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Capitolo 4-NUOVE ARCHITETTURE E NUOVE REGOLAMENTAZIONI D

4.1 La crisi come fattore propulsivo

La crisi finanziaria internazionale, innescata negli Stati Uniti nella seconda metà del 2007 dalla vicenda dei mutui subprime, esplosa con il successivo default della

Lehman Brothers, verificatosi il 15 settembre 2008, ha rapidamente assunto

dimensioni

e durata comparabili alla Grande Depressione degli anni Trenta 90. E’ stata per profondità e ampiezza la più grave della storia recente. Il mondo non ne è ancora definitivamente uscito; la ripresa è fragile e disomogenea: vigorosa nelle economie emergenti, lenta nelle economie avanzate dove, in molti casi, nonostante il forte stimolo monetario e fiscale, il PIL è ancora nettamente al di sotto dei livelli antecedenti la crisi.

La disoccupazione è l’elemento di maggiore preoccupazione, ma sussistono altre potenziali vulnerabilità; la rapida crescita del debito in alcuni Paesi dell’area dell’euro solleva dubbi negli investitori sulla sostenibilità delle finanze pubbliche e i mercati sono ancora altamente volatili.

Ne risulta, così, condizionato il clima di fiducia, elemento essenziale per il buon funzionamento del sistema finanziario e una efficiente allocazione delle risorse all’interno del sistema economico.

Negli ultimi anni sono state poste in dubbio certezze che sembravano incrollabili. I meccanismi di mercato e gli assetti di governo del sistema finanziario non sono stati in grado di prevenire e contrastare squilibri di portata sistemica. Anche gli intermediari finanziari cd. “too big to fail”, spesso operatori cross border e di dimensioni molto elevate rispetto alle capacità di intervento dei governi dei paesi d’origine, hanno contribuito a rendere più gravi gli effetti della crisi e a complicare la gestione.

La regolamentazione finanziaria non è esente da responsabilità: in alcuni casi ha sostenuto fattori all’origine dell’instabilità, in altri si è mostrata incapace di limitarne gli effetti. Ne è scaturita una risposta senza precedenti – per intensità e raggio di azione – delle massime autorità nazionali e internazionali, a livello

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Sulle origini della crisi finanziaria, cfr., senza alcuna pretesa di esaustività, M. WOLF, Fixing global finance (forum on constructive capitalism), The Johns Hopkins University Press, September 23th, 2008; P. KRUGMAN, The return of depression economic and the crisis of 2008, W.W. Norton & Company, September 2009

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politico e tecnico, volta a limitare l’impatto della crisi e predisporre i meccanismi per ridurre la probabilità che situazioni analoghe si possano ripresentare nel futuro. La crisi ha colpito mercati e intermediari finanziari evidenziando l’alta contagiosità delle difficoltà economiche incontrate dai singoli comparti ed ha altresì posto l’indice sulla necessità di scrivere nuove regole e di ridisegnare l’apparato di supervisione.

I cambiamenti sollecitati dalla crisi sono un’occasione per dare al Mercato Unico dei servizi finanziari un assetto istituzionale più solido, meno permeabile alla concorrenza regolamentare, in grado di dare risposte coordinate ai rischi per la stabilità finanziaria. Bisogna riconoscere che il progetto del Mercato Unico e l’introduzione dell’euro hanno dato un impulso eccezionale all’integrazione dei mercati, ma l’infrastruttura istituzionale non ha tenuto il passo.

L’armonizzazione minima delle regole, il mutuo riconoscimento e la cooperazione tra autorità nazionali dovevano assicurare un processo di liberalizzazione coordinata e controllata.

Ruolo della regolamentazione e compito primario delle autorità di vigilanza è di salvaguardare la stabilità e quindi la fiducia all’interno del mercato finanziario. La globalizzazione dei mercati spinge ormai verso standard regolamentari accordati quantomeno tra le piazze finanziarie più importanti. In effetti, dopo la crisi

sistemica, governi ed autorità di vigilanza hanno avviato un processo di revisione degli strumenti e dell’architettura dei controlli al fine di superare le lacune e le inefficienze emerse.

I punti critici sono stati ampiamente sviscerati: insidie della cartolarizzazione e dei principi contabili; ruolo perverso delle agenzie di rating; pericolosità degli hedge found; carenze riguardo alla governance e alla solidità patrimoniale degli

intermediari; correttezza e trasparenza nell’operatività di questi ultimi. Già nel 2001 Alexandre Lamfalussy, nel presentare le proposte per l’assetto istituzionale che ha poi preso il suo nome, descriveva la situazione della

regolamentazione e della vigilanza in Europa come “uno straordinario cocktail di inefficienza kafkiana che non è di alcuna utilità per nessuno”. Continuava

argomentando che il sistema regolamentare europeo era troppo lento, troppo rigido e inadatto a seguire l’evoluzione delle pratiche di mercato. “Perfino quando

funziona” – diceva Lamfalussy – “produce spesso testi di leggendaria ambiguità, che nella maggior parte dei casi si accompagnano a sforzi contenuti o nulli per

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trasporre in modo coerente i testi concordati nelle norme nazionali; quasi mai vi è una vera azione di enforcement per assicurare una corretta applicazione delle previsioni comunitarie”91

.

Sarebbe ingeneroso negare che l’attuazione delle proposte avanzate dal Gruppo dei Saggi presieduto da Lamfalussy abbia consentito molti progressi in termini di velocità, trasparenza e qualità della produzione di regole a livello comunitario. Ma la crisi finanziaria ha mostrato che in troppe aree le regole comuni hanno continuato a essere declinate in modi diversi, lasciando ampi spazi per arbitraggi

regolamentari.

Guardiamo ad esempio ad alcune aree di debolezza individuate dal G20, sulle quali è ora necessario intervenire per rafforzare le regole: la dispersione degli approcci tra Stati Membri non è inferiore a quella che si riscontra tra paesi che non fanno parte di aree finanziarie integrate. L’elevato livello di integrazione finanziaria nell’UE ha però una conseguenza importante: le piazze finanziarie che adottavano standard meno rigorosi sono riuscite ad attirare business e l’industria nazionale di quei paesi ha beneficiato di impropri vantaggi competitivi. Questo si è tradotto in una forte pressione da parte dell’industria sulle autorità di altri Stati Membri, in un processo che ha indebolito l’intero sistema dei presidi prudenziali del Mercato Unico. Dove le autorità nazionali hanno mantenuto approcci più rigorosi, ed è sicuramente il caso dell’Italia, si è avuto un minore impatto della crisi; ma si sono comunque sentite le ripercussioni dei rischi introdotti da soggetti governati da regole meno stringenti. Nei fori internazionali (G20, OCSE, FMI, Unione Europea, Financial Stability

Board e organizzazioni di settore come il Comitato di Basilea, l’International Organization of Securities Commission, l’International Association of Insurance Supervisors e il Joint Forum) si è decisamente preso atto che i rischi sottesi agli

arbitraggi regolamentari debbono essere combattuti con risposte “globali”92. Le questioni in gioco si sono rivelate molteplici e il percorso ancora oggi non appare né concluso né agevole in quanto gli sforzi degli organismi internazionali verso il coordinamento delle regole e l’effettiva collaborazione tra Autorità trovano un freno anche nella miopica difesa dei particolarismi nazionali.

Il piano d’Azione, comunque ampio, elaborato dai capi di stato e di governo del

91

Cfr. “Nuove architetture e nuove regolamentazioni di vigilanza in Europa”, Congresso Annuale delle Associazioni dei Mercati (AIAF, ASSIOM, ATIC-FOREX), p.3.

92

Cfr. BROZZETTI.A, “Ruolo delle autorità di vigilanza nella gestione e prevenzione della crisi dei gruppi appartenenti al mercato finanziario”, Analisi Giuridica dell’Economia, 2/2010, p. 450.

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G20 nel vertice di Pittsburgh del settembre 2009 ha previsto che le aree di riforma della regolamentazione internazionale prevedessero, accanto al rafforzamento della vigilanza prudenziale, alla revisione delle politiche di remunerazione dei manager, al miglioramento del funzionamento dei derivati over the counter , al

contemperamento dei rischi relativi ad istituzioni di rilevanza sistemica, anche il miglioramento della gestione delle crisi dei gruppi cross border93.

In effetti, si è potuto constatare che nel pieno della tempesta finanziaria la presenza a livello comunitario dei collegi dei supervisori per i gruppi settoriali e della figura del Coordinatore per i conglomerati finanziari non ha dato prova di grande efficacia in quanto il sistema della collaborazione e del coordinamento dell’azione di

vigilanza si è rivelato insufficiente a causa del permanere della segmentazione dei processi di supervisione e della valutazione dei rischi su scala nazionale.

L’Unione Europea ha così colto l’occasione della crisi muovendosi verso la

costituzione di una nuova struttura della vigilanza con un orizzonte più ampio e con l’attrazione su base comunitaria di alcune prerogative di controllo.

Dal 2011, come vedremo dettagliatamente in seguito, saranno, infatti, operativi il Consiglio Europeo per il Rischio Sistemico (European Systemic Risk Board- ESRB) e il Sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria (European System for Financial Supervision- ESFS), articolato su tre autorità di vigilanza europee riguardanti banche (European Banking Authority - EBA), assicurazioni (European Insurance and Occupational Pensions Authority- EIOPA) e mercati mobiliari (European Securities Markets Authority- ESMA).

93 Nel settore assicurativo si segnala, in particolare, il recepimento di Solvency 2 da parte della direttiva

2009/138/CE che introduce un nuovo regime di vigilanza prudenziale volto a considerare tutti i rischi cui sono esposte le imprese assicurative e rafforza la vigilanza sul gruppo dando rilievo al group supervisors.

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4.2 Comunicazione della Commissione Europea del 27 Maggio 2009: