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La crisi delle nuove politiche urbane: una possibile chiave interpretativa

Politiche e trasformazioni urbane in Italia tra innovatività e fattori critic

4.4 La crisi delle nuove politiche urbane: una possibile chiave interpretativa

Gli anni Novanta e gli anni Duemila rappresentano una fase ricca e vivace di sperimentazioni e politiche pubbliche nel campo dello sviluppo urbano e delle molteplici questioni che riguardano la vita e la rigenerazione delle città italiane.

Questa fase ricca e vivace, che di fatto ha inaugurato in maniera compiuta una politica urbana in Italia, sia a livello nazionale che a livello regionale e locale,

ha mostrato esiti incerti, risultati non pienamente soddisfacenti e fallimenti di natura politica.

Questa stagione che si apre con il protagonismo spontaneo degli enti locali nei primissimi anni Novanta, che cerca di istituzionalizzarsi e che trova una sponda nello Stato centrale nel corso degli anni Novanta e che impatta con il nuovo centralismo regionale durante gli anni Duemila (soprattutto per quanto riguarda la gestione dei fondi europei per la città), nel corso degli ultimi anni perde la spinta propulsiva e sembra progressivamente affievolirsi.

Questa crisi la riscontriamo particolarmente nei risultati poco entusiasmanti, in termini di qualità della spesa e di realizzazioni pratiche, della seconda stagione del programma Urban (Urban II 2000-2006) e dei Progetti Integrati Territoriali (PIT), così come abbiamo visto nel paragrafo precedente. Questo dato di fatto ha influenzato negativamente anche la nuova stagione di programmazione dei fondi europei 2007-2013, che vede incertezze e titubanze da parte di soggetti pubblici e privati e finanche da parte delle stesse Regioni nell’adottare nuovi progetti integrati per le aree urbane.

Sostiene Donolo47 che questa crisi di fiducia nei confronti delle nuove politiche urbane è principalmente una crisi delle politiche pubbliche messe in campo, che hanno evidenziato limiti importanti sia per quanto riguarda le risorse e le culture tecniche e amministrative impiegate che per i dispositivi procedurali adottati.

Un’altra visione molto interessante è quella espressa da Pasqui. Tale visione fa risalire la crisi di fiducia e di consenso nei confronti delle nuove politiche urbane ad una crisi di natura politica e individua anche tre ambiti che spiegano le ragioni della crisi: la leadership politica; l’innovazione sia amministrativa che istituzionale; l’agenda politica urbana.

La prima ragione, quindi, è la crisi della leadership politica. Crisi che, rispetto al tema delle politiche urbane, è rappresentata dalla fine della cosiddetta “stagione dei sindaci” degli anni Novanta e dalla incapacità di far seguire a questa stagione la costruzione di nuove classi dirigenti a livello locale in grado di innovare le pratiche politiche e di dare sistematicità a quel lavoro molto spontaneo inaugurato dai sindaci a partire dal 1993 sui temi della città e della

rigenerazione urbana. Questo è molto evidente soprattutto in molte realtà urbane del Mezzogiorno d’Italia (basti considerare i casi di città importanti come Napoli e Palermo), in cui ad un periodo di riscatto e di forti innovazioni è seguita una fase di regressione e di decadenza e di ritorno a pratiche politiche segnate da meccanismi clientelari. In questo nuovo clima le prime a pagare il conto sono state le politiche urbane più innovative e le pratiche amministrative di rottura, facendo quindi riemergere logiche tradizionali di governo della città e le ancora più tradizionali politiche settoriali.

La seconda ragione individuata da Pasqui è l’incertezza e l’ambiguità riscontrabile nel processo di riforma delle istituzioni e della pubblica amministrazione. Si sommano a tal proposito diverse vicende:

- le riforme Bassanini e il Testo Unico degli Enti Locali, pur introducendo elementi di cambiamento rilevanti, si scontrano con opposizioni e inerzie molto forti all’interno della Pubblica Amministrazione che di fatto bloccano gli elementi maggiormente innovativi;

- la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, che introduce un assetto federale dello Stato, lascia aperti molti interrogativi non ancora risolti sull’assetto istituzionale complessivo e sul ruolo e le competenze effettive dei soggetti locali anche nel rapportarsi alle Regioni e alle autorità centrali;

- un evidente restringimento delle pratiche di partecipazione e di democrazia locale, che avevano contraddistinto le nuove politiche urbane degli anni precedenti, come conseguenza dell’assenza di una politica nazionale per la città e di una riduzione di risorse economiche a disposizione dei Comuni, che hanno fatto riemergere una logica decisionista e centralizzata basata sulla realizzazione dell’evento speciale in città (Olimpiadi, Expo, etc.) e sul conferimento di poteri speciali dati a questo o a quel soggetto di volta in volta. In questo quadro hanno molte difficoltà ad emergere politiche urbane innovative che hanno bisogno di tempi non brevi, di cura, di promozione di processi partecipativi, di radicamento della consapevolezza nella cittadinanza per produrre risultati ed effetti positivi.

La terza ragione, infine, riguarda i limiti culturali di una classe politica sia a livello nazionale che a livello locale, che non è stata in grado di costruire

un’agenda politica urbana innovativa e contraddistinta dalla voglia di sperimentare soluzioni nuove e praticabili nel senso di uno sviluppo urbano sostenibile e della qualità così come si sta facendo in moltissimi contesti europei.

La scena è stata dominata invece dai temi della sicurezza urbana e dell’immagine simbolica della città, dalla retorica della competitività e da progettualità tradizionali come la realizzazione di grandi infrastrutture e la realizzazione di nuovi progetti urbani residenziali in sostituzione di presenze industriali. E’ mancata totalmente, per esempio, un’attenzione ai temi dell’integrazione delle politiche urbane con i temi della coesione sociale, dell’accoglienza e della partecipazione democratica.

Questa analisi che fa Gabriele Pasqui, che a noi sembra condivisibile, vuole rimarcare il fatto che la crisi delle nuove politiche urbane in Italia non è solamente una crisi delle politiche pubbliche e dei modelli di governance ma è essenzialmente una crisi della politica e della sua capacità di sviluppare modelli culturali e visioni nuove per il futuro della città.

Capitolo 5

Il Mezzogiorno d’Italia: città tra trasformazioni fisiche e