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La spesa per ricerca e sviluppo

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 102-108)

un’incidenza della spesa per R&S sul Pil quasi stabile nel tempo: dall’1,69 per cento del 1995 all’1,77 del 2005. Nei principali paesi dell’U-nione la riduzione del rapporto dei livelli di spe-sa per R&S sul Pil ha reso assai incerto il rag-giungimento entro il 2010 dell’obiettivo stabili-to dal Consiglio europeo a Lisbona nel 2000: 3 per cento di spesa per R&S sul Pil per l’intera Ue, con almeno i due terzi della spesa sostenuti dal settore privato (vedi l’approfondimento nel Capitolo 1).

In tale contesto, la spesa per R&S in Italia – misurata in rapporto al Pil – nel periodo in esa-me è sostanzialesa-mente stabile su valori che eccedo-no di poco l’1 per cento. Ciò ha determinato la perdita di posizioni rispetto a paesi molto

dina-X 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Spagna Italia Irlanda Ue25 Regno Unito

Francia Germania Finlandia Svezia

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat

Figura 2.3 - Spesa per ricerca e sviluppo in alcuni paesi dell’Unione europea - Anni 1991-2005 (valori

mici come Irlanda e Spagna che investono ormai in R&S livelli pari o superiori a quello italiano. In parallelo a quanto accade nel panorama euro-peo generale, anche l’Italia mostra difficoltà a “cambiare passo” negli investimenti in R&S in vista dell’ambizioso obiettivo definito a livello nazionale di raggiungere entro il 2010 il 2,5 per cento di spesa per R&S sul Pil (anche in questo caso con un contributo di almeno due terzi da parte del settore privato).4

Anche la composizione settoriale della spesa italiana in R&S rimane sostanzialmente stabile nel tempo: i tre principali settori istituzionali non sono stati in grado – nel corso dell’ultimo quindi-cennio – di aumentare la loro spesa per R&S in misura superiore al Pil. Un lieve incremento si ri-leva in ambito universitario verso la fine degli anni Novanta, probabilmente per effetto dell’im-missione in ruolo di personale accademico nelle diverse università italiane. Più preoccupante ap-pare la riduzione della quota sul Pil della spesa del settore privato (0,1 punti percentuali).

Il confronto con i principali partner europei (Tavola 2.5) conferma come la composizione della spesa totale italiana per R&S si avvicini piuttosto a quella dei paesi il cui sistema di

ri-cerca è maggiormente orientato verso il settore pubblico (incluse le università) e con un ruolo minore delle imprese, nonché con più bassi livel-li di spesa totale per R&S in rapporto al Pil.

Nei diversi settori istituzionali italiani si ri-levano flussi assai ridotti di finanziamento della R&S provenienti dagli altri settori. In particola-re, emergono limitate interazioni tra settore pub-blico e privato, con l’eccezione del cospicuo soste-gno pubblico alla ricerca svolta dalle imprese private. Infatti, nel 2004 la quota di R&S delle imprese autofinanziata dallo stesso settore (spesso a livello di singola impresa) è stata pari al 75 per cento; il settore pubblico ha una partecipazione ai finanziamenti pari al 13,8 per cento e sola-mente l’1,1 per cento dei fondi per la R&S in-dustriale provengono dall’estero (oltre metà da imprese estere dello stesso gruppo). La quota di spesa per R&S delle imprese finanziata dal pub-blico colloca l’Italia (dati 2004) al quarto posto in ambito Ocse dopo Slovacchia (27 per cento), Polonia (16,9) e Repubblica Ceca (15,2), e al quinto in ambito Ue, dietro anche alla Roma-nia. In media, nella Ue il settore pubblico fi-nanzia solo il 7,7 per cento della spesa per R&S del comparto industriale.

4

L’obiettivo è confermato dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (vedi l’approfondimento nel Capitolo 1).

PAESI Imprese Università Settore pubblico Privato nonprofit

Italia 47,8 32,8 17,9 1,5 Finlandia 70,1 19,8 9,5 0,6 Francia 62,5 19,2 17,1 1,3 Germania 69,9 16,5 13,6 0,0 Irlanda 64,6 27,6 7,8 0,0 Regno Unito 63,0 23,4 10,3 3,3 Spagna 54,4 29,5 16,0 0,1 Svezia (a) 74,1 22,0 3,5 0,4 Ue25 63,1 22,3 13,5 1,2

Tavola 2.5 Spesa in ricerca e sviluppo in alcuni paesi dell’Unione europea per settore istituzionale -Anno 2004 (valori percentuali)

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat (a) Per la Svezia l’anno di riferimento è il 2003.

2.2.2 La performance delle imprese europee

2.2.2.1 Uno sguardo d’insieme

Il confronto tra le maggiori economie europee può procedere con riferimento al periodo 1999-2004 e prendendo in considerazione alcuni indicatori di perfor-mance delle imprese. In particolare, si propone l’analisi del rapporto tra

produt-tività apparente del lavoro5 e costo del lavoro per dipendente, che fornisce una

misura di competitività; del rapporto tra margine operativo lordo e fatturato, che fornisce una misura di redditività; del rapporto tra investimenti lordi e valore

aggiunto – tasso d’investimento – che approssima la capacità di accumulazione.6

Con riferimento all’indicatore di competitività, tra il 1999 e il 2004 in tutti i paesi considerati gli andamenti sono discontinui. L’Italia presenta valori inferiori agli altri paesi. Dopo l’anno di picco rappresentato dal 2001, in cui supera la Francia, registra nel biennio successivo un rallentamento, con una lieve risalita nell’ultimo anno analizzato (Figura 2.4). I livelli di competitività delle imprese britanniche, sempre più alti di quelli degli altri paesi, subiscono un calo nella parte centrale del periodo, con segnali di ripresa nel 2004. I livelli di competiti-vità delle imprese spagnole sono inferiori soltanto a quelli del Regno Unito, ma nell’ultimo biennio vengono raggiunti da quelli delle imprese tedesche.

La redditività delle imprese italiane è seconda solo a quella delle imprese ingle-si nel periodo 1999-2003, sebbene mostri un calo a partire dal 2001 e nel 2004 sia superata dai livelli in ascesa delle imprese spagnole. La Francia mostra i livelli di redditività più bassi, ma in leggero aumento nel 2004.

Per quanto concerne i tassi di investimento, indicatore per sua natura molto più ciclico, il panorama europeo si configura in modo differente a seconda del paese considerato. L’Italia presenta un andamento alterno di crescita e contrazione, con un calo nel 2004 che riporta i valori dell’indicatore ai livelli degli anni 1999-2000. La Francia segue una dinamica analoga. L’andamento, invece, è fortemente decrescen-te per Regno Unito e Germania a eccezione, per quest’ultima, del 2004. Le impre-se spagnole, per i pochi anni disponibili, registrano i valori più alti.

5

Data dal rapporto tra valore aggiunto e addetti. 6

Questi tre indicatori, che sono espressi come rapporti percentuali, si prestano anche a confronti temporali.

Italia Francia Germania (a) Spagna (b) Regno Unito 120 130 140 150 160 170 180 99 00 01 02 03 04 Competitività 6 8 10 12 14 99 00 01 02 03 04 Redditività 12 14 16 18 20 22 99 00 01 02 03 04 Tasso di investimento

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Structural Business Statistics (a) I dati del 1999 della Germania non sono comparabili.

(b) I dati sugli investimenti in Spagna non sono disponibili per il periodo 1999-2001.

Figura 2.4 - Indicatori di performance nei principali paesi europei - Anni 1999-2004 (valori percentuali)

Pur in calo, la redditività delle imprese si mantiene fra le più alte d'Europa ...

2.2.2.2 Le componenti della competitività e della redditività

I dati disponibili per il 2004 permettono di comporre, attraverso altri indi-catori, un quadro più completo della performance delle imprese europee a livello settoriale. In particolare, è possibile esaminare le due componenti del-l’indicatore di competitività, produttività e costo del lavoro.

La produttività apparente del lavoro delle imprese italiane risulta sempre inferiore sia alla media Ue, sia ai valori relativi alle maggiori economie, supe-rando solamente le imprese spagnole nei servizi (Tavola 2.6). I divari più rile-vanti si registrano mediamente negli altri servizi e nell’industria, e nei con-fronti di Germania e Regno Unito. Le imprese italiane, d’altro canto, benefi-ciano di un costo del lavoro per dipendente sensibilmente inferiore a quello delle maggiori economie, nuovamente con la sola eccezione della Spagna, in tutti i settori considerati, eccetto che nel commercio (vedi l’approfondimento Il costo del lavoro in Europa). I divari più rilevanti si riscontrano nelle costru-zioni e nell’industria in senso stretto; solo nei confronti della Francia il divario rimane elevato anche nei servizi. Di conseguenza, la misura di competitività precedentemente adottata, che scaturisce dal rapporto tra questi due indicato-ri, mostra un divario complessivo a sfavore dell’Italia più contenuto nell’indu-stria e nelle costruzioni. La Spagna, grazie al vantaggio derivante dal minor costo del lavoro, consegue livelli di competitività simili a quelli della media

ATTIVITÀ ECONOMICHE Italia Francia Germania Regno Unito Spagna Ue25 Industria in senso stretto 47,7 57,4 62,2 74,5 49,7 52,6 Costruzioni 30,2 38,8 34,8 61,1 30,5 34,2 Commercio, alberghi e pubblici esercizi 27,9 40,8 36,6 34,9 26,5 30,6 Altri servizi (a) 43,4 56,4 57,1 60,9 40,5 49,6

Totale 38,6 50,3 51,6 53,6 35,7 42,8

Industria in senso stretto 32,8 41,8 45,8 39,0 29,2 33,6 Costruzioni 26,0 35,2 32,1 36,4 24,6 27,8 Commercio, alberghi e pubblici esercizi 24,8 31,4 24,5 20,0 20,1 21,9 Altri servizi (a) 30,9 41,2 31,4 36,5 24,4 31,6

Totale 29,7 38,0 35,3 30,7 24,2 28,9

Industria in senso stretto 145,4 137,4 135,8 191,0 169,9 156,7 Costruzioni 116,5 110,1 108,4 167,7 124,0 122,8 Commercio, alberghi e pubblici esercizi 112,5 130,0 149,5 174,5 132,0 139,7 Altri servizi (a) 140,3 137,0 181,9 166,7 165,9 157,1

Totale 129,9 132,3 146,3 175,0 147,5 147,9

Industria in senso stretto 9,7 6,8 7,4 16,4 11,9 10,6 Costruzioni 13,9 7,0 7,5 17,3 11,4 11,6 Commercio, alberghi e pubblici esercizi 7,6 4,2 7,0 8,2 7,1 6,5 Altri servizi (a) 23,0 12,8 27,1 22,8 22,1 21,2

Totale 11,4 7,0 10,5 14,4 11,7 11,1

Industria in senso stretto 16,9 14,9 12,8 14,1 20,1 .... Costruzioni 13,2 7,2 5,6 8,9 8,7 9,0 Commercio, alberghi e pubblici esercizi 15,0 12,4 6,0 12,7 16,5 12,6 Altri servizi 22,9 27,9 19,5 18,9 28,3 24,6

Totale 17,9 18,3 13,2 15,2 19,7 ....

INVESTIMENTI SU VALORE AGGIUNTO (valori percentuali) VALORE AGGIUNTO PER ADDETTO (migliaia di euro)

COSTO DEL LAVORO PER DIPENDENTE (migliaia di euro)

COMPETITIVITÀ (valori percentuali)

REDDITIVITÀ LORDA (valori percentuali)

Tavola 2.6 - Indicatori di performance nei principali paesi europei e nell’Unione europea per settore di attività economica - Anno 2004 (valori assoluti in migliaia di euro e valori percentuali)

Fonte: Eurostat, Structural Business Statistics

(a) Trasporti e comunicazioni, attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altri servizi alle imprese.

... ma permane il divario di produttività rispetto ai principali partner europei

dell’Ue e superiori a quelli delle altre maggiori economie, eccetto il Regno

Unito.7

Con riferimento alle sole attività manifatturiere, l’Italia presenta livelli di com-petitività maggiori di Francia e Germania e inferiori a Spagna e Regno Unito; la situazione registra in termini complessivi un peggioramento rispetto al 2000 (Figura 2.5). Nei confronti della Spagna lo svantaggio si accentua in tutti i setto-ri considerati, eccezion fatta per quelli ad alta intensità tecnologica; setto-rispetto al Regno Unito lo svantaggio competitivo è particolarmente elevato e crescente. L’Italia tiene testa alla Germania soprattutto nei settori a medio-alta intensità tec-nologica; nei confronti della Francia registra un unico miglioramento in quelli ad alta tecnologia.

7

L’esclusione delle imprese con bassi livelli di fatturato dall’universo di riferimento delle statistiche strutturali determina, almeno in parte, i valori molto elevati conseguiti da questo paese.

2004 -45 -30 -15 0 15

Italia-Germania Italia-Spagna Italia-Francia Italia-Regno Unito

Alta Medio-alta Medio-bassa Bassa Totale 2000 -35 -20 -5 10 25

Italia-Germania Italia-Spagna Italia-Francia Italia-Regno Unito

Alta Medio-alta Medio-bassa Bassa Totale

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Structural Business Statistics

(a) Vedi nel glossario la voce “Classificazione delle attività manifatturiere per intensità tecnologica e dei servizi per contenuto di conoscenza”.

Figura 2.5 - Differenziali di competitività nella manifattura tra l’Italia e i principali paesi europei per intensità tecnologica dei settori (a) - Anni 2000 e 2004 (differenze assolute)

Nel dettaglio delle attività manifatturiere – dove l’Italia risulta maggiormente specializzata – nel corso del 2004 emerge, nei confronti degli altri paesi, la miglio-re tenuta della competitività delle impmiglio-rese italiane nei settori dell’abbigliamento e del cuoio (il nostro Paese è secondo dietro la Spagna) e del tessile e della costru-zione di imbarcazioni (dietro il Regno Unito) (Tavola 2.7).

Con riferimento alla redditività, le imprese italiane del commercio godono di livelli mediamente più elevati rispetto agli altri paesi, pur risultando in gene-re meno produttive. Ciò deriva in parte dall’alta percentuale di lavoratori auto-nomi presenti in questo settore, i quali si propongono più alti realizzi o più ele-vati tassi di investimento (rapporto tra investimenti e valore aggiunto). In gene-rale, la redditività delle imprese italiane si conferma in linea con la media dei maggiori paesi europei, con punte pari a 13,9 e 23,0 per cento, rispettivamen-te nelle costruzioni e negli altri servizi.

Infine, per quanto riguarda la quota di investimenti sul valore aggiunto, l’Italia presenta valori più alti (a eccezione del settore degli altri servizi) nei confronti di Germania, Regno Unito e Francia, mentre nei confronti della Spagna mostra livelli più alti nelle costruzioni.

Nel tessile-abbiglia-mento l'Italia si conferma competitiva

ATTIVITÀ ECONOMICHE Italia Francia Germania Regno Unito Spagna Prodotti tessili 132,8 117,4 126,1 176,4 101,0 Articoli di abbigliamento e pellicce 131,8 127,3 136,5 109,9 225,1 Cuoio, prodotti in cuoio e borse 130,4 131,9 134,4 45,1 410,2 Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili) 120,8 126,8 119,8 198,5 104,3 Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 155,1 145,9 132,6 151,7 224,0 Prodotti in metallo, esclusi macchine e apparecchi 129,0 121,9 130,2 179,4 110,8 Navi e imbarcazioni 129,1 118,0 108,7 173,6 58,2 Cicli e motocicli 127,9 116,0 145,2 147,1 194,6 Mobili e altri manufatti 105,7 103,8 122,2 210,6 83,3

Tavola 2.7 - Competitività delle attività di specializzazione italiana nei principali paesi europei - Anno 2004

(valori percentuali)

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Structural Business Statistics

Per saperne di più

Eurostat. European business facts and figures: data 1995-2005. Luxembourg: Eurostat, 2006 (Panorama of the European Union: Industry, trade and services).

Istat. Struttura e competitività del sistema delle imprese industriali e dei ser-vizi. (Statistiche in breve, 12 ottobre 2006). http://www.istat.it

Istat. L’innovazione nelle imprese italiane. (Statistiche in breve, 24 novembre 2006). http://www.istat.it

Nel periodo 2002-2004 circa il 41 per cen-to delle imprese dell’Unione europea, con alme-no 10 addetti, è stato impegnato in progetti di

innovazione.8

Essi si sono conclusi con successo per più del 90 per cento delle imprese; ne con-segue che la quota effettiva di imprese innova-trici sia pari al 38,0 per cento, circa tre punti percentuali in più rispetto al periodo 1998-2000 (Figura 2.6).

Si conferma il ruolo trainante della Germa-nia, con circa il 56 per cento di imprese inno-vatrici. Tra i paesi leader nell’innovazione si segnalano anche Irlanda, Austria e Lussembur-go: tutti con una percentuale di imprese inno-vatrici superiore alla metà della popolazione di riferimento.

L’Italia registra una quota di imprese inno-vatrici inferiore al livello medio europeo (35,4 per cento), accentuando il divario del 1998-2000 (34,6 per cento contro il 34,9 europeo).

Rispetto al triennio precedente, oltre alla conferma del primato della Germania, emergo-no le buone performance inemergo-novative di Irlan-da, Austria, Lussemburgo, Svezia, Estonia e Danimarca. Sono invece in diminuzione le quote relative a Belgio, Portogallo e Finlandia, insieme a quelle dei Paesi Bassi e della Francia. Questi ultimi due paesi scendono al di sotto dei valori medi europei.

Tra le modalità di innovazione (Tavola 2.8) prevale quella congiunta (di prodotto e di processo), che riguarda, nell’ultima rilevazio-ne, il 42,1 per cento delle imprese europee. Se-gue la sola innovazione di processo (utilizzata da circa un terzo) e un impegno più ridotto verso l’innovazione soltanto di prodotto (24,1 per cento). Risultati inferiori alla media euro-pea sono registrati da molti dei paesi a indu-strializzazione matura, quali Francia,

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 102-108)