• Non ci sono risultati.

FRANCO BASAGLIA: L’ISPIRATORE DELLA RIFORMA

3.3 LA RIFORMA BASAGLIA

3.3.1 FRANCO BASAGLIA: L’ISPIRATORE DELLA RIFORMA

La rilevanza della Legge n.180 del 1978 va al di là del contenuto giuridico: la sua portata culturale ha determinato un nuovo atteggiamento, una nuova visione, una nuova considerazione della follia e del diverso: nuove letture del rapporto tra istituzione e malato, tra medico e paziente e tra politica e società.61 Per queste motivazioni Basaglia risulta un rivoluzionario perché con il suo passaggio nella psichiatria il “modello manicomio”, ovvero il paradigma scientifico secondo cui il Manicomio fosse terapeutico, entra in crisi e viene sostituito da un altro paradigma, secondo cui la distruzione del manicomio è il fatto più urgente da affrontare per porre le basi di una nuova politica in materia di salute mentale. La riforma psichiatrica è stata influenzata dall’azione e dal pensiero di Basaglia, per questo è importante mettere in luce le tappe fondamentali che hanno contribuito a questo cambiamento di paradigma. La dimensione antistituzionale del pensiero basagliano emerge già nel primo Congresso Internazionale di Psichiatria Sociale, tenutosi a Londra nel 1964, in cui Basaglia denunciava la principale contraddizione psichiatrica, ossia l’inconciliabilità tra prassi di custodia e controllo e il fine terapeutico. Per Basaglia la disumanità dell’ospedale psichiatrico è perpetrata rispettivamente da due figure: la prima è il legislatore,

60 S. Rossi, La salute Mentale tra libertà e dignità. Un dialogo costituzionale, Franco Angeli, Milano 2015.

61 R. Carli, R. M. Paniccia, La cultura dei servizi di salute mentale in Italia. Dai malati psichiatrici alla nuova utenza: l’evoluzione della domanda di aiuto e delle dinamiche di rapporto, Franco Angeli, Milano 2011.

47

che rappresenta il mandato politico delle istituzioni, la seconda e lo psichiatra, esecutore di tale mandato.62 La riflessione attorno alla malattia mentale, quindi, non può prescindere da una riflessione sulla società: si identificano pertanto una classe egemone e una subordinata. La prima definisce la norma, la seconda la interiorizza e la subisce, nonostante non corrisponda ai propri bisogni.63 Secondo Basaglia la società è formata su un profondo dualismo che oggi è dominato dalle scienze umane, che si specializzano nella distinzione tra normale e anormale. La psichiatria si forma come disciplina che permette questa divisione, riducendo il diverso ad un mero oggetto da eliminare dalla società a favore della sicurezza. In questo modo essa si pone come pratica per allontanare ed isolare chi mette in pericolo la stabilità della comunità. La critica di Basaglia comincia proprio dall’individuazione di una delle principali contraddizioni della psichiatrica: la cura del malato è il ritorno alla libertà. Se si riconosce nella libertà un valore terapeutico, allora non è accettabile che sia il legislatore a disporre di essa.64 Già Erving Goffman, il cui merito è stato quello di aver smascherato l’ideologia che sottintende alle istituzioni totali, aveva messo in luce questa natura esclusoria:

nelle istituzioni totali l’autonomia della persona viene annullata perché in contrasto con l’ordine e la regola che dominano il manicomio. Nel momento in cui il malato entra nell’istituto, esso cade in un processo di spersonalizzazione che consiste in primis nella perdita della dimensione relazionale e della propria cultura quotidiana, che si esprime nel linguaggio e nel vestiario. Successivamente viene sottoposto ad una serie di procedure d’ammissione, le quali si realizzano nella

48

ruolo di malato, voluto dall’istituzione.65 Questo riferimento ha consentito a Basaglia di allargare il problema del malato di mente alla sfera socio-politica e di iniziare il lavoro di chiusura dei Manicomi: egli era sempre più cosciente di quanto gli psichiatri rappresentassero una funzione di controllo su una forma di devianza dalla norma. La consapevolezza maturata da Basaglia, a seguito del suo contatto diretto con il Manicomio, lo portò a prendere in considerazione tutte le relazioni che accomunano e costruiscono gli individui, ritenendo necessario uscire dalla rigidità dell’istituzione totale, che invece vorrebbe degli individui tutti uguali e conformi.66 Il contributo di Basaglia fu quello di superare la condizione di uguaglianza e conformismo prodotta dall’istituzione psichiatrica, attraverso la liberazione del malato dalla sua condizione di dipendenza prodotta dall’istituzione, facendolo diventare un normale cittadino. La presenza del malato doveva essere, nel territorio e nella società, qualcosa di reale e non fittizio. Ciò che lo psichiatra tentò di fare non era mettere in discussione l’esistenza della malattia mentale, ma di sconfiggere la malattia istituzione, attraverso la creazione di un sistema di servizi radicato nel territorio.67 Il primo punto della rivoluzione basagliana era la creazione di una realtà terapeutica non finalizzata alla detenzione del malato. Se infatti la struttura ospedaliera è stata costruita per difendere il sano dal folle, allora l’apertura dei Manicomi verso la realtà esterna potrà permettere alla società di prendere coscienza che la malattia mentale è una patologia che può essere affrontata senza metodi coercitivi.68 Il secondo punto della riforma consisteva nella riconsiderazione dello spazio e del tempo del malato, riabituando

65 E. Goffman, Asylums, Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza,

49

le persone alla propria possibilità di scelta. L’atteggiamento di Basaglia fu quindi di critica costruttiva, mirato alla distruzione di ciò che c’era per creare qualcosa di nuovo. Con questo non si vuole sostenere che egli sia stato l’unico responsabile della rivoluzione psichiatrica, tuttavia appare doveroso riconoscere l’importanza del contribuito che il suo intervento e il suo pensiero hanno avuto nel cambiamento radicale del paradigma, dalla custodia alla “presa in carico” della cura.