław Kudelski per la sua cortese rassicurazione.
20] Cfr. A. WAT, Oderwijmy się od meteorologii (w sprawie Roztopów), in: A. WAT, Publicystyka, a cura di P. PIETRYCH, Czytelnik, Warszawa 2008, pp. 647-653 e note pp. 653-657.
C
ONFERENZE 132
124
LUIGI MARINELLI
***
Come si sarà potuto intendere anche dalle nostre brevi anticipazioni qua, il carteggio Wat – Herling non rappresenta ovviamente che una piccola onda nel mare delle oltre ventimila lettere e altri importantissimi documenti ancora inediti conservati presso l’Archivio Herling di Napoli. E tuttavia, per l’eccellenza di entrambi i corrispondenti e per la rete di implicazioni personali, artistiche, politiche in cui questo epistolario si andò a inserire, si può certamente affermare che si tratti di un documento a sé stante di notevole valore letterario e documentario. E come al solito la lettura degli epistolari si rivela uno degli strumenti più affidabili per la dettagliata ricostruzione non solo delle biografie dei vari corrispondenti, ma anche delle loro poetiche e visioni del mondo, idiosincrasie e nevrosi, speranze