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CRITERI DI EDIZIONE

NOTA AL TESTO

2. CRITERI DI EDIZIONE

L’edizione dei Notturni 1941 (N), oltre ad essere la prima edizione dell’opera, costituisce un nodo fondamentale nella produzione poetica di Fallacara, come si è visto nell’Introduzione254. I Notturni furono poi ristampati nella quarta sezione dell’autoantologia Le Poesie (1929-1952), con numerose varianti (si veda il capitolo relativo), ma N è sicuramente la raccolta che il poeta ha in mente tutte le volte che fa ad essa riferimento. Ho scelto, perciò, di presentare a testo i componimenti di N nell’ordine in cui apparvero. L’edizione di N ha posto non pochi problemi: per ogni sonetto vi sono numerosi testimoni che attestano diverse fasi redazionali del componimento (per Desiderosa si hanno appena 9 testimoni, per Velo 14, per

Superna 18, per Pettirossi assoluti 20, per Cinerea 27, per Antica 14, per Nuca d’aria 26, per In fondo all’armonia 27, per Gemmea 11, per Notturna voce 21, per Favonio 21, per Alabastro 19, per Amaranta rugiada si arriva fino a 48, per Ombroso affanno 16, per Regni indolenti 28, per Come aroma 9, per Sonno d’iridi 46, compresa la versione a stampa 1941). Si è, dunque, provveduto prima al reperimento di tutti i

testimoni nei vari archivi, indi si è cercato, dopo la trascrizione, di datarli o seriarli cronologicamente, aiutandosi con le correzioni interne, con la prossimità lessicale, con i riferimenti (pochissimi) temporali presenti sui fogli stessi, con le redazioni poi uscite a stampa su periodici, con notizie reperite nell’epistolario edito e inedito dell’autore.

Ciò ha permesso di individuare, all’interno del processo scrittorio, alcuni momenti capitali che fungono da pilastri portanti, nei quali l’autore ha riflettuto profondamente sul componimento, ne ha cambiato la struttura, il lessico o la metrica, o ha fissato su dattiloscritto quanto era andato elaborando sui manoscritti.

254 Si veda la lettera di Fallacara a Betocchi del 26 luglio 1952 (carta 76, contenuta in FB di ACGV), la cui minuta ms è contenuta in FF di AP: si veda l’Introduzione a p. 29.

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Questi pilastri vengono da me denominati per comodità “testi-spit”255 e viene lasciato il termine “testimoni” alle altre fasi redazionali non capitali. Non viene, pertanto, utilizzato, come è d’uso, il termine “testimone” per indicare il supporto fisico che reca scritte le diverse redazioni. Al suo posto si ricorre alla dicitura “foglio”, che si riferisce, quindi, semplicemente al supporto cartaceo sul quale possono essere stati scritti tanto i testimoni quanto i testi-spit, sia sul recto, sia sul verso.

Può capitare che su uno stesso foglio (recto o verso) vi siano due testimoni (difficilmente due testi-spit) differenti (ad es. quando Fallacara utilizza uno stesso foglio in momenti distinti, spesso per rifare quartine o terzine singolarmente): in tal caso si fa riferimento al suddetto foglio sdoppiandolo e indicando la carta del primo testimone attraverso la numerazione data da Leonello, mentre si identificherà la carta del secondo con lo stesso numero più la dicitura “bis”, apposta ad hoc. I due testimoni vengono contrassegnati poi con due lettere alfabetiche diverse, ad indicare che si sta parlando di due testimoni, benché collocati sul medesimo foglio. Bisogna, tuttavia, precisare che talvolta la dicitura “bis” è stata apposta già da Leonello su alcuni fogli; con buona probabilità, in fase di numerazione delle carte d’archivio paterne, Leonello avrà dimenticato o inserito a posteriori alcuni fogli. Questi vengono da lui numerati con il numero cardinale progressivo più la dicitura “bis”. Il caso di corto circuito tra la numerazione autentica di Leonello e la scelta del curatore di usare “bis” per le carte dei testimoni posti su foglio unico non sussiste (cioè non esistono carte già con la sigla “bis”, che sono a loro volta sdoppiate in due testimoni).

Sebbene sia il curatore ad aver stabilito quando un testimone diventi un testo-spit, si è cercato di uniformare, nel modo più oggettivo possibile, i criteri che regolano tale passaggio. Esso è stato compiuto quando si sia verificata: 1) l’introduzione di un titolo ove questo sia davvero identificativo di una nuova fase redazionale (ad es. rispetto a testimoni precedenti in cui non era stato apposto o in cui era differente) 2) la presenza di un forte cambiamento lessicale (caso più frequente) o metrico 3) l’integrità di un componimento (si sono escluse le prove delle sole terzine o quartine o anche i componimenti non terminati – salvo rare eccezioni, nelle quali il testo figurava comunque come importante momento nel corso dell’iter compositivo) 4) la trascrizione ms o ds in pulito del componimento stesso.

Visto il nutrito numero di testimoni e testi-spit, l’edizione è stata pensata in modo da gerarchizzare il copioso materiale e, allo stesso tempo, da rendere ragione delle varianti in modo ordinato. Si è, quindi, diviso il lavoro in due parti: Testo (Edizione del 1941) con apparati, e Appendice.

L’Edizione è così strutturata: ogni componimento viene introdotto da una pagina che reca scritto il titolo definitivo e, sotto di esso, ospita tre colonne, ciascuna delle quali presenta: 1) l’elenco cronologicamente progressivo dei testimoni e dei testi-spit (attraverso lettera alfabetica) 2) le segnature dei fogli (cioè il numero dato dal figlio Leonello durante la catalogazione dei materiali paterni) 3) la tipologia del testo (contrassegnato dalle sigle: a per autografo, d per dattiloscritto, da per dattiloscritto autografo, s per stampa). A queste informazioni fa seguito una parte nella quale vengono riportate notizie riguardo la probabile datazione del componimento e le fonti che ne avallano le ipotesi. Sempre in questa parte sono aggiunte informazioni riguardanti i testimoni a stampa, particolari vicende di archiviazione dei fogli, errori di trascrizione, testimoni mancanti, dubbi nella collocazione di alcuni testimoni o testi-spit.

255 Lo spit è un tassello a bussola autoperforante, utilizzato come punto d’ancoraggio e d’appoggio per attività come alpinismo e arrampicata. Viene chiamato, dunque, testo-spit quel testo che funge da snodo redazionale, vero e proprio punto di arrivo e ripartenza nel processo compositivo.

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Come si è detto, a ogni testo-spit e a ogni testimone viene assegnata una lettera dell’alfabeto (maiuscola nel caso del testo-spit, minuscola per il testimone) che rende ragione ordinatamente della progressione cronologica del componimento. Quando i componimenti superano il numero delle 21 lettere alfabetiche, si ricomincia dalla lettera a con l’aggiunta di un apice primo o secondo (come nei casi di Amaranta rugiada e di

Sonno d’iridi). Per i testimoni di impossibile datazione, si è preferito apporre il segno ? e s’è deciso di

collocarli in fondo alla colonna dei testi-spit e dei testimoni. Per quanto riguarda i testi a stampa anteriori a N, se essi costituiscono un testo-spit o un testimone a sé stante, vengono individuati con una lettera dell’alfabeto; nel caso in cui siano copie perfette di un testimone o di un testo-spit già datato, essi sono considerati descripti e contraddistinti dalle due prime lettere della testata (FR per «Frontespizio», PR per «Prospettive»), ad indicare che esistono, ma non occupano un posto di rilievo, se viste nello sviluppo complessivo. Vi sono anche due casi (Superna e Amaranta rugiada) in cui l’autore invia per lettera agli amici il componimento ms che è la copia di una fase redazionale (nel primo caso) o della versione definitiva pensata per la stampa di N (nel secondo caso). Per Superna si è indicato il componimento ms, copia fedele di un testimone, con la lettera del testimone di riferimento e l’aggiunta del numero 1 (n1); per Amaranta

rugiada il testo ms rappresenta una redazione portante ed è quindi identificato dalla sola lettera maiuscola di

riferimento.

Laddove i testimoni a stampa o anche altri testimoni o testi-spit risultino uguali ad altri conseguenti, viene apposto, nella prima colonna, il segno di uguale (=) seguito dalla lettera del testimone o del testo-spit corrispondente (anche qualora il testo-spit sia equivalente all’edizione a stampa definitiva).

Solo nel caso in cui l’ultima redazione dattiloscritta o manoscritta (come per Superna, Antica, Amaranta

rugiada, Regni indolenti, Sonno d’iridi) sia uguale all’edizione a stampa, non si è aggiunto il testimone a

stampa di N, ma si è segnalata l’identità dei testi (=Ed.). Quando, invece, la stampa sia necessaria come redazione finale, cioè più o meno innovativa rispetto alle precedenti, essa viene inserita per ultima a tutti gli effetti nel novero dei testi-spit e contrassegnata con la lettera maiuscola progressiva.

A questa prima pagina fa seguito, per ogni componimento, soltanto la lezione finale dei testi-spit, poiché si è scelto di ridurre in apparato ai testi-spit le lezioni seriori dei singoli testimoni antecedenti. Non si danno nell’apparato dell’Edizione le correzioni interne ad ogni testo, ma le si confinano nell’Appendice I, per non compromettere la leggibilità dell’apparato stesso. Pertanto la successione degli apparati in calce a ciascun testo-spit costituisce una sorta di macroapparato, colto nelle fasi seriori di ogni testimone, ma alleggerito delle correzioni interne, recuperate nell’Appendice I.

Si troveranno così, nell’ordine, i testi-spit (spesso a partire da A, poiché il primo componimento è molto diverso dall’ultimo) e da ultimo il testo a stampa del Notturno in questione, laddove sia considerato un testo- spit (altrimenti viene dato il testo ds o ms definitivo uguale all’edizione a stampa, come già spiegato precedentemente). I versi del testo-spit vengono numerati per 5.

L’apparato si presenta nel seguente modo: vi è una stringa (chiamata “Testimoni”), apposta prima delle varianti dei versi, che elenca i testimoni ridotti in apparato, separati da una virgola (nel caso in cui un testimone sia costituito solo di quartine o terzine viene apposto tra parentesi tonde il numero dei versi; nel caso in cui un testimone veda il rifacimento continuo ad es. delle terzine, vengono riportati i numeri di verso con pedice α, β, γ, δ a seconda del numero di rifacimenti). Alcuni esempi sono visibili nei testi-spit D di

Superna, L e Q di Pettirossi assoluti, O, T, Z di Nuca d’aria, A’ di Cinerea. Sotto questa stringa può

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si colloca il titolo del testo-spit seguito dalla parentesi quadra di chiusura ] e vengono poste in corsivo le lettere dei testimoni ove compaia quel titolo stesso (bastino come es. i casi dei testi-spit H di Desiderosa ed F’ di Regni indolenti). Qualora il titolo sia cambiato nel corso dell’itinerario compositivo, viene posta in

corsivo la lettera del testimone che presenta il titolo cambiato e a seguire il titolo diverso in carattere tondo (si veda ad es. il testo-spit R di Notturna voce).

Se il titolo del testo-spit dato a testo non compare, si è apposta la dicitura [senza titolo] fra parentesi quadre nello spazio che sarebbe toccato al titolo (sempre a testo). Così si è fatto anche per i testi dei testimoni in Appendice I.

Nel caso di Pettirossi assoluti vi è una terza stringa denominata “Epigrafe”, poiché questo componimento è l’unico che, da un certo punto in poi, vede apposta anche una citazione di Mallarmé collocata dopo il titolo. Poiché la citazione è sempre la medesima, non si è ripetuto il testo, ma ci si è limitati ad elencare in corsivo le lettere dei testimoni che la riportano. Per le sole stringhe del titolo e dell’epigrafe ci si è, dunque, serviti di un apparato positivo, al fine di rendere immediatamente visibile la presenza o meno del titolo stesso (o dell’epigrafe stessa). Sono numerosi, infatti, i casi in cui Fallacara non appone un titolo ai continui rifacimenti del componimento, sia quando esso è un componimento completo, sia quando si tratta di una riscrittura delle sole terzine o quartine. Per non creare dubbi fra la mancanza del titolo nei casi di riscrittura di parti del componimento e la mancanza di esso nei casi di componimenti interi, si è preferito, quindi, segnalare i rari casi in cui l’autore appone il titolo.

Nell’apparto riportiamo il verso o la porzione di verso dei testi-spit soggetti a variante, delimitata da parentesi quadra di chiusura ] e seguita dalle varianti presenti nei testimoni antecedenti, contrassegnati dalle sigle corrispondenti, poste in corsivo (bastino gli es. dei testi-spit H di Velo ed E di Regni indolenti). Trattandosi di un apparato negativo, le invarianti tra testimone e lezione a testo non vengono riportate. Si sono introdotte delle abbreviazioni (costituite dalla prima lettera della parola e da un trattino seguente) all’interno delle lezioni dei testimoni quando una parola del verso del testo-spit venga ripresa in modo identico dal testimone: casi simili si danno soprattutto quando si sono voluti riportare variazioni interpuntive, al fine di valorizzare maggiormente il cambiamento di segno.

Le lezioni che non abbiamo potuto decifrare (tanto nell’Edizione quanto nell’Appendice I) vengono indicate con tre punti di domanda, posti fra parentesi quadre [???]; se della parola è stato possibile decifrare l’iniziale o una parte, si inserisce nelle parentesi quadre la lettera o l’insieme di lettere in corsivo, seguite da un solo punto interrogativo, ad es. [in?].

È chiaro che per i testi-spit iniziali e nei casi di testi-spit contigui non si darà apparato: nel caso di A o nei casi, ad es., di P e Q, i testi-spit A e Q non avranno apparato, in quanto non vi sono testimoni precedenti a deporre.

Per quanto riguarda l’Appendice I, essa è così strutturata: dopo il titolo di ogni Notturno, vengono riportati nell’ordine cronologico progressivo tutte le lezioni finali dei testimoni e quelle dei testi-spit. Gli apparti dell’Appendice I, che si trovano sotto ogni testo, riguardano le correzioni interne a quel testo; se non sono stati dati, significa che Fallacara non ha apportato correzioni (sono rari casi, per lo più afferenti a copiature in pulito di testimoni molto corretti).

Si è scelto un apparato parlato: dopo il verso o la porzione di verso interessata dalle correzioni, si inserisce la parentesi quadra rovesciata ] cui fanno seguito le progressive correzioni, dalla più antica alla più recente, contrassegnate da apice numerico progressivo (1, 2, 3), apposto prima della lezione corretta. Per mostrare

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chiaramente la successione delle correzioni, che sono sempre conseguenti una all’altra e prevedono ciascuna la cassatura della lezione precedente, si introduce la didascalia da cui, apposta in corsivo, o da, nel caso in cui vi sia una modifica interessante una sillaba o un segno di interpunzione. Tutti i segni diacritici sono collocati in corsivo: ve ne sono due (prima, dopo) che si trovano all’interno della lezione corretta, perché stanno ad indicare una correzione immediata; per tutte le altre correzioni, che normalmente sono apportate a verso concluso, si sono usate abbreviazioni (si rimanda alla tabella relativa) che mostrino la loro collocazione topografica. Si è reso necessario creare ad hoc la dicitura “inserito in rigo inferiore/superiore”: essa vuole identificare un habitus scrittorio dell’autore che, dopo aver terminato lo spazio interlineare soprastante e sottostante il verso, utilizza il rigo inferiore non per creare un verso differente, ma per rifare con chiarezza il verso precedente e poter apportare nuove modifiche.

Per i versi o le strofe espunti, che si collocano all’interno dell’apparato nell’ordine in cui sarebbero stati trovati se non fossero stati cancellati, si sono utilizzate le parentesi uncinate rovesciate (>…<). Se anche questi versi sono stati interessati da correzioni, si ritroveranno le varie fasi del processo correttorio contrassegnate dall’apice numerico progressivo e dai segni diacritici in corsivo.

Nel caso in cui vi siano testimoni che riportano uno o più rifacimenti di terzine o quartine, non è stata apposta la dicitura [senza titolo], in quanto Fallacara non voleva evidentemente ricreare una nuova versione del componimento, ma solo rivederne una parte. Per i rifacimenti di terzine e quartine, la numerazione dei versi apposta è stata data dal curatore che l’ha modellata in modo plausibile secondo i testimoni precedenti e conseguenti. Si è già detto del caso in cui si presentino più rifacimenti di quartine o terzine: le lettere alfabetiche greche (α, β, γ, δ) sono poste come pedici dei numeri di verso interessati.

Spesso si dà il caso per il quale vi sono poche o numerose varianti alternative fra le quali Fallacara non sa decidersi: esse normalmente interessano singole parole riferite ad un verso specifico o interi versi riscritti a fondo pagina (talvolta anche nella parte alta del foglio), a loro volta corretti a più riprese (come ad es. i testi- spit Z di Nuca d’aria o A di Favonio o ancora il testimone b di In fondo all’armonia).

Si è, così, deciso di inserire le varianti alternative in una casella di testo posizionata dopo l’apparato, che riporta scritto in carattere normale il numero del foglio (onde evitare confusioni, specie quando la casella si trova in un’altra pagina), in corsivo la posizione dove si trova la variante alternativa, in grassetto fra parentesi il numero di verso a cui afferisce, e indi la lezione alternativa nello stesso carattere del corpo del componimento dato a testo. Qualora vi siano correzioni interne alle varianti alternative, esse vengono riportate in corpo minore (lo stesso dell’apparato) e vengono utilizzati gli stessi segni diacritici dell’apparato. Dopo l’apparato o dopo la casella di testo delle varianti alternative, talvolta sono collocate in corsivo informazioni integrative sul modo di Fallacara di cassare le strofe, sul tipo di penne utilizzate, su usi scrittori particolari afferenti a quel testimone o a quel testo-spit.

Nel raro caso in cui vengano usate penne diverse, esse vengono indicate con un apice alfabetico posto accanto all’apice numerico delle fasi scrittorie. In fondo all’apparato, nella parte in corsivo, vengono poi date spiegazioni sull’inchiostro e sulla probabile datazione delle correzioni interne (come per A’ di Cinerea). Ogni testo di testimone o di testo-spit è preceduto in alto da una stringa di abbreviazioni: esse afferiscono alla collocazione fisica del foglio su cui è stato scritto quel testimone o testo-spit e alla sua numerazione (si rimanda alla tabella di abbreviazioni relativa).

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Esiste poi un’Appendice II nella quale sono raccolti i materiali di contorno per la composizione di alcuni sonetti: si riportano tre casi, di cui il primo vede una serie di abbozzi preparatori (in prosa e in poesia) del componimento Velo; il secondo consta di sette fasi compositive del sonetto Nuca d’aria, che, però, sono state scartate: non è stato possibile comprendere se tali testimoni siano riconducibili ad una prima e precedente fase redazionale del sonetto o rappresentino un “ramo secco” all’interno della processo scrittorio ad “albero”, relativo ad ogni poesia. In questo secondo caso, all’altezza di un testimone (si ipotizza c sulla base delle correzioni interne), Fallacara avrebbe prima proceduto in una direzione, componendo 7 sonetti, poi sarebbe ritornato a c, scartando i precedenti, che vengono, quindi, collocati, con il loro apparato di riferimento, nella suddetta appendice e individuati con numeri romani progressivi. Il terzo caso rappresenta un unicum nel panorama dei N: si tratta di un autocommento dell’autore, per uso personale, del sonetto Regni indolenti. Le correzioni interne sono riportate in corpo minore, ma in carattere normale fra parentesi quadre corsive, accanto ai segni diacritici corsivi. Per i dettagli sui materiali dell’Appendice II si rimanda alla sua introduzione a p. 621.

All’Appendice II fa seguito l’Appendice III, relativa all’edizione dei N in LP (cui si rimanda per dettagli): si è scelto di giustapporre i testi (e prima titoli e ordine) dei compimenti di N a quelli di LP per mostrare le differenze fra le varianti a stampa delle due edizioni.

Si è scelto di non inserire le tavole metriche (che pure esistono), perché, con le loro abbreviazioni e numerazioni, avrebbero appesantito il già corposo sistema di sigle attuale.

Nell’Introduzione e nel testo delle citazioni riportate, invece, si sono uniformati i titoli dei libri (romanzi o raccolte poetiche), ponendoli in corsivo, e i titoli dei periodici, ponendoli tra virgolette caporali «…». Laddove compaiano corsivi nei testi delle citazioni riportate, essi sono dell’autore del testo.

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