TOTALE ECONOMIA IMPRESE FAMIGLIE
3.3 Il credito alle imprese
La fine della fase espansiva del ciclo immobiliare ha portato a un forte peggioramento degli equilibri economico-finanziari delle imprese del settore delle costruzioni e dei servizi immobiliari. Per entrambi i comparti, il credito bancario era cresciuto a tassi molto elevati fino alla fine del 2008 (Figura 13). Per la grande maggioranza delle imprese alla crescita del debito non è corrisposto un rafforzamento patrimoniale, rendendole particolarmente vulnerabili sia al calo dell’attività produttiva sia al mutamento delle condizioni di offerta del mercato del credito.
Il comparto delle costruzioni, già prima della crisi era caratterizzato da un livello di indebitamento notevolmente più elevato di quelli riscontrati negli altri settori produttivi.
Figura 13
Crescita dei prestiti bancari alle imprese connesse con il settore immobiliare (variazioni percentuali sui dodici mesi)
-10 -5 0 5 10 15 20 25 30 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Costruzioni Servizi immobiliari Prestiti al settore privato
Secondo i dati dei bilanci censiti da CERVED, il leverage (debiti finanziari in rapporto alla somma degli stessi e del patrimonio) delle imprese di costruzione, nel 2007, era di 20 e 14 punti percentuali più elevato di quelli medi dell’industria e del comparto dei servizi, rispettivamente (Figura 14). La differenza è ampia e persistente per tutte le classi dimensionali a differenza di quella che include le grandi aziende (più di 250 addetti), alle quali, però, nel settore delle costruzioni fa capo una quota molto più bassa degli addetti e della produzione rispetto agli altri comparti produttivi. L’elevato indebitamento delle imprese di costruzione è in parte dovuto alla specificità dei processi produttivi del settore, caratterizzati da un intervallo molto ampio tra il momento in cui sono effettuati gli investimenti e il momento della vendita degli immobili. Per le imprese italiane, tuttavia, il grado di leverage appare elevato rispetto a quello registrato negli altri paesi.
Figura 14 Leverage (medie ponderate) 45 50 55 60 65 70 75 80 85 2003 2007 2010 2003 2007 2010 2003 2007 2010 2003 2007 2010
micro piccole medie grandi
costruzioni manifatturiero servizi totale
Fonte: Elaborazioni su dati CERVED
I confronti internazionali sui dati di bilancio sono tuttavia difficili per l’assenza di informazioni sufficientemente armonizzate riferite a campioni rappresentativi di imprese. Nell’archivio Amadeus, nel quali i bilanci sono riclassificati con criteri comuni, per il 2007 sono presenti dati relativi a circa 1700 imprese italiane e 1700 francesi di medie dimensioni (con un numero di addetti compreso tra 50 e 250). Per le imprese italiane il valore medio del leverage era pari al doppio di quello delle seconde imprese francesi. Il grado di indebitamento delle imprese italiane risulta più elevato anche con riferimento ad altri anni e classi dimensionali e nel confronti con altri paesi. Il fatto stilizzato trova conferma anche nei dati raccolti dall’European Committee of Central Balance Sheet Data Offices (ECCBSO), secondo i
quali la situazione patrimoniale delle imprese del settore delle costruzioni italiane è più debole rispetto a quella di Germania e Francia per tutte le classi dimensionali (Brun et al., 2012). Non solo, ma le imprese italiane nel confronto internazionale appaiono anche strutturalmente meno redditizie.
L’elevato indebitamento ha rappresentato un fattore di forte vulnerabilità per le imprese di costruzione. Il rallentamento delle compravendite sul mercato immobiliare ha creato una tensione tra i ricavi, in calo, e gli immobili (terminati e in costruzione) invenduti, in crescita, finanziati a debito. La figura 15 illustra questi due fattori per un campione aperto di oltre 100 mila imprese - mutuato da Fabrizi e Pico (2013) - lungo una fase molto estesa del ciclo immobiliare. Dalla fine degli anni 90, quando si avviò la fase espansiva, l’incremento delle compravendite più rapido di quello delle nuove costruzioni consentì di riassorbire le rimanenze ereditate dal passato. Tra il 2003 e il 2006 fatturato e rimanenze crebbero entrambi a ritmi molto elevati. Successivamente il fatturato dapprima rallentava considerevolmente, quindi si stabilizzava, cominciando a contrarsi dal 2009, mentre le rimanenze continuavano a crescere rapidamente fino al 2010. Soltanto il forte calo nella produzione (si veda sopra il paragrafo 2) registrato nel 2010 ha arrestato la crescita delle rimanenze. Nel 2011, il rapporto tra rimanenze e fatturato era superiore di un terzo al valore minimo registrato nella fase di massima espansione del ciclo immobiliare. In assenza di serie storiche di maggiore profondità è difficile fare ipotesi sull’esistenza e il valore di un valore di equilibrio di questo indicatore.
Figura 15
Indicatori di bilancio delle imprese del settore delle costruzioni ( miliardi di euro e valori percentuali)
0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 30 53 76 99 122 145 168 191 indice rimanenze/fatturato - scala sx
rimanenze immobili finiti e in costruzione (mld euro) - scala dx fatturato (mld euro) - scala dx
Lo squilibrio tra fatturato e rimanenze è un segnale delle forti tensioni di liquidità alle quali sono soggette le imprese di costruzione, che si sono manifestate in una forte crescita dei tassi di morosità del credito. I flussi di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti hanno cominciato a crescere in misura sistematicamente più ampia rispetto a quelli degli altri settori. In termini di consistenze, alla fine del 2012 un terzo dei prestiti al comparto era in condizione di insolvenza; il 17 per cento era in sofferenza, valori ampiamente superiori a quelli corrispondenti per gli altri settori di attività economica. Parallelamente anche le condizioni finanziare delle imprese che forniscono servizi immobiliari hanno registrato un forte peggioramento, insieme con una rapida crescita degli indici di insolvenza.
La fragilità dei bilanci delle imprese la cui attività è direttamente o indirettamente legata al settore immobiliare dipende innanzitutto dai livelli di indebitamento, che erano molto elevati già prima della crisi. Livelli di debito che erano sostenibili in una fase di forte espansione delle vendite non lo sono nella fase discendente del ciclo. La condizione di inesigibilità di una frazione elevata del credito comporta costi elevati per il sistema bancario e ne riduce la capacità di concedere finanziamenti alle imprese sane del settore3.
4. Le prospettive
Gli indicatori prospettici del mercato immobiliare non anticipano un miglioramento a breve delle condizioni cicliche del mercato immobiliare italiano. Il clima di fiducia delle imprese delle costruzioni, pur con oscillazioni, rimane su livelli pressochè invariati dall’inizio del 2012; anche le tendenze della produzione edile sono molto deboli, nel confronto sia con le predenti fasi cicliche, sia con la media il resto dell’area dell’euro. Secondo il sondaggio trimestrale condotto in aprile del 2013 dalla Banca d’Italia insieme con Tecnoborsa e l’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate presso un campione di agenzie immobiliari, permane un deciso pessimismo degli operatori circa le prospettive a breve del proprio mercato di riferimento, mentre emergono attese lievemente positive circa l’andamento di medio termine del mercato nazionale (Santoro e Tartaglia Polcini, 2013). Tra le
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Baldinelli, Gangeri e Leandri (1998) offrono un’analisi dettagliata delle conseguenze sui bilanci bancari della crisi del mercato immobiliare della metà degli anni ’90.
agenzie prevale l’opinione che gli inasprimenti tributari sulla proprietà della casa contribuiscano alla debolezza del mercato immobiliare, con riferimento sia alle compravendite, sia alle locazione di abitazioni. In aggiunta al maggiore prelievo fiscale, i cui effetti sono tuttora di difficile valutazione e quantificazione, sulle prospettive del mercato immobiliare italiano pesano soprattutto il protrarsi delle difficoltà del mercato del lavoro, quindi della debolezza del reddito disponibile delle famiglie, insieme con le tensioni sui mercati finanziari. e del credito. Inoltre la prolungata tendenza al ribasso delle compravendite e della costruzione di immobili acuisce le difficoltà di finanziamento delle imprese di costruzioni, che in prospettiva potrebbero continuare a ridurre i propri piani di investimento.
Nello scenario di medio termine delineato dai principali previsori, secondo il quale il PIL italiano subirebbe una nuova flessione nell’ordine di 2 punti percentuali nel 2013, seguita da una modesta ripresa nel 2014, si può stimare che nel primo anno il calo dei prezzi si intensificherebbe, mostrando una netta attenuazione in quello successivo. Vi peserebbero inoltre alcuni fattori di rischio negativi, connessi soprattutto con la persistente, elevata incertezza circa le prospettive reddituali. In questo contesto l’inasprimento del prelievo sulla proprietà immobiliare, in assenza di revisioni della configurazione introdotta nel 2012, potrebbe indurre un’espansione dello stock di case offerte sul mercato da parte delle famiglie e, in misura più accentuata, delle imprese di costruzione e delle società immobiliari che operano in conto proprio, sulle quali attualmente grava l’onere della tassazione anche per le giacenze degli immobili invenduti. Ne deriverebbero ulteriori rischi al ribasso delle quotazioni. In particolare, nell’ipotesi particolarmente sfavorevole che nelle attuali difficoltà di redditività e di accesso al credito l’accresciuta tassazione comporti entro il 2013 l’immissione sul mercato di un numero di abitazioni nuove pari all’attuale stock di immobili invenduti (stimabile in 500.000 unità), nella media dell’anno e di quello successivo il calo dei prezzi delle case sarebbe significativamente più intenso di quanto previsto nello scenario di base.
Nonostante le indicazioni di assenza di sopravvalutazione rispetto alle principali determinanti di fondo dei prezzi delle case, questi ultimi potrebbero quindi subire pesanti flessioni nei prossimi trimestri, soprattutto per via delle spinte recessive ancora in atto nell’economia italiana. Alimentando un circolo vizioso, esse stesse potrebbero aggravarsi per via dei riflessi negativi sulla domanda aggregata derivanti da effetti ricchezza negativi e, indirettamente, dall’irrigidimento delle condizioni del credito dovuto al peggioramento della
qualità dei prestiti agli operatori nel comparto delle costruzioni. Da un lato l’impatto sui piani di consumo delle famiglie indotto dalla perdita di valore della proprietà immobiliare dovrebbe essere comunque contenuto sulla base delle stime macroeconomiche degli effetti ricchezza in Italia (Bassanetti e Zollino, 2010), risultando inferiore al mezzo punto percentuale nell’intero biennio 2013-14 pur nell’ipotesi più sfavorevole circa le prospettive dei prezzi delle case.
Dall’altro lato le condizioni di accesso al credito sono fortemente condizionate dagli sviluppi della congiuntura. Le possibilità delle banche di raccogliere fondi a medio e a lungo termini sui mercati rimangono limitate e i costi sostenuti. Il funding gap, ossia la parte dei prestiti a residenti che supera la raccolta al dettaglio (depositi e obbligazioni collocate presso le famiglie), sebbene sia in diminuzione è ancora elevato (Banca d’Italia, 2012). Due recessioni in quattro anni hanno determinato una forte crescita delle insolvenze, inciso pesantemente sulla redditività degli intermediari e sulla loro capacità di autofinanziamento. La capacità delle banche di assumere nuovi rischi si è fortemente ridotta e risulta ancora più limitata dalle incertezze sui tempi e sull’entità della ripresa del ciclo.
Per i mutui, diversi indicatori segnalano che le banche già dalla fine dello scorso decennio hanno adottato criteri di selezione degli affidati più rigorosi (Felici, Manzoli e Pico, 2012, Magri e Pico, 2012). Il forte calo del reddito disponibile dall’inizio della crisi e le prospettive del mercato del lavoro rendono difficile ipotizzare che il mercato dei mutui possa tornare a rappresentare una concreta opportunità per le famiglie con reddito modesto e rischioso. Per le famiglie a basso reddito e con forme di occupazione instabili, la partecipazione all’espansione dei mutui è stata modesta anche nella prima parte dello scorso decennio, caratterizzata da condizioni di offerta ben più favorevoli di quelle attuali.
Relativamente alle imprese, il settore delle costruzioni è caratterizzato da livelli di rischio molto elevati, tali da rendere assai difficoltoso il funzionamento del mercato dei prestiti. Il peso dei finanziamenti a questo settore nel portafoglio delle banche italiane è elevato, anche nel confronto internazionale. Sono inoltre in peggioramento le condizioni finanziarie e la qualità del credito delle imprese che forniscono servizi immobiliari. Il forte aumento della rischiosità rappresenta un forte vincolo all’offerta di nuovi finanziamenti.
Nel complesso il fattore critico che si ritiene più urgente per risollevare le prospettive del comparto delle costruzioni è il successo nel rilanciare il sentiero di crescita dell’intera economia nazionale, a cui le costruzioni possono esse stesse fornire un rilevante contributo nel
più breve periodo. A questo scopo è essenziale la definizione delle linee di intervento su cui concentrare l’azione degli operatori privati e del Governo, pur in considerazione delle limitate risorse finanziarie disponibili nelle ristrettezze di bilancio, di nuovo del settore privato e, dati gli irrinunciabili obiettivi di risanamento fiscale, di quello pubblico. In considerazione dell’elevato consumo del territorio che si è già realizzato nel nostro paese4 e in linea con le proposte avanzate anche da associazioni di categoria (Federcostruzioni, 2012), appare prioritario insistere sulla riqualificazione del patrimonio abitativo esistente, di quello privato e di quello pubblico (in primis gli edifici scolastici), sia per attenuare nel breve termine gli impulsi recessivi, sia per migliorare l’efficienza energetica e la sicurezza degli immobili.5
Un ulteriore fattore di rischio, già richiamato in precedenza, sulle prospettive del comparto delle costruzioni è l’elevato stock di nuove case invendute, che sono nelle disponibilità dei costruttori e società immobiliari, il cui ordine di grandezza risulterebbe in linea con le stime della domanda potenziale di abitazioni (CRESME, 2012). Emerge così l’urgenza di rimuovere il mismatch tra domanda ed offerta, da un lato per accrescere il benessere delle famiglie, dall’altro per favorire le condizioni di redditività degli operatori delle costruzioni. A questo proposito, va innanzitutto valutato se la domanda potenziale delle famiglie sia diretta all’accesso dei servizi abitativi piuttosto che all’acquisizione della proprietà della casa. In Italia infatti la quota delle famiglie che risiedono in case di proprietà è già tra le più elevate in Europa (intorno a una quota dell’80 per cento nel 2011), come anche l’incidenza del valore della proprietà immobiliare sul totale della ricchezza netta (circa il 70 per cento). Si aggiungono le crescenti difficoltà di bilancio delle famiglie, che rendono più difficile sia l’accesso ai mutui nelle attuali tensioni sui mercato del credito, sia la formazione di risparmio da investire nell’abitazione. In questo contesto appare urgente rimuovere gli ostacoli che attualmente limitano lo sviluppo nel nostro paese del mercato delle locazioni, innanzitutto quelli di natura fiscale (cfr. Chiri, Borselli, Buoncompagni e Manestra, 2013). Migliorare
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In Italia l’uso del territorio si è progressivamente intensificato, sino a raggiungere nel 2009 un rapporto tra abitazioni e kmq particolarmente elevato nel Nord; il numero di abitazioni per abitante in un anno è cresciuto dell’1,5% (Agenzia del Territorio, Immobili in Italia, 2011)).
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Secondo l’Anagrafe Ministeriale degli Edifici, circa 14700 strutture scolastiche pubbliche presentano urgenti necessità di manutenzione straordinaria per il rispetto delle condizioni di sicurezza. Anche la manutenzione ordinaria è carente sotto molti profili, rispecchiando la progressiva restrizione della capacità di spesa degli enti locali. Al rischio crescente di infortuni degli studenti si aggiungono elevati consumi energetici. Secondo valutazioni dell’Enea, questi ultimi si attestano, nella media degli anni recenti, intorno a 1,5 miliardi di euro, con possibilità di realizzare cospicui risparmi (stimati sino al 70 per cento) con adeguati interventi sulle strutture.
l’accesso al mercato delle locazioni da un lato può accrescere la redditività delle abitazioni per il proprietario, con riferimento a quelle nuove invendute ma anche all’intero stock abitativo; dall’altro lato può favorire la mobilità e il benessere delle famiglie, soprattutto di quelle più giovani, per le quali le prospettive occupazionali e reddituali sono più svantaggiose e più difficile è l’accesso alla proprietà della casa. 6
Riferimenti bibliografici
Agenzia del Territorio (2011). Gli Immobili in Italia.
Baldinelli, C. Gangeri M., Leandri F. (1998) I riflessi sulle banche della crisi del mercato immobiliare, Bancaria, Vol. 54, 9, pp. 2-12.
Banca d’Italia (2012). Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 4, novembre.
Bassanetti A. E Zollino (2010) ”The Effects of Housing and Financial Wealth on Personal Consumption: Aggregate Evidence for Italian Households” in O. De Bandt, T. Knetsch, J.Peñalosa e F. Zollino (a cura di) Housing Markets In Europe: A Macroeconomic Perspective, Springer
Brun M., Chai F., Elgg D., Esteban A., van Gastel G, Körting T., Momo R., Nigro V, Poiares R., Servant F., Solera I, Vivet D. (2012). Profitability, Equity Capitalization and Net Worth at Risk. How Resilient Are Non-Financial Corporations in a Crisis Environment?, ECCBSO Working Paper.
Chiri S., Borselli, Buoncompagni e Manestra, 2013 Tassazione delle abitazioni e mercato degli affitti, questo volume
CRESME, 2012 Il mercato delle costruzioni. Lo scenario di medio periodo 2012-2016 Fabrizi C., Pico, R. (a cura di), Gli effetti della crisi del mercato immobiliare sulle imprese e
sulle banche, Banca d’Italia, mimeo.
Federcostruzioni (2012) Rapporto 2012. Il sistema delle costruzioni in Italia.
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Secondo l’Agenzia del Territorio (Gli Immobili in Italia, 2011), la quota delle abitazioni locate sul totale nel 2009 era scesa di quasi mezzo punto percentuale, all’8,6 per cento; nello stesso anno era salita di pari ammontare quelle delle case a disposizione (non adibite ad abitazione del proprietario oppure di un locatario), al 14,7 per cento. Tra i contratti di affitto depositati, solo poco più di 600.000 interessavano persone di età inferiore ai 30 anni, pari al 7 per cento del totale della popolazione tra 18 e 30 anni; nella stessa fascia di età, il numero di proprietari superava appena il milione, quasi il 12 per cento della popolazione residente di quella età.
Felici R., Manzoli E. e Pico R. (2012). La crisi e le famiglie italiane: un’analisi microeconomica dei contratti di mutuo. Banca d’Italia, Quaderni di Economia e Finanza n. 125.
Magri S. e Pico R. (2012). L’indebitamento delle famiglie italiane dopo la crisi del 2008. Banca d’Italia, Quaderni di Economia e Finanza n. 134.
Nobili A. e F. Zollino (2012). A structural models for the housing and credit markets in Italy. Banca d’Italia, Temi di Discussione n. 877.
Rossi P. (2008). L’offerta di mutui alle famiglie: caratteristiche, evoluzione e differenze territoriali. I risultati di un’indagine campionaria, Banca d’Italia, Quaderni di Economia e Finanza n.12.
Santoro S. e Tartaglia Polcini R. (2013) Il sondaggio presso gli agenti immobiliari, questo volume.
Zollino (2013) Measuring the commercial property prices in Italy: first evidence from a transaction based approach Banca d’Italia, manoscritto.
Tendenze recenti del mercato immobiliare e del credito
Discussione di Gianni Guerrieri
(Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate)
Ringrazio anzitutto la Banca d’Italia e i curatori di questo seminario per l’opportunità offertami di partecipare ai lavori di questo interessantissimo incontro. La relazione di Gobbi e Zollino, per la quale ho il piacere di svolgere il ruolo di discussant, spiega esattamente ed in modo esauriente quello che è avvenuto nell’ultimo decennio nel mercato immobiliare italiano e nel settore delle costruzioni. I dati ed i cicli degli ultimi ventisette anni rappresentati nella Fig. 1, tratta dalla relazione in esame, consentono di evidenziare una prospettiva storica dell’andamento dei prezzi e delle compravendite di abitazioni.
Figura 1 - Prezzi e compravendite di abitazioni in Italia
(numeri indice 2000=100) 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 Recessioni (totale economia)
Compravendite
Prezzi delle case (valori reali) Prezzi delle case (valori nominali)
Nota: tratta dalla Figura 4 della relazione di G. Gobbi e F. Zollino «Tendenze recenti del mercato immobiliare e del credito»
Per venire al periodo più recente, in particolare alla crisi del biennio 2008-2009 e agli anni successivi, mi sembra opportuno evidenziare la peculiarità del mercato
immobiliare italiano, anche rispetto a ciò che è avvenuto in altri Paesi, rappresentata dalla debole flessione dei prezzi nominali delle case a fronte di una forte contrazione delle quantità scambiate (pur se occorre segnalare che i prezzi di altre tipologie immobiliari hanno subito una riduzione di maggiore entità).
In effetti, a fronte di una riduzione dell’ordine del 31% delle compravendite, dal picco del 2006 al 2011, i prezzi nominali sono rimasti sostanzialmente stabili. L’indice delle quotazioni OMI1 aumenta dell’11% tra il I semestre 2006 ed il I semestre 2008. Nel periodo successivo che va dal I semestre 2008 al I semestre 2012, e quindi con l’insorgere della crisi economica-finanziaria e l’accentuarsi della caduta delle compravendite di abitazioni, l’indice delle quotazioni si riduce del solo -0,29%, avendo recuperato, nel corso del 2010 e di parte del 2011, parte della la caduta registratasi nel 2009.
La stabilità dei prezzi nominali ha comportato ovviamente una caduta dei prezzi reali, la cui rilevanza, nell’ambito del mercato immobiliare, è tuttavia da circoscrivere alla formazione delle decisioni di investimento/disinvestimento influenzate dalle aspettative circa la capacità di mantenere al riparo dell’erosione inflazionistica il capitale immobilizzato nell’abitazione di proprietà.
Sui temi del credito alle famiglie, del suo funzionamento e sui legami strutturali tra credito, ciclo immobiliare e retroazioni sulla stabilità finanziaria degli istituti bancari, non entro nel merito di quanto esposto nella relazione, in quanto non sono argomenti attinenti al mio campo di competenze, rilevando comunque la ragionevolezza delle tesi esposte.
Ritengo semmai utile fornire alcuni dati che stanno emergendo da un’analisi sui mutui ipotecari del 2010 in corso presso l’Agenzia del Territorio.
Come è noto l’Agenzia del Territorio gestisce il servizio di pubblicità immobiliare e quindi tutte le note di iscrizione dei mutui ipotecari. L’analisi in corso si basa sui risultati dell’incrocio tra i dati di tutte le iscrizioni ipotecarie, le note di trascrizione delle compravendite immobiliari e i dati catastali.
1 Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia del territorio. Per i dati si rinvia alle
pubblicazioni «Note trimestrali» e «Rapporti immobiliari residenziali» di cui, rispettivamente,
alla pagina http://www.agenziaterritorio.it/site.php?id=6348 e