ROMANZO IL LADRO DI L.M. LEONOV*
I. L'originalità, la ricchezza e la varietà dell'opera di Dostoevskij sono tali che risulta tutt'altro che difficile l'impresa di trovare delle linee parallele fra lo scrittore russo e buona parte della letteratura russa ed europea a lui successiva. Altro discorso naturalmente per ciò che ri-guarda la validità scientifica, storica e anche etica di simili accostamenti spesso superficiali e il più delle volte dettati da criteri di comparazione del tutto arbitrari. D'altra parte però, finché da un lato si continuerà a parcellizzare la visione del mondo di Dostoevskij, prendendo di volta in volta in considerazione momenti ideologici separati, e, dall'altro, gli elementi letterari isolati dal complesso della struttura poetica dosto-evskiana, il problema della "tradizione" risulterà difficilmente risolvibile, se non addirittura impossibile. La visione del mondo di Dostoevskij si esprime artisticamente nella sua poetica e mi sembra perciò scarsamente indicativo il tentativo di ravvisare la "profonda influenza" dello scrittore russo in tutta una serie di autori che, per disgrazia o merito (lo decide la critica), si sono serviti per il proprio sistema poetico di alcuni singoli ele-menti letterari dostoevskiani.1 Sta di fatto che, procedendo di questo pas-so, tutto diventa possibile e, in teoria, paradossalmente accettabile.
Il problema è invece di natura diversa: astrarre un elemento po-etico da un sistema e metterlo in collegamento con lo stesso elemento inserito però in un altro sistema è poco corretto. Importante è la funzione che un determinato elemento poetico ha in una determinata struttura e un'eventuale comparazione fra sistemi diversi deve basarsi sulla fun-zionalità degli elementi costitutivi ciascun sistema che, a questo punto, potrebbero essere esteriormente completamente diversi, ma funzional-mente simili, o viceversa. È questa in sostanza la teoria sull'evoluzione
* "Sulla cosiddetta tradizione dostoevskiana nelle due varianti del romanzo
Il ladro di L.M. Leonov." Actualité de Dostevskij. Genova: La Quercia
ed. 1982. 181-195.
1 È questo il caso, per esempio, di R.L. Jackson che esamina i temi e i mo-tivi dell'uomo del sottosuolo in tutta una serie di scrittori russi e russo-sovietici (cf. Jackson 1958).
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letteraria di Tynjanov, ripresa più tardi anche da Wellek,2 che attende purtroppo ancora invano la sua pratica realizzazione.
Che Dostoevskij sia in qualche modo legato alla grande tradizione del romanzo europeo nei suoi vari generi e all'opera di Gogol' è un fatto scontato, ma ridurre la ricerca sul mondo poetico dostoevskiano alla ge-nesi delle fabule e dei personaggi è ovviamente un errore. Che Makar Devuškin derivi in qualche modo da Akakij Akakievič e da Popryščin è cosa nota, ma il problema del salto qualitativo compiuto da Dostoevskij nei confronti di Gogol' è di natura poetica: Šinel' e Bednye ljudi fanno parte di due sistemi diversi e per molti versi contrapposti. Da un lato l'autore si pone nei confronti dei suoi personaggi come unico metro di giudizio assoluto e inequivocabile, dall'altro invece l'autore come assio-ma viene eliminato e i metri di giudizio si moltiplicano per il numero de-gli attanti (intesi come unità semantiche) complessivi del romanzo. Si-milmente si potrebbe dire della fabula e dell'intreccio: l'una e l'altro non brillano certo in Dostoevskij per originalità, esistono quasi tutti nel ro-manzo europeo che precede Dostoevskij, ma non è certo l'elemento formale in se stesso (per esempio, il triangolo in amore) che dev'essere studiato, ma l'uso che ne viene fatto nella propria struttura unitaria. Cer-to, Dostoevskij è legato al grande romanzo europeo anche dall'interesse
(zanimatel'nost') delle vicende raccontate, ma il fattore che ha permesso
il salto qualitativo (l'evoluzione letteraria) consiste nella deformazione di questo elemento formale (e di altri) per far risaltare la dominante che è invece completamente diversa in rapporto alla dominante del romanzo europeo precedente: l'interesse della fabula e la perfezione espositiva dell'intreccio erano il punto d'arrivo della teoria classica della prosa (e perciò l'autore si doveva necessariamente mettere al di sopra del rac-contato), in Dostoevskij invece tutta l'attenzione è accentrata sull'affer-mazione dell'idea (e l'autore a questo punto doveva per forza mettersi in posizione diversa nei confronti del raccontato).
L'oggettivismo narrativo non è naturalmente una prerogativa di Dostoevskij. Con lui già Flaubert ha cercato di "nascondersi" come au-tore dietro i personaggi di Madame Bouvary, ma in Flaubert la domi-nante non è rappresentata dall'affermazione dell'idea, ma dalla rivalu-tazione dei singoli personaggi-tipo che una certa cultura romantica aveva
2 Cf. Tynjanov 1929 (trad. it. Tynjanov 1968) e specificatamente gli arti-coli Literaturnyj fakt e O literaturnoj evoljucii). Cf. anche Wellek-War-ren 1956: 343-366 e Wellek 1975: 400-403.
irrimediabilmente appiattiti (cf. Jauss 1975: 413-416). I punti di unione fra Flaubert e Dostoevskij potrebbero ovviamente anche esistere, ma es-si, osservati fuori dalla rispettiva collocazione naturale nei singoli si-stemi, non sono fra loro identificabili.
II. Non esiste praticamente storia della letteratura sovietica che al-la voce "Leonov" non si senta in dovere e nel diritto di rilevare al-la vici-nanza dello scrittore sovietico all'opera di Dostoevskij, tanto più che Le-onov stesso non ha mai fatto mistero del suo amore per Dostoevskij. Si scoprono in tal modo i legami esistenti fra il doppio di Licharev, il magnifico Fert, e i doppi di Dostoevskij, i triangoli in amore, il cosid-detto concetto di amore-odio, il tema dell'uomo del sottosuolo in Čikilev e Gracijanskij, la sofferenza come purificazione, il problema del delitto e, ancora, il romanzo dei misteri, la polifonia, addirittura la carnevaliz-zazione, la vicinanza di Marmeladov e Manjukin o quella fra Maša Do-lomanova e Nastas'ja Filippovna, per concludere con la trasformazione di Šigalev in Čikilev. E ho citato soltanto gli accostamenti più noti.3 In questo modo però si sta facendo nuovamente confusione fra la genesi dei singoli elementi poetici dell'opera di Leonov e il problema
dell'evolu-zione letteraria, alla cui base sta la lotta e il mutamento e non la
suc-cessione che è invece prerogativa dell'epigonismo, come giustamente os-serva Tynjanov. Che Leonov non sia un epigono di Dostoevskij è un fatto comunemente accettato. Ma allora, perché trattarlo da epigono e non da innovatore? E ancora, perché affermare che Leonov è il "suc-cessore" e il "continuatore" di Dostoevskij e subito dopo constatare giu-stamente che "l'orientamento generale di Vor come libro apologetico sul-la ricostruzione artistica delsul-la realtà è indipendente dalle concezioni del grande artista del secolo decimonono" (Jovanović 1978: 402, 405), senza peraltro precisare in che cosa consista questa indipendenza. In questo modo la "tradizione" di Dostoevskij si trasforma in un circolo vizioso.
Esistono nella letteratura sovietica due romanzi dallo stesso titolo:
Vor (Il ladro). Entrambi sono stati scritti da Leonov a distanza di circa
trent'anni l'uno dall'altro (1927 e 1959; cf. Leonov 1928 e 1979).4 Ho detto due romanzi e non due versioni dello stesso romanzo: eliminare
3 Per una bibliografia esauriente sull'opera di L. Leonov cf. Tvorčestro
Le-onida Leonova 1969.
4 Esiste anche una terza versione che però non si differenzia molto dalla seconda.
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dalla propria ricerca critica uno dei due romanzi sarebbe un atto arbi-trario e dettato esclusivamente da condizionamenti extra-letterari, trattare i due romanzi come se fossero uno solo sarebbe anche poco scientifico: i conti vanno fatti con ciò che in letteratura esiste (a meno che qualcuno mi dimostri che uno dei due romanzi non è letteratura o che fra i due ro-manzi non esistono differenze sostanziali; ma allora, perché eliminare uno dei due?) e non con ciò che si vorrebbe esistesse o esistesse in modo diverso. È successo invece che l'incidenza ideologica abbia avuto il so-pravvento su ciò che dovrebbe essere comunque il materiale primario di ogni ricerca, ovvero il testo, favorendo purtroppo quel tipo di critica che considera ancora la letteratura come semplice strumento di accettazione o di rifiuto di un'ideologia.5 Certo, fra i due romanzi esiste una profonda differenza ideologica, ma essa non deve farci perdere di vista ciò che sta alla base di ogni opera d'arre: il collegamento inscindibile fra visione del mondo e poetica. E la storia del romanzo Vor è proprio questa: due
visioni del mondo diverse e addirittura contrapposte che si esprimono
at-traverso due poetiche diverse e contrapposte.
III. Siamo dunque di fronte a due sistemi diversi che devono es-sere osservati nella loro integrità senza trascurare anche il diverso pe-riodo storico in cui essi si collocano. Ma un sistema compiuto, come già abbiamo osservato, non può essere messo in collegamento con gli ele-menti singoli di un altro sistema, ma con il sistema nel suo insieme. Ecco dunque che la linea dei rapporti fra Leonov e Dostoevskij dovrà partire dall'opera di Dostoevskij intesa come sistema indivisibile, arrivare fino alla prima versione di Vor per concludersi con la seconda variante del romanzo che a questo punto dovrà essere osservato da una doppia
5 Per la critica sovietica la prima versione del romanzo praticamente non esiste o esiste esclusivamente dal punto di vista storico "come pietra an-golare di notevole interesse nella costruzione della letteratura sovietica degli anni '20" (Kovalev 1978: 206-207), e su questo si può essere perfet-tamente d'accordo, salvo poi escludere questa versione dalla raccolta del-la opere, mentre del-la seconda versione di Vor "avrà lunga vita come opera classica di una grande epoca letteraria", ibidem). Peggio ancora il riscon-tro che si ha nella critica occidentale, in primo luogo quella statunitense: Leonov avrebbe purtroppo preso molto sul serio le critiche rivoltegli do-po la prima pubblicazione del romanzo e si sarebbe preoccupato di elimi-nare una specie di errore di gioventù (cf., per esempio, Slonim 1969: 208).
spettiva: il rapporto con Dostoevskij e il rapporto con la prima versione. In questi tre sistemi assolutamente diversi fra loro alcuni elementi letterari naturalmente s'intrecciano, ma le dominanti di ognuno di essi cambiano sostanzialmente e finiscono per deformare le altre componenti poetiche che, intese in modo funzionale e non meccanico-ripetitivo, perdono ogni valore comparativo.
In questa sede non è naturalmente possibile fare un'analisi par-ticolareggiata: prenderemo in considerazione soltanto gli elementi co-stitutivi più importanti dei sistemi poetici di Dostoevskij e di Leonov, ovvero, il punto di vista dell'autore, quello del narratore, i personaggi, il cronotopo, l'intreccio e la fabula.
Alla base della poetica di Dostoevskij sta l'affermazione dell'idea. Attorno a questo nucleo fondamentale di carattere ideologico Dostoev-skij ha disposto in modo funzionale tutti gli elementi poetici della sua opera.
Secondo Bachtin (Bachtin 1968): l'autore è una voce di "pari di-gnità" che vale quanto quella degli altri attanti nell'opera, ma non meno di loro; il narratore è privo di quel "vantaggio semantico" che lo por-rebbe in una posizione privilegiata rispetto agli altri; i personaggi sono tutti portatori di una propria verità. Questi tre elementi determinano la cosiddetta "polifonia": essi sono funzionalmente legati fra loro e sono parte indivisibile del complesso sistema poetico dostoevskiano. Gli altri tre elementi fondamentali non possono egualmente avere vita indipen-dente: il tempo e lo spazio ristretti favoriscono la "coesistenza e l'intera-zione" (e quindi lo scontro) delle idee, l'intreccio complicato è la con-seguenza funzionale degli altri elementi poetici (creazione di situazioni multiple eccezionali), mentre la fabula è il materiale grezzo attraverso la cui rielaborazione critica Dostoevskij riesce a rompere i canoni classici dominati dal sentimentalismo romantico unilaterale e quindi non più corrispondente alle sue nuove esigenze poetiche.
Se naturalmente il problema dell'affermazione dell'idea viene in-teso come affermazione di ogni singola idea di pari valore artisticamente
rappresentata, ecco che il concetto di "realismo nel senso più alto"
dev'essere inteso a sua volta come il tentativo di rifiutare la mediazione unilaterale dell'autore nella lotta fra il rappresentato e il rappresentante. La difficoltà di questa lotta, se non addirittura l'impossibilità del suo e-stinguersi, è la base teorico-artistica pienamente consapevole di Dostoev-skij; essa però, con l'eccezione forse in Bednye ljudi (la polemica con Gogol'), non acquista mai la funzione di elemento letterario puro, né
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come tema, né come motivo, né, tanto meno, come "smascheramento" del procedimento letterario.
La prima e la seconda versione del romanzo Vor sono costruite secondo uno schema ampiamente sperimentato: diviso in quattro parti il romanzo segue la linea classica dell'esposizione, della complicazione, dello scioglimento e dell'epilogo. Nella prima parte ci vengono presentati i personaggi e il loro passato, nella seconda parte essi interagiscono attraverso i cosiddetti "triangoli in amore", nella terza parte si compiono i destini di tutti i personaggi a eccezione di Mit'ka, mentre l'epilogo (par-te quarta) è dedicato alla caduta e alla supposta rinascita dell'eroe. Nella seconda versione l'epilogo è invece dedicato a Firsov che, come vedre-mo, è la vera chiave di volta per la comprensione dei due romanzi. Que-sto schema soltanto in parte segue DoQue-stoevskij (e naturalmente anche al-tri scrittori), il che significa poco o nulla, ma non seguono Dostoevskij gli elementi costitutivi il sistema del romanzo, il che è invece molto più importante:
a) la fabula – è la storia della crisi di un "ladro" dalla sua infanzia alle so-glie di una nuova vita. Il fatto stesso che si tratti dell'"evoluzione" di un personaggio (tutta la prima parte è dedicata praticamente all'infanzia e all'attività rivoluzionaria di Mit'ka) dimostra che "l'influenza" di Dosto-evskij è rimasta più nelle intenzioni di Leonov che non nella sua pratica realizzazione artistica. L'unico personaggio "senza passato" e già formato è Firsov, ma egli rimane fuori dallo schema fabulativo dei romanzo; b) l'intreccio – a prima vista estremamente complicato per le continue
in-terferenze del secondo narratore-personaggio e per i continui flash-back
operati ora dal narratore ora da Firsov. In realtà nel romanzo succedono pochissimi fatti che quasi non incidono sulle decisioni dei personaggi; l'interagire dei personaggi non è pluridirezionale come in Dostoevskij, nessuno aiuta l'altro a "uscire all'esterno" con la propria idea (i due poli più distanti dovrebbero essere nelle intenzioni di Leonov Zavarichin e Mit'ka, ma essi si trovano a contatto di gomito soltanto all'inizio del ro-manzo e lo scontro è più emotivo che ideologico, poi non si incontrano praticamente più: lo scontro non avviene direttamente, ma di riflesso nel-la figura di Tanja);
c) il narratore è parzialmente onnisciente nei confronti del raccontato e quindi condizionato da altri fattori che non "l'uomo nudo" al presente contemporaneo. Del resto che bisogno c'è di un narratore "ignorante", quando la dominante del romanzo si sposta dall'affermazione dell'idea estranea alla difficoltà della sua rappresentazione artistica, di cui è invece
pienamente responsabile
d) l'autore – Leonov è convinto che non esiste la possibilità di una rap-presentazione oggettiva della realtà e per questo si mette allo stesso li-vello degli altri attanti nel romanzo; Firsov diventa lo specchio della lotta fra rappresentato e rappresentante e in questo specchio tutte le azioni e i personaggi descritti diventano indefiniti e indeterminabili oggettivamen-te. Dietro a questa lotta implicitamente si trova l'autore che non considera suo dovere, ma nemmeno suo diritto, spiegare a Firsov dove si trovi la "verità".
e) il cronotopo – molto disteso il tempo (un anno e mezzo), sdoppiato lo
spazio (città/campagna). Uno degli elementi fondamentali della poetica
dostoevskiana, il cronotopo "ristretto", è indissolubilmente legato con la necessità dello scontro fra le idee tese all'affermazione. La "polifonia" dei personaggi-idee in Leonov non esiste perché
f) i personaggi – pur essendo portatori di una propria verità, non hanno la capacità di incidere sulle verità degli altri (ovvero Leonov non ha ritenu-to artisticamente necessario dar loro questa capacità). Poeticamente dun-que non si tratta di un grande dialogo sul tipo dostoevskiano, dove le idee vengono messe a confronto e si perfezionano proprio attraverso lo scontro, ma una "serie" di idee, per dirla con Engel'gart, messe una ac-canto all'altra senza capacità interattiva e ascendente.
Credo sia a questo punto possibile definire la prima versione del romanzo come romanzo sulle molteplici possibilità di interpretazione
della realtà o, meglio ancora, come romanzo sull'impossibilità della rap-presentazione della realtà. La "polifonia" dostoevskiana che abbraccia
tutti gli elementi costitutivi il sistema, è qui ridotta a due soli attanti: Le-onov e Firsov. I due livelli di rappresentazione sono entrambi allo stesso livello di credibilità e ciò che in Dostoevskij era conflitto ideologico artisticamente rappresentato si trasforma in Leonov in conflitto sulle
pos-sibilità artistiche di rappresentazione dello scontro ideologico.
Cam-biando però la dominante determinante il sistema, cambiano funzional-mente anche i suoi elementi costitutivi e in questo modo la "tradizione" dostoevskiana è presente in Leonov esclusivamente come spostamento della dominante.
Nella seconda versione il sistema stesso del romanzo cambia completamente e trasforma in modo radicale proprio gli elementi poetici che in qualche modo lo legavano a Dostoevskij. Il punto di vista
dell'au-SULLA COSIDDETTA "TRADIZIONE" DOSTOEVSKIANA… 95
tore diventa chiaro e semanticamente univoco e l'autore si mette al centro della propria creazione: egli non tratta più i propri personaggi come "possibili" verità di cui bisogna comunque tener conto, ma come verità "oggettive" su cui è assolutamente necessario prendere posizione. Non c'è più conflitto fra rappresentato e rappresentante e la seconda versione di Vor può dunque essere definita come romanzo sulla necessità
dell'in-terpretazione della realtà. La dominante determinante il sistema subisce
dunque una nuova variazione e variano di conseguenza anche gli altri elementi poetici che a essa sottostanno: del punto di vista dell'autore abbiamo già detto; i personaggi da indefiniti e indeterminabili diventano perfettamente finiti e univoci e non potrebbe del resto essere diversa-mente: nel concetto di autore-assioma è implicito il concetto di perso-naggio perfettamente compreso e giudicato; il cronotopo rimane immu-tato rispetto alla prima versione (ben lontano comunque dal cronotopo dostoevskiano). anche se la Blaguša acquista qui la funzione di spazio "chiuso" che influisce negativamente sui personaggi, mentre nella prima versione questa chiusura doveva favorire la ricerca dell'"uomo nudo" di Firsov. Il personaggio principale del romanzo era e rimane comunque Firsov: se nella prima versione la linea divisoria fra Firsov e Leonov era abbastanza indefinita, nella seconda versione essa si chiarisce inequi-vocabilmente. L'autore "scarica" la responsabilità di un'errata rappresen-tazione della realtà sulle spalle di Firsov che a questo punto rimane solo nella sua lotta fra il rappresentante e il rappresentato. L'autore si mette apertamente a criticare il metodo creativo di Firsov e ne svela tutte le de-bolezze e le incongruenze. Anche Firsov entra in questo modo nell'unico
orizzonte valido dell'autore e tutto ciò che nella prima versione si
pre-sentava come possibile "polifonia" di tradizione dostoevskiana (per esempio: l'infanzia di Mit'ka, il ritorno in campagna, il periodo rivo-luzionario, la filosofia della storia, i giudizi di San'ka e di Tanja, il ri-spetto di Atašez), rendendo in tal modo i personaggi semanticamente ambigui e giustificabili in ogni loro operato, o sparisce completamente oppure passa alla penna di Firsov e alla sua soggettiva visione del mon-do. L'autore si mette dunque sopra la lotta di Firsov con la realtà ed en-trambe, la lotta e la realtà, vengono giudicati dall'alto della sua
espe-rienza unicamente e univocamente valida. Il romanzo diventa in questo
modo, come giustamente osserva Kovalev, "l'esposizione critica del rac-conto di Firsov e il racrac-conto dell'autore sul lavoro dello scrittore" (Kovalev 1978: 150).
IV. Cerchiamo ora di mettere definitivamente a raffronto i tre si-stemi poetici di cui ci siamo occupati: Dostoevskij, Vor 1 e Vor 2. Abbiamo già detto delle profonde differenze che fra essi esistono, ma non sarà superfluo ripetere che ogni sistema dev'essere inteso come unità indivisibile in cui la caratteristica di ognuno di essi è data perlomeno da una duplice serie di fattori: da un lato esistono profonde differenze fra gli elementi costitutivi ciascun sistema, dall'altro invece lo spostamento