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1. IL TRADING FINANZIARIO: STORIA RECENTE ED EXPERTISE ATTUALE

2.5 Critiche e sviluppi empirici delle EMH

Come più volte affermato, il merito di Fama non fu solamente quello di presentare la teoria dei mercati efficienti ma anche l’input che diede, grazie al suo lavoro, alle trattazioni economiche successive, influenzandone fortemente contenuti e pubblicazioni. È solo recentemente infatti che si è cercato di conciliare le ipotesi di efficienza dei mercati con l’economia comportamentale, formalizzando in tal senso nuove ipotesi di efficienza più adatte ad un contesto reale e concreto: fino agli anni ’90 del secolo scorso, infatti, l’attenzione era rivolta a dimostrare validità o insussistenza delle EMH da vari punti di vista, e non ad usurparla definitivamente ricercando una valida e più completa alternativa. Vi è pertanto una mole piuttosto considerevole di

trattazioni e prove empiriche pro ed a sfavore delle EMH, di cui è bene considerare quanto meno le più importanti, spartendole in differenti tipologie di argomenti28.

Per quanto riguarda l’ipotesi random walk per descrivere l’andamento dei prezzi di mercato (o equivalentemente dei rendimenti), uno dei lavori più interessanti è quello di Lo e MacKinlay del 1998: i due studiosi, attraverso la costruzione di un test utilizzando come ratio la varianza delle osservazioni settimanali dei rendimenti di alcuni indici del mercato statunitense, individuano una correlazione seriale positiva nelle osservazioni, poiché le varianze analizzate presentavano una crescita più rapida rispetto ad una crescita lineare, man mano che si incrementa l’holding period. Tale risultato (correlazione seriale positiva) rigetta l’ipotesi random walk per i rendimenti. Lo stesso Lo, nel 1991, presenta l’implementazione di un test per verificare la presenza di memoria a lungo termine nelle serie di prezzi: il risultato conferma tale ipotesi, individuando dunque un certo grado di persistenza a lungo termine nelle osservazioni, rigettando anche in questo caso l’ipotesi random walk. Un altro set rilevante di analisi empiriche sulle EMH parte dalla semplice generalizzazione del dividend discount model, considerando uno scenario in cui è presente incertezza: il prezzo di mercato al tempo t, in questo caso, è equivalente al valore atteso, condizionale al set informativo disponibile Φ?, del valore attualizzato di tutti i dividendi futuri, scontati ad un certo tasso risk-

adjusted29. In base a questo modello, l’errore di previsione, ovvero la differenza tra il

valore effettivo del prezzo realizzato in t ed il suo valore atteso condizionale, dovrebbe essere per costruzione incorrelato con il valore atteso condizionale del prezzo. Ciò implica che la varianza del valore attuale del prezzo al tempo t ex post, cioè dopo la sua effettiva realizzazione, corrisponde alla somma tra la varianza dell’errore di previsione e la varianza del valore atteso condizionale del prezzo. Da questa decomposizione, data la non negatività della volatilità, deriva la condizione che la varianza dei prezzi di

28 Vengono qui esposti i principali test riportati in Lo (2007) che analizzano le implicazioni

delle EMH, presentandone brevemente i risultati che essi comportano. L’intento non è certo quello di fornire una disamina dettagliata delle innumerevoli pubblicazioni contra

EMH, ma di portare all’attenzione come l’accademia abbia sviluppato prove e test che

hanno messo in luce le debolezze delle EMH, evidenziando la necessità di ricercare nuove e più adatte ipotesi di efficienza.

29 Questa generalizzazione, come riporta Lo, è stata sviluppata nel 1981 da Grossman e

mercato delle azioni non può eccedere la varianza dei valori attuali dei prezzi ex post. Come riporta Lo (2007), Shiller nel 1981 effettua dei test empirici utilizzando dati annuali di vari prezzi azionari del mercato USA, trovando che tale limite viene ripetutamente violato, finendo per affermare che i prezzi di mercato presentano un livello tale di volatilità da inficiare le basi delle EMH. Tale risultato suscitò reazioni controverse nel mondo accademico, e lavori successivi a quello di Shiller provarono invece che la violazione empirica di tale limite non necessariamente comporta un rifiuto delle EMH in

toto, tuttalpiù indica un certo grado di avversione al rischio degli investitori o un

fenomeno di smoothing dei dividendi, ed in alcuni casi, come dimostrano Marsh e Merton nel 1986, qualora i rendimenti seguano un modello random walk geometrico, le violazioni dei limiti imposti alla varianza possono essere interpretati come un supporto dell’efficienza dei mercati30. Un ulteriore ambito di trattazione sulla validità empirica

delle EMH riguarda le reazioni degli investitori a nuove informazioni disponibili sul mercato: in particolare, spesso vengono effettuate operazioni impulsive di vendita di titoli che nel recente passato hanno registrato performance negative oppure di acquisto di titoli che in precedenza hanno performato positivamente. Questo tipo di reazioni spingono il livello dei prezzi ad oscillare dal suo valore razionale di mercato, fin quando investitori razionali non compiono operazioni di mercato opposte che riconducono i prezzi al loro livello di equilibrio. Tali comportamenti provocano anomalie nel mercato, molte delle quali seguono uno schema definito e conservano dunque un certo grado di predicibilità: ad esempio, il cosiddetto January effect, ovvero il fenomeno secondo il quale titoli aventi volumi di capitalizzazione molto ridotti sovraperformano titoli ad alta capitalizzazione, anche di un margine considerevolmente ampio, nel periodo di inizio anno. Tale anomalia è solo una delle tante analizzate ed individuate da vari studi empirici30, e risulta essere una conferma evidente contro le EMH (che presuppongono

agenti razionali di mercato e non prevedibilità dell’andamento dei prezzi).

Infine, è doveroso riportare il risultato del lavoro di Grossman e Striglitz nel 1981 sull’impossibilità di mercati efficienti: i due economisti affermano come, nel caso di mercato perfettamente efficienti, non vi sarebbe alcun impulso per gli investitori a

spendere risorse per raccogliere informazioni che portino ad un profitto e, proprio per questa ragione, vi sarebbero scarsi incentivi allo scambio di titoli ed i mercati andrebbero inesorabilmente verso il crollo. Dunque, un equilibrio di mercato non

degenerato si ottiene solamente qualora vi siano opportunità di profitto che

compensino gli investitori per i costi di trading e di raccolta delle informazioni, ipotesi che equivalgono ad inefficienza per le EMH e dunque conducono alla loro insussistenza. Argomentazioni a supporto delle EMH hanno portato a controbattere che, sebbene errori comportamentali sintomo di inefficienza siano talvolta ricorrenti, vi è un limite alla loro prevalenza ed impatto sui mercati poiché investitori razionali potranno trarre vantaggio da queste inefficienze ed i loro comportamenti spingeranno nuovamente i livelli dei prezzi di mercato verso l’equilibrio efficiente31. Questa ultima affermazione,

tuttavia, trae necessariamente supporto dalla convinzione che gli agenti di mercato siano sufficientemente potenti da incorporare, se non istantaneamente, in tempi brevi le aspettative razionali nei livelli di prezzo, o in alternativa che comportamenti inefficienti ed errati non abbiano forza sufficiente per condizionare nel lungo periodo l’equilibrio di mercato. Tale assunzione ha necessariamente bisogno di riscontri empirici basati su inferenza statistica, non è sufficiente darle forma teorica per asserirne la sua validità; inoltre, è possibile che tali comportamenti errati ed irrazionali possano sopraffare agenti razionali anche per un periodo di tempo prolungato (mesi ed in alcuni casi anche anni), discostando di molto i mercati dalla condizione di efficienza declamata dalle EMH.

Risulterà chiaro ora come, ancora oggi, non vi sia un consenso unanime tra gli economisti riguardo le EMH, e queste rivestano ancora importanza a livello accademico. La ragione di ciò è insita nel fatto che le EMH, oltre ad essere una idealizzazione dell’ambiente economico irrealizzabile nel concreto, sono anche un utilissimo

benchmark per misurare il grado di efficienza di un mercato, o di confrontare il livello di

efficienza di due mercati diversi. Inoltre, risultano sorprendentemente resistenti a prove empiriche che ne determinino il rifiuto, proprio per la natura di ipotesi non così ben

31 Un esempio a supporto di tale affermazione è il cosiddetto “Dutch book”, nel quale si

illustra come informazioni irrazionali creino profitti garantiti per investitori che agiscono razionalmente. Si veda Lo (2007), pag. 11.

definite nella loro interezza (Lo, 2004) (Lo, 2007). Tuttavia, il desiderio di ricercare ipotesi teoriche basate su assunzioni più realistiche è stato l’input che ha spinto la letteratura accademica a sviluppare nuove interpretazioni alle EMH in maniera tale da riconciliarle con il comportamento degli individui e degli agenti che popolano il mercato. In questa direzione si è mosso e si muove tutt’ora il lavoro di Andrew W. Lo il quale, utilizzando le sue stesse parole, propone «a new framework that reconciles market efficiency with behavioral alternatives by applying the principles of evolution – competition, adaptation, and natural selection – to financial interaction.» (Lo, 2004).