• Non ci sono risultati.

Il danno mancante alla luce dei vantaggi compensat

LA CRISI DELL’IMPRESA NEL GRUPPO E L’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’

2. La responsabilità da direzione e coordinamento: l’interesse imprenditoriale di gruppo

2.2 Il danno mancante alla luce dei vantaggi compensat

L’inciso “agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui” va letto in corrispondenza con il disposto dell’ultimo periodo dello stesso comma, che fa salvi i c.d. vantaggi compensativi (“non vi è responsabilità quando il danno risulti mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento, ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette”).

L’art. 2497 cod. civ. espressamente fa venir meno la responsabilità della società capogruppo laddove l’operazione sia compiuta nell’esercizio di un’attività di direzione unitaria che sia economicamente neutra per la controllata, ossia non dannosa, ovvero dannosa, quando il danno sia compensato da vantaggi di gruppo, ovvero eliso da specifiche operazioni di segno opposto. La stessa Relazione alla riforma societaria chiarisce che “si è ritenuto opportuno precisare che il danno a base dell’azione in esame (e quindi la responsabilità) è il danno derivante dal risultato complessivo dell’attività della controllante e non il danno risultante da un atto isolatamente considerato, onde è eliminabile anche a seguito di specifiche operazioni a tal fine dirette”.

75

Emerge, pertanto, quello che si attesta come “privilegio” per l’interesse del gruppo, ossia la regola secondo la quale “puoi danneggiare, a condizione che si provveda affinché il danno sia aliunde compensato”98.

Anche prima della riforma del 2003 la giurisprudenza di legittimità con riguardo a una cessione a titolo gratuito di crediti da una società ad altra appartenente al medesimo gruppo, aveva affermato che quando l’atto viene posto in essere da una società controllata, occorre considerare, da un lato, che essa opera sotto l’influenza dominante di un’altra società che, appunto per questo, è in grado di indirizzare l’attività nel senso da essa voluto; dall’altro, che detta società, per il fatto di essere inserita in un’aggregazione più vasta, creata per esigenze obiettive di coordinamento e di razionalizzazione dell’attività imprenditrice, viene non di rado a conseguire dei vantaggi che la compensano dei pregiudizi eventualmente subiti per effetto di altra operazione e che al fine di verificare se l’operazione abbia comportato, o meno, per la società che l’ha posta in essere un depauperamento effettivo occorre tenere conto della complessiva situazione che, nell’ambito del gruppo, a quella società fa capo, potendo l’eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato aver trovato la sua contropartita in un altro rapporto99.

98

G. SCOGNAMIGLIO, “Clausole generali”, principi di diritto e disciplina dei

gruppi di società, cit. 534; MAUGERI, Interesse sociale, interesse dei soci e interesse del

gruppo, cit., 74; TOMBARI, Poteri e doveri dell’organo amministrativo di una s.p.a. “di

gruppo” tra disciplina legale e autonomia privata, cit., 126; GALGANO, Il nuovo diritto

societario, in Trattato di diritto commerciale, 26, Padova, Cedam, 2003, 180, secondo il

quale il concetto di vantaggio compensativo è espresso con riferimento all’influenza che la controllante esercita sulla controllata: l’influenza può comportare che la prima compia atti in sé pregiudizievoli per la seconda, ma se questo pregiudizio trova contropartita in vantaggi compensativi, essi non sono fonte di responsabilità.

99

Cass. 11 marzo 1996, n. 2001, in www.plurisonline.it, confermata da Cass. 5 dicembre 1998, n. 12325, cit.

76

Può, invero, accadere, anche nell’ambito di un piano diretto al risanamento del gruppo, che la società capogruppo obblighi una società figlia a vendere a condizioni di non competitività, ossia “sottocosto” o senza contropartita, quindi di favore, a una società sorella, ovvero imponga di prestare una fideiussione gratuita a favore di altra società del gruppo a fronte di un finanziamento ricevuto, per garantire a quest’ultima (e al gruppo stesso) un maggiore guadagno, o comunque vantaggi dall’attività di risanamento, ovvero ancora che una società del gruppo eroghi essa stessa un finanziamento a un’altra società appartenente alla medesima aggregazione societaria nell’ambito di una unitaria politica di gruppo.

Detto “guadagno” deve andare a vantaggio dell’intero gruppo. Si tratta poi di capire in che modo esso debba essere trasferito (la predisposizione di un regolamento di gruppo, per esempio, potrebbe essere utile per dare un’organizzazione all’attività di gruppo), posto che, come confermato dai giudici di legittimità, non è sufficiente, al fine di escludere la responsabilità, la mera ipotesi della sussistenza di detti vantaggi, in quanto l’amministratore ha l’onere di allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, oltre che la loro idoneità a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione compiuta100

.

100

Cfr. Cass. 21 gennaio 1999, n. 521, in Società, 1999, 428, secondo cui in nome dell’interesse o logica di gruppo non può essere sacrificato il patrimonio della singola società ove questa non consegua, sia pure in via indiretta, un preciso vantaggio da un’altra operazione posta in essere secondo l’indirizzo economico unitario; App. Torino, 4 dicembre 2000, secondo cui è legittima la concessione di fideiussioni gratuite, senza controgaranzia, da parte di una società a favore di altre componenti del gruppo, con nota di CERRATO, Osservazioni in tema di operazioni infragruppo e di vantaggi compensativi, in Giur. It., 8-9, 2001, 1676; Cass. 24 agosto 2004, n. 16707, in Società, 2005, 2, 164, con nota di CIAMPOLI; Cass. 11 dicembre 2006, n. 26325, in Società, 2007, 11, 1362 con nota di GAETA. La Suprema Corte ha precisato che l’atto compiuto dagli amministratori in

77

Occorre, inoltre, domandarsi in quali casi detto “vantaggio” può dirsi presente. Nella norma in questione non è chiaro se si debba tener conto solo dei vantaggi effettivamente conseguiti, ovvero se si possa tener conto anche dei vantaggi futuri, purché fondatamente prevedibili.

La nozione di vantaggio compensativo, pur senza entrare troppo nel merito del dibattito, non è pacifica, una parte della dottrina ritiene necessaria una compensazione per equivalente che sia certa, determinata e immediata, in base alla quale i vantaggi devono intendersi in termini quantitativi e ragionieristici101; un’altra impostazione postula l’esistenza di un accordo fra le diverse società del gruppo e propone l’obbligo di un’equa ripartizione del vantaggio o surplus riconducibile alla politica di gruppo fra le varie società partecipanti allo stesso102; altra dottrina propone una

nome della società non è estraneo all’oggetto sociale se idoneo, in concreto, a soddisfare un interesse economico, sia pure mediato e indiretto, ma giuridicamente rilevante della società amministrata; Cass. 14 ottobre 2010, n. 21250, in Vita not., 2013, 1, 33.

101

Si segnala per la tesi dei vantaggi compensativi attuali, c.d. compensazione effettiva:JAEGER, L’interesse sociale rivisitato, cit., 811, il quale ritiene sia necessaria una compensazione effettiva e non meramente “virtuale”, affinché sia garantita la soddisfazione di un accettabile interesse patrimoniale facente capo ai soci delle società controllate pregiudicate; SACCHI,Sulla responsabilità da direzione e coordinamento, cit.,

662; nonché Cass., 24 agosto 2004, n. 16707, con nota di WEIGMANN, in Giur. It, 2005, 1, secondo il quale quella fra vantaggi e svantaggi non è una somma algebrica, ma una scelta imprenditoriale, sicché l’equilibrio deve essere accettabile anche per i soci minoritari e a maggior ragione per i creditori.

102

G.SCOGNAMIGLIO, “Clausole generali”, cit., 537, nt.32, secondo la quale in assenza di un tale accordo non sembra possibile affermare, neppure sulla base dei principi di correttezza gestionale societaria e imprenditoriale di cui all’art. 2497, comma 1, la sussistenza di un dovere, in capo al soggetto esercente la direzione e coordinamento di un gruppo di società, di trattamento proporzionale delle diverse società del gruppo, e specificamente di ripartizione proporzionale fra le stesse dei vantaggi (e dei pesi) della politica di gruppo alla stregua di un parametro determinato, per esempio quello del contributo di ciascuna società al conseguimento del risultato utile complessivo o quello degli oneri sopportati per consentirne la realizzazione; DENOZZA, Rules vs Standards nella

78

soluzione di tipo risarcitorio, ritenendo necessario un indennizzo contestuale a carico della capogruppo e a favore della società coordinata che abbia subito il pregiudizio103; altra parte della dottrina ritiene invece che la compensazione non debba necessariamente essere algebrica e proporzionale, ma possa avvenire anche in momenti diversi e propone di valutare l’operazione nel quadro della generale politica di gruppo per verificare se da essa possano derivare benefici alla società dominata anche non immediati, ma ragionevolmente certi, su piani e in ambiti di attività anche diversi da quelli derivanti dall’operazione imposta alla capogruppo104.

Il dibattito si è articolato anche sulla base del confronto tra l’art. 2497 cod. civ. e l’art. 2634 cod. civ. in tema del reato di infedeltà

disciplina dei gruppi: l’inefficienza delle compensazioni “virtuali”, in Giur. comm., 2000,

I, 328, nt. 3.

103

Cfr. sul punto AA. VV., Una tavola rotonda sui vantaggi compensativi, in

Giur. comm., 2002, I, 613 ss.

104

MONTALENTI, Conflitto di interessi nei gruppi e teoria dei vantaggi compensativi, cit., 710; ANGELICI, La riforma delle società di capitali, cit., 197, secondo il quale occorre valutare complessivamente e unitariamente le implicazioni che per la società sono derivate dalla sottoposizione all’attività di direzione e coordinamento, escludendo che si debba operare un’analitica compensazione tra partite attive e passive, bensì una valutazione globale, quindi sintetica, della complessiva attività. Per la tesi dei “vantaggi compensativi anche futuri”, c.d compensazione virtuale: cfr. BRIZZI, Crisi di

impresa e doveri di gestione nelle società di capitali, Napoli, Jovene, 2010, 139 ss.,

secondo il quale ai fini della valutazione del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento, quale esimente della responsabilità, ci si potrà avvalere del contributo offerto dalla motivazione ex art. 2497 ter cod. civ., da parte della società dominata, nonché l’indicazione nella relazione sulla gestione dei rapporti intercorsi con la società capogruppo e con le altre società al gruppo appartenenti e l’effetto che l’attività di direzione unitaria ha avuto sull’esercizio di impresa e sui suoi risultati, di cui all’art. 2497

bis cod. civ.. E il combinato disposto delle due norme potrà svolgere la funzione di

agevolare l’onere della prova da parte degli amministratori in merito all’esistenza di un procedimento valutativo che abbia tenuto conto dei vantaggi compensativi in concreto prevedibili.

79

patrimoniale, il quale, al terzo comma, espressamente prevede la rilevanza anche dei vantaggi fondatamente prevedibili. Secondo alcuni l’effettività dei vantaggi conseguiti sembrerebbe contrastare con il disposto dell’art. 2634, comma 3, cod. civ., che relativamente alla fattispecie incriminatrice di infedeltà patrimoniale, fa salvi i vantaggi compensativi, conseguiti o fondatamente prevedibili, dei quali la società apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un gruppo di società, prevedendo una disciplina dedita a compensazioni “virtuali”105

; secondo altri, invece, sussiste un contrato tra le due norme, che rafforzerebbe la tesi della “compensazione effettiva” richiesta invece dall’art. 2497 cod. civ.106

.

Si ricerca quindi un punto di equilibrio tra le esigenze di funzionalità del gruppo e la tutela dell’interesse delle singole società a esso appartenenti.

In questo contesto, occorre rilevare che il primo comma dell’art. 2497 cod. civ. pone l’accento espressamente sul “danno mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento” e, altresì, sul fatto che deve altrimenti essere “integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette”, che sembrerebbe invocare soluzioni di tipo risarcitorio in capo alla società capogruppo nel caso in cui il pregiudizio subito dalla società coordinata non venga in un primo momento compensato. Sembra però preferibile un’interpretazione flessibile dell’art. 2497 cod. civ., in linea con la giurisprudenza ante riforma e con la dottrina prevalente, secondo la quale, il legislatore

105

DI MAJO, I gruppi di società, cit, 52.

106

MUCCIARELLI, Il ruolo dei vantaggi compensativi nell’economia del delitto di

infedeltà patrimoniale degli amministratori, in AA.VV., Una tavola rotonda sui vantaggi

80

delegato ponendo l’accento sul “risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento” ha imposto all’interprete di valutare l’andamento positivo dell’attività del gruppo complessivamente considerata, che non esclude la prevedibilità di detti vantaggi, purché siano ragionevolmente certi107. Il termine “ovvero” invece sembrerebbe riferirsi a eventuali contromisure che la capogruppo potrebbe adottare al fine di realizzare la compensazione necessaria affinché non vengano pregiudicati dall’attività del gruppo i soci di minoranza e i creditori sociali e, quindi, un’ipotesi distinta dalla valutazione del risultato complessivo dell’attività di direzione unitaria.

Questa impostazione può trovare concreti riscontri anche nell’ambito della crisi nel gruppo, con l’ulteriore precisazione, posti i maggiori rischi insiti in operazioni compiute nell’ambito di una crisi di gruppo, che il vantaggio compensativo previsto, ovvero la contromisura adottata dalla società capogruppo, devono risultare espressamente nel piano strategico che intende adottare la società capogruppo nell’ottica di risanamento dell’intero gruppo.

Non manca in dottrina chi ritiene che il meccanismo del vantaggio compensativo non possa operare nell’ambito della crisi del e nel gruppo o in prossimità dell’insolvenza della società inserita nel gruppo, o comunque in situazioni di forte tensione finanziaria e patrimoniale, solo per il fatto che si sia in presenza di un’attività di direzione e coordinamento108

. Si tratta di una teoria aderente all’impostazione della giurisprudenza

107

Cfr. anche G.SCOGNAMIGLIO, Poteri e doveri degli amministratori nei gruppi

di società dopo la riforma del 2003, cit., 198.

108

CARIELLO, Sensibilità comuni, uso della comparazione e convergenze

interpretative: per una Methodenlehre unitaria nella riflessione europea sul diritto dei gruppi di società, cit., 276 ss.

81

penalistica più recente che, ai fini della bancarotta fraudolenta ex art. 216 l. fall., ritiene possa integrare distrazione rilevante la condotta di finanziamento di ingenti somme in favore di società dello stesso gruppo, effettuato dalla società fallita quando essa già si trovava in situazione di difficoltà finanziaria, in mancanza di garanzie e senza vantaggi compensativi sia per il gruppo nel suo complesso che per la stessa società che effettua la dazione. Peraltro, secondo tale orientamento, la mera circostanza della collocazione della società fallita all’interno di un gruppo non esclude la penale rilevanza del fatto, essendo necessaria, a tal fine, la sussistenza di uno specifico vantaggio, anche indiretto, che si dimostri idoneo a compensare gli effetti immediatamente negativi dell’operazione per la stessa società, trasferendo su quest’ultima il risultato positivo riferibile al gruppo109.

Ciò induce a ritenere che la società capogruppo possa invocare i vantaggi compensativi solo laddove abbia predisposto un piano di risanamento, tale da rendere trasparente la gestione, in un’ottica di gruppo, volta al risanamento dello stesso. Pertanto, i vantaggi compensativi (e

109

Cfr. Cass. pen. 5 agosto 2014, n. 34505, in www.plurisonline.it.; Cass. pen. 21 febbraio 2013, n. 20039, ivi.; Cass. pen. 27 settembre 2012, n. 44963, ivi; Cass. pen. 7 giugno 2011, n. 37370, in Fallimento, 2012, 4, 475; Cass. pen. 8 novembre 2007, n. 7326, in Cass. pen., 2009, 291; Cass. pen. 15 luglio 2008, n. 39546, in Società, 7, 2009, 919, secondo la quale il trasferimento di risorse infragruppo, ovvero tra società appartenenti allo stesso gruppo imprenditoriale, specialmente quando venga effettuato a vantaggio di una società già in difficoltà economiche, non è consentito e deve essere qualificato come vera e propria distrazione ai sensi e per gli effetti previsti dall'art. 216, comma 1, n. 1, l. fall., giacché le società, pur appartenendo allo stesso gruppo, sono persone giuridiche diverse e, pertanto, i creditori della società depauperata mai potrebbero rivalersi dei loro crediti inseguendo i beni ceduti da una società ad un’altra dotata di un’autonoma personalità giuridica, posto che la garanzia dei creditori è data proprio dal patrimonio sociale, che viene depauperato dal trasferimento di quei beni ad altra società, con conseguente diminuzione della garanzia.

82

quindi l’esonero dalla responsabilità) ricorreranno ogni volta che la capogruppo abbia adottato un’equilibrata ripartizione dei vantaggi e dei sacrifici, che sia finalizzata al superamento dello stato di crisi o di insolvenza, ma tenendo conto altresì dell’interesse delle singole società appartenenti all’aggregazione societaria, come si vedrà meglio nel prosieguo dell’indagine. E l’esistenza di tali benefici, come precisato dalla giurisprudenza110, non può essere posta in termini meramente ipotetici, e non può quindi essere dedotta dalla semplice appartenenza ad un gruppo, ma deve essere concreta e oggetto di precisa dimostrazione.

Può accadere quindi che una società del gruppo venga privata di risorse finanziarie perché trasferite ad altra società del gruppo e che, in cambio, essa non riceva nell’immediato alcun effettivo e idonei vantaggi compensativi, essi però dovranno risultare dal piano di risanamento adottato dalla capogruppo, anche se saranno destinati a concretizzarsi solo all’esito, positivo, del piano medesimo. Invero essi possono anche identificarsi nella mera sopravvivenza della società stessa, condannata altrimenti all’insolvenza come effetto del venir meno del gruppo in ragione della crisi che l’ha colpito111

.

110

Trib. Roma 5 febbraio 2008, in www.plurionline.it.

111

Cfr. PANZANI, Relazione introduttiva, in Il nuovo diritto delle società, 11, 2012, 38, il quale ritiene che non vi sono difficoltà teoriche a ritenere lecite scelte gestionali degli amministratori della capogruppo, i quali, per esempio, nell’ambito di un piano diretto al risanamento del gruppo, addossino sacrifici a una delle società del gruppo a fronte di vantaggi che a quest’ultima possano derivare dall’attività di risanamento; MIOLA, Attività di direzione e coordinamento e crisi di impresa nei gruppi, in AA.VV.,

Società, banche e crisi d’impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, 3, Torino, Utet,

83

2.3 I principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale: un