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2. Fase 1: Ideazione e organizzazione preliminare

2.3 Costruzione della trama

Un romanzo è un testo composito, di lunghezza variabile ma in ogni caso significativa e, di conseguenza, fondato su un sistema complesso di relazioni. Uno degli elementi fondamentali per la sua buona riuscita, come si è visto e come si ripeterà anche in seguito, è la coerenza tra queste relazioni. Per questo bisogna appuntare tutte le informazioni che serviranno da riferimento e segnalare a grandi linee l’impianto narrativo che si intende seguire. Non si tratta però di un’operazione che va completata immediatamente: anzi, molto spesso questo lavoro prosegue di pari passo con la stesura del testo, così come le ricerche che si ritengono necessarie (cfr par. 2.1).

La questione più spinosa che riguarda la raccolta dei riferimenti è la definizione della trama. Essenzialmente, esistono due tipi di scrittori: quelli che pianificano il racconto e l’intreccio nel dettaglio, e quelli che scrivono di getto. Secondo Stephen King, la trama e la spontaneità della vera creazione sono incompatibili (On writing, 2011: 161); per questo tende a evitare di costruire le trame delle sue storie. Ciò non significa partire da zero, senza la minima idea di dove dirigersi: significa invece distanziarsi da un programma rigido e lasciare, per così dire, che il racconto scorra da sé, entro linee molto flessibili piuttosto che seguendo binari definiti dall’inizio.

Si tratta di due tecniche opposte, che dipendono principalmente dalla sensibilità dell’autore e che possono variare in parte da genere a genere. Ad esempio, un giallo o un thriller dal ritmo serrato, con diverse trame sovrapposte e un intreccio complesso, possono richiedere già dall’inizio un’idea chiara del percorso da seguire o perfino del finale, con il vantaggio di avere un impianto ordinato e facile da seguire. Per contro, si può rischiare di trovarsi a dover forzare alcuni passaggi per rimanere nel percorso predefinito.

Lo strumento di gran lunga più conosciuto e utilizzato per organizzare il lavoro è la scaletta, cioè la stesura della trama per punti chiave. La scaletta può essere formata da una manciata di punti chiave o essere ricca di dettagli, che di solito aumentano e si chiariscono nel corso della stesura. Si tratta certamente di una tecnica utile per non perdere l’orientamento con possibili deviazioni o con lo sviluppo di trame parallele. I suoi vantaggi principali consistono infatti nel dare una visione d’insieme dello sviluppo della storia e, di conseguenza, nella possibilità di creare un intreccio con più facilità, avendo già in mente le pietre miliari lungo le quali procedere.

La scaletta tuttavia presenta anche delle insidie, e non solo perché toglie flessibilità allo sviluppo del racconto. Il suo limite principale è proprio la razionalità di cui fa un vanto, perché ostacola la creatività, rispetto alla quale rappresenta una visione opposta. Lucchini tratta questa problematica in uno studio dedicato alla comunicazione scritta (Lucchini, 2013). Egli scrive che la

scaletta «obbliga il cervello a procedere in modo lineare. Ma la creatività procede per salti, per associazioni lampo. Inoltre la scaletta costringe a fare tre cose insieme: pensare, registrare e ordinare» (ibid., 2013: 125). L’emisfero razionale del cervello non dovrebbe influenzare l’emisfero creativo: la buona riuscita di un lavoro dipende dall’utilizzo di entrambi al pieno delle loro capacità, senza che uno limiti l’altro. Anche per questa ragione, definire una scaletta complessa in fase di ideazione potrebbe risultare non solo complicato ma addirittura controproducente. Lucchini propone allora un metodo alternativo alla scaletta, che stimoli la creatività e allo stesso tempo definisca i punti chiave su cui costruire il proprio progetto: si tratta del clustering.

Il clustering può considerarsi una sorta di brainstorming strutturato: è un metodo di organizzazione che fa emergere i pensieri e aiuta a registrarli. La sua semplicità deriva dalla possibilità di procedere in maniera non lineare, per associazioni di idee. Il primo passo consiste nel segnare al centro di un foglio l’obiettivo del lavoro, o una parola chiave, insomma l’essenza di ciò che si vuole narrare. In seguito, si possono lasciare fluire i pensieri. Ogni idea nuova va registrata, e collegata con una linea a quella che l’ha generata: in questo modo, si otterrà un grappolo sempre più fitto man mano che nuovi dettagli sopraggiungono. Solo in seguito, al termine del flusso creativo, si può passare a dare un ordine sommario agli argomenti, numerandoli. Lo schema ottenuto in questo modo avrà un’utilità molto simile alla scaletta ma sarà il risultato di un procedimento più naturale.

Ognuno ha un proprio metodo, che affina con l’esercizio e con la consapevolezza di sé. In ogni caso, che la struttura degli eventi narrati venga organizzata con un metodo più o meno lineare e definito, sono convinto che sia sbagliato considerare una trama conclusa già in questa prima fase di lavoro. Ogni progetto evolve nel suo itinere, in modi che all’inizio non si possono sospettare, e mantenere una certa flessibilità in fase di lavorazione può dare carattere e imprevedibilità alla narrazione. Per questo, una scaletta o un cluster dovrebbero continuare a

evolvere durante la fase di scrittura, a seconda che la trama segua i binari che si erano individuati o che debba allontanarsi e trovare in altro modo dove sfociare. Questa evoluzione continua vale per tutti gli strumenti di impostazione del lavoro. Abbiamo visto come costruire un’ambientazione coerente con l’aiuto di una buona documentazione e come sviluppare la traccia del racconto. Ora vedremo come popolare quest’ultimo di personaggi eterogenei e credibili.