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3.3 LA RIFORMA BASAGLIA

3.3.2 CRITICHE ALLA RIFORMA

Nonostante la Legge Basaglia sia ritenuta una delle più libertarie al mondo in tema di salute mentale, per Basaglia e i suoi collaboratori rappresentò un compromesso, se non una sconfitta. John Foot scrive che, nei mesi precedenti, Basaglia e gli altri psichiatri antistituzionali non erano per niente entusiasti della proposta di riforma psichiatrica, in particolar modo vi erano due aspetti poco convincenti: il Trattamento Sanitario Obbligatorio e l’apertura dei piccoli reparti psichiatrici negli ospedali, i quali rappresentavano un’involuzione rispetto alla territorializzazione pensata da Basaglia.69 Si può affermare, quindi, che tale Legge si impose il compito impossibile di stabilire una nuova cultura dall’oggi al domani, spingendo verso un’unica direzione, quella della de-manicolializzazione globale, ignorando molti altri aspetti importanti come la realtà clinica di alcune malattie mentali, il carattere specialistico dei disturbi della mente, la funzione didattica delle facoltà. La critica più decisa alla Legge 180 riguarda il fatto di non aver pianificato le conseguenze della chiusura dei Manicomi. La loro chiusura, pur rappresentando una svolta epocale e una conquista, non si tradusse all’epoca in quel miglioramento della condizione del malato mentale a cui Basaglia aveva

69 J. Foot, La “Repubblica dei matti”. Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978, Feltrinelli, Milano 2017.

50 l’organizzazione dei servizi; in molti casi i pazienti dimessi furono abbandonati a loro stessi, in alcuni casi perché le famiglie non erano disposte a riaccoglierli in casa, in altri perché, dopo anni in Manicomio, le famiglie non esistevano più. Lo sforzo della psichiatria territoriale ebbe dei buoni esiti in quelle regioni in cui già si erano sperimentate delle esperienze alternative all’istituzione; ma in altre zone, lontane dall’esperienza basagliana, le equipe ebbero enormi difficoltà a lavorare nei nuovi contesti e con finalità del tutto diverse.70 I limiti incontrati dopo l’entrata in vigore della Legge 180 sono ricercabili nell’ideologia che ha caratterizzato gli anni della riforma: l’affermazione della cultura egualitaria, la lotta contro la discriminazione e l’emarginazione sociale, promosse dalla Legge Basaglia, miravano al reinserimento del paziente nella famiglia e nella società, tendendo ad “incolpare” il sistema familiare (per essersi liberato della diversità) e il sistema sociale (per aver promosso il conformismo istituzionalizzando il diverso). In sintesi, si può affermare che l’ideologia non fu sufficiente per realizzare il progetto di riforma, in quanto mancavano metodologie e tecniche che rendessero possibile il progetto. Infatti, se il sistema culturale della Legge 180 ebbe una buona tenuta nei primi anni dell’attuazione legislativa, con il passare del tempo iniziò a formarsi una forte critica nei suoi confronti.71 Un altro limite della

70 F. Codato, Follia, potere ed istituzione. Genesi del pensiero di Franco Basaglia, UniService, Trento 2010.

71 R. Carli, R. M. Paniccia, La cultura dei servizi di salute mentale in Italia. Dai malati psichiatrici alla nuova utenza: l’evoluzione della domanda di aiuto e delle dinamiche di rapporto, Franco Angeli, Milano 2011.

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Legge 180 è riscontrabile nell’aver affidato alle regioni la realizzazione, in attuazione dell’art.118 della Costituzione e per le materie elencate nell’art.117 della Costituzione, dei provvedimenti in materia di salute mentale, generando difformità di trattamento su tutto il territorio. La Legge prevedeva che le Regioni individuassero gli ospedali generali nei quali istituire i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) e che negli ospedali psichiatrici potessero essere ricoverati solo coloro che erano già stati ricoverati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge. Si venne così a creare un vuoto assistenziale per quei pazienti che necessitavano di cure in stato di ricovero e che non erano mai stati ricoverati prima.72 La Legge entrò in vigore in una situazione di vuoto settoriale, per quanto concerne le strutture territoriali di assistenza psichiatrica, aggravata da una impreparazione del personale medico ed infermieristico a fronte di una modalità di lavoro che, di fatto, generò comportamenti difformi tra le regioni nell’applicazione della nuova normativa. La Legge 180 non ha fornito un modello compiuto di soluzione ai problemi psichiatrici, ma ha avuto il merito di ricollocare il rapporto tra il malato e il medico non più entro i luoghi istituzionali, ma entro il territorio e la comunità. Ha affermato un nuovo approccio alla salute mentale, modificando gli obiettivi dal controllo sociale alla promozione e prevenzione della salute e del benessere del malato mentale, spostando l’intervento dal ricovero ospedaliero ai servizi territoriali.73 Sul piano organizzativo si traduce nell’inserimento dei servizi psichiatrici all’interno dei servizi sociali e sanitari, in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e segregazione, al fine di favorire il recupero e il reinserimento sociale (art. 2, comma 2, Legge 180/1978).

72 S. Rossi, La salute Mentale tra libertà e dignità. Un dialogo costituzionale, Franco Angeli, Milano 2015.

73 R. Carli, R. M. Paniccia, La cultura dei servizi di salute mentale in Italia. Dai malati psichiatrici alla nuova utenza: l’evoluzione della domanda di aiuto e delle dinamiche di rapporto, Franco Angeli, Milano 2011.

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Il cuore della trasformazione istituzionale, avvenuta con la riforma Basaglia, è rappresentato dalla prospettiva di creare una rete di strutture all’interno del territorio capaci di dare risposte assistenziali ai bisogni del paziente psichiatrico.

L’obiettivo della riforma è stato quello di uscire dalla rigidità dell’istituzione totale, che non permetteva la comprensione dell’uomo ma voleva solo il controllo su di esso.74 Lo scopo della riforma, come sostiene Codato, non è stato di mettere in discussione l’esistenza della patologia mentale, quanto di sconfiggere la malattia istituzionale. Per fare ciò si propose la creazione del Dipartimento di Salute Mentale (DSM), una struttura in grado di offrire garanzia, coordinamento e programmazione degli interventi nell’ambito della prevenzione, cura e riabilitazione. Nel quadro della riforma i dipartimenti, realizzati solo successivamente alla riforma, avrebbero dovuto operare per garantire che i servizi costituissero un complesso organizzato e coerente, evitando frammentarietà e carenza di azioni, assicurando raccordo tra servizi, comunità e istituzioni.75 Volendo fare un bilancio complessivo, si può quindi affermare che la Legge Basaglia ha compiuto notevoli progressi: in primo luogo ha operato una trasformazione del malato psichiatrico da oggetto di custodia a soggetto di diritti, mettendo in secondo piano le esigenze di controllo che fino ad allora avevano prevalso. In secondo luogo ha individuato, nell’assetto dipartimentale, le funzioni di cura, riabilitazione e prevenzione, concentrando queste tre funzioni in un’unica struttura. Infine, la Legge ha cercato di rovesciare il paradigma, passando dalla ghettizzazione ed esclusione del malato al recupero della persona.

74 F. Codato, Follia, potere ed istituzione. Genesi del pensiero di Franco Basaglia, UniService, Trento 2010.

75 S. Rossi, La salute Mentale tra libertà e dignità. Un dialogo costituzionale, Franco Angeli, Milano 2015.

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La riforma psichiatrica si è sviluppata in simbiosi con la Legge n. 833 del 1978, la quale ha istituito il Sistema Sanitario Nazionale e l’opera di deistituzionalizzazione, che però non doveva limitarsi all’abbattimento delle strutture manicomiali, bensì prospettare dei servizi alternativi attraverso l’istituzione di un sistema di cura territoriale, in grado di agire a livello della prevenzione e della riabilitazione. Ciò può essere considerato una conseguenza inevitabile della scelta di rottura fatta dalla riforma, per la quale la distruzione dell’istituzione totale segnava un punto di non ritorno.

Dalla metà degli anni 80, fino a quasi tutti gli anni 2000, l’azione di riorganizzazione dei servizi è stata accompagnata nell’ambito terapeutico dal ricorso alla psicoterapia, rivolta in particolar modo alla nuova utenza affetta da disturbi emotivi e di personalità.

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4 IL MANICOMIO SANT’ANTONIO ABATE DI