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Il costo del lavoro in Europa

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 141-145)

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Nel 2000 per la prima volta la rilevazione armonizzata è stata svolta anche dai paesi allora can-didati all’entrata nell’Unione europea, consentendo di estendere l’analisi comparata della struttura e dei livelli del costo del lavoro e di poter valutare, con riferimento al 2004, l’entità dei cambiamenti e il posizionamento relativo di tutti gli stati membri.31

Il campo di osservazione è rappresentato dalle imprese con almeno dieci addetti appartenenti ai settori dell’industria, servizi orientati al mercato e servizi sociali e personali. Poiché alcuni paesi, tra cui l’Italia, non hanno fornito le informazioni relative ai servizi sociali e personali; vengono presenta-ti i risultapresenta-ti relapresenta-tivi ai settori dell’industria e dei servizi orientapresenta-ti al mercato, direttamente confronta-bili con il ciclo di rilevazione del 2000.32

Il ricorso al costo del lavoro orario come indicatore dei differenziali tra paesi consente di depu-rare il confronto dai diversi orari di lavoro. Infatti, nei nuovi paesi membri le ore lavorate sono siste-maticamente superiori a quelle dei paesi dell’Ue15 (+13 per cento in media) e il part time, che carat-terizza principalmente le attività terziarie, è ancora scarsamente utilizzato.

Approfondimenti

vazioone, seguita da Portogallo, Germania, Finlandia, Austria e Grecia. Nei nuovi paesi membri – dove è ancora forte l’incidenza dell’economia informale e delle attività agricole, al di fuori dal campo di osservazione – più del 40 per cento del-l’occupazione complessiva è concentrata nelle attività manifatturiere.

Nella media Ue15, il costo del lavoro orario è superiore di circa sei volte a quello del gruppo dei nuovi paesi membri: 25,04 euro nei primi, con un massimo in Danimarca (31,58); 4,28 nei secondi (Tavola 2.23). Francia (28,80 euro per ora lavo-rata) e Germania (28,10) si posizionano al quinto e al sesto posto. L’Italia è al dodi-cesimo con un costo del lavoro orario di circa 23 euro e precede i paesi dell’area medi-terranea (Spagna, Grecia e Portogallo) che si collocano nelle ultime posizioni. Per la maggioranza dei settori dell’industria e dei servizi, i livelli più elevati di costo orario del lavoro vengono raggiunti da Svezia e Danimarca, con poche eccezioni.

In generale, i settori con costi del lavoro orario più elevati sono gli stessi sia nel

PAESI Estrat-tivo Manifat-tura Ener-gia Industria in senso stretto Costru-zioni Com-mercio Alberghi ristor. Trasporti comunic. Intermediari finanziari e monetari Servizi alle imprese (a) Servizi per il mercato Totale Italia 30,16 22,40 30,80 22,75 21,18 20,80 15,54 23,37 41,88 20,90 23,49 22,99 Austria 30,04 27,65 42,47 28,40 26,09 22,26 14,22 27,20 40,21 23,10 24,80 26,17 Belgio .... 32,32 .... 33,17 29,02 26,11 17,45 25,65 48,29 29,98 29,11 30,33 Bulgaria 2,98 1,39 3,45 1,64 1,26 1,22 0,99 2,27 3,66 1,32 1,66 1,61 Cipro 13,91 10,97 26,79 12,35 11,40 9,15 9,22 16,14 22,84 13,46 12,69 12,50 Danimarca 39,19 30,38 35,44 30,65 31,09 29,14 24,46 30,07 44,50 34,11 32,19 31,58 Estonia 5,28 4,00 5,19 4,13 4,58 4,15 2,96 4,92 10,02 5,30 4,78 4,48 Finlandia 26,09 26,84 30,95 26,99 22,89 22,42 19,26 24,49 30,28 26,36 24,49 25,33 Francia .... 29,36 .... 29,81 25,39 25,06 19,55 25,36 44,25 31,86 28,69 28,80 Germania 31,72 31,12 41,35 31,52 22,62 23,85 15,30 25,48 39,27 25,94 26,06 28,10 Grecia 17,02 13,94 28,13 15,75 13,14 12,16 11,86 19,78 28,08 14,97 15,39 15,40 Irlanda 27,82 23,60 43,73 24,60 26,91 18,59 13,14 25,75 34,46 24,87 22,28 23,33 Lettonia 2,68 2,47 4,38 2,66 2,26 2,24 1,82 3,28 6,00 3,04 2,90 2,75 Lituania 4,07 2,96 4,49 3,15 3,03 2,85 1,97 4,02 7,06 3,75 3,43 3,26 Lussemburgo .... 27,95 .... 28,53 19,08 19,90 15,48 29,20 53,50 23,80 32,51 30,08 Malta .... 8,74 .... 8,92 7,48 8,38 6,58 10,93 15,50 10,10 9,71 9,20 Paesi Bassi 46,97 28,08 39,07 28,68 27,50 23,54 17,83 25,67 43,00 26,73 26,64 27,23 Polonia 8,41 4,01 6,26 4,54 3,91 3,87 3,06 5,65 7,72 4,58 4,77 4,60 Portogallo 7,97 8,62 19,39 8,89 8,30 10,49 6,81 16,06 23,09 11,15 12,09 10,30 Regno Unito 32,28 25,26 31,77 25,62 26,52 19,45 21,45 23,59 35,17 27,60 24,60 24,97 Rep. Ceca 7,15 5,47 7,45 5,64 5,45 6,07 3,85 6,31 11,22 6,22 6,40 5,94 Rep. Slovacca 4,48 4,19 4,97 4,39 3,81 3,93 2,73 4,08 7,78 4,89 4,29 4,30 Romania 3,37 1,60 2,78 1,84 1,48 1,44 1,34 2,66 5,47 1,81 2,13 1,90 Slovenia 15,04 9,61 14,04 9,92 9,20 10,60 8,72 12,60 17,46 12,76 12,10 10,68 Spagna 20,53 17,43 30,08 17,93 14,26 14,01 11,07 18,75 30,78 14,67 15,98 16,27 Svezia 32,37 32,04 35,87 32,21 27,41 28,10 20,58 28,15 45,47 33,75 30,88 31,08 Ungheria 6,38 5,52 8,48 5,76 4,39 5,83 3,64 6,78 13,37 5,98 6,46 6,01 Ue15 29,40 26,09 35,03 26,54 22,02 21,15 16,71 24,24 38,51 25,98 24,61 25,04 Npm (b) 6,07 3,77 5,39 4,05 3,49 3,92 3,23 5,02 8,89 4,60 4,70 4,28 Ue27 14,89 20,28 19,22 20,23 18,26 18,11 14,87 20,23 34,78 23,46 21,47 20,75

Tavola 2.23 - Costo del lavoro orario nell’Unione europea per settore di attività economica - Anno 2004

(valo-ri in euro)

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Labour Cost Survey

(a) Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altri servizi alle imprese. (b) Nuovi paesi membri.

Approfondimenti

gruppo dei paesi Ue15, sia in quello dei nuovi membri; in particolare, si tratta dei servizi di intermediazione finanziaria e delle attività collegate alla produzione di energia e acqua. Viceversa, valori decisamente più contenuti si presentano nei set-tori del commercio, delle costruzioni e delle attività alberghiere e di ristorazione. Paesi Bassi, Spagna e Grecia si caratterizzano per una maggiore variabilità setto-riale del costo del lavoro orario, mentre presentano una minore differenziazione, sia assoluta sia relativa, Germania, Belgio, Francia e paesi nordici.

L’Italia, insieme a Danimarca, Lussemburgo e Portogallo è tra i paesi dell’Ue15 in cui il costo orario dei servizi supera quello del settore industriale. Questa par-ticolarità è determinata, nel caso italiano, da una maggiore concentrazione relati-va dell’occupazione dipendente nelle attività manifatturiere di tipo tradizionale, i cui costi sono generalmente più contenuti rispetto ai settori a più elevato conte-nuto tecnologico e di economie di scala. D’altro canto, nei servizi l’occupazione dipendente è relativamente più concentrata nei trasporti e nelle attività di inter-mediazione finanziaria, che presentano in tutti i paesi i livelli più elevati del costo per ora lavorata.

L’Italia presenta generalmente valori del costo del lavoro orario inferiori alla media Ue15 in tutti i settori, a eccezione delle attività di intermediazione finanzia-ria e monetafinanzia-ria (+8,7 per cento) e nel settore estrattivo (+2,6 per cento). Risulta vici-na alla media Ue15 nelle attività del commercio (-1,7 per cento). I differenziali aumentano sensibilmente nelle attività professionali e dei servizi alle imprese (19,5 per cento in meno), nella manifattura (circa il 12 per cento in meno) e nel settore della distribuzione dell’energia elettrica e dell’acqua (circa il 14 per cento in meno). Il confronto tra i livelli del costo del lavoro orario nel 2004 con quelli del 2000 (effettuato in termini nominali) mette in luce i cambiamenti intervenuti nei diffe-renziali sia tra paesi, sia tra settori produttivi. Il costo del lavoro orario è passato per l’Ue15 dai 22,47 euro del 2000 ai 25,04 del 2004 (+11,6 per cento), mentre nel gruppo dei nuovi paesi membri il livello medio è passato da 3,47 euro a 4,28 euro (+ 22,5 per cento); fenomeno che segnala un rapido processo di convergenza.

Nell’Ue 15, Regno Unito e Germania sono gli unici paesi che presentano varia-zioni del costo del lavoro orario totale inferiori al sei per cento, seguite da Austria e Svezia che sperimentano una crescita del costo del lavoro orario compresa tra l’8 e il 10 per cento. In Belgio, Francia, Paesi Bassi, Finlandia e Spagna gli incrementi sono compresi tra il 10 e il 20 per cento, mentre nel resto dei paesi le variazioni tra il 2000 e il 2004 superano il 20 per cento, con i valori massimi fatti registrare da Grecia (+34,0 per cento) e Irlanda (+33,1 per cento). Anche l’Italia si colloca in que-st’ultimo gruppo, con un aumento del costo del lavoro orario del 20,2 per cento.

In generale, il differenziale rispetto alla media degli Ue15 si mantiene molto simile nei due anni considerati. Fanno eccezione Regno Unito (il differenziale positivo dell’8,5 per cento nel 2000 si è annullato quattro anni dopo) e Germania (qui il differenziale passa dal 21 al 12 per cento tra 2000 e 2004). In Irlanda e Italia, dove il differenziale era e resta negativo, esso è diminuito rispettivamente di sei e 13 punti percentuali.

Il costo del lavoro orario tende a crescere più nell’industria che nei servizi, con differenti caratterizzazioni locali e con l’eccezione dei Paesi Bassi e del Portogallo dove la relazione si inverte (Figura 2.17). Le dinamiche del costo del lavoro

ora-Approfondimenti

rio hanno intensità e rilevanza analoga nei due macrosettori economici in Belgio, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi e Spagna. In altri – Finlandia, Francia, Irlanda, Regno Unito e Svezia – l’incremento rilevato per le attività industriali è invece doppio di quello registrato nei servizi. In Italia l’aumento del costo del lavoro orario è del 21,5 per cento nell’industria e del 18,2 nei servizi.

Queste differenti velocità assumono rilevanza se ci si concentra sugli effetti di composizione: nel complesso l’occupazione si è ridotta nelle attività manifatturie-re e nelle costruzioni, a vantaggio dei servizi, soprattutto nei comparti dei tra-sporti e comunicazioni e delle attività professionali. Queste dinamiche sono piut-tosto diverse tra paese e paese. Ad accentuare le differenze gioca anche il ridi-mensionamento generale delle imprese di piccola dimensione, a cui sono associa-ti livelli di costo del lavoro orario più contenuassocia-ti; l’Italia rappresenta una delle ecce-zioni presenti nel panorama europeo, poiché i dipendenti delle piccole imprese (10 a 49 addetti), detengono nel 2004 una quota del 35,2 per cento (in aumen-to di oltre quattro punti percentuali rispetaumen-to al 2000).

0 5 10 15 20 25 30 Regno Unito Germania Svezia Austria Ue15 Ue27(a) Belgio Finlandia Spagna Danimarca Francia Paesi Bassi Italia Lussemburgo Npm Portogallo Irlanda Grecia

Costo del lavoro orario nel 2004

0 5 10 15 20 25 30 35 40 Industria Servizi Totale

Variazioni percentuali 2000-2004

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Labour Cost Survey

(a) Nel computo della media Ue27 per l’anno 2000 manca il costo orario del lavoro di Malta.

Figura 2.17 - Costo del lavoro orario nell’Unione europea per macrosettore - Anni 2000 e 2004 (valori in euro

3.1 Introduzione

Nel capitolo precedente sono stati analizzati diversi aspetti relativi alla capacità di tenuta e di crescita del sistema economico italiano, caratterizzato dalla piccola dimensione delle imprese e da un modello di specializzazione in cui prevalgono i settori tradizionali. Tuttavia, nessuna analisi può dirsi esauriente se non prende in considerazione l’articolazione del sistema produttivo e soprattutto gli aspetti lega-ti all’integrazione territoriale delle imprese, per verificare se e in che misura essi mitighino gli effetti negativi della contenuta dimensione aziendale e del modello prevalente di specializzazione produttiva.

Sotto questo profilo, i sistemi locali del lavoro (vedi glossario) rappresentano la griglia territoriale d’elezione, sia come unità di analisi atta a cogliere l’organizza-zione economico-produttiva in cui è articolato il territorio nazionale, sia per indi-viduare ambiti di dimensione adeguata a dare sostegno conoscitivo alle politiche attente alla valenza geografica.

Nel corso degli anni si sono moltiplicate le analisi volte a individuare e a carat-terizzare l’emergere di fenomeni di vitalità imprenditoriale e di sviluppo locale. Nel loro insieme, esse sono intese all’applicazione dei modelli e degli schemi concettuali che si rifanno alle teorizzazioni sullo “sviluppo locale” che avevano condotto, nei decenni precedenti, alla “scoperta” dei distretti industriali nelle aree del Nord-est e del Centro, in un contesto di decentramento produttivo e di supe-ramento del “paradigma fordista” (cioè della produzione su vasta scala, basata sul-l’integrazione verticale dei cicli produttivi e sulla scomposizione del lavoro in mansioni elementari). La stagnazione dei primi anni Duemila, l’intensificarsi del-la globalizzazione e del-la contestuale perdita di competitività e di quote di mercato hanno però messo in dubbio la capacità di questo “modello distrettuale” di fare fronte al contesto competitivo globale e, più in generale, l’adeguatezza dello “svi-luppo locale” come paradigma sostenibile nel lungo periodo.

La dimensione territoriale, inoltre, va al di là delle considerazioni strettamente economiche, e costituisce il naturale momento di raccordo con quelle demografi-che e sociali. È sul territorio, infatti, demografi-che si svolgono le principali attività umane e si stabiliscono relazioni sociali: nell’ambito del lavoro, dimensione essenziale di auto-realizzazione e dello stabilirsi di rapporti sociali e affettivi; ma anche con riferimen-to alle relazioni di vicinariferimen-to e di parentela, di amicizia, di strutturazione della routi-ne quotidiana, di organizzaziorouti-ne del tempo libero, di costruziorouti-ne della partecipa-zione, della democrazia e della rappresentanza politica. La dimensione del territo-rio, inoltre, trascende gli aspetti legati alla vita quotidiana, per costituire un ele-mento spesso decisivo nelle grandi scelte legate al ciclo di vita, definendone i limiti e le condizioni del possibile. Nel territorio la molteplicità che caratterizza le diverse

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