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Le critiche alla nuova colpa penale del medico dopo le Sezioni Unite: quali le prospettive future ?

Il regime che emerge dall’interpretazione fornita dalla pronuncia del 2017 della Suprema Corte di Cassazione si dimostra piuttosto complesso e contraddittorio. Sia perché si rivela molto confusionario ed imprevedibile, sia perché modifica diametralmente il portato letterale del nuovo articolo 590 – sexies del codice penale. Con la sentenza Mariotti, viene sconfessata l’intenzione innovatrice della legge Gelli – Bianco e vengono invece poste ulteriori critiche alla disciplina. All’indomani della legge Balduzzi, la responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria è ancora più frammentata e imprecisa. Il testo normativo prevedeva, infatti, l’esclusione della punibilità del professionista per le condotte di imperizia viziate sia dalla colpa lieve che dalla colpa grave, pure nell’esecuzione delle linee guida e delle buone pratiche clinico-assistenziali adottate al caso concreto. La Suprema Corte, elaborando la categoria della colpa lieve intrinseca, ha invece sancito la limitazione della responsabilità del medico soltanto ai casi meno gravi. Forti dubbi emergono sull’attendibilità di tale orientamento. Innanzitutto, così come rappresentata, la responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria finisce per avere effetti negativi sulle reazioni della c.d. medicina difensiva. Il professionista difficilmente riesce a prevedere le conseguenze della sua condotta; è punibile per l’erronea scelta dei modelli scientifici cui attenersi50 (sebbene la Corte formuli qui qualche apertura

in caso di scostamenti marginali e di minima entità); è punibile per negligenza ed imprudenza e per imperizia grave. Ma la valutazione sui diversi tipi di colpa e sull’intensità dell’elemento soggettivo è rimessa al giudice secondo parametri astratti e di difficile applicazione pratica, con forte aumento della discrezionalità tecnica. Diviene quindi impossibile, per l’esercente la professione sanitaria, agire

50 Sulla distinzione tra adeguatezza delle linee guida e adeguamento in corso, sulla base delle

reazioni del paziente, si veda V. Nizza, La nuova colpa penale del medico. Analisi delle

principali linee guida per la valutazione della responsabilità sanitaria, Giuffrè, Milano,

coscientemente e allo stesso tempo verificare l’accortezza della sua condotta, se scusabile o meno. Nel dubbio, le pratiche della medicina difensiva continueranno così ad aumentare. La frammentazione della presente disciplina, invece di sanare le imprecisioni del precedente regime, finisce per rivoluzionare completamente la materia, eliminando l’organicità del modello del 2012. Oltre a questo, si potrebbe dire che l’esegesi fornita dalla Suprema Corte di Cassazione si scontra – palesemente – con il dettato normativo della legge Gelli – Bianco. Ed invero, a parere dello scrivente, le argomentazioni a sostegno, esaminate sopra, non sembrano essere pienamente condivisibili. Se può senz’altro definirsi giusto, l’intento della pronuncia nel ridimensionare la limitazione della responsabilità del medico, escludendo i casi di colpa grave, la forzatura è tuttavia fin troppo spinta e per niente pacifica. Non si tratterebbe, forse, di un’interpretazione addirittura contra legem, della sentenza Mariotti ? Per raggiungere lo stesso obiettivo, sarebbe stato forse più consono, nell’attesa di un nuovo intervento legislativo in materia, richiedere una pronuncia di illegittimità costituzionale dell’ articolo 6 del testo normativo, nella parte in cui riconosce l’operatività della scusante anche in ipotesi di imperizia viziate da colpa grave, con riferimento agli articoli 3 e 32 della Costituzione. La Corte si è, di fatto, attribuita una funzione di nomofilachia creatrice attraverso la categoria della colpa lieve intrinseca, sconfinando ben oltre i suoi poteri di intervento, che potrebbe risolvere soltanto con un’altra pronuncia a Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618 c.p.p51. Alcuni dubbi peraltro residuano

sulla costituzionalità, in realtà, dell’intera disciplina. Cosa accadrebbe, infatti, nel caso si versi in situazioni non previste e regolate dalle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali ? A rigor di logica, venendo meno il parametro di riferimento cui ancorare l’esclusione della responsabilità del professionista,

51 Secondo tale articolo, infatti, “Se una sezione della corte rileva che la questione di diritto

sottoposta al suo esame ha dato luogo, o può dar luogo, a un contrasto giurisprudenziale, su richiesta delle parti o di ufficio, può con ordinanza rimettere il ricorso alle sezioni unite. Se una sezione della corte ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a quest’ultime, con ordinanza, la decisione del ricorso. Il principio di diritto può essere enunciato dalle sezioni unite, anche d’ufficio, quando il ricorso è dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta.

quest’ultimo dovrebbe essere punibile finanche per condotte di imperizia viziate da colpa lieve, con la conseguenza che l’operatività della scusante sarebbe valida soltanto per le ipotesi già regolamentate dai modelli scientifici. L’esercente la professione sanitaria sarebbe allo stesso tempo punibile e non punibile per i comportamenti viziati da imperizia lieve a seconda della presenza o meno delle linee guida e della tipizzazione del caso. Il tutto si risolverebbe, quindi, in una disparità di trattamento delle diverse situazioni sulla base di variabili puramente esterne, a cui l’operatore è completamente estraneo. A parere dello scrivente, questa possibile evoluzione della disciplina porrebbe seri dubbi di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 3 della Costituzione. Cosa fare quindi e quali le prospettive future ? È fuor di dubbio che l’intervento riformista della legge Gelli-Bianco e la sentenza Mariotti della Suprema Corte di Cassazione abbiano stravolto, in peius, il regime della responsabilità penale del medico. La legge Balduzzi, seppur con le sue mancanze e imprecisioni di fondo, specialmente con riguardo alla omessa definizione ed individuazione delle linee guida cui rapportarsi per la valutazione della scusante, forniva tuttavia una disciplina omogenea e di facile comprensione. La condotta dell’operatore, viziata da colpa lieve, era esente da responsabilità in ogni caso, sia con riferimento alla fase dell’intervento che ai diversi tipi di colpevolezza. Questa impostazione lasciava adito a poche incertezze di valutazione e, per prestazioni di particolare complessità tecnica, andava a sanzionare solo la presenza di errori gravi e macroscopici. L’unico elemento di valutazione era, per l’appunto, rappresentato dall’intensità dell’elemento soggettivo. La legge Gelli – Bianco, nonostante avesse risolto la questione più spinosa lasciata aperta dalla legge Balduzzi, definendo più precisamente, all’art. 5 il campo dei modelli scientifici applicabili, ha invece frammentato tutto il resto. A parere dello scrivente, un rimodulazione della disciplina, con riferimento all’orientamento precedente, sarebbe forse preferibile per bilanciare le esigenze sottese al settore e, allo stesso tempo, contrastare con forza le reazioni della c.d. medicina difensiva. A ciò si aggiunge che, nella prassi di molte aule giudiziarie –come è comprensibile - il vero giudice

del caso si riveli essere il consulente nominato. Sono i periti che, valutando tecnicamente le condotte dell’imputato, determinano il verdetto finale. La legge Gelli – Bianco del 2017, all’art. 15, obbliga l’autorità giudiziaria all’espletamento d’ufficio della perizia, affidandola a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina oggetto del procedimento52. È quindi nella

valutazione di questi ultimi che si compie l’accertamento della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria; è compito del giudice invece valutare la congruenza logica della perizia e le sue risultanze con riferimento al materiale probatorio raccolto e alle particolarità del caso specifico. Alla luce di ciò, stante la discrezionalità tecnica insita al giudizio finale, una riformulazione omogenea e lineare della disciplina, così come sembrava essere quella della legge Balduzzi (seppur con le opportune accortezze del caso) sarebbe, a maggior ragione, preferibile per limitare il peso decisionale dei consulenti nominati. La medicina difensiva forse dimentica, in effetti, che è essa stessa, in fin dei conti, a valutare le proprie condotte, in una logica di “autodichia” medico-scientifica.

52 Secondo il primo comma dell’art. 15 della legge n. 24 del 2017: “Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi”.

Conclusione

Diverse sono le problematiche emerse dall’elaborazione della presente trattazione. La disciplina della responsabilità penale del medico, come si è visto, ha subito diverse trasformazioni nel corso del tempo, cercando di trovare un giusto equilibrio tra i particolari interessi sottesi al settore. In primo luogo, il tentativo della dottrina e della giurisprudenza di estensione dell’applicabilità, anche in sede penale, dell’art. 2236 del codice civile; poi l’introduzione della legge Balduzzi nel 2012 ed infine l’intervento normativo della Gelli-Bianco nel 2017. Da ultimo la sentenza Mariotti delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione ha cercato di risolvere le criticità riscontrate nell’ultima formulazione legislativa, proponendo un orientamento a sua volta innovativo. Nell’elaborazione della ricerca si è provato perciò a ripercorrere le tappe evolutive della disciplina, tentando di fornire un inquadramento sistematico ed aggiornato della materia. Quanto emerge non è per nulla confortante. La disciplina della responsabilità penale del medico, nonostante l’intervento nomofilattico della Cassazione, si rivela poco omogenea, di indubbia costituzionalità, difficilmente applicabile e decisamente confusionaria. Gli interventi normativi e gli orientamenti della giurisprudenza non sono riusciti a risolvere le criticità della materia e dare stabilità al sistema. Se l’applicazione analogica dell’art. 2236 del codice civile forniva, tutto sommato, una disciplina accettabile e di facile esecuzione, escludendo la responsabilità del professionista per qualsiasi condotta viziata da colpa lieve, non si era ancora raggiunto un orientamento unanime sulla piena operatività della disposizione anche in sede penale e si avvertiva pertanto la necessità di un intervento legislativo al riguardo. La legge Balduzzi aveva avuto il merito di colmare questa lacuna, definendo un regime abbastanza lineare e omogeneo, aiutando l’esercente la professione sanitaria a prevedere le conseguenze della sua condotta e ad evitare pratiche di medicina difensiva. La valutazione della colpevolezza del medico veniva, quindi, ancorata a precisi modelli di riferimento - le linee-guida e le buone pratiche

clinico-assistenziali – a salvaguardia del principio di tassatività della materia penale. Nonostante residuassero alcune mancanze, sull’operatività soggettiva ed oggettiva della nuova riforma e sulla piena regolamentazione dei saperi scientifici, la legge del 2012 aveva cercato di delineare con precisione la disciplina, con notevoli passi in avanti. La punibilità era esclusa, secondo l’ultimo orientamento fatto proprio anche della giurisprudenza, per tutte le condotte viziate da colpa lieve, sia nella scelta che nell’esecuzione dei modelli scientifici, senza alcuna ulteriore distinzione di negligenza, imperizia o imprudenza, con buona pace per il paziente e per il professionista. Il testo normativo del 2017, se aveva il compito di sopperire e risolvere definitivamente le mancanze di quello precedente, ha invece scombussolato ulteriormente la materia. Sicuramente positiva è la compiuta regolamentazione delle linee-guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica posta in essere dalla Gelli – Bianco, con la predisposizione delle fonti cui attingere i parametri di valutazione della colpevolezza del professionista. Tutt’altro che felice è, invece, il nuovo regime della responsabilità penale individuato dalla riforma, che portava ad escludere la punibilità finanche per colpa grave, per le condotte dell’operatore viziate da imperizia nell’esecuzione delle linee guida. Il ridimensionamento posto in essere dalle Sezioni Unite della Cassazione, dopo una annosa querelle giurisprudenziale, seppur meritevole di tutela, non si rivela però pienamente soddisfacente. Viene ripristinato il regime della Balduzzi nell’esenzione della punibilità per le condotte viziate da imperizia di grado lieve, con una discutibile e forzata interpretazione del dettato normativo, ma vengono tralasciate tutte le altre forme di impunità del regime precedente, a discapito del medico. Le reazioni della medicina difensiva, per la cui limitazione anche la legge Gelli-Bianco era intervenuta, non sono tardate ad arrivare. La nuova disciplina si presenta frammentata e confusa, le nozioni di colpa sono facilmente sovrapponibili, difficile si rivela per il medico prevedere le conseguenze della sua condotta, quanto nella scelta che nell’esecuzione delle linee guida. E d’altronde tanti sono i dilemmi che si palesano in dottrina e in giurisprudenza. Non era forse meglio, come d’altronde la

legge Balduzzi aveva fatto, prevedere una regime di esenzione per qualsiasi tipo di condotta viziata da colpa lieve, quanto nella scelta che nell’esecuzione delle linee-guida? La dinamicità della pratica medica non si presta a schematizzazioni facili e molte nozioni tendono a sfumare nelle more degli interventi terapeutici. Né il legislatore, né la giurisprudenza sono addivenuti a risultati soddisfacenti e la discrezionalità è tale da attribuire al perito il vero compito di giudicare. La materia necessita di essere rivista e rimodulata sulla scia della cospicua prassi internazionale, che individua nella disciplina penale solo l’extrema ratio del trattamento sanzionatorio, privilegiando invece gli strumenti civilistici della responsabilità (anche per colpa lieve) e del risarcimento del danno a favore della vittima. Tanto ancora deve essere fatto per approntare un adeguata disciplina di tutela che valorizzi la salute del paziente e il sereno operato del professionista e questo è un compito di vitale importanza che il legislatore non può trascurare.

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