INTERVISTE E QUESTIONAR
6.1 COSA NE PENSANO GLI INTERPRETI AMBIENTALI?
Caliamoci ora nei panni di chi ha scelto di fare un’esperienza come interprete am- bientale per l’azienda “I Viaggi del Ventaglio”. Come descrivono gli interpreti am- bientali questa professione?
Per esplorare l’auto-percezione di questa nuova figura professionale ho realizzato delle interviste semi-strutturate.
Ho intervistato otto ragazzi (quattro maschi e quattro femmine) che lavoravano per I Viaggi del Ventaglio come interpreti ambientali. Ellen Bermann, fondatrice della fi- gura dell’interprete ambientale, mi ha aiutato nella scelta dei soggetti da intervistare. Nella loro selezione ho preso in considerazione l’esperienza acquisita nel ruolo da in- terprete ambientale, i luoghi in cui l’interprete ha lavorato, il successo raggiunto con il pubblico e il periodo di tempo passato all’interno dell’azienda (da pochi mesi a qualche anno).
Le interviste sono state realizzate via email.
Le domande in totale erano ventitre, divise in tre gruppi.
Nella prima parte Formazione e training dell’Interprete ambientaleho voluto indivi- duare la provenienza formativa degli intervistati, le motivazioni che li hanno spinti a scegliere questo lavoro e il tipo di formazione che hanno ricevuto.
Nel secondo blocco di domande Interprete ambientale e comunicazione scientifica l’obiettivo ho voluto capire la consapevolezza degli interpreti della “mission” ufficia- le del ruolo e il rapporto sia con il pubblico che con il personale.
Il terzo blocco di domandeInterprete ambientale: un’esperienza necessaria? si rife-
risce all’effettiva utilità delle figura nel settore turistico mettendo in evidenza i meto- di comunicativi di maggior successo tra il pubblico e le eventuali difficoltà riscontra- te. Ho chiesto, inoltre, all’interprete ambientale la sua posizione lavorativa attuale. Infine, nell’ultimo gruppo di domande L’impatto sul territorio ho analizzato l’impronta che il ruolo potesse avere sia sulla destinazione che sul turista.
Le domande poste erano le seguenti:
Formazione e training dell’Interprete ambientale
1. Che formazione hai?
2. Come sei venuto a sapere di questa possibilità lavorativa? 3. Perché hai scelto di fare l’Interprete ambientale?
4. Per quanto tempo hai lavorato come Interprete ambientale e dove? 5. Che tipo di training hai seguito?
Interprete ambientale e comunicazione scientifica
1. Reputi importante la presenza dell’Interprete ambientale all’interno di strutture turistiche? Perché?
2. Quale pensi possa essere il ruolo dell’Interprete ambientale?
3. Pensi che la presenza dell’Interprete ambientale possa influenzare l’atteggiamento dei clienti in vacanza?
4. Riuscivi a prevedere le esigenze e il comportamento dei clienti? 5. Quali tematiche scientifiche trattavi maggiormente nel tuo lavoro? 6. Come adattavi i contenuti scientifici alle esigenze del cliente?
7. Quali strumenti e modalità utilizzavi nel tuo lavoro (presentazioni orali, attività pratiche, mi- croscopi, pannelli didattici, computer, ecc.)?
8. Come viene visto l’Interprete ambientale dallo staff degli altri settori? 9. Come viene visto l’Interprete ambientale da parte del pubblico? 10. Qual è l’immagine che dà l’azienda a questa figura?
Interprete ambientale: un’esperienza necessaria?
11. Pensi che l’esperienza da Interprete ambientale ti sia stata utile? 12. Cosa hai imparato lavorando come Interprete ambientale? 13. Quali sono state le difficoltà maggiori?
14. Che attività ti piaceva condurre maggiormente?
15. Quale attività (anche come modalità/strumenti utilizzati) aveva un maggior riscontro tra i clienti?
16. Con che tipologia di pubblico eri a contatto nel tuo lavoro? 17. Con che nome ti identificavano i clienti?
L’impatto sul territorio
19. Come veniva vista la figura da parte dello staff/abitante locale?
20. Con quali realtà locali eri entrato in contatto (ONG, Università, enti di ricerca, associazioni ecc.)?
21. Hai avuto modo di instaurare qualche collaborazione tra l’azienda turistica e qualche ente scientifico locale?
22. Quali benefici ha portato il tuo ruolo sul luogo dove lavoravi?
23. Le tue attività e il tuo ruolo nel luogo di villeggiatura hanno portato ad un maggior impegno dei turisti nei confronti delle problematiche locali?
6.2 I RISULTATI
LA FORMAZIONE
Alla domanda Che formazione hai? la maggioranza degli interpreti ambientali inter- vistati ha una formazione accademica di tipo scientifico; in particolar modo emergo- no lauree in scienze naturali o in biologia marina. In effetti, questo rispecchia anche la preponderanza delle attività naturalistiche legate all’ambiente marino:
«Tanto la mia preparazione accademica, quanto la mia passione e la straordinaria ricchezza sottomarina del luogo in cui mi trovavo, hanno indirizzato le mie “chiac- chierate” scientifiche verso la descrizione degli ecosistemi marini tropicali, del comportamento dei pesci di barriera, delle caratteristiche ecologiche e morfologiche di quei poveri animali scambiati per rocce che sono i coralli, ma anche dei mammi- feri e di pesci più grandi e che ”attraggono le masse “ come gli squali».
«[…] Secondo il paese ospitante preparavo delle conferenze con diversi argomenti, offrendo una visione a 360 gradi: cultura, arte, antropologia, storia, rapporti inter- personali, geografia, religione, sciamanesimo, botanica, biologia, fisica, geologia […] ».
«Le passeggiate e lo snorkeling, quindi tutto ciò “che era più tangibile era visto più di buon occhio».
«Essendo specializzato in biologia marina, mi occupavo principalmente di argomen- ti legati al mare, anche se comunque cercavo sempre di spaziare in tutti i campi pos- sibili. Solitamente nei miei incontri mi occupavo di ambiente, animali terrestri e ma- rini, cultura locale e astronomia».
«Credo che per via della particolarità dell’attività e visto che nel nostro paese non avviene praticamente mai, l’attività che ha sempre dato maggior riscontro è stata la serata sotto le stelle».
Solo un’interprete ambientale su otto, invece, ha conseguito il master in informatore scientifico della natura alla Bicocca di Milano, di cui si è parlato nel terzo capitolo. Questo indica che il diploma di master non era necessariamente un requisito necessa- rio per diventare interprete ambientale. E tantomeno lo era il training. «Esistono due percorsi: essere seguiti da qualcuno in villaggio o non esserlo.», racconta Ellen Ber- mann. «Ed entrambi hanno dei pro e dei contro. Essere seguiti significava acquisire maggior sicurezza e apprendimento diretto da qualcuno, però dall’altra parte si aveva meno autonomia di fare di testa propria. Se, invece, s’inizia a lavorare in autonomia, seguendo solamente le istruzioni date a tavolino e seguite poi a distanza, le cose era- no diverse. A parte lo shock culturale all’arrivo, la necessità ti porta a metterti in gio- co fin da subito e apprendi facendo. Soprattutto ci si prende delle responsabilità su quello che si fa. Per questo c’erano persone più o meno idonee a iniziare a lavorare da soli. Alcuni non li avrei mai mandati in autonomia, avrei sempre cercato modalità di affiancamento. In altri casi, invece, avevo fiducia e mi sentivo di dare completa autonomia».
Il fatto che il periodo di affiancamento non fosse sempre necessario è confermato an- che da alcuni degli intervistati:
«Nel 2003 l’interprete ambientale non seguiva nessun tipo di training. Per fare l’interprete ambientale bastava avere una laurea in biologia o scienze naturali ed
avere maturato delle precedenti esperienze lavorative in campo ambientale. Nella stagione 2001/2002 avevo lavorato come naturalista presso alcuni centri di educa- zione ambientale negli Stati Uniti, che mi sono stati d’aiuto per svolgere poi il lavoro di interprete ambientale. Infatti, mi sono ispirato all’esperienza statunitense ripro- ponendo il modello americano e riadattandolo al contesto del villaggio turistico».