LO SPAZIO TIRRENICO E IL PAPATO NEI SECOLI IX-XI PROBLEMI DI DEFINIZIONE
4 La Corsica e la problematica esistenza di uno stabile potere centrale
Ignoriamo quando e in quale maniera la Corsica fu sottratta all’impero bizantino. Una data indicativa potrebbe essere il 698, quando l’Esarcato d’Africa fu conquistato dagli arabi. E in effetti, verso il 729, la Corsica veniva annoverata fra i possedimenti del re longobardo Liutprando, benché i longobardi non si fossero mai realmente installati nell’isola205.
In mancanza di documentazione archivistica, per quest’epoca gli studiosi hanno comunque fatto risalire l’avvio di un processo di notevole spopolamento della Corsica e la formazione della colonia di Corsi a Porto. Tuttavia, come visto precedentemente, recenti indagini archeologiche hanno posto in serio dubbio tale processo di degrado, ponendo al contrario in evidenza la relativa vitalità di alcuni centri della costa orientale, come Aleria e Mariana206.
Fatto sta che una situazione di instabilità si diffuse comunque nell'isola ed essa dovette interessare in particolare il ruolo delle autorità civili, cosicché la Chiesa locale si impose come l'autorità politica di riferimento.
205 Cfr. C. RENZI RIZZO, Corsica Longobarda, cit. 206 Riassunte in P. PERGOLA, Après Rome, cit.
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Secondo una tradizione storiografica radicata, facendo valere i suoi presunti diritti sulla Corsica, la Sede Apostolica avrebbe impiantato nell’isola una vera e propria dominazione pontificia. Difficile dar credito a questa interpretazione, anche perché la Corsica, rivendicata come visto dai Longobardi, rimase nominalmente legata all’Impero Romano d’Oriente sino a quando, nel 774, Carlo Magno sconfisse i Longobardi in Italia e conquistò l’isola, che passò così sotto la giurisdizione dei Franchi.
D’altronde, ancora oggi è impossibile sapere in quale momento la Corsica venne rivendicata come possesso della Sede Apostolica, ma l'insistenza dei reclami pontifici appare chiaramente da quando essi sarebbero stati ratificati da Pipino all’assemblea di Kiersy, nel 754. La fantomatica promessa di donazione che Carlo Magno avrebbe fatto redigere il 6 aprile 774, indica, invece, con la formula: “a Lunis cum insula Corsica” i confini del territorio concesso. Essi avrebbero compreso dunque la Corsica. Anche nel 779 Papa Adriano I chiese a Carlo soltanto la restituzione dei patrimoni concessi a San Pietro da diversi sovrani e personaggi, in Corsica, Toscana e altri luoghi, patrimoni che le sarebbero stati tolti da parte della “funesta stirpe longobarda”.
Dopo il sacco di Roma dell’846, i Saraceni stabilirono delle basi più o meno permanenti lungo le coste tirreniche. Gli stessi storici arabi riferiscono di incursioni vittoriose su tutto il litorale tirrenico, sardo, corso, toscano e ligure. Ibn Khaldun e Ibn al Athis descrivono l’incursione del 934-935, durante la quale Al Mansur Ismail saccheggiò Genova e portando via grandi ricchezze207. Sulla via del ritorno la flotta musulmana toccò la Corsica e soprattutto la Sardegna, dove, secondo le
207 LIUDPRANDI CREMONENSIS Antapodosis, a cura di P. CHIESA, in Corpus Christianorum, Continuatio Mediaevalis, CLVI, Turnhout, Brepols, 1998, IV, 4-5.
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fonti arabe, distrusse la flotta ivi stanziata208. Quando però, nel 1015, Mugahid intraprese la sua impresa in Sardegna, la Corsica non è mai presa in considerazione dalle fonti arabe. Una vera sovranità musulmana, accompagnata da un’amministrazione regolare, non si sarebbe dunque mai stabilita in Corsica in alcun momento.
Ignoriamo quale fu il destino dell’episcopato corso durante questo periodo, accettando o meno lo spopolamento e le devastazioni dell’isola. I vescovi isolani si rifugiarono sulla terraferma? Il vescovo di Aleria restò il solo per tutta la Corsica, come vuole la tradizione? Non abbiamo dati espliciti per affermarlo ma è difficile dar credito al fantasioso racconto in cui, nel primo terzo del IX secolo, Ugo Colonna avrebbe accompagnato cinque vescovi verso le loro sedi alla testa di una processione imponente di canonici e di sacerdoti, per ricostituire le gerarchie ecclesiastiche al termine delle persecuzioni islamiche (se mai vi furono realmente)209.
In realtà durante il X secolo i pontefici non sembrano avere perso i contatti con la Corsica poiché, come si deduce dalla testimonianza del geografo arabo Edrisi, i Corsi, senza preoccuparsi dei pericoli del mare, effettuavano numerosi spostamenti “nella città di Rum”210.
208 Per questa notizia, che Liutprando non fornisce, si veda M. AMARI, Storia dei musulmani di Sicilia, Le Monnier, Firenze 1858 (seconda edizione, 3 volumi Catania 1938), vol. II, p. 180; Cfr. Histoire de l’Afrique et de l’Espagne intitulée Al-Bayano’ L-Mogrib, edition par E. FAGNAN, I-II, Algeri 1901-1904, p. 301; B. Z. KEDAR, Una nuova fonte per l’incursione musulmana del 934-935, in Oriente e Occidente tra Medioevo ed Età Moderna, Studi in onore di Geo Pistarino, a cura di L. BALLETTO, 2 voll., Genova, 1997, pp. 605-616; C. RENZI RIZZO, I rapporti diplomatici, cit.
209 Sull’inaccoglibilità delle fonti encomiastiche corse e in particolare sulle fantomatiche origini della famiglia Colonna, si veda A. FRANZINI, Les caporaux de Balagne, in «Études Corses», n. 73 (dicembre 2012), pp. 163-194.
210 L’Italia descritta nel «Libro del Re Ruggero», compilato da EDRISI, Testo arabo pubblicato con versione e note da M. AMARI e C. SCHIAPARELLI, in Atti della Reale Accademia dei Lincei, Anno CCLXXIV, 1876-1877, Serie Seconda, Volume VIII, Salviucci, Roma 1883, p. 18 (“I Corsi vanno girando per le terre de’ rum e [veramente] sono i più solerti viaggiatori di quella schiatta”). Cfr. F. SAVELLI DE GUIDO, La Moresca, in «Revue de la Corse», IX, 1928.
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L’isola rimase dunque strettamente legata alla Penisola Italica e fedele al vescovo di Roma, metropolita della Corsica. Eclissatasi l’autorità dell’impero bizantino e affermatasi di converso quella del nuovo impero carolingio, la Corsica entrò a far parte, in maniera se non teorica certo non ben definibile con certezza giuridica, del Regno Italico, sottoposto agli imperatori germanici.
Il controllo dell’isola era operato attraverso l’azione dei marchesi di Tuscia, il cui ruolo effettivo resta imprecisato per i secoli IX-XI, vista la penuria delle fonti a disposizione. Esse aumentano quantitativamente nell’XI secolo e ci danno qualche dato più preciso sulla condizione dell’isola durante i pontificati di Alessandro II e Gregorio VII.
4.1 La Corsica, la Sede Apostolica e i marchesi Obertenghi dal IX all’XI secolo
Poco sappiamo di quale fosse la condizione della Corsica nell’età carolingia. Come detto, si ritiene comunemente ma problematicamente che l’isola fosse una dipendenza del ducato di Tuscia prima (dall’823) e quindi della marca di Tuscia (dall’846). Come tale essa doveva essere una pertinenza imperiale. Ma è singolare la modalità di affidamento della Corsica da parte degli imperatori ai loro delegati durante questo periodo.
Si è già visto che nell’828 l’isola fu affidata al conte Bonifacio II, ma sembra di interpretare che l’Impero, attraverso il Regno italico, non la reputasse esplicitamente un territorio imperiale, bensì riconoscesse le rivendicazioni pontificie, basate su antiche concessioni come la
Promissio Carisiaca211, attraverso le quali il papato riconnetteva la sua sovranità alla Donatio Constantini.
211 La Promissio Carisiaca, testimoniata da alcune fonti di provenienza incerta, riguarda la promessa fatta nel 754 dal futuro re dei Franchi, Pipino il Breve, a papa Stefano II di restituirgli le terre strappate all’Impero di Bisanzio da Astolfo,
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Penisola Italica e isole dopo la caduta dell’Esarcato nelle mani di Astolfo, re dei Longobardi (da Wikipedia)
Secondo tale interpretazione, di conseguenza, il Regno italico, nel demandare al comes et dux Bonifacio II ed in seguito al marchio Adalberto I il controllo militare dell’isola:
non investiva di un honor pubblico un suo fedele elevandolo a pubblico ufficiale a cui era sottoposta una determinata circoscrizione territoriale, ma indicava coi termini praefectus e tutor, che agli ufficiali pubblici di Tuscia era demandato il controllo militare dell’isola che il regno stesso avrebbe dovuto garantire, poiché a questo delegato del papato, depositario del diritto di sovranità sull’isola212.
L’ipotesi resta problematica da accogliere ma questo richiamo alla condizione della Corsica nell’età carolingia è comunque utile per il tentativo di definire i diversi piani in cui collocare correttamente la
re dei Longobardi. Le terre promesse ed effettivamente cedute da Astolfo nel 756 erano in particolare l’Esarcato d’Italia (o di Ravenna) e la Pentapoli, cfr. A, CORTONESI, Il Medioevo: profilo di un millennio, Carocci Editore, Roma 2008, pp. 70-73
212 R. RICCI, Gli Obertenghi e la Corsica fra Gregorio VII e Urbano II, Pisa e la Lunigiana (fine XI secolo – inizi XII secolo), in “Bollettino Storico Pisano”, LXXX, 2011, pp. 3-21.
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condizione dell’isola tirrenica: quello giuridico, quello ecclesiastico e quello patrimoniale.
Se il piano giuridico rimane nebuloso da definire nei suoi contorni, con un’isola che passa dal controllo bizantino a quello conteso fra Chiesa e Impero, il piano patrimoniale attesta che la Corsica fu sempre interessata all’azione di personaggi provenienti dalla Penisola Italica, in particolare dalla Tuscia, che nell’isola avevano il possesso di vaste proprietà terriere.
Anche la Chiesa aveva i suoi importanti possessi fondiari e tali possessi fornivano un’importante base rivendicativa per la Sede Apostolica, che si riteneva l’alta depositaria dei diritti sull’isola.
Su questo incrociarsi dei tre piani giuridico, ecclesiastico e patrimoniale si snodano le interpretazioni sulla condizione della Corsica all’alba dell’anno Mille, frontiera non solo psicologica per la percezione di un mondo in cambiamento, ma anche documentaria, dal momento che le fonti sull’isola cominciano ad aumentare con l’avanzare dell’XI secolo.
Riusciamo così a comprendere quale fu la percezione dei pontefici romani riguardo all'isola solamente quando Gregorio VII iniziò a perseguire le sue rivendicazioni e i suoi progetti di ripresa in mano dei diritti della Sede Apostolica sull’isola:
Una percezione che appare sostanzialmente coincidente con quella che doveva essere la formale condizione politica originaria dell’isola, sebbene i marchesi di Tuscia considerassero di fatto la Corsica come uno dei vari territori sottoposti alla loro dominazione213.
Come per la Sardegna, anche per la Corsica è stata riconosciuta la volontà della Sede Apostolica “di risolvere in senso teocratico la decomposizione dell’auctoritas nella società medievale della seconda
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metà dell’XI secolo”214 e in tale contesto si collocherebbe
l’atteggiamento dinanzi alla riforma di quelli che appaiono come i signori dell’isola o la famiglia più importante nel detenere il potere: i marchesi Obertenghi.
Le prime fonti sulla Corsica nell’XI secolo fanno riferimento al governo di una famiglia di marchesi, che sono stati identificati in un ramo dei cosiddetti Obertenghi di Tuscia, le cui origini affondano nell’Alto Medioevo.
Non è chiaro quando questa famiglia si sia insediata in Corsica e quando realmente abbia iniziato a governare l’isola. La fonte su cui la storiografia si è basata per individuare uno dei condottieri delle armate navali genovesi e pisane che sconfissero Mughaid nel 1016-1017 è una tarda lapide dell’abbazia di Castione de’ Marchesi, istituita da Adalberto II Obertengo.
Questo personaggio per un fattore di conquista avrebbe acquisito dei possessi in Corsica (ma non in Sardegna e questo è un dato che dobbiamo tenere presente, quasi che i “liberatori” della terraferma abbiano investito i loro interessi in aree geo politiche diverse) e impostato una dominazione territoriale per la sua dinastia. La fonte è però altamente problematica, per essere tarda e fortemente encomiastica del passato della famiglia, anche se è vero che il pontefice Benedetto VIII avrebbe conosciuto il marchese Adalberto II in occasione dell’incoronazione di Enrico II, nel febbraio 1014, ottenendo l’appoggio pontificio nella lotta ai saraceni che avevano già saccheggiato Luni215. Forse in questa occasione Benedetto VIII
214 R. RICCI, Gli Obertenghi e la Corsica fra Gregorio VII e Urbano II, Pisa e la Lunigiana (fine XI secolo – inizi XII secolo), in «Bollettino Storico Pisano», LXXX, 2011, pp. 3-21, in particolare p. 3. Si veda anche IDEM, La marca della Liguria Orientale e gli Obertenghi (945-1056), CISAM, Spoleto, 2007.
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potrebbe avere assegnato il comando delle forze navali anti saracene al marchese Obertengo216.
In base a ciò, la presenza dei marchesi Obertenghi in Corsica si sarebbe configurata non solamente come una signoria fondiaria ma come una signoria di banno e con una funzione pseudo pubblica.
All’inizio del pontificato di Gregorio VII il marchese Adalberto Azzo, discendente da quell’Adalberto che avrebbe combattuto i musulmani sulle coste tirreniche, si avvicinò e probabilmente aderì al partito filo romano e matildino contro la politica di Enrico IV e Guiberto di Ravenna217. Tale azione dovette incontrarsi con la
contemporanea intenzione di Gregorio VII di riaffermare la potestas della Sede Apostolica nell’isola.
In una prima lettera dell’1 settembre 1077, inviata alle autorità dell’isola218, Gregorio si rivolge oltre che al vescovo e al clero, anche
ad esponenti laici della Corsica, come i consoli maggiori e minori, per cui viene da chiedersi chi siano questi consoli.
Effettivamente gli anni Ottanta dell’XI secolo furono un momento cruciale, che vide la nascita di gruppi informali di persone, all'interno di una città o di un centro amministrativo i cui membri erano definiti
consules.
I consoli erano una risposta ad hoc al vuoto di potere che ri era creato nella maggior parte del Regno Italico e solo più tardi questi gruppi si cristallizzarono, come a Pisa, in un vero e proprio gruppo dirigente in grado di governare le città nelle forme di quello che è stato definito “primo comune”219.
216 Ibidem; Cfr. anche Historiae Patriae Monumenta: Chartae, 1, Volume 1, Regio Typograph., Torino, 1836.
217 M. G. BERTOLINI, Alberto Azzo (II), in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1960, p. 757.
218 MGH, Das Register Gregors VII, cit., Libro V, epistola n. 2, pp. 349-350. 219 C. WICKHAM, Roma medievale, cit., p. 453.
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Ricci si chiede se il messaggio del pontefice fosse stato inviato alle comunità isolane identificate dai loro rappresentanti riconosciuti da Gregorio come autorità legittime (un po’ come per i quattro giudici sardi e alle altre autorità che si ritrovano nella contemporanea documentazione giudicale). In tal caso andrebbe compreso se queste autorità escludessero per Gregorio le altre, ritenute magari usurpatrici delle prerogative della Sede Apostolica e se in esse debbano riconoscersi gli stessi Obertenghi e il marchese Alberto Rufo, attivo in quegli anni.
In una seconda lettera del 16 settembre 1077220, Gregorio afferma
ancora più esplicitamente che la potestas sull’isola appartiene esclusivamente alla Sede Apostolica. Stavolta il pontefice, saputo che i Corsi intendono rientrare pienamente sotto l’autorità pontificia, li rassicura dicendo che li difenderà ab invasoribus e questo avrebbe fatto coinvolgendo le forze della Tuscia, composte da milites e comites.
Anche in questo caso vi è da chiedersi chi si possa celare sotto il termine di “invasori”. Sembrerebbe difficile che nel 1077-1078 possa trattarsi di musulmani: se si fosse trattato di un’invasione islamica ne avremmo trovato traccia nelle fonti, negli echi delle cronache, nella mobilitazione molto più intensa di quella generica alla quale fa cenno il pontefice. Forse poteva trattarsi di forze usurpatrici dei diritti della Sede Apostolica e, come tali, giudicate “invasori” da Gregorio.
È comunque interessante osservare come il pontefice, nell’idea di difendere la Corsica, pensi ai signori della marca più che a Matilde di Canossa, forse per “non innescare reazioni imperiali in quel particolare momento politico susseguente all’evento di Canossa”221.
220 MGH, Das Register Gregors VII, cit., Libro V, epistola n. 4, pp. 351-352, 1077 settembre 16.
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Certo nella costruzione politica papale nulla poteva essere lasciato correre senza un intervento attivo della Sede apostolica e questa sorta di “politica feudale”, messa in atto da Gregorio e quindi da Urbano II, sembrerebbe il riflesso di una concezione di governabilità temporale che faccia riferimento non a dei re da costituire o da legittimare nelle loro istanze, ma piuttosto a dei principi secolari, in sinergia con l’attività coordinatrice e di tutela dei vescovi ed ovviamente sotto la superiore
auctoritas del pontefice stesso. Un po' come accadeva per la Sardegna
in quegli stessi anni e ciò aiuterebbe a spiegare perché i pontefici non intesero mai concedere la regalità ai giudici sardi222.
Se in Sardegna l’onore della Sede Apostolica era stato colpevolmente trascurato, sia da parte dei sardi che per la negligenza dei predecessori di Gregorio, in Corsica i diritti erano stati sottratti alla Chiesa di Roma per quorundam pravorum hominum invasionem. Quindi un intervento esplicito e ostile che aveva gravemente danneggiato i diritti della Sede Apostolica.
Ancora una volta ci si dovrà chiedere se in questi invasori, escludendo i musulmani, debbano essere riconosciuti i marchesi Obertenghi, altre signorie territoriali o eventualmente entrambe le possibilità.
Allo stato attuale è estremamente difficile dare risposte al quesito ma l’analisi della documentazione di fine XI secolo può fornire qualche dato in più per capire quale fu l’orientamento dei marchesi di Corsica riguardo ai precetti di Gregorio e all’accoglimento della riforma più in generale.
222 Su feudalità e fidelitas cfr. M. MACCARRONE, I fondamenti “petrini”, cit. e P. ZERBI, Il termine «fidelitas», cit., ampiamente citati in altre parti del lavoro. Cfr. inoltre R. RICCI, Gli Obertenghi e la Corsica, cit., pp. 9-10; G. VOLPE, Corsica, Milano 1927; C. VIOLANTE, Le concessioni, cit.
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Un documento importante è il cosiddetto “Placito di Acquafredda”, dalla problematica datazione ma da collocarsi fra il 1070 e il 1079, con qualche possibilità anche per gli inizi del 1080. Il documento era stato pubblicato da Scalfati, per essere successivamente oggetto dell’attenzione di diversi studiosi, fra cui recentemente, Ricci223. In esso
il marchese Alberto Rufo prende sotto la protezione i beni pertinenti al monastero della Gorgona, rivendicando il suo potere con l’espressione:
sub defensione sua posuit tres vicibus baculum, quod in manu tenebat, ut defensares (sic) ipsas supradictas res excellentie dominationis suae.
Una testimonianza di attribuzione di poteri inequivocabile e piena, anche se resta da capire se questo documento si ponga prima o dopo le lettere di Gregorio VII che testimoniano delle difficoltà della Sede Apostolica in Corsica nell’affermare la sua autorità.
Ricci esamina entrambe le possibilità cercando di fornire un’interpretazione plausibile per l’una e per l’altra.
Nel caso che il placito preceda le lettere pontificie, il marchese starebbe qui esercitando il suo potere nei territori corsi, mostrando uno
status ormai consolidato. Alberto Rufo avrebbe impiantato e
consolidato un potere signorile di alto livello, che in seguito sarebbe venuto a patti con la nuova situazione determinata dall’intervento ecclesiastico pisano nell’isola.
Invece, nel caso in cui il placito sia successivo alle lettere di Gregorio e al privilegio concesso al vescovo di Pisa Landolfo, tali provvedimenti dovettero avere orientato il marchese
223 S. P. P. SCALFATI, Un placito nella storia della Corsica medievale, in Paleographica, diplomatica e archivistica. Studi in onore di G. Battelli, Roma 1979, pp. 159-182, ripubblicato successivamente in IDEM, La Corse médiévale, Pisa 1994, pp. 39-60; R. RICCI, Gli Obertenghi e la Corsica, cit.
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al nuovo vento che stava spirando sulla Corsica, anche perché attraverso l’azione papale nuove forze, quelle pisane, iniziavano ad entrare nell’isola, ed il marchese doveva tenerne ben conto, per mantenere e forse rafforzare la sua dominazione224.
Una politica di compromesso dunque, alla quale giocoforza avrebbe dovuto adeguarsi la dinastia marchionale in Corsica, per consolidare un potere che appare ancora stabile a cavallo dei due secoli ma che poi si eclissa rapidamente già nei primi decenni del XII secolo, come sembra di dedurre dalla documentazione pervenutaci.
Esaminiamo di seguito la documentazione relativa alla Corsica, pur rada, pervenutaci attraverso le carte relative ai beni del monastero di San Gorgonio della Gorgona fra XI e XII secolo.