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2 Materiali e Metod

3.2 Crioconservazione di tessuto ovarico

Delle 11 pazienti sottoposte a crioconservazione di tessuto ovarico, 6 erano prepubere; in 3 pazienti la scelta della criopreservazione di tessuto ovarico è stata dettata dall'urgenza di iniziare i trattamento chemioterapico. In 10 pazienti su 11 è stata effettuata l'asportazione di corticale ovarica bilaterale (1 cm/ovaio in tre casi, 2 cm/ovaio in sette casi) dalla porzione laterale di ogni ovaio, per ridurre il rischio di esiti aderenziali. Nelle pazienti sottoposte a prelievo di tessuto ovarico dal maggio 2014 a marzo 2017 (5 pazienti) in cui il tessuto era stato inviato in altra sede per la criopreservazione, non sono disponibili i dati sull'esame istologico delle biopsie di corticale ovarica.

In 6 pazienti il congelamento è stato effettuato presso il nostro Centro: il tessuto ovarico giunto in laboratorio viene processato a temperatura ambiente. Il campione in terreno OvarStore Dissection 4GM501 viene trasferito dalla falcon, utilizzata per il trasporto, in una piastra Petri 100 X 20mm. Si procede ad allontanare la porzione di midollare ovarica, ben riconoscibile per la presenza di vasi sanguigni, fino ad ottenere un frammento bianco, la corticale, dello spessore di circa 1-1.5 mm. Durante tutta questa fase il campione deve restare immerso nel terreno da dissezione. Il tessuto ripulito dalla midollare viene trasferito in una nuova piastra 60 X 15mm contenente terreno da dissezione non riscaldato. Qui, il campione viene tagliato a striscioline e poi a quadratini di circa 3mm di lato. Due frammenti si mettono in una provetta contenente formalina contrassegnata da un’etichetta riportante nome, cognome, data di nascita della paziente, ovaio destro o sinistro e data del prelievo. I campioni così preparati si inviano all’anatomia patologica per la conta follicolare. I pezzi rimanenti si pongono in una falcon da 50ml contenente 10 ml di terreno di congelamento OvarStore Cryo per circa 1 ora. In ciascun cryovial si mettono 4-5 pezzetti di tessuto, mantenendo separati i frammenti bioptici destri e sinistri. Durante l’ora di incubazione dei frammenti di tessuto nel terreno OvarStore Cryo, viene predisposto lo strumento Planer Kryo 360-1,7 da utilizzare per il congelamento lento dei campioni.

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In 5/6 pazienti in cui il tessuto è stato criopreservato presso il nostro Centro sono stati evidenziali follicoli primari all'esame istologico delle biopsie ovariche e in nessuna paziente è stata evidenziata la presenza di cellule neoplastiche. In una sola paziente (D.F. 12 anni) non sono stati riscontrati follicoli all'esame istologico. Una delle spiegazioni possibili è che ciò dipenda dalla distribuzione non omogenea dei follicoli primari nelle pazienti prepubere, descritta in altri studi, e che quindi gli altri frammenti di corticale che erano stati crioconservati potessero invece contenere follicoli. Tale pattern non omogeneo della distribuzione dei follicoli primari è emerso anche nelle nostre pazienti, con ampie variabilità di densità follicolare nelle biopsie analizzate: nella stessa paziente (I.E. 11 anni) ad esempio, in una biopsia la densità risultava di 34 follicoli/mm2 e in un'altra di 2 follicoli/mm2.

La paziente più giovane trattata nel nostro centro è invece stata sottoposta a ovariectomia monolaterale: B.I., 4 anni, affetta da sarcoma di Ewing; la criopreservazione di tessuto ovarico è stata effettuata tramite ovariectomia sinistra laparoscopica perché in questa fascia di età, a causa delle dimensioni ridotte delle ovaie, la tecnica chirurgica attualmente raccomandata è l'ovariectomia con successiva decorticazione ovarica e non l'asportazione bilaterale di ampie porzioni di corticale, per evitare esiti aderenziali a carico di entrambe le ovaie. I dosaggi ormonali eseguiti prima del trattamento oncologico erano: FSH 2,2 UI/L, LH <0,2 UI/L, E2 <20 ng/L, AMH 3,4 mcg/L. In considerazione dell'elevato rischio di insufficienza ovarica prematura iatrogena legato alla terapia oncologica (previsto trattamento con polichemioterapia ed eventuale autotrapianto di midollo osseo), si è deciso per la criopreservazione del tessuto ovarico. La laparoscopia con accessi miniinvasivi (trocar ombelicale da 5 mm, accesso ancillare in fossa iliaca sinistra di 3 mm e accesso sovrapubico con strumento percutaneo) ha avuto una durata di 20 minuti e ha evidenziato organi addominali nella norma, con utero da prepubere regolare, ovaio e tuba destri regolari, ovaio e tuba sinistri regolari. L'ovariectomia sinistra è stata eseguita con pinza bipolare e forbici e l'ovaio sinistro è stato asportato dalla via ombelicale tramite endobag. A

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seguire è stata effettuata la biopsia osteomidollare con aspirato midollare dalla cresta iliaca bilateralmente effettuata dagli ematologi. La durata totale dell'anestesia generale è stata di 80 minuti. La paziente è stata trasferita in Oncoematologia Pediatrica dopo 3 ore dall'intervento in buone condizioni, e la chemioterapia è stata iniziata il giorno successivo.

L'analisi istologica della biopsia di corticale ovarica inviata (due frammenti complessivamente di mm 18x10x6) mostrava una conta di 34 follicoli/mm2 e assenza di lesioni neoplastiche.

I risultati dei campioni di tessuto ovarico esaminati nelle pazienti prepubere, con l'eccezione dell'unica paziente in cui non sono stati riscontrati follicoli, mostravano maggiore densità follicolare, come prevedibile in base alla “storia naturale” della riserva ovarica, sebbene i numeri esigui non consentano di effettuare un'analisi statistica.

Nella tabella sottostante sono riportati i dati disponibili sull'asportazione del tessuto ovarico nelle 5 pazienti che hanno trasferito il tessuto in altra criobanca.

Iniziali/età AMH patologia Esame istologico

bx campione Data intervento V.S. 30 aa n.d melanoma n.d asportazione 1 cm corticale ovaio dx e sin (70 min) 30/05/2014 B.M. 10 aa n.d Sindrome mielodisplastica n.d. asportazione 2 cm corticale ovaio dx (60 min) 03/02/2016 D.P.S. 15 aa n.d Osteosarcoma femore n.d. asportazione 2 cm corticale ovaio dx e sin (45 min) 12/10/2016 C.I. 14 aa n.d Linfoma di Hodgkin (recidiva) n.d. asportazione 2 cm corticale ovaio dx e sin (30 min) 19/12/2016 F.S. 13 aa n.d Linfoma di Hodgkin n.d. asportazione 2 cm corticale ovaio dx e sin (60 min) 20/03/2017

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Nella tabella sottostante sono riportati i dati relativi alll'asportazione e all'analisi istologica del tessuto ovarico nelle 6 pazienti che hanno effettuato la criopreservazione presso il nostro Centro di PMA.

Iniziali/età AMH patologia Esame istologico

bx campione Data intervento C.M. 16 aa n.d Mioepitelioma arto inferiore sinistro 0 follicoli antrali, 2 follicoli primari bx dx, 1 follicolo primario bx sin asportazione 2 cm corticale ovaio dx e sin (35 min) 22/12/2017 D.F. 12 aa n.d Osteosarcoma femore Assenza follicoli antrali asportazione 2 cm corticale ovaio dx e sin (45 min) 19/03/2018 S.X. 18 aa 6,7 mcg/L Linfoma non Hodgkin diffuso a gradi cellule 6 follicoli/mm2 in una bx, 20 fillicoli/mm2 in altra bx 0 follicoli antrali asportazione 2 cm corticale ovaio dx e sin (55 min) 07/05/2018 I.E. 11 aa

n.d Sarcoma di Ewing 34 follicoli/mm2

in una bx, 2 follicoli/mm2 in altra bx, 0 follicoli antrali asportazione 1 cm corticale ovaio dx e sin (50 min) 14/01/2019 F.F. 19 aa n.d Osteosarcoma osteoblastico di alto grado 13 follicoli/mm2 in una bx, 4 follicoli/mm2 in altra bx, 0 follicoli antrali asportazione 1 cm corticale ovaio dx e sin (40 min) 08/04/2019 B.I 4 aa

3,4 mcg/L Sarcoma di Ewing 34 follicoli/mm2

1 follicolo antrale

Ovariectomia sinistra (20 min)

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4 Discussione

La possibilità di comprendere il reale rischio di sviluppare POI iatrogena in seguito a trattamenti antineoplastici è uno degli obiettivi principali dei medici che si occupano di oncofertilità.

L’importanza di identificare i parametri che meglio possano predire l’andamento della funzionalità ovarica e della fertilità a lungo termine risiede nella capacità di prospettare correttamente alle pazienti affette da neoplasia, già al momento della diagnosi, il rischio di andare incontro ad esaurimento ovarico precoce.

La letteratura ha ampiamente studiato la gonadotossicità dei vari trattamenti, identificando gli agenti alchilanti come i farmaci che pongono maggiormente a rischio l’attività ovarica, in quanto esercitano un ruolo lesivo sia sui follicoli primordiali che su quelli in fase preantrale ed antrale [264].

Le patologie che costituiscono l’indicazione oncologica più frequente alla preservazione della fertilità e sulle quali si è focalizzato il nostro studio sono le malattie neoplastiche di natura ematologica il carcinoma mammario. [65].

Dal confronto tra il gruppo di pazienti affette da carcinoma mammario, da neoplasie ematologiche o da altri ETP (Tabella 1), emerge che il numero di ovociti e di ovociti MII è maggiore nelle pazienti ematologiche ma non in modo significativo, sebbene queste ultime abbiano età significativamente inferiore (25,59 anni vs 33, 56 anni per i tumori della mammella e 30,8 anni per gli atri ETP, p 0,003) e, come ci si potrebbe aspettare, conta dei follicoli antrali (AFC) più alta (18,5 per le ematologiche vs 13,6 per i tumori delle mammelle e 10,6 per gli altri ETP, p < 0,001). Per quanto riguarda gli altri due parametri di riserva ovarica (FSH e AMH) la parzialità della

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rilevazione di tali parametri nella cartella clinica delle pazienti non ne ha probabilmente permesso una valutazione statistica veritiera. La discrepanza tra riserva ovarica maggiore e numero di ovociti MII recuperati nelle pazienti affette da tumori ematologici (36 linfomi, 1 leucemia) potrebbe essere legata al tipo di neoplasia, come suggerito da alcuni studi; in uno studio di Lekovich del 2016 infatti viene segnalata una ridotta riserva ovarica (quanto a AMH e AFC) nelle pazienti affette da linfoma, già prima di iniziare qualsiasi trattamento antineoplastico, il che spiegherebbe la minor risposta al trattamento dimostrata in questo gruppo di pazienti [216].

Per quanto riguarda poi il confronto tra la stimolazione iniziata in fase follicolare del ciclo, luteale o random (cioè in un giorno qualsiasi del ciclo, dopo un pretrattamento di durata variabile tra 1 e 7 giorni con antagonista del GnRH per riportare i livelli estrogenici < 60 pg/ml compatibile con una fase mestruale) non sono emerse differenze significative né per il numero totale di ovociti recuperati, né per gli ovociti MII (Tabella 2). Le pazienti erano omogenee per quanto riguarda i parametri di riserva ovarica (FSH, AMH e AFC). I nostri risultati confermano le evidenze della letteratura sull'equivalenza in numero e qualità di ovociti recuperati a prescindere dalla fase del ciclo in cui si inizi il trattamento (Baerwald 2012) [217]. Ciò permette di abbreviare ulteriormente i tempi necessari a completare il trattamento per la criopreservazione degli ovociti, senza ritardare l'accesso ai trattamenti antineoplastici alle nostre pazienti. Inoltre, per rendere più sicuro possibile il trattamento per le pazienti oncologiche, sono stati studiati dei protocolli dedicati, che prevedono la somministrazione di antiestrogeni durante la stimolazione con gonadotropine e/o l’induzione con analoghi del GnRH per ridurre il rischio di OHSS e per far abbassare più rapidamente possibile i livelli ormonali dopo il prelievo degli ovociti [260]. Dal nostro studio emerge che il fattore che predice meglio la risposta alla stimolazione quanto a ovociti recuperati e ovociti MII è il livello di estrogeni al trigger, e che questa relazione è ancora più stretta nelle pazienti che assumono letrozolo (Femara). Il farmaco stesso non incide né sul numero di ovociti prelevati né sulla percentuale di ovociti MII, come possiamo vedere nella tabella I che confronta la risposta nelle pazienti affette da carcinoma mammario (tutte co-trattate con letrozolo) con le pazienti affette da

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linfoma o altre neoplasie. Ad oggi, solo un altro studio ha riportato questa correlazione: nel 2018 Shim e colleghi hanno analizzato il rapporto estradiolo/ovociti e estradiolo/ovociti maturi in 32 pazienti affette da carcinoma mammario sottoposte a COS con letrozolo, concludendo che il picco di estrogeni al trigger predice il numero di ovocit recuperati e di ovociti maturi, in modo indipendente dalla fase del ciclo in cui si inizia la stimolazione (follicolare precoce, tardiva o luteale). [130]

Infine, indurre la maturazione finale degli ovociti con analogo del GnRH, non solo protegge dall’OHSS ma fa recuperare una percentuale superiore di ovociti maturi MII rispetto all’hCG, sebbene tale dato non raggiunga nel nostro studio la significatività statistica. I nostri risultati concordano sotto questo aspetto con quelli pubblicati da Oktay nel 2010 e da Pereira nel 2017, che ha dimostrato in uno studio su 341 pazienti che inducendo la maturazione finale con GnRH si ottengono circa 3 ovociti MII in più a paziente indipendentemente dal tipo di neoplasia e dea protocollo di COS utilizzato.[131]

Nello studio abbiamo anche descritto i risultati dei casi di criopreservazione di tessuto ovarico effettuati nel nostro Centro. In 5 delle 6 pazienti in cui il tessuto è stato criopreservato presso il nostro Centro sono stati evidenziali follicoli primari all'esame istologico delle biopsie ovariche e in nessuna paziente è stata evidenziata la presenza di cellule neoplastiche. In una sola paziente non sono stati riscontrati follicoli all'esame istologico. Una delle spiegazioni possibili è che ciò dipenda dalla distribuzione non omogenea dei follicoli primari nelle pazienti prepubere, descritta in altri studi [273, 311], e che gli altri frammenti di corticale che erano stati crioconservati e non inviati ad esame istologico potessero contenere follicoli. Tale pattern non omogeneo della distribuzione dei follicoli primari è emerso anche nelle nostre pazienti, con ampie variabilità di densità follicolare nelle biopsie analizzate: in una delle pazienti, infatti, in una biopsia la densità risultava di 34 follicoli/mm2 e in un'altra di 2 follicoli/mm2.

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La paziente più giovane trattata nel nostro Centro è stata sottoposta a ovariectomia monolaterale, che rappresenta la tecnica attualmente raccomandata per evitare esiti aderenziali a carico di entrambe le ovaie. [270, 293]

I risultati dei campioni di tessuto ovarico esaminati nelle pazienti prepubere, con l'eccezione dell'unica paziente in cui non sono stati riscontrati follicoli, mostravano maggiore densità follicolare, come prevedibile in base alla “storia naturale” della riserva ovarica, sebbene i numeri esigui non consentano di effettuare un'analisi statistica.

5 Conclusioni

Alle pazienti oncologiche va offerto il miglior counseling possibile circa le strategie di preservazione della funzionalità ovarica e della fertilità.

Diverse neoplasie richiedono diversi schemi di terapia antineoplastica. Ciascun tipo di chemioterapia risulta associato ad uno specifico potenziale gonadotossico.

Il parametro più significativo in letteratura per prevedere la riattivazione ovarica, intesa come ricomparsa del ciclo mestruale, in pazienti sottoposte a trattamenti antineoplastici e quindi a rischio di insufficienza ovarica acuta, è l’AMH. Secondariamente, anche l’AFC e l’età della paziente al momento della diagnosi possono essere utilizzati come fattori prognostici attendibili.

Grazie al progresso delle conoscenze sui meccanismi implicati nella citotossicità ovarica, si sono aperte nuove prospettive per la tutela della fertilità nelle pazienti oncologiche.

Per quanto riguarda il numero di cicli per anno effettuati nel nostro Centro, appare evidente l'andamento crescente dell'accesso alla tutela della fertilità negli anni. Sebbene incoraggiante, tale aumento non è ancora sufficiente; a molte pazienti non viene proposto ancora oggi nemmeno il colloquio con lo specialista in fertilità.

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Per quanto riguarda la criopreservazione degli ovociti, è da considerarsi la tecnica gold standard per la preservazione della fertilità nelle pazienti oncologiche postpubere che abbiamo a disposizione almeno 15 giorni di tempo prima dell’inizio delle terapie antineoplastiche. L’efficacia e la sicurezza dei protocolli di stimolazione ovarica vengono studiati da molti anni, e sono oggi disponibili anche follow up sui bambini nati da queste pazienti.

Per quanto riguarda la criopreservazione di tessuto ovarico, nonostante crescano le evidenze dell'efficacia del trapianto nel ripristinare la fertilità, il successo clinico della procedura è tuttora limitato e la procedura è ancora considerata sperimentale. Il trapianto di tessuto ovarico non può essere proposto a tutti i pazienti per il rischio di reimpianto di cellule tumorali, nonostante stiano emergendo nuove evidenze sull'argomento. I programmi di ricerca, per trovare alternative a questi pazienti, si stanno orientando su nuove strategie come il trapianto di singoli follicoli e la coltura follicolare in vitro. Nelle bambine, però, questa è l’unica tecnica disponibile e nella fascia d’età più giovane, a causa delle dimensioni ridotte delle ovaie, viene raccomandata è l'ovariectomia e non l'asportazione bilaterale di ampie porzioni di corticale, per evitare esiti aderenziali a carico di entrambe le ovaie. La crioconservazione di tessuto ovarico rappresenta l'unica strategia di tutela della fertilità in questo gruppo di pazienti, e sebbene sia una tecnica relativamente recente, i dati di efficacia e sicurezza appaiono incoraggianti. Inoltre, la dimostrata maggiore densità di follicoli nelle bambine implica che il piccolo volume ovarico non rappresenti una controindicazione al trattamento.

Da ultimo va ricordato che, sebbene l’elevata percentuale di donne che tornano a mestruare dopo la fine delle terapie oncologiche sia rassicurante, la ricomparsa dei cicli non garantisca l’integrità del potenziale riproduttivo. Pertanto, la migliore strategia di tutela della fertilità deve prevedere anche la crioconservazione preventiva degli ovociti, qualora le tempistiche oncologiche lo permettano, o la criopreservazione del tessuto ovarico nelle bambine o in caso di immediata necessità di iniziare un trattamento chemioterapico.

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In considerazione della revisione della letteratura effettuata e degli outcome positivi (nonché della sicurezza dimostrata) ottenuti nel nostro studio sia nel gruppo sottoposto a criopreservazione di ovociti che di tessuto ovarico, riteniamo di poter e dover incoraggiare l’ampliamento dell’accesso alle tecniche di preservazione di fertilità, anche in età pediatrica, per garantire la massima qualità di cura possibile, che tenga conto della qualità della vita futura delle giovani pazienti oncologiche.

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