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La crisi nel gruppo e doveri di correttezza gestionale: profili general

LA CRISI DELL’IMPRESA NEL GRUPPO E L’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’

3. La crisi nel gruppo e doveri di correttezza gestionale: profili general

Il potere di “alta amministrazione”, legittimamente allocato nelle mani degli amministratori della società capogruppo, determina una sorta di deroga alle competenze gestorie dell’organo amministrativo della società diretta e coordinata124, il che implica che poteri gestori relativi alla società

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MAZZONI, La responsabilità gestoria per scorretto esercizio dell’impresa

priva della prospettiva di continuità aziendale, cit.

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Detta deroga nelle società per azioni riguarda l’esclusività del potere di gestione riservato all’organo amministrativo ai sensi dell’art. 2380 bis cod. civ., mentre,

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sottoposta all’altrui direzione e coordinamento risiedono anche e in primo luogo nell’organo amministrativo della società capogruppo125

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La società o l’ente capogruppo infatti dispone di un controllo effettivo sull’iniziativa imprenditoriale delle società figlie e dovrà, pertanto, intervenendo nella gestione della crisi della società eterodiretta (decidendo se “mantenerla in vita”, ovvero sottoporla al fallimento), adottare le scelte strategiche più significative, anche se pregiudizievoli per le società al gruppo appartenenti, nel rispetto dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale di quest’ultime e salvi i vantaggi compensativi. Si tratta di decisioni strategiche che ricadono, per loro natura, nell’area dell’attività di direzione e coordinamento e non richiedono nessun “mandato” da parte della società dominante, posta, secondo un’opinione ormai prevalente, la stretta cogenza delle sue direttive

come noto, nelle società a responsabilità limitata i soci possono ingerirsi nell’amministrazione della società, si ritiene, invero, legittima l’attribuzione al socio di particolari diritti, ai sensi dell’art. 2468, comma 3, cod. civ., inerenti al compimento di atti di gestione o, addirittura, di decisione, in ordine al compimento di determinate operazioni gestorie, a prescindere dal fatto che il socio ricopra o meno la carica di amministratore; nonché il diritto di opposizione per determinate tipologie di atti di gestione, ancorché il socio non sia investito del potere di amministrare, con il limite che non possono non essere di competenza dell’organo amministrativo la redazione del progetto di bilancio, la redazione del progetto di fusione e di scissione e la decisione di aumento del capitale delegato (cfr. BUSANI, Atti degli amministratori. Massimario delle operazioni societarie, Milano, Ipsoa, 2015).

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Fermo restando che, come già evidenziato nel capitolo precedente, che la partecipazione a un gruppo di società non modifica i doveri incombenti sull’organo di gestione della società eterodiretta e quindi, se si tratta di s.p.a., quelli previsti in generale in capo agli amministratori dall’art. 2380 bis cod. civ.. Modifica, piuttosto, il contesto nell’ambito del quale concretamente si svolge l’attività imprenditoriale della società amministrata, al quale appartengono senz’altro anche le direttive della società capogruppo, delle quali occorre tener conto nella propria attività gestoria, Cfr. ANGELICI,

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che è in re ipsa, sebbene non elimini totalmente i margini di valutazione discrezionale degli organi delle società dirette e coordinate126.

Un’eventuale responsabilità potrà fondarsi non solo sugli ordini impartiti indebitamente dalla holding – e indebitamente osservati dalle società controllate – in quanto non rispondenti ai principi di correttezza gestionale, ma anche su difetti di valutazione e di comando della holding stessa, conseguenti, tuttavia, a una, talvolta altrettanto indebita, dismissione da parte degli organi della società controllata dei poteri e dei doveri che su di essi incombono. Infatti, gli organi gestori delle società dirette e coordinate è vero, come ritiene la dottrina, che sono privi del suddetto potere di alta amministrazione, che compete alla società capogruppo, possono essere, inoltre, privati di alcuni poteri di gestione ordinaria, sono chiamati a collaborare per il perseguimento della politica imprenditoriale del gruppo, ma essi sono tenuti ad attuare responsabilmente le direttive, le istruzioni e le decisioni impartite dagli organi di governo della capogruppo, che non contrastano con i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale e, perciò, legittime. Essi, nondimeno, conservano il dovere di vigilanza e, quindi, possono disattendere le direttive della capogruppo ritenute illegittime, ossia quelle non conformi ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, che siano dagli stessi giudicate svantaggiose e pregiudizievoli per la “loro” società, pena la loro responsabilità, in solido con gli amministratori della

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Cfr. GUERRERA, Autoregolamentazione e organizzazione del gruppo di

società, in Riv. dir. comm., 2012, 1, 589. E’ pacifico in dottrina che esercita attività di

direzione e coordinamento l’ente che è artefice, dominus delle scelte riguardanti la strategia di gruppo, ossia determinarne modalità, tempi di attuazione, contenuti delle scelte strategiche e operative (v. CARIELLO, Dal controllo congiunto all’attività congiunta

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capogruppo, per aver preso parte all’evento lesivo, ai sensi dell’art. 2497, comma 2, cod. civ.127.

La società capogruppo, pertanto, dovrà, nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, assumere, anche in presenza di uno stato di crisi, ovvero a fronte di “segnali” di crisi, le scelte strategiche e operative, in una prospettiva di tutela dei soci di minoranza e dei creditori della società dipendente, dei soci di essa stessa capogruppo e del gruppo nel suo complesso. Com’è stato già sostenuto in dottrina, nell’ambito della gestione della crisi di gruppo, la responsabilità della capogruppo potrebbe derivare anche dal mancato, ovvero inadeguato, coordinamento e monitoraggio sulla struttura del gruppo nel suo complesso e, quindi, di conseguenza anche sull’evoluzione della pre-crisi, sino alla fase della vera e propria crisi, ovvero all’insolvenza di una o più società al gruppo appartenenti128.

Gli organi di governo della società capogruppo, quindi, non possono disinteressarsi della crisi delle società coordinate, né permettere che i loro organi amministrativi proseguano la gestione opportunisticamente a danno dei creditori attuali e potenziali. Essi saranno tenuti, proprio in forza dei principi di corretta gestione societaria e

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TOMBARI, Poteri e doveri dell’organo amministrativo di una s.p.a. «di

gruppo» tra disciplina legale e autonomia privata, in cit., 130; ID., Diritto dei gruppi di

imprese, cit., 109 ss.; ID., Il “Diritto dei Gruppi”: primi bilanci e prospettive per il

legislatore comunitario, cit., 72, il quale ritiene altresì che l’inadempimento da parte della

società controllata di una direttiva legittima, ossia conforme ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, proveniente dalla società capogruppo, si configuri genericamente come inadempimento di un obbligo a carico dell’organo amministrativo della società controllata. E, pertanto, la sanzione dovrà essere individuata sul piano del diritto dell’organizzazione societaria adottata quale forma per l’esercizio dell’impresa; MAUGERI, Interesse sociale, interesse dei soci e interesse del gruppo, cit, 72.

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Cfr. ABRIANI, Le responsabilità nelle crisi dei gruppi, in Nuovo dir. soc., 2012, 11, 93.

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imprenditoriale, ad acquisire tutte le informazioni necessarie per valutare la situazione e assumere le decisioni più opportune. In quest’ottica, è stato segnalato che i principi di corretta gestione imprenditoriale riguarderebbero, ad esempio, la preventiva raccolta delle informazioni di mercato prima dell’avvio di nuove operazioni, la valutazione dell’entità e della natura dei rischi connessi, le possibilità di finanziamento dell’operazione e previsione del rapporto fra rischi, costi e benefici immediati e futuri129.

La scelta dello strumento per la gestione dello stato di crisi dovrà peraltro essere fatta da parte della holding, sulla base di una ragionevole e corretta valutazione imprenditoriale, con particolare attenzione alla scelta del “piano di salvataggio”, scelta che dovrà essere tempestiva, ma al contempo ponderata. La crisi di una società determina l’ispessimento dell’attenzione e della diligenza del gestore o dei gestori della società (fallibile), volta alla tutela degli interessi dei creditori, che trova la sua giustificazione, come ampiamente sostenuto in dottrina, nella circostanza che i creditori divengono o si apprestano a divenire i “proprietari economici” della società, mentre i “proprietari” dell’impresa societaria stessa potrebbero essere tentati dal tenere comportamenti opportunistici, avendo poco o nulla da perdere come residual claimants, ossia soggetti che hanno diritto a ricevere tutto ciò che resta una volta che siano stati pagati i creditori130.

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SALAFIA, La responsabilità della holding verso i soci di minoranza e le

controllate, in Società, 2004, 5, 9.

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Circostanza ormai nota nella nostra letteratura, cfr. STANGHELLINI, Le crisi di

impresa tra diritto ed economia, Bologna, Il Mulino, 2007, 35 ss.; FIMMANÒ,

L’allocazione efficiente dell’impresa in crisi mediante la trasformazione dei creditori in soci, in Riv. Soc., 2010, 57 ss; MAZZONI, La responsabilità gestoria per scorretto

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4. I doveri della società capogruppo nell’ottica di “prevenzione” della